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Mediazione penale e restorative justice: lo sguardo sulle vitti me dei reat

LE FUNZIONI DELLA PENA

6. Mediazione penale e restorative justice: lo sguardo sulle vitti me dei reat

Un paradigma del tutto diverso rispetto alle funzioni classiche del- la pena può essere rintracciato nel modello della restorative justi- ce, caratterizzato da un approccio al reato che implica la conside- razione attiva e partecipata delle vittime, attraverso l’istituto della mediazione penale12. Come spiega Pierluca Massaro, ricercatore e

12 Cfr. G. Scardaccione, “Nuovi modelli di giustizia: giustizia riparativa e media- zione penale”, in Rassegna Penitenziaria e Criminologica, 1-2, 1997, 9-28; G. Ponti (a cura di), Tutela della vittima e mediazione penale, Giuffrè, Milano 1995; S. Lugnano, La mediazione penale, L’Orientale, Napoli 2003; S. Vezza- dini, Mediazione penale fra vittima ed autore di reato. Esperienze statunitensi,

docente di Sociologia giuridica, della devianza e mutamento socia- le presso l’Università di Bari, il problema della giustificazione del- la pena trova ancora ampi margini di discussione all’interno delle discipline che, a diverso titolo e con specificità diverse, come la so- ciologia, la criminologia, il diritto penale e la filosofia del diritto, si interrogano sulle funzioni della pena e sulla legittimità stessa del punire. La constatazione del potere punitivo dello Stato, quale ga- ranzia del vivere civile ed espressione del diritto positivo o positi- vismo giuridico, ha gradatamente estromesso il problema della sua legittimazione morale e valoriale. “Tale attenzione nei confronti della pena e delle sue finalità si colloca in un quadro di scarsa con- siderazione per il problema della legittimazione esterna del diritto penale, quale giustificazione assiologica fondata su principi o va- lori esterni al diritto positivo”13, limitandosi a valutare il diritto e i

diritti nella loro “validità” ed “efficacia” senza fare alcuno riferi- mento al fatto se un diritto possa anche essere considerato “giu- sto”, che da sempre è il dibattito interno fra il giuspositivismo del- le leggi umane e positive e il giusnaturalismo14delle leggi di natu-

ra, propriamente nell’ambito della filosofia del diritto.

In questo quadro centrato sulla giustizia positiva, la certezza della pena e una visione quasi esclusivamente retributiva della pe- na, l’attenzione era riservata in maniera quasi esclusiva all’autore del reato, al quale venivano destinate pene e sanzioni. “L’estromis- sione della vittima dalla concezione del reato e della sua sanzione può, infatti, dirsi compiuta in virtù dell’affermazione di una con- cezione del reato quale lesione di un bene giuridico astratto e non di un diritto specifico, con la conseguente e coerente previsione di una pena indifferente nei confronti della vittima, orientata diretta- mente nei confronti del reo ed indirettamente nei confronti della società. I recenti contributi della sociologia e della vittimologia possono tradursi in una nuova politica penale più vicina ai bisogni

Mediazione penale minorile. Rappresentazioni e pratiche, Franco Angeli, Mila-

no 2009.

13 P. Massaro, Op. cit., p. 11.

14 Cfr. N. Bobbio, “Giusnaturalismo e giuspositivismo”, in Enciclopedia delle

Scienze sociali, IV, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 1994, pp. 365-374.

della vittima, la quale possa così trovare nell’ambito della giustizia penale la necessaria tutela formale e sostanziale”15. Attenzione non

ancora pienamente accolta nell’ambito penale e processuale. S’impone, dunque, un nuovo modello di giustizia penale che in- cluda la vittima, fino a qualche tempo fa soggetto del tutto margi- nale, e che lavori alla ricerca di nuovi strumenti operativi nella ri- soluzione dei conflitti, come l’istituto della mediazione penale, di- retta conseguenza dell’approccio offerto dalla giustizia riparativa, intesa come forma di risoluzione del binomio “delitto e pena” in vi- sta di un modello alternativo al carcere e al sistema penale tradizio- nale. L’assunzione di questo nuovo paradigma penale invita a una diversa maniera di affrontare le questioni topiche della giustizia pe- nale tradizionale, con il diretto coinvolgimento di tutte le parti in- teressate: vittima, reo, società. A differenza dell’istituto della conci- liazione giudiziale fra le parti, di competenza del Giudice di pace (legge 374 del 1991 entrata in vigore nel 1995), l’istituto della me- diazione contempla la possibilità di ricorrere all’attività di media- zione svolta da centri specializzati, accreditati presso il Ministero della Giustizia e inseriti in un apposito registro, commissionati dal giudice stesso, qualora l’azione di conciliazione non abbia dato esi- ti positivi. L’attività del giudice pace, con il compito di favorire un diverso esito penale, ad esempio con il ritiro di una querela, è quin- di molto diversa da quella svolta dal mediatore, che si occupa pri- mariamente di risolvere i conflitti fra le parti in chiave riparatoria. Mentre il giudice di pace si limita a una forma di conciliazione sul piano formale fra le parti, con il raggiungimento di accordi o di so- luzioni alternative, l’attività di mediazione cerca di intervenire sul- l’origine stessa del conflitto, adoperandosi per una sua approfondi- ta risoluzione sul piano personale, e non soltanto formale.

Nel 1999 il Consiglio d’Europa invitava gli Stati membri a fa- vorire procedure giudiziali alternative, invito recepito nella Diret- tiva 2008/52 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione Europea in favore dell’attività di mediazione per la risoluzione delle controversie sia civili che commerciali. Il mediatore in ambi- to civile, terzo neutrale in possesso di almeno una laurea triennale

in materie giuridiche e formazione di 50 ore sulla mediazione, fa- vorisce l’instaurazione del dialogo fra le parti al fine di comporre il conflitto fra le parti attraverso soluzioni partecipate e condivise, mai imposte come nel caso di arbitrato. Attualmente il D.L. 28 del 2010 impone la mediazione, per un massimo di quattro mesi, in casi specifici come ad esempio in caso di diffamazione, controver- sie condominiali, patti di famiglia, responsabilità medica.

L’attività di mediazione, pur senza una formalizzazione legisla- tiva chiara e senza una differenziazione formativa in base ai diver- si ambiti d’intervento, può svolgersi, altresì, nei più svariati conte- sti sociali in cui si riconosca la presenza di situazioni conflittuali, a livello familiare (mediazione familiare), socio-culturale, lavorativo, penale (mediazione penale), interculturale (mediazione intercultu- rale), scolastico ecc.

Sempre negli Stati Uniti, intorno agli anni ’70, proprio grazie ai movimenti in difesa dei diritti civili, cominciava ad affermarsi un modello di giustizia sempre meno coercitivo e sempre più orienta- to verso i concetti di dialogo, incontro e mediazione, modello ri- parativo che si è esteso fino a oggi in quasi tutti i continenti, pur con inevitabili e significative differenze nella sua applicazione con- creta con la presenza di una vasta pluralità di programmi e di in- terventi di natura riparativa. Il modello della giustizia riparativa, detto anche come “terza via”, si pone come alternativa sia al mo- dello classico retributivo sia al modello rieducativo.