Il MAXXI: un flusso nella contemporaneità
3.5 La mission: il dialogo fra due discipline, l’arte e l’architettura del XXI secolo
Centro culturale ed espositivo, laboratorio di sperimentazione e innovazione, officina di linguaggi multiformi e atelier per la produzione di contenuti estetici e di attività del nostro tempo, il MAXXI produce e ospita mostre, installazioni, performance, conferenze, workshop, cicli di lezioni, eventi, convegni. La sua vocazione non può, dunque, che essere quella di uno spazio ‘polifonico’ che funge da cerniera interattiva in cui confluiscono, si intrecciano, interagiscono e si riproducono forme diverse di creazione, espressività, rappresentazione e produttività.
La sua mission è dichiarata: favorire, promuovere e sviluppare, in continuità con le espressioni artistiche e architettoniche di un grande passato, le tensioni estetiche del presente che costituiranno il patrimonio culturale del futuro, mettendo a disposizione del pubblico tutte le testimonianze raccolte della creatività contemporanea.
L’utilità dell’arte contemporanea è confermata anche in funzione della ricerca sperimentale che l’ha da sempre permeata: infatti, “lo scopo generale dell’arte è quello di sperimentare nuove forme di comunicazione sociale che proiettino una visione alternativa del mondo (..). ’L’arte’ oggi è una piattaforma aperta che rispecchia i nuovi fenomeni e idee sociali, vivace invenzione e diffusione di prospettive di vita radicalmente nuove. I centri d’arte contemporanea offrono così una cornice o uno spazio di espressione al non conosciuto e al mai provato”94.
Esporre e conservare opere d’arte è certamente una missione fisiologica, ma non è sufficiente ad esaurire le funzioni e le finalità del museo d’arte contemporanea del XXI secolo. L’arte (come pure l’architettura), infatti, è da
93 http://www.arte.rai.it/articoli-‐programma/maxxi-‐museo-‐nazionale-‐delle-‐arti-‐del-‐xxi-‐
secolo/23812/Rai%20Arte
sempre anticipatrice di intuizioni, forme e modi, linguaggi e sistemi di comunicazione, che hanno spesso ricadute in mondi paralleli e settori produttivi (la moda, il cinema, la grafica, il design, la pubblicità…) poiché essa “è la zona di incubazione di tutte le idee – idee architettoniche comprese – che hanno bisogno di spazio prima di affrontare le pressioni sulle prestazioni esercitate dal mondo reale. La struttura architettonica – il museo – dovrebbe dunque fungere da catalizzatore e da incubatrice relativamente ai modi sperimentali dell’esposizione pubblica, della comunicazione collettiva e dell’aggregazione sociale”95.
Il MAXXI si pone, dunque, come uno spazio di incontro e di confronto (anche al di fuori delle proprie mura) che porta l’esperienza del contemporaneo vicino al pubblico, come un modello di apertura sperimentale a una vasta gamma di medium e ambiti creativi e, più in generale, a una produzione culturale che, nella contemporaneità, mira ad assorbire tradizioni, generi e linguaggi eterogenei.
Il Museo svolge anche il ruolo di ‘antenna’ del mondo contemporaneo, attento ai cambiamenti ed alle trasformazioni, ponendosi al centro del crocevia di tutti i linguaggi creativi, interessandosi a tutti i settori artistici ed ai fenomeni culturali internazionali in un dialogo fra la storia e l’attualità, favorendo la conoscenza e la comprensione di culture e orizzonti sconosciuti o ancora marginali ed alimentando la convivenza fra le diversità:
“c’è poi una funzione dell’arte come mezzo di comunicazione per la composizione dei contrasti o, quantomeno, per la comprensione delle cause, delle differenze e delle disomogeneità che li generano. L’arte è infatti linguaggio iconico e simbolico e quindi dotato di una comprensibilità superiore a quella del linguaggio parlato o scritto che comprende, nel mondo, centinaia di lingue e dialetti diversi. La maggior parte dei conflitti che caratterizzano i rapporti tra stati e civiltà nel mondo di oggi è di tipo culturale prima ancora che bellico. E’ evidente, quindi, che l’immediatezza e l’universalità della comunicazione artistica possono contribuire alla comprensione di mondi e culture altrimenti estranee e potenzialmente confliggenti, favorendo la coesistenza delle differenze”96
95 Ivi.
L’inaugurazione del MAXXI: frammenti di opere d’arte in movimento
“E' stato molto coraggioso aprire il MAXXI con la danza, senza dubbio la forma d'arte più effimera che ci sia oggi -‐ spiega la Waltz -‐. Gli interpreti si muoveranno dentro le sale del museo nel momento della performance e poi non più, non sono in vendita, non si possono portare a casa come una scultura e dopo l'esibizione lasceranno lo spazio ad altre interpretazioni”.
