I.2. DRAMMATURGHE SPAGNOLE CONTEMPORANEE
I.2.4. IL NUOVO TEATRO DELLE DONNE IN SPAGNA
Le scrittrici cominciano dunque a muoversi: prime fra tutte María Manuela Reina, una delle autrici più giovani ad entrare nel circuito teatrale commerciale; Lourdes Ortiz, cosciente del fatto che il teatro è realizzato da meccanismi altri e che bisogna arrivare ad un compromesso per poter inscenare i propri testi; Ortiz dichiara di essere molto interessata al teatro come modo di espressione, ma che:
Me di cuenta inmediatamente de que el teatro tiene otros mecanismos. No basta con escribir unos textos, sino que después uno quiere que ese texto se represente.. No sé si con ingenuidad o con valentía decidí que lo que me interesaba entonces era probar eso y convertirme en directora de mis proprios textos84.
Bisogna ringraziare Patricia ‘O Connor se le drammaturghe emergenti Lourdes Ortiz, Manuela María Reina, Paloma Pedrero e Concha Romero vengono inserite tra le sette Drammaturghe spagnole di oggi85: è la prima volta, infatti, che esce un libro dedicato alla drammaturgia femminile in cui si è voluta evidenziare la prospettiva femminista rispetto a quella letteraria, come sottolinea la stessa Virtudes Serrano, narratrice delle trasformazioni avvenute dalla nascita dell’Associazione86. Viene documentata, inoltre, la resurrezione della letteratura drammatica: la Sociedad General de Autores Españoles (SGAE) pubblica nello stesso tomo opere che hanno fatto la storia (o che sono più commerciali, come
84 “Mi resi immediatamente conto che il teatro ha altri meccanismi. Non basta scrivere dei testi, in seguito si
desidera rappresentarli. Decisi, quindi, non so se con ingenuità o con coraggio, che ciò che mi interessava era di provare questa strada e di dirigere i miei propri testi.” Intervista in “Estreno”, vol. X, n.2, p.18.
85 PATRICIA ‘O CONNOR, Drammaturgas españolas de hoy, cit. 86 VIRTUDES SERRANO, Teatro breve entre dos siglos, cit., pp. 20-21.
quelle di Ana Diosdado) e quelle di autrici che si rappresentano per le prime volte negli anni ’80, come Pedrero, Lluïsa Cunillé o Carmen Resino. Anche la televisione pubblica, come la catalana TV3, dedica più attenzione al discorso teatrale, finora relegato a genere minore.
La differenza del loro modo di scrivere, rispetto alle generazioni precedenti, sta forse nel fatto che ora tutte provengono dal mondo universitario e hanno avuto la possibilità di frequentare corsi di scrittura o di teatro in generale; esse utilizzano un linguaggio semplice ed esplicito, anche quando si tratta di argomenti difficili, prima censurati. Rimangono appartenenti ad una collettività e continuano alcuni dei principi dell’Associazione, come osservare e descrivere le discriminazioni cui sono ancora sottoposte le donne odierne e le delusioni (spesso vissute in prima persona), denunciate attraverso i loro personaggi; infine la sensibilità verso certi argomenti, come la violenza subita in casa, che lo scrittore comune non considera affatto. Conferma la critica, ed esperta conoscitrice di teatro spagnolo, Virtudes Serrano, che esse scrivono i propri testi con un altro sguardo, è “otra forma de ver y de construir”87. Le nuove drammaturghe usano, inoltre procedimenti metateatrali, nei quali si fondono persona e personaggio in un costatante ritorno, o scambio, di essere ed apparire; il pubblico stesso viene implicato, come elemento ora di distanza, ora di partecipazione; la presenza di mondi inconsci, che confondono luogo e tempo nei quali si sviluppano le azioni, ricordano le atmosfere del Barocco, riviste in chiave contemporanea. Le nuove autrici hanno in comune la tematica urbana e le relazioni personali, una scenografia minimalista, la rapidità delle azioni e diversi linguaggi scenici, anche quelli più complessi, quali il video, la danza; mischiano, inoltre, il teatro con i mezzi alternativi, come gli audiovisivi; partecipano inoltre attivamente alle loro produzioni, essendo, oltre che autrici, anche attrici, registe, produttrici.
