Alla fine degli anni ‘80, quando molte delle questioni legate al Soggetto Nullo sono emerse con chiarezza nella letteratura, Jaeggli e Safir (1989) tentano una sintesi delle proposte più influenti presentate fino ad allora (che sono, in linea di massima, quelle che ho esposto nelle precedenti sezioni) e, dopo aver messo in evidenza i problemi ancora irrisolti, avanzano alcune proposte in direzione di una più ampia copertura empirica dei fenomeni di pro-drop nelle lingue del mondo.
Prima di passare all’illustrazione delle proposte di Jaeggli e Safir, è necessario però fare un passo indietro a un lavoro di uno dei due autori di pochi anni prima, alcune delle cui conclusioni sono assunte implicitamente nella sintesi del 1989. Safir (1985:cap. 6) argomenta infatti che se si vuole giungere a una teoria del soggetto nullo soddisfacente, che cioè sia capace di includere anche lingue che apparivano
come controesempi alle definizioni parametriche che erano state proposte, è necessario rinunciare a una concezione monolitica del parametro del Soggetto Nullo, scindendolo in almeno due parametri diversi e indipendenti, il parametro NOM-drop (±NDP) e il parametro di inversione libera del soggetto (free inversion parameter, ±FIP), in cui il primo presiede alla realizzazione di un un elemento nominativo in posizione preverbale, mentre il secondo governa la possibilità di esprimere il soggetto dopo il verbo.
L’assenza di effetti di definitezza in soggetti postverbali in una lingua come l’italiano (a differenza delle costruzioni espletive con soggetto invertito in francese o inglese) corrobora l’ipotesi di un parametro separato di inversione libera, dato che questo permetterebbe all’NP postverbale di ricevere Caso e ruolo-θ direttamente da INFL, senza coindicizzazione con una posizione preverbale. Il sistema di Safir predice quindi 4 possibili tipi di lingue, in cui +FIP si correla univocamente con la presenza o assenza di effetti di definitezza, che secondo l’autore sarebbero realizzati nelle lingue romanze come in (44):19
(44) Italiano Standard +NDP, +FIP
Francese –NDP, –FIP
Trentino e Modenese –NPD, +FIP Portoghese Standard +NDP, –FIP
L’assenza di effetti COMP-traccia, correlata secondo Rizzi con la disponibilità di soggetti nulli in una lingua (cf. 3.1), sarebbe invece secondo Safir una proprietà derivante da una specificazione positiva di FIP, come dimostrerebbero con particolare
19 È da notare che la definizione di trentino e modenese come lingue a soggetto non nullo è una conclusione opposta a quella raggiunta da Brandi e Cordin (1981; 1989), che rivendicano lo status di trentino e fiorentino come lingue a soggetto nullo, argomentando sulla base di varie evidenze (compresenza di clitico e NP soggetto, test di coordinazione, ecc...) che i clitici soggetto presenti in queste varietà siano sostanzialmente lo spell-out di una testa AGR realizzata come elemento autonomo, riconducendo, in generale, al sistema di Rizzi (1982). Al lavoro pioneristico di Brandi e Cordin si accennerà nuovamente in riferimento al problema della micro-variazione in 4.1.1 (p.69).
evidenza i fatti del portoghese, che concorda significativamente con il francese anche negli effetti di definitezza, pur essendo incontrovertibilmente a soggetto nullo.20
Assumendo quindi che, come proprietà parametrica, la possibilità per una lingua di poter omettere il soggetto vada divorziata da quella di inversione tra verbo finito e NP soggetto (poiché vi sono ragioni empiriche per rigettare questa correlazione), Jaeggli e Safir concentrano l’attenzione sul fenomeno del pro-drop vero e proprio, partendo dall’ipotesi standard per cui è la ricchezza della flessione verbale in una lingua a rendere possibili i soggetti nulli. Il problema, secondo gli autori, è che un tale tipo di approccio, intuitivamente promettente, finisce per scontrarsi con più problemi di quelli che potenzialmente chiarisce. Un primo punto problematico è rappresentato dalla definizione di flessione verbale “ricca”, che, se intesa come capacità di distinguere quanti più tratti di persona e numero, si scontra, oltre che con i casi di radical pro-drop, con l’osservazione che, per esempio, il tedesco sembra riuscire a distinguere almeno tante combinazioni di tratti persona/numero quanto lo spagnolo e ben più dell’irlandese, eppure, a differenza di questi, non è capace di licenziare soggetti tematici nulli. Una seconda questione concerne la (possibile) relazione tra la restrizione di pro-drop ai soli soggetti non tematici e il maggiore o minore grado di ricchezza della flessione.
