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Modifiche della formulazione del criterio direttivo.

con riferimento ai presupposti soggettivi sia con riferimento ai limiti di pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse;

1. Modifiche della formulazione del criterio direttivo.

La formulazione del criterio direttivo in materia di revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative ( lett. b), art. 26 della bozza di delega) non è andata immune da rilievi critici, che si sono appuntati, in prima battuta, sulla ratio stessa della direttiva, che pare troppo risentire della persistente visione delle misure alternative in chiave meramente deflativa dell’overcrowding negli istituti di pena, mentre non pare adeguatamente valorizzata l’originaria, peculiare vocazione rieducativa delle forme di esecuzione alternative al carcere. Di qui l’esigenza fortemente avvertita di una

modifica della direttiva in esame in chiave accentuativa della finalità risocializzante assegnata alla esecuzione della pena dal precetto costituzionale (art. 27 comma 3

Cost.), abbandonando l’idea delle misure alternative quali meri strumenti atti a ridurre la tensione detentiva mediante l’uscita dal carcere per abbracciare la vision - ben più pregnante sotto il profilo rieducativo - di evitare, per quanto possibile, l’ingresso in

carcere di condannati per i quali la detenzione ordinaria integri una risposta

sproporzionata rispetto alla gravità del reato e alla accertata capacità a delinquere [PRESUTTI].

Tale auspicato recupero del profilo risocializzante nella fase di esecuzione penale dovrebbe, peraltro, tenere conto del quadro normativo e ordinamentale generale, segnatamente delle recenti innovazioni in materia di assetto sanzionatorio di cui alla l. n. 67 del 2014 (Delega in materia di pene detentive non carcerarie e delega per la riforma della disciplina sanzionatoria), nonché degli istituti di deflazione anche processuale di recente introduzione (messa alla prova dell’imputato adulto; non punibilità per speciale tenuità del fatto) e di quelli oggetto della stessa presente bozza di delega. [PRESUTTI]

L’assetto ordinamentale dovrebbe, in altri termini, essere ri-orientato su più decise coordinate rieducative, anche mediante alcune messe a punto dell’attuale

assetto, quali: la stabilizzazione della liberazione anticipata speciale [FIORIO]; la reingenerizzazione del sistema per stimolare le iniziative del consiglio di disciplina (art. 57 ord. penit.) e l’attivazione ex officio in materia di benefici penitenziari e per la liberazione anticipata in particolare [Fiorio]; lo sviluppo sul piano logistico e organizzativo (modulistica unica su base nazionale per la formulazione delle istanze; la previsione della trasmissione telematica delle medesime e della relativa documentazione) [Fiorio]; la valorizzazione ai fini dell’accesso alle misure extra moenia di eventuali percorsi terapeutici cui il soggetto interessato possa essersi sottoposto successivamente al fatto di reato commesso, e prima che sia iniziata l’esecuzione della pena. [PASSIONE]

Pur a fronte della generale perplessità manifestata in relazione alla genericità

della delega, soprattutto in una materia connotata dalla ampia discrezionalità del

legislatore nello stabilire i presupposti applicativi dei benefici penitenziari [GRILLO] vi è, comunque, il diffuso convincimento che la revisione dei presupposti di accesso alle

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misure alternative, dovrebbe ispirarsi all’obiettivo di una recuperata funzione delle

stesse quale naturale sviluppo dell’esecuzione penale ispirato al principio di «progressività trattamentale» [Fiorio], da realizzarsi anche mediante una modulazione di accesso alle misure alternative caratterizzata da un percorso tendenzialmente semi- automatico in quanto essenzialmente fondato sull’espiazione di determinate quote di pena, scandito su una scala crescente di progressione, con passaggio dai permessi premio al lavoro all’esterno, alla semilibertà fino alla applicazione dei più ampi benefici [PRESUTTI]. Tale intervento sul piano sostanziale dovrebbe, comunque, essere accompagnata da una serie di interventi sui meccanismi procedurali che ne regolano le modalità di richiesta e concessione [CARNEVALE].

Non isolate voci si sono, inoltre, levate ad auspicare una robusta

implementazione del contenuto direttivo della delega, per coprire gli interventi

giudicati necessari in materia di disciplina dell’ordine di esecuzione (art. 656 c.p.p.), anche in chiave di coordinamento tra i presupposti di sospensione dell’ordine di esecuzione e le condizioni di ammissibilità delle misure alternative [VERRINA,VICOLI].

