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Topic-drop e controllo generalizzato La teoria di Huang

Proprio il fenomeno del radical pro-drop (che per le sue caratteristiche di recupero della referenza viene spesso indicato come discourse pro-drop) rappresenta uno degli aspetti più problematici per l’analisi di Chomsky-Rizzi che, come già rilevato, rappresentava lo standard nel periodo G&B. Anche la soluzione prospettata da Rizzi al caso del cinese e del giapponese, illustrata sopra, aveva una debole forza esplicativa sotto determinati aspetti, poiché restavano vaghe le condizioni di recupero del contenuto di pro e rimanevano alcuni problemi aperti, per esempio su come giustificare le restrizioni alla referenza del soggetto nullo nelle incassate, come lo stesso autore riconosceva (Rizzi 1986:n. 44).

Nel tentativo di mantenere il “modulo pro”, che dimostrava comunque una forza esplicativa considerevole in relazione al nesso tra accordo “forte” e soggetto

nullo, e di farvi rientrare i fatti del cinese e del giapponese, Huang (1984; 1989) propone una revisione del complesso delle categorie vuote postulato nell’epoca G&B, secondo lo standard chomskiano. Notando che nelle incassate del cinese esiste una asimmetria per cui la referenza di un oggetto omesso è interessata da determinate restrizioni, che non toccano invece il riferimento di un soggetto omesso (che approssimativamente si comporta come un soggetto vuoto in italiano o spagnolo), Huang (1984) ipotizza che in gioco oltre al parametro pro-drop ci sia un parametro relativo alla possibilità per una lingua di omettere un topic, la cui referenza sarebbe però recuperabile con un procedura inferenziale di tipo discorsuale-pragmatico: se si assume una caratterizzazione di cinese e giapponese (e altre lingue principalmente asiatiche, come il coreano) come lingue discourse-oriented nel senso di Tsao (1977) in cui esiste, in particolare, una procedura che permette la cancellazione dell’NP topic di una frase se esso è coreferente con il topic di una frase precedente nel discorso, diventa possibile ipotizzare che la categoria vuota in posizione soggetto sia in realtà una variabile che viene legata da un topic cancellato.17 In una frase come (37) il soggetto nullo (indicato con Ø) sarebbe in realtà un variabile, piede di una catena-A', cioè la traccia lasciata da un topic nullo nella posizione più alta, come nella struttura in (38):

(37) Ø lai le

venire PST

“È venuto” (ma anche:”Sono/sei/siamo/siete/sono venuto/a/i/e”)

17 È cruciale, in un sistema di questo tipo, anche la caratterizzazione suggerita da Li e Thompson (1976) di cinese e giapponese come lingue topic-prominent: mentre nelle familiari lingue europee germaniche e romanze la relazione sintattica soggetto-predicato è ineliminabile per la buona formazione di una frase e la topicalizzazione di un costituente implica spesso una dislocazione (quindi un fenomeno di movimento o comunque di interpretazione di un costituente in una posizione diversa da quella in cui è fonologicamente realizzato), cinese e giapponese sembrano fare riferimento più spesso a una relazione tra topic e comment che può venire grammaticalizzata apertamente come nel caso della “particella tematica” giapponese wa. In queste lingue un topic può venire generato, plausibilmente , nella sua posizione base in testa alla frase.

(38) [TOP ei] ei lai le

In posizione oggetto di una incassata, il fatto che quello che è omesso è il topic è ancora più evidente, se si considera (39) in cui la referenza dell’oggetto omesso viene interpretata come diversa da quella del soggetto della frase matrice Zhangsan:

(39) [TOP ei], [Zhangsanj shuo [Lisi bu renshi ei]. Zhangsan dire Lisi non conoscere “(Luii), Zhangsanj dice che Lisi non loi/*j conosceva”

In Huang (1989) questa concezione viene modificata con la proposta che per spiegare la distribuzione delle categorie nulle in queste lingue e contemporaneamente continuare a mantenere il “modulo pro” sia conveniente far confluire PRO e pro in una singola categoria vuota di tipo pronominale, pro/PRO, riducendo a soli tre tipi le categorie vuote, in modo simmetrico alla caratterizzazione delle categorie lessicali: (40) Tipologia delle categorie vuote secondo Huang (con corrispettive categorie

lessicali)

a. [+anaforico, –pronominale]: traccia di NP (corrisp.: anafore lessicali) b. [–anaforico, +pronominale]: pro/PRO ( " pronomi)

c. [–anaforico, –pronominale]: variabile-wh ( " espressioni-R) Il condividere lo stesso status implica per la categoria pro/PRO essere soggetta alla stessa regola di controllo, che Huang identifica con la regola generalizzata di

controllo in (41):