Sulla base di queste premesse, mantenendo che i due concetti di licensing e identificazione vadano separati (come generalmente accettato da Rizzi (1986) in poi), gli autori ritengono che l’idea di un AGR “ricco” come precondizione per avere
20 Franks (1995:291–292) nota che la variabilità interna al dominio delle lingue slave rafforza significativamente l’ipotesi di dissociazione del soggetto nullo dall’inversione libera: le quattro possibilità teoriche date dalla combinazione dei tratti [±NDP, ±FIP], presentate nello schema in (44) si ritrovano tutte all’interno delle lingue slave, come in (vii):
(vii) Serbocroato +NDP,+FIP
Russo standard, ucraino –NDP, –FIP
Russo colloquiale –NPD, +FIP
argomenti nulli debba essere quindi abbandonata e avanzano quindi una proposta sul meccanismo di licensing, definito in termini di “uniformità morfologica”:
(45) Null subjects are permitted in all and only languages with morphologically uniform inflectional paradigms.
Per essere “morfologicamente uniforme”, il paradigma della flessione verbale di una lingua deve essere contenere solo forme “derivate” o solo forme “non derivate”, dove il primo termine indica forme composte da una radice (o un tema) con uno o più affissi morfologici, mentre il secondo si riferisce a forme nude della radice (o del tema) verbale. In questo senso quindi, in inglese e francese il requisito di licensing viene meno da subito a causa del paradigma flessionale “misto” che consta di forme nude e forme affissate (p. es. da -s nella 3sg. dell’inglese), indipendentemente dal fatto che la flessione possa o meno recuperare i tratti di persona e numero di un soggetto eventualmente omesso. Lingue in cui le forme verbali sono ottenute, da un lato, solo per affissazione di morfemi di persona/numero (come l’italiano, il tedesco e l’irlandese) o, dall’altra parte, lingue in cui morfemi di persona/numero non compaiono mai sul verbo (cinese e giapponese), licenziano invece soggetti nulli.
A questo punto, stabilito che soggetti nulli sono potenzialmente licenziati tanto in italiano che in irlandese o tedesco, quello che diventa decisivo, per rendere conto di comportamenti così diversi in queste lingue, è il meccanismo di identificazione. Gli autori osservano che se l’identificazione per un qualche motivo non è realizzabile, soggetti nulli non tematici possono essere comunque ammessi se la condizione di
licensing (paradigma morfologico uniforme) è soddisfatta: un pro non tematico,
infatti, come tale, non deve (e non può) essere identificato con uno slot argomentale del verbo. Questa considerazione cattura una condizione che è piuttosto comune a livello interlinguistico e sembra appropriata per caratterizzare, p. es., lingue come l’islandese o il tedesco, in cui in determinati contesti l’omissione di un espletivo è obbligatoria, come in (46):
(46) Gestern wurde (*es) getanzt
Ieri era EXPL ballato
“Ieri si è ballato”
La congettura che il doppio requisito (licensing e identificazione) cui sono vincolati i soggetti tematici nulli sia limitato al solo licensing per gli espletivi nulli trova un elemento a supporto nella situazione dell’ebraico moderno, dove l’omissione di un soggetto referenziale è possibile con verbi flessi al passato o al futuro, ma non al presente, che ha un paradigma difettivo e quindi non soddisfa il requisito di identificazione dei tratti di persona e numero; tuttavia, in modo cruciale, soggetti espletivi nulli sono ammissibili in tutti i tempi, compreso il presente.
Quindi, come avviene (o non avviene) l’identificazione? Il ruolo della ricchezza della flessione sembra appropriato per spiegare la situazione dell’italiano o dello spagnolo, ma per quale motivo questa non è sufficiente in una lingua come l’islandese, che nel paradigma del presente potrebbe inequivocabilmente identificare 4 forme su 6, con una sola forma sincretica (2s, 3s)? La proposta che Jaeggli e Safir avanzano è che l’identificazione per mezzo della flessione di accordo sia possibile solo se la categoria identificante e quella identificata sono in rapporto di reggenza e assegnazione di Caso, come stabilito da (47):
(47) Identification by Agreement
AGR can identify an empty category as thematic pro iff the category containing AGR Case-governs the empty category.
Assumendo che nelle lingue germaniche a verbo secondo come tedesco e islandese, la testa T sia sotto COMP mentre AGR si trovi sotto INFL, e che in generale sia T ad assegnare caso, AGR in queste lingue non sarebbe accessibile al soggetto nullo, inibendo il processo di identificazione, che invece è possibile nelle lingue romanze a soggetto nullo, dove AGR e T si troverebbero presumibilmente sotto uno stesso nodo, quello di INFL. Per le lingue a pro-drop radicale gli autori suggeriscono infine che sia
attivo un processo di “identificazione per accordo non-locale”, adottando, di fatto, le proposte di Huang sul topic nullo e sul controllo di pro.
Le proposte di Jaeggli e Safir qui riassunte hanno, in conclusione, il merito di fornire una soluzione con una maggiore copertura empirica rispetto ai precedenti trattamenti del soggetto nullo, anche se gli autori lasciano intenzionalmente aperte molte questioni o non le affrontano affatto (p. es. la bipartizione tra soggetti nulli non tematici in espletivi puri e quasi-argomentali, ammessi entrambi in islandese, ma limitati alla prima classe in tedesco). D’altra parte, rimane altrettanto misterioso, a livello concettuale, il legame tra uniformità morfologica e licensing, cioè la ragione per cui sia proprio il fatto che una lingua mischi forme nude e forme affissate a proibire soggetti nulli.