“ZENTRUM PAUL KLEE” IN ONDA A BERNA
1.4 Il pubblico ed il sistema di relazioni
Abbiamo già in precedenza analizzato come, nell’arco dei secoli, il pubblico abbia subito una progressiva evoluzione, a partire da una élite di intellettuali, studiosi ed eruditi, in possesso delle competenze necessarie alla comprensione dei messaggi trasmessi dalle raccolte e attraversando, poi, la fase dei visitatori-‐ discepoli pronti ad apprendere ed essere educati e quella dei visitatori-‐utenti, destinatari passivi dei contenuti culturali veicolati. Abbiamo anche sottolineato che oggi ci troviamo, invece, davanti ad un pubblico il cui ruolo è divenuto centrale ed attivo nel processo di produzione e appropriazione della cultura, in quanto capace di cooperare alla creazione di un messaggio e di un sistema di comunicazione. Il visitatore ricopre il ruolo, quindi, di destinatario di una relazione di senso, di un’esperienza polisemantica che il museo offre e di cui la visita rappresenta solo una delle opportunità concesse.
E, in questa nuova dimensione, non esiste, ovviamente, un visitatore tipo: poiché le finalità culturali riguardano lo sviluppo e la promozione di conoscenze, abilità e comportamenti, i destinatari del processo di comunicazione sono tutte le persone, raggruppamenti di fruitori con una pluralità di connotazioni (adulti, giovani, anziani, bambini, disabili, cittadini di altre culture, gruppi familiari, turisti, professionisti in aggiornamento…) ed esigenze diverse, definibili per caratteristiche, risorse culturali, attese e pratiche comuni: in sintesi, pubblici diversi che mettono in atto modalità diverse di partecipazione e che, in virtù della relazione significativa che intrattengono con il contenuto culturale del museo, sono riconosciuti “comunità interpretative”. Ma occorre tener conto anche dei visitatori potenziali e di coloro i quali non sono utenti (non pubblici) poiché non ancora raggiunti o disincentivati da barriere di accesso di ordine culturale, sociale ed economico, oltreché fisico.
L’incremento di interesse verso le istituzioni culturali e la trasformazione dei fruitori in interlocutori attivi del processo culturale impongono, dunque, ai musei, una riflessione ed un approfondimento critico sulla natura, sulle motivazioni e sui livelli di soddisfazione dei propri pubblici, anche in virtù dell’importanza che la loro affluenza riveste sulla possibilità del museo di
essere competitivo e, quindi, destinatario di sponsorizzazioni e finanziamenti degli enti locali e del governo centrale36.
“Siamo così di fronte ad un altro dilemma che il museo di oggi deve sciogliere: come conciliare le esigenze dell’individuo e l’afflusso di massa, la qualità e la quantità, il contenuto culturale della visita e i suoi risvolti commerciali. Il solo equilibrio possibile è quello che, senza rinunciare a un flusso di pubblico compatibile con la capacità di soddisfarne le esigenze, assicurando nel contempo la conservazione e la sicurezza degli oggetti, mantiene comunque fermi gli obiettivi tipici del museo (la conoscenza, l’educazione, il godimento) ed ad essi subordina quelli accessori”37.
La conoscenza del pubblico diventa, quindi, fondamentale per il successo e la sopravvivenza dell’istituzione museale: esso viene analizzato sia dal punto di vista sociologico, in quanto decisore e protagonista dell’azione di fruizione, sia dal punto di vista economico, in quanto consumatore con le sue aspettative ed i suoi bisogni, coinvolto in un’azione di mercato. “Il museo deve precedere la società stessa nella creazione dei significati e ciò può avvenire se il museo è in grado di interpretare non tanto la società nella sua forma momentanea quanto le sue aspirazioni”38. E’ fondamentale, quindi, che l’istituzione museale capti ed interpreti i bisogni di cultura e le aspirazioni del pubblico e ciò è possibile conoscendo, analizzando e comunicando con il proprio mercato di riferimento.
Sebbene i primi studi sui visitatori dei musei risalgano ai primi decenni del XX secolo e siano proseguiti nel corso degli anni successivi (soprattutto per fornire un profilo socio-‐demografico dei visitatori) e negli anni ’60 (per approfondire il significato socio-‐politico dei mutamenti del contesto culturale), una disciplina di analisi del pubblico, come specifico oggetto di indagine, si è sviluppata solo negli ultimi decenni del secolo scorso, prima, interessandosi delle componenti motivazionali legate alla visita ed alla
36 Sul processo di comunicazione del museo e le modalità di interazione fra museo e pubblici si
vedano: L. SOLIMA, Il museo in ascolto. Nuove strategie di comunicazione per i musei statali, Rubbettino 2012, A. BOLLO, I pubblici dei musei. Conoscenza e politiche, FrancoAngeli, Milano 2008.