Le proposte di arricchire i criteri direttivi della delega si sono, altresì, ulteriormente articolate anche nella duplice direzione della modifica della disciplina

di alcuni benefici penitenziari e misure alternative, al fine di porre le condizioni per

un più ampio accesso ai benefici alternativi già dallo stato di libertà, nonché della

rimodulazione del procedimento di sorveglianza, in relazione al quale

particolarmente evidenziata è l’esigenza di modifiche volte ad assicurare la presenza fisica dell’interessato all’udienza collegiale – che deve essere pubblica - con tendenziale ruolo residuale del contraddittorio cartolare, in tal modo assicurando le più favorevoli premesse per l’accuratezza, la trasparenza e il rigore del giudizio [CARNEVALE].

Alcune proposte migliorative propongono - mediante l’implementazione della delega con una direttiva ad hoc – di prevedere che il limite di pena per l’accesso

all’affidamento in prova al servizio sociale sia fissato a quattro anni, al fine di

agevolare il più possibile l’esecuzione penale all’esterno del carcere, anche in ottemperanza ai dicta della Corte europea per i diritti dell’uomo [Carnevale], operando sulla trama normativa nel senso di modificare il comma 1, art. 47 della l. n. 354/1975, con la sostituzione della parola “tre” con la parola “quattro”, e la contestuale soppressione del comma 3bis della medesima norma [FIORENTIN], o comunque di realizzare il coordinamento tra i commi 1 e 3bis della evocata norma penitenziaria [PASSIONE].

2. Suggerimenti per l’attuazione del criterio

Sul piano attuativo, con riferimento al profilo dei presupposti sostanziali di

concessione dei benefici penitenziari, è diffusa la percezione dell’ineffettività

dell’attuale assetto a motivo del contenuto scarsamente rieducativo dispiegato dalle singole misure alternative, che risultano oltretutto inadeguate a garantire la collettività contro il pericolo di recidiva, così alimentando un percorso ciclico che porta a periodiche stagioni di legislazione emergenziale, con contrazione degli spazi

applicativi delle misure extra moenia per effetto di stringenti preclusioni all’accesso ai benefici che, una volta applicate, si rivelano dei filtri a maglie eccessivamente strette, che intasano l’intero sistema dell’esecuzione penitenziaria e finiscono quindi per essere selezionate per la soppressione. [Coppetta]. Un circolo vizioso, quest’ultimo, che molte proposte suggeriscono di spezzare definitivamente con l’espunzione delle ultime

preclusioni ancora vigenti tra quelle introdotte dalla legge “ex-Cirielli” (segnatamente,

inserite negli artt. 30quater e 58quater, comma 7bis ord. penit) [FIORIO, PASSIONE]; di quelle che allo stato impediscono la concessione della liberazione anticipata speciale ai condannati per i delitti di cui all’art. 4bis ord penit. [FIORIO]; nonché di quegli accertamenti istruttori sulla personalità del condannato (artt.4bis, comma 1quater e

quinquies, art. 13bis ord. penit.) che troppo spesso, per mancanza di risorse, non si

effettuano e si risolvono dunque in meri filtri preclusivi [PASSIONE].

Ad evitare perniciosi “blocchi” del percorso rieducativo e agevolare l’accesso alle misure esterne al carcere, un’innovativa soluzione guarda ad un sistema di

progressione nella concessione dei benefici penitenziari che, individuando ben

precisi livelli di pena espiata, preveda allo scadere di ciascun segmento detentivo una valutazione sul percorso compiuto dal condannato il cui esito – se positivo- schiude al passaggio dal beneficio più restrittivo (permessi) a quello più ampio secondo lo schema della progressività (in tale prospettiva, a riequilibrare il meccanismo di progressione per i benefici penitenziari, la liberazione anticipata verrebbe, tuttavia, rimodulata in termini più ridotti dell’attuale, ipotizzandosi un rateo di concessione di 20 gg. a semestre) [PRESUTTI].

Nella medesima prospettiva di agevolazione all’accesso e alla progressione nel percorso extramurario, il sistema dovrebbe anche essere rivisto sotto il profilo delle conseguenze per l’eventuale andamento negativo dei benefici, con la previsione di nuove ed appropriate tipologie di “sanzione”, quali l’arresto o la regressione temporanea del percorso trattamentale esterno, che si affiancherebbero alle ipotesi di revoca delle misure alternative [PRESUTTI].