“Dialoge 09 -‐ MAXXI”, performance coreografica di Sasha Waltz, star internazionale della danza contemporanea, ha segnato l’apertura degli spazi del MAXXI nel Novembre 2009: un’anteprima straordinaria con tutto esaurito. Due inaugurazioni, dunque: la prima con un museo vuoto, come non sarebbe stato mai più, ma animato nei movimenti e nei corpi di un gruppo di danzatori e musicisti, la seconda, ufficiale e definitiva, nella primavera 2010, questa volta con le opere a dialogare con le linee fluide e le forme dinamiche uscite dalle mani di Zaha Hadid. Un allestimento, quello di Sasha Waltz, concepito appositamente per il Museo, con l’obiettivo di riflettere sul rapporto tra architettura, musica e movimento del corpo nello spazio. La coreografa, infatti, si è lasciata sedurre dall’idea di rendere tangibile le potenzialità e la versatilità che gli spazi del MAXXI dispiegano, attraverso – spiega la Waltz – “un dialogo tra diverse forme espressive artistiche, un laboratorio di forze creative che interagiscono con la struttura architettonica del MAXXI”. L’idea è stata quella di non utilizzare un unico percorso prestabilito, un unico punto di vista, un unico palcoscenico per la rappresentazione, ma di proporre dei focus performativi disseminati lungo le suite del MAXXI, interpretando “le linee che percorrono il museo, le connessioni esistenti fra i vari luoghi, i differenti punti di vista e prospettive che propone l’architettura di Zaha Hadid” e facendo fruire le diverse declinazioni e i diversi mondi della danza in un dialogo muto e secondo modi e tempi individuali, con la possibilità di scoprire molteplici percorsi di lettura e di decidere a quale scena dedicare più tempo. Costretto a spostarsi negli spazi asettici e luminosi della struttura (accompagnato dalla regia sonora di Hans Peter Kuhn e dalla musica eseguita dallo String Quartett of Solistenensemble Kaleidoskop e da altri solisti) e completamente svincolato da regole di percorrenza, il pubblico è diventato il faber del proprio spettacolo: obbligato a scegliere, ha perso automaticamente la visione di altri performer, in movimento, contemporaneamente, nei livelli differenti del museo stesso. Tempo e spazio sono diventati relativi, presenza e assenza si sono concretizzate nell’architettura e sono state recepite secondo le percezioni proprie dello spettatore e le manifestazioni dei danzatori. Corpi nudi, fluttuanti a testa in giù appesi a tiranti, assimilati a dipinti, sono diventate sculture a tutto tondo che, piano piano, hanno iniziato ad oscillare leggere, mentre, ad un altro livello, improbabili macchine del vento soffiavano via, in un’ampia sala, fogli di carta che un performer tentava strenuamente di recuperare. Mentre alcune figure si incontravano ed esploravano in un duo di contact improvisation, nella V suite, tra frammenti di piatti, una violoncellista lasciava il suo strumento e cospargeva di farina un ballerino accovacciato in terra. In quest’ultimo spazio, attraverso l’inserto di vetro a pavimento, è stato possibile intravedere nei livelli sottostanti altri corpi che si intrecciavano relazionandosi con le linee sinuose del MAXXI. Il finale è stata una coreografia di gruppo, una corsa in cerchio di danzatori, musicisti e performer riuniti, un movimento su uno sfondo di fiori gialli che ha suggellato il dialogo sublime tra danza e architettura, tra un atto artistico e una lettura critica del museo.
Non è stata la prima volta che il teatro-‐danza della coreografa berlinese ha agito in un’archiscultura: dopo il Dialoge messo in scena al Museo ebraico di Berlino e quello realizzato sempre nella capitale tedesca, al Neues Museum restaurato da David Chipperfield, la compagnia è tornata con “Dialoge 09 – MAXXI. Deconstruction I” in uno spazio dal segno forte, che rimanda, per i materiali utilizzati e per la sua struttura labirintica, al museo ebraico di Daniel Libeskind.
Fondamentale, infine, è l’immagine che il Museo veicola nel mondo relativamente ai contenuti della cultura italiana. L’arte e l’architettura, infatti, sono strumenti fondamentali per rappresentare l’Italia e le sue molteplici espressioni: la sua vitalità culturale e le sue innovazioni, la sua creatività e la sua immaginazione, ma anche le sue molteplici anime ed il suo stile di vita.
3.6 Le due anime del MAXXI: MAXXI Arte e MAXXI Architettura
“Il MAXXI Arte è un museo del contemporaneo all’interno di un’architettura fuori dagli schemi, punto di partenza per una nuova pratica museografica che rompe con il passato”97.
Un contenitore così straordinario ed esclusivo non può che contenere una collezione decisamente multiforme, o meglio tre collezioni distinte per categoria: arte nel MAXXI Arte, architettura nel MAXXI Architettura e fotografia, quest’ultima costituente, però, una linea portante del Museo di Architettura, trattandosi di scatti d’autore acquisiti tramite progetti di committenza scaturiti da programmi di ricerca e analisi del territorio italiano. Con i suoi 13.500 metri quadrati di superficie e la sua collezione, il Museo di Arte costituisce un punto di riferimento italiano all’interno del circuito internazionale dell’arte contemporanea, un bene prezioso che si colma, via via, di contenuti e iniziative, stando al passo con i tempi e magari anticipandoli. La collezione di arte del MAXXI Arte conta più di quattrocento opere che testimoniano la produzione artistica internazionale, con un particolare sguardo alle esperienze italiane o agli artisti stranieri che, nella loro ricerca ed attività artistica, hanno allacciato una particolare relazione con il nostro paese: ne è esempio William Kentridge, artista sudafricano, impegnato circa un anno fa nella realizzazione di Triumphs and Laments sui bastioni del Tevere. Nella scelta delle opere, negli anni, si è tenuto conto della stretta relazione che lega il contenitore e il contenuto e, quindi, le forme fluide e sinuose dell’architettura di Zaha Hadid hanno guidato in maniera imprescindibile la costituzione