37 M.V. MARINI CLARELLI, Che cos’è un museo, op. cit., pag. 18.
38 G. PINNA, Filosofia del museo, 1997, in M.V. Marini Clarelli, Che cos’è un museo, op. cit., pag.
fruizione da parte del pubblico, poi, spostando l’attenzione dai processi di apprendimento a quelli di consumo. A partire dagli anni ’90, l’indagine, in un’ottica di marketing oriented, si è spinta nell’analisi dei dati relativi al grado di soddisfazione degli utenti ed alla qualità della visita, anche allo scopo di costituire una base di controllo e misurazione dell’offerta museale e di miglioramento delle performance.
Lo studio dei pubblici nelle varie fasi del progetto culturale rappresenta, attualmente, un valido mezzo per la gestione del museo in una prospettiva visitor-‐oriented: infatti, non si tratta solo di uno strumento di conoscenza del proprio mercato di riferimento o di valutazione dell’esperienza museale nei suoi diversi ambiti (qualità dell’allestimento, del sistema di mediazione, della comunicazione, dei servizi, dei programmi educativi, etc.), quanto, piuttosto, di un sistema efficace in cui il pubblico svela motivazioni (svago, arricchimento culturale, socializzazione, studio, ecc.) e l’istituzione è indotta a compiere una complessa azione di ascolto e comprensione, di condivisione delle opportunità e di costruzione democratica della comunicazione.
Ed, infatti, le informazioni si traducono in possibilità per il museo di comprendere come viene percepita la struttura (cioè qual è il suo tratto di immagine), di precisare gli obiettivi per ottimizzare l’offerta mettendola a valore (attraverso nuove pratiche e servizi, nuovi approcci, nuovi programmi educativi…), di migliorare le caratteristiche e i punti di forza della qualità del servizio, rendendoli attraenti per le diverse tipologie di pubblico, di pianificare le strategie e le decisioni a medio-‐lungo termine ed, infine di implementare le scelte operative.
In Italia, a partire dall’emanazione dell’Atto di indirizzo sui criteri tecnico-‐ scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (DM 10 maggio 2001) e, successivamente, del D.P.C.M. n. 171 del 2014, che individua, tra i compiti assegnati alla Direzione Generale dei Musei, il monitoraggio della qualità dei servizi offerti al pubblico dalle istituzioni culturali, il panorama delle ricerche e degli strumenti di indagine appare ancora embrionale e frammentato, ma emerge, comunque, un quadro in evoluzione ed una progressiva maggiore sensibilità ed intraprendenza nella definizione di pratiche, percorsi e comportamenti che, in una società caratterizzata da
elementi di complessità e dinamismo, collochino le persone e l’esperienza della partecipazione al centro del progetto culturale. Impostare ed avviare sistemi conoscitivi adeguati, anche grazie ad un confronto con buone pratiche internazionali, si rivela, così, un fattore imprescindibile per individuare politiche e strategie di miglioramento del sistema culturale, di coinvolgimento, di fidelizzazione e di allargamento della base sociale.
Nel confrontarsi con la realtà sociale, i musei non possono, tuttavia, avvalersi solo del rapporto con i pubblici, ma, in una posizione sempre più “aperta” e “di ascolto” nei confronti della collettività, risulta fondamentale che essi tessano una rete di relazioni che coinvolga i sistemi nei quali si produce cultura e le comunità di riferimento, al fine di permettere la programmazione di un’offerta integrata: “un circuito polarizzato capace di radunare e far leva tanto sulle risorse interne del museo quanto sulle economie esterne della scacchiera urbana e territoriale, idonee (…) ad acquisire nuove convenienze accorciando lo stacco tra conservazione, produzione scientifica e fruizione”39.
L’istituzione museale deve, dunque, gestire efficacemente i propri confini e promuovere proficue collaborazioni con altri soggetti del processo culturale entro un comune orizzonte etico, a partire dagli altri musei con i quali, in un necessario scambio di opere, ma anche di informazioni, idee ed esperienze e nella condivisione di modelli di crescita e di miglioramento degli standard di qualità, si possano mettere in atto progetti di ricerca e azioni coerenti, per interagire con l’attualità, stretta tra la globalizzazione degli strumenti della conoscenza e la parcellizzazione degli interventi. A questo scopo, altra rete fondamentale è quella della comunicazione attraverso nuove tecnologie digitali che, se idoneamente sfruttate (nel senso che non deve essere confuso l’accesso reale con quello virtuale), consentono la creazione di canali intermuseali per l’invio e la ricezione di informazioni, materiali digitali, riproduzioni.
In quest’ottica di sfruttamento di sinergie, un ruolo strategico, infine, è riservato anche alla scuola e all’università: con la prima, per lo sviluppo di progetti congiunti finalizzati alla diffusione della cultura locale, con la seconda,
per predisporre specifici percorsi formativi, implementare la presenza di insegnamenti di educazione museale e lavorare congiuntamente grazie a modalità di partenariato40.
40 C. GRASSI, Il museo tra storia, cultura e didattica. Funzione educativa e ruolo sociale, ETS,