Con riferimento al possibile intervento di modifica della disciplina relativa

alla sospensione dell’ordine di esecuzione (art. 656 comma 5 c.p.p.), è generalmente

condivisa l’opportunità di elevare a quattro anni il limite di pena previsto in relazione all’affidamento in prova al servizio sociale, a somiglianza di quanto già si è fatto in tema di detenzione domiciliare di cui all’art. 47ter comma 1 ord. penit., così da risolvere la discrasia tra il disposto dell’art. 47, ord. penit. e l’attuale dizione dell’art. 656 comma 5 c.p.p. [CARNEVALE, FIORENTIN, FIORIO, PASSIONE, VERRINA, VICOLI]. In una analoga prospettiva di definitiva stabilizzazione del rapporto di corrispondenza tra la evocata norma del codice di rito e le disposizioni di matrice penitenziaria, si muove la proposta di sostituire il riferimento a specifiche quantità di pena da espiare con un rinvio recettizio alla disciplina delle misure alternative ivi richiamate, così da adeguare, mediante una sorta di “trasformatore automatico”, la disciplina della sospensione dell’ordine di carcerazione a quella delle misure alternative alla detenzione [CARNEVALE].

Ricondurre a sostanziale unità l’attuale frammentata indicazione dell’entità della pena che ammette di essere sospesa (tre anni in via generale, quattro per la

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detenzione domiciliare, sei per le misure dedicate ai tossicodipendenti) consentirebbe, infatti, di realizzare un migliore risultato anche in termini di equità sostanziale (oggi, in fatto, la segnalazione delle condizioni personali - quali lo stato di malattia, la tossicodipendenza, o la maternità - che fondano l’attivazione del meccanismo sospensivo sono lasciate all’iniziativa dell’interessato o del suo difensore, in spregio alla ratio egalitaria della norma) e determinerebbe un’auspicabile, complessiva semplificazione del sistema [CARNEVALE].

Nella cornice di un maggior coordinamento tra la disciplina del codice di rito

e la legge di ordinamento penitenziario si inserisce anche la proposta – largamente

condivisa - di revisione del catalogo dei titoli di reato che attualmente risultano ostativi alla sospensione ex art. 656 comma 9 lett. a) c.p.p., ma non ai fini dell’accesso alle misure alternative, armonizzando il disposto della lett. a), art. 656 c.p.p. con quello dell’art. 4bis ord. pen. a sua volta da riscrivere in chiave razionalizzatrice [VERRINA,VICOLI].

In tema di condannati per delitti “ostativi”, una proposta vorrebbe abrogato l'ultimo cpv dell’art. 656 c.p.p., così da estendere ai condannati per i reati di cui all'art.4bis ord. penit., il medesimo meccanismo già introdotto con il comma 4bis dell'art.656 c.p.p., nei casi in cui, per effetto della liberazione anticipata preventivamente riconosciuta, costoro si trovassero ad aver scontato interamente la pena prevista per il reato c.d. ostativo, così da evitare l’ “assaggio di carcere” nella fase iniziale dell’esecuzione penale per soggetti che potrebbero beneficiare della sospensione dell’ordine di carcerazione in seguito all’applicazione della riduzione di pena premiale [PASSIONE].

Con riferimento alle possibili opzioni di intervento sulla disciplina delle

singole misure alternative, l’attenzione si è in particolare concentrata sulle molteplici

ipotesi di esecuzione domiciliare della pena, in relazione alle quali si avverte la necessità di un complessivo riordino [Verrina], che verrebbe perseguito anche ipotizzando l’abrogazione dell’istituto della esecuzione della pena presso il

domicilio di cui alla l. 199/2010 e succ. modd., atteso che, dopo la l. 94/2013, la misura

di cui all’art. 47-ter comma 1bis, ord. penit., ha pienamente recuperato le proprie potenzialità applicative [CARNEVALE].

In relazione alla più diffusa tipologia di esecuzione di pena al domicilio, una proposta suggerisce che il limite di pena attualmente previsto per l’accesso alla

detenzione domiciliare di cui all’art. 47ter, comma 1bis, c.p.p., sia stabilito a quattro

anni, «da leggere come confine normativamente prescelto fra la necessità del carcere e la praticabilità di espiazioni esterne»; prevedendo – a garanzia della completezza e della ponderazione della decisione - una necessaria osservazione scientifica della personalità da condurre in libertà, stabilendo tempi, modalità e soggetti chiamati a intervenire. A tale intervento si accompagnerebbero modifiche alle disposizioni che prevedono il coinvolgimento degli uffici dell’esecuzione penale esterna e migliorìe volte a rendere più efficace il sistema dei controlli, anche mediante l’impiego della Polizia penitenziaria [CARNEVALE].