87 “Un’altra forma di vedere e di costruire”, Virtudes Serrano, in SONIA SÁNCHEZ, Aspectos semiológicos,
Numerosi nomi cominciano ora ad apparire nei manuali di storia del teatro, come Historia y critica de la literatura española. Los nuevos nombres:
1975-1979 (Ariel, Barcelona, 1992) di Francisco Rico; nelle raccolte, come il Nuevo Teatro Espanol, che riunisce le opere di Itziar Pascual, Encarna de la
Heras, Sara Molina e Liliana Costa, del 1994; nelle antologie, come Panoramica
del teatro español actual di Candyce Leonard e John Gabriel, che racchiude
interviste a Lluïsa Cunillé e Margarita Sanchez (premio Brandomin nel 1989 con Buscame en HonoLulu). Anche le riviste specializzate, tra cui “El Publico”, “Primer Acto”,88 “Gestos”, “Estreno”, la più recente “Escena”, catalana, con la direzione di Itziar Pasqual, si interessano a loro, ad esempio invitando le autrici a partecipare ai dibattiti e ai colloqui, intervistandole o pubblicando le loro opere. Il forte desiderio che le accompagna è di essere riconosciute e apprezzate, non come un’eccezione passeggera; senza dubbio l’atteggiamento combattivo iniziale, a partire dalla creazione dell’Associazione, le aiutò ad inserirsi come autrici e non più solo come attrici: il ruolo della donna in teatro, era sempre stato quello di interpretare personaggi inventati dagli uomini perché, “las profesiones que implican una jerarquía son para los hombres”89.
La scrittrice Maria José Ragué Arias ricorda che, ancora al principio degli anni ’80, se una donna voleva che i suoi testi fossero rappresentati a teatro, doveva comporre tematiche ed ideologie maschili e comportarsi come “una deliciosa mujercita”90, affinché le perdonassero la velleità di voler scrivere a tutti i costi. A volte si produceva, da parte del pubblico o della critica, un senso di straniamento: il lettore non riusciva ad entrare in relazione con le espressioni
88 La rivista, è la prima e più importante tra quelle che si occuperanno in seguito di teatro e viene diretta, in
principio, proprio da José Monleón, con il contributo di Alonso de Santos, Ignacio Amestoy, Itziar Pasqual e Paloma Pedrero. Non perde, negli anni, la sua tradizionale vena critica: ad esempio nel n. 264 del 1996, si discusse riguardo alla brusca sostituzione che impose, con la nuova amministrazione, il Partito Popolare; ed è la stessa rivista che fece da modello per la collega “Estreno”, nata nel 1975 presso l’Università di Pennsylvania.
89 “Le professioni che implicano una gerarchia sono per gli uomini”. VIRTUDES SERRANO, Memoria y
autobiografía en la dramaturgia actual, Teatro y memoria en la segunda mitad del siglo XX: Actas del Seminario Internacional de Investigación de Semiótica literaria, teatrla y nuevas tecnologías, Visor Libros,
Madrid, 2003, p. 57.
relazionate ai sentimenti femminili, le giudicavano imprudenti. Le protagoniste, difendendosi, rispondevano che il dibattito era una contraddizione: le donne sono cresciute con il linguaggio maschile, insegnato come un modello universale e imposto culturalmente; non accade invece il contrario, soprattutto in campo teatrale, perché il procedimento era considerato inverosimile91.
Con la nuova drammaturgia, invece, si cerca la diretta relazione tra il dramma e il lettore al fine di farlo meditare sulla vera posizione della donna nella società spagnola attuale e sulle sue sensazioni, ancora sconosciute. Chiaro segno di un inserimento a tutti gli effetti delle drammaturghe nel mondo teatrale spagnolo.
Il panorama della drammaturgia femminile degli anni ‘80 è dunque caratterizzato da un grande sforzo che oscilla tra l’essere e l’apparire, per perdere l’antica invisibilità che aveva sottomesso le drammaturghe per secoli. Il decennio seguente venne contraddistinto subito da segnali distinti: negli anni ‘90, infatti, la donna è perfettamente integrata e attiva all’interno del circuito teatrale, il che non esclude ci siano delle difficoltà, soprattutto a livello economico; ciononostante nessuno ostacola più il loro diritto a scrivere e a portare in scena i propri drammi, incluso a godere di alcuni privilegi (come del Premio María Teresa León, istituito dal 1994 e solo per drammaturghe).
Anche i testi sono testimoni del cambiamento epocale e delle caratteristiche delle creatrici: sono evidenti i segni autobiografici, in particolare nei monologhi, genere amato e coltivato da quasi tutte le drammaturghe, perché la donna, personaggio al limite, nel momento in cui appare in scena annulla il proprio passato e analizza, per lo spettatore, le cause trainanti della sua personale situazione, adottando, in molte occasioni, un cambio drastico nel modo di vivere92. Che si tratti di commedia o di tragedia, la storia del personaggio recupera, in ogni caso, la memoria di una esclusione, non del tutto estinta,
91 LOUDES ORTIZ, Los horizontes del teatro español, in “Primer Acto”, cit., pp. 10-21.
92 È il modo in cui si sono espresse Concha Romero, Carmen Resino, Lidia Falcón, Pilar Pombo, ma anche le più
denunciata in scena dalle autrici della seconda metà del secolo, aprendo così nuove strade, oggi percorribili.