(41) Generalized Control Rule

An empty Pronominal is controlled in its control domain (if it has one)

(42) Control domain: α is the control domain for β iff it is the minimal category

that satisfies both (a) and (b):

a. α is the lowest S or NP that contains (i) β, or (ii) the minimal maximal category containing β,

b. α contains a SUBJECT accessible to β

Di fatto la regola generalizzata di controllo unifica la reggenza per mezzo di INFL con il controllo in senso classico: in una lingua a soggetto nullo come l’italiano, in una frase semplice il dominio di controllo di pro (=β) è rappresentato da S (=α), poiché quest’ultima lo contiene e ha un soggetto accessibile rappresentato da Agr, che essendo sufficientemente ricco può controllare il pro; in una lingua come l’inglese il dominio di controllo è sempre S, ma la povertà della flessione non permette il controllo di pro, e quindi un pro rende la frase malformata. In caso però pro venga a trovarsi nel contesto di una frase non finita incassata (quindi notato tradizionalmente come PRO) ha un possibile dominio di controllo nella frase matrice (la minima categoria massima che lo contiene dotata di un soggetto) ed è quindi licenziato, trovando un controllore nel soggetto o nell’oggetto della matrice18.

In cinese un pro soggetto di una frase semplice, per la regola (42), non ha un dominio di controllo perché Agr (cioè un soggetto) non è presente in S e quindi S non soddisfa il requisito (42)b: sfuggendo al controllo, la referenza della categoria vuota viene allora determinata da considerazioni pragmatiche o in modo arbitrario o tramite antecedente a distanza, come è chiaramente il caso in (37), in cui in assenza di contesto nel discorso la frase è ambigua tra le varie interpretazioni indicate nelle glosse. In una frase come (43), che sembra essere apparentemente una classica costruzione a controllo, una interpretazione con controllo del soggetto della frase matrice è ottenuta in effetti se la frase viene enunciata fuori contesto, ma se è presente un antecedente nel discorso diverso da Zhangsan la categoria vuota deve essere obbligatoriamente coreferente col primo e non col secondo

(43) Zhangsan shuo [e bu renshi Lisi].

Zhangsan dire non conoscere Lisi

“Zhangsani ha detto di non conoscere Lisi / che luij non conosce Lisi”

18 Per le strutture a controllo arbitrario (PROarb), Huang (1989:199–204) propone che siano derivate da una configurazione in cui di fatto non vi è un dominio di controllo poiché interviene un NP (non dotato di soggetto) tra S matrice e S contenente pro.

Di fatto quindi il sistema ha la conseguenza di predire che soggetti nulli sono possibili nelle lingue che hanno un AGR ricco (come italiano o spagnolo) o che non hanno nessun AGR (cinese, giapponese), ma non sono possibili in lingue con un AGR povero (inglese, francese), perché quest’ultimo impedisce a pro di essere controllato, e di conseguenza pro in queste lingue non è mai licenziato in frasi finite. Huang argomenta anche che la definizione della categoria pro/PRO in (41)-(42) deriva parzialmente il teorema PRO per cui PRO non può essere retto (Chomsky 1981): la cooccorenza dei tratti [+anaforico, +pronominale] attribuiti a PRO implica infatti che PRO sia privo di un dominio locale affinché il Principio A e il Principio B della teoria del legamento non entrino in contraddizione; questo esclude la ricorrenza di PRO nella posizione soggetto di frasi finite e in posizione oggetto. Ma questo è esattamente ciò che la teoria del controllo generalizzato fa, escludendo pro/PRO in assoluto in posizione oggetto e pro/PRO soggetto in inglese (mentre in italiano e in cinese è permesso, ma – per via del controllo così concepito – con una caratterizzazione “pro” in frasi finite e “PRO” in infinitivali, quindi mantenendo le restrizioni del teorema PRO), rendendo il teorema PRO superfluo.