• Non ci sono risultati.

4.1.1 L’indagine sui dialetti

Mentre nell’ambito del modello a principi e parametri (a cui si è fatto spesso riferimento come Government and Binding nel capitolo precedente) e poi del Minimalismo, il tentativo di catturare il fenomeno della variazione, in particolare rispetto al Parametro per eccellenza, il soggetto nullo, si esplicava nelle teorie che abbiamo visto nel capitolo precedente (e in molto altro lavoro che non è stato qui ricordato), un filone di indagine empirica, quello della cosiddetta “microvariazione” sintattica, prendeva piede negli anni Ottanta in modo consistente, intersecandosi radicalmente con la teoria parametrica. Da un lato l’analisi di varietà dialettali del dominio romanzo, in particolare dell’area italiana, forniva nuovi dati contro cui confrontare le elaborazioni teoriche (i parametri che venivano proposti), e d’altra parte suggeriva sempre più inequivocabilmente che una visione macro-parametrica, cioè una Grammatica Universale che contiene un insieme limitato di opzioni che vengono lasciate aperte – i parametri, responsabili di tutte le differenze osservabili tra le lingue –, era inadeguata a spiegare una variazione che appariva sempre più “a grana fine”.

Sul soggetto nullo, per esempio, già un lavoro come Brandi e Cordin (1981) portava all’attenzione il fatto che i pattern esterni di variazione non erano riducibili semplicemente alla presenza/assenza di un nominale esplicito, dato che varietà italiane come trentino e fiorentino presentavano da un lato l’obbligatorietà di un pronome soggetto di forma clitica, apparentemente come il francese, ma dall’altro avevano caratteristiche che rientravano invece nei fasci di proprietà associati al valore del parametro pro-drop individuati dal lavoro di Rizzi (1982), come inversione libera del soggetto e assenza di effetti COMP-traccia (cf. 3.1). A una analisi più approfondita gli stessi pronomi clitici soggetto rivelavano poi caratteristiche molto differenti dai soggetti del francese, dovendo obbligatoriamente cooccorrere con un soggetto lessicale (70) o non potendo essere cancellati in strutture a coordinazione (71).

(70) a. La Maria *(la) parla (fiorentino)

b. Jean (*il) parle (francese)

(71) a. La canta e *(la) balla (fiorentino)

b. Elle chante et (elle) balle (francese)

Indipendentemente dalla soluzione offerta dalle autrici (poi riproposta in Brandi & Cordin 1989), che manteneva la parametrizzazione classica considerando queste varietà come a soggetto nullo al pari dell’italiano (con il clitico soggetto inserito sotto il nodo Infl che rappresenta lo spell out dei tratti pronominali della flessione, mentre un pro nullo viene ammesso anche in presenza del clitico soggetto), fatti come quelli di trentino e fiorentino offuscavano la validità di modelli in cui un punto di variazione aveva effetti “a cascata” su una serie di altri fenomeni. Questo e altri lavori rendevano inoltre chiaro che la distinzione binaria soggetto nullo/non-nullo che valeva per italiano vs. francese aveva una serie di gradazioni intermedie, ampiamente rappresentate nelle varietà romanze, tali per cui cui l’ammissibilità di un soggetto “silente” appariva condizionata dai tratti di persona e numero del soggetto stesso, oltre che da altri possibili fattori. Tutto questo portava a ipotizzare, in conclusione, che in quest’area della sintassi non ci fosse un solo parametro e a suggerire, tra le altre cose, un parametro di inversione libera come quello proposto di Jaeggli e Safir (cf. 3.5).