Particolarmente segnalata è l’opportunità di introdurre misure specifiche di

condannati ai quali sia sopravvenuta un’infermità psichica, ai sensi dell’art. 148 c.p., e per i condannati a pena diminuita per infermità di mente, anche con una estensione ai casi di infermità psichica dell’area di operatività dell’istituto del differimento della pena di cui all’art. 147 c.p. [VERRINA]

Nella prospettiva di agevolare l’accesso alle misure domiciliari si colloca la proposta di estendere il meccanismo di applicazione provvisoria del beneficio da parte del Magistrato di Sorveglianza anche in relazione agli artt. 47 quater e 47 quinquies ord. penit., sulla falsariga della previsione già introdotta per la detenzione domiciliare di cui all'art. 47 ter, comma 1quater ord. penit. [PASSIONE].

Anche la disciplina dell’affidamento in prova al servizio sociale è stata ritenuta abbisognevole di rivisitazione in termini che, per una proposta fortemente riformatrice, ne contemplano la radicale espunzione dal sistema dell’esecuzione penitenziaria, in seguito all’introduzione dell’istituto gemello e di ben maggiore potenzialità risocializzante della “messa alla prova” di cui alla L. 67/14 [PRESUTTI].

In tema di completezza e qualità del giudizio prognostico affidato alla magistratura di sorveglianza, è auspicata l’introduzione di alcune modifiche alla legge penitenziaria vigente, quali: la precisa individuazione dei comportamenti tenuti in libertà dal condannato valutabili al fine della concessione della misura; la obbligatoria effettuazione dell’osservazione scientifica della personalità da condurre anche per i condannati in stato di libertà, stabilendo tempi, modalità e soggetti chiamati a intervenire ( tra cui gli esperti di cui all’art. 80 ord. penit. e gli educatori), capaci di integrarsi al fine di creare con il contributo congiunto una solida base conoscitiva su cui fondare il giudizio prognostico [CARNEVALE]; la limitazione dell’osservazione della personalità alle pene di più lunga durata [PASSIONE].

Ai fini della migliore riuscita dell’effetto rieducativo della probation, emerge altresì l’esigenza di integrare le prescrizioni impartibili dalla magistratura di sorveglianza e potenziare le funzioni degli uffici dell’esecuzione penale esterna, anche al fine di tener conto delle differenze del contesto di provenienza dei destinatari della misura, introducendo comunque nel corredo prescrizionale obbligatorio la previsione del risarcimento al soggetto danneggiato e la prestazione di l.p.u. [CARNEVALE, COPPETTA]

La misura di cui all’art. 47 ord. penit. dovrebbe, inoltre, ammettere la possibilità di uscita dall’ambito territoriale nazionale per gravi motivi (lavoro) [FIORIO] e determinare la revoca automatica di eventuali misure di sicurezza in caso di esito

positivo della misura, senza necessità dell’attuale passaggio procedurale presso il

Magistrato di Sorveglianza, tenuto conto di quanto già previsto dall'art.210, comma 2, c.p. [PASSIONE]

Sul versante delle esigenze preventive, si collocano le proposte volte a rendere più efficace il sistema dei controlli sugli affidati in prova, rafforzandone l’incisività anche mediante il coinvolgimento della Polizia penitenziaria. [CARNEVALE] e

l’aumento delle risorse in termini di personale di magistratura di sorveglianza e di assistenti sociali. [COPPETTA].

Nella prospettiva di agevolazione delle decisioni, si è ancora proposto di intervenire sul comma 4 dell’art. 47 ord. penit., per riattivare il circuito della

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concessione provvisoria della misura da parte dell’organo monocratico, alla luce dello scarsissimo ricorso all'istituto dell'applicazione provvisoria ad opera del Magistrato di Sorveglianza [PASSIONE].

In tema di affidamento a carattere “terapeutico” (art. 94, d.p.r. n. 309/1990), ragioni di simmetria interna al sistema sospensivo di cui all’art. 656 comma 5 .p.p., sostengono l’opinione di riportare il limite di pena previsto per la misura speciale all’originaria cifra di quattro anni, a fronte tuttavia di una rimodulazione in mitius della cornice edittale prevista per i reati in materia di sostanze stupefacenti, anche alla luce del pronunciamento costituzionale ( Corte cost. n. 32 del 2014) [CARNEVALE], benché non manchino indicazioni di segno opposto, che auspicano, invece, l’eliminazione della attuale distinzione ratione poenae (6 o 4 anni) per l'accesso alla misura terapeutica [PASSIONE].

Sotto il profilo della agevolazione ai percorsi di uscita dalla dipendenza, si suggerisce, inoltre, la soppressione del primo capoverso del comma 6ter, art. 94 t.u. stup., nell’ottica della c.d. “riduzione del danno” e di un percorso graduale di disintossicazione del soggetto, per il cui successo è essenziale la compliance tra gli operatori e l'utente [PASSIONE].

Alle medesime finalità risponde la proposta di modifica del comma 1 dell'art. 94, t.u. stup., nel senso di eliminare dai requisiti di ammissibilità della domanda l'allegazione del programma terapeutico, che dovrebbe, comunque, essere assicurato anche allo straniero irregolare sul territorio nazionale. [PASSIONE].

In tema di preclusioni, sul versante delle misure “terapeutiche”, si propone, infine, la soppressione del comma 4, art.90 d.p.r. n.309/1990, nella parte residua rispetto all'intervento ablativo attuato dalla previgente l. n. 49/2006, apparendo irragionevole il divieto di concessioni plurime della sospensione, a fronte dell'abrogazione del comma 5 dell'art.94 cit., operato dalla l. n. 10/2014 [PASSIONE].

Decisamente innovativa è la proposta di introdurre l'affidamento in prova in

casi di disagio psichico o sociale, per intervenire sulla c.d. detenzione sociale, che

connota la situazione di persone tossico e alcooldipendenti, immigrati e, in minore, ma significativa misura, persone con disagio psichico e sociale [FIORIO, GRILLO], cui si accompagna l’auspicato potenziamento dell’ambito applicativo degli artt. 146 e 147 c.p. e degli artt. 47-quater e 47-quinquies ord. penit., nonché alla proposta creazione di nuove tipologie di misure alternative terapeutiche, così da assicurare il diritto ad una morte dignitosa e libera [FIORIO].

Anche il regime di semilibertà potrebbe essere compreso nell’intervento riformatore, al fine di rivitalizzare un beneficio che sembra marginalizzato nell’applicazione pretoria, mediante l’introduzione di meccanismi di applicazione provvisoria del detto regime, analogamente a quelli vigenti per l’affidamento sociale e la detenzione domiciliare e rimodulando il contenuto della misura, anche prevedendo che i condannati in regime di semilibertà possano trascorrere le ore notturne al proprio domicilio [PASSIONE].

Tra i benefici penitenziari suscettibili di modifica è anche compresa la

liberazione anticipata, per la quale si propone di intervenire prevedendo, per i

di venti giorni per ciascun trimestre di pena espiata, così da evitare l’attuale situazione in cui spesso il beneficio non può essere applicato in relazione all’ultimo segmento della detenzione [PASSIONE].

STEFANIA CARNEVALE

Contributo di

Stefania Carnevale

Professore associato di Diritto processuale penale Università di Ferrara

SOMMARIO: 1. Modifiche alla formulazione del criterio direttivo. – 2. Per una revisione dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Le motivazioni della proposta. – 2.1. L’innalzamento generalizzato dei limiti di pena che consentono l’accesso all’affidamento in prova. – 2.2. L’individuazione dei comportamenti valutabili al fine della concessione della misura e l’indispensabile osservazione “esterna” della personalità. – 2.2.1. Suggerimenti per l’attuazione dei criteri proposti. – 2.3. Integrazione delle prescrizioni impartibili e ripensamento del ruolo degli uffici dell’esecuzione penale esterna, anche al fine di tener conto delle differenze economico-sociali fra possibili fruitori della misura. – 2.3.1. Suggerimenti per l’attuazione del criterio proposto. – 2.4. La rivisitazione del sistema dei controlli sugli affidati in prova (e sull’esecuzione delle altre misure alternative al carcere). – 2.5. Riflessi sull’affidamento in prova del tossicodipendente e modifiche correlate. – 3. Per una revisione della detenzione domiciliare. Le motivazioni della proposta. - 3.1 Il ripristino dell’unità della disciplina in materia di detenzione domiciliare fruibile dai comuni condannati mediante la soppressione della esecuzione della pena presso il domicilio. – 3.2. L’ampliamento dei presupposti di accesso alla detenzione domiciliare mediante l’innalzamento della soglia di pena attualmente prevista dalla legge. – 3.3. Previsioni compensative (rinvio). – 4. Per una modifica dei profili procedurali relativi all’accesso alle misure alternative. Le motivazioni della proposta. – 4.1. Le modifiche all’art. 656 co. 5 c.p.p. – 4.2. Le modifiche al procedimento di sorveglianza.

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