4.1.2 Il metodo e gli obiettivi per la teoria linguistica

L’attenzione per la micro-variazione non nasceva tuttavia solo dalla volontà di testare la bontà di determinati parametri così come erano stati dedotti dalla comparazione tra inglese e francese (o tra altre lingue più studiate), ma da esigenze più generali di metodo che sono riassunte con estrema chiarezza da Kayne (1996; 2011), in particolare in relazione al proprio lavoro su francese e italiano. Il ragionamento, in generale, è che per individuare una o più proprietà sintattiche covarianti con un’altra proprietà (un parametro nel senso classico, quindi), occorre

comparare due lingue osservando quali differenze sintattiche hanno presumibilmente un legame con altre differenze sintattiche, e quanto più il numero generale di differenze sintattiche è alto tra le due lingue in indagine, tanto maggiore è la difficoltà a isolare le proprietà rilevanti. Come naturale conseguenza segue dunque che la comparazione di varietà simili è preferibile per la verifica di ipotesi relative a correlazioni parametriche poiché restringe notevolmente il “rumore” che potrebbe potenzialmente sorgere dall’interazione con altre proprietà sintattiche37:

“It is easier to search for comparative syntax correlations across a set of more closely related languages than across a set of less closely related languages. If the languages being compared are more closely related, it is almost certain that there will be fewer variables that one has to control for, and there is therefore a greater likelihood of success in pinning down valid correlations.”

(Kayne 2011:4) La profondità di analisi resa possibile dallo studio della microvariazione suggerisce un paragone suggestivo con un “esperimento controllato” quale è possibile fare in altre scienze naturali, per cui modificando una variabile che entra in relazione con altre variabili in un determinato fenomeno, è possibile capire le correlazioni che esistono tra diverse proprietà:

“If it were possible to experiment on languages, a syntactician would construct an experiment of the following type: take a language, alter a single one of its observable syntactic properties, examine the result and see what, if any, other

37 Del resto, nota Kayne (1996:4–5), nell’effettivo lavoro di comparazione svolto intensivamente nel periodo di Government and Binding, le ipotesi su parametri o principi generali della grammatica originariamente scaturiti dalla comparazione di inglese e francese portarono spesso a sollevare nuove e interessanti questioni quando si pensò di verificarle su altre lingue germaniche o su altre lingue romanze. Allo stesso modo, e a un livello ancora più “micro-comparativo”, analisi sorte dal confronto tra italiano e francese e applicate al confronto tra le lingue standard e le proprie varietà dialettali portarono a scoprire delle correlazioni di fenomeni sintattici che in altro modo sarebbero passate verosimilmente inosservate.

property has changed as a consequence. If some property has changed, conclude that it and the property that was altered are linked to one another by some abstract parameter. Although such experiments cannot be performed, I think that by examining pairs (and larger sets) of ever more closely related languages, one can begin to approximate the results of such an experiment. To the extent that one can find languages that are syntactically extremely similar to one another, yet clearly distinguishable and readily examinable, one can hope to reach a point such that the number of observable differences is so small that one can virtually see one property covarying with another.”

(Kayne 1996:5–6) Se il tipo di proprietà sintattiche che un approccio di questo genere può esplorare è necessariamente limitato dalla natura del gruppo di lingue affini che viene studiato, la portata dell’indagine sulla microvariazione è ristretta solo apparentemente a determinati fenomeni, proprio perché la caratterizzazione più fine cui permette di arrivare contribuisce a un avanzamento della teoria sintattica generale e, in seconda istanza, rende più facilmente testabile empiricamente un principio, quello della parametrizzazione lessicale, che, come abbiamo visto, rappresenta l’ipotesi standard della teoria della variazione almeno da Chomsky (1995) in poi. Questa relazione tra microvariazione e parametrizzazione lessicale, che è facile cogliere intuitivamente, si spiega in modo più preciso se si pensa ai termini in cui quest’ultima è formulata, cioè come restrizione del locus di variazione a proprietà di singoli elementi lessicali: se in un determinato contesto sintattico, circoscrivibile con sicurezza e analogo nelle due varietà affini messe a confronto, una differenza tra le due varietà emerge, l’individuazione di un elemento lessicale le cui proprietà potrebbero essere responsabili della divergenza risulta più agevole rispetto a quanto sarebbe possibile fare confrontando lingue non vicine, in cui è più probabile che altre proprietà di elementi lessicali interagiscano nel produrre la differenza osservata. Allo stesso modo le proprietà di clustering di un parametro hanno un maggiore grado di verosimiglianza se è possibile provare che due dialetti che differiscono minimamente

in un fenomeno particolare differiscono, ceteribus paribus, anche per una o più altre proprietà.