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L’Osservatorio tecnico e l’analisi dei processi partecipativi istituzionalizzati 158 

III. Nota metodologica 16 

4.2 L’Osservatorio tecnico e l’analisi dei processi partecipativi istituzionalizzati 158 

La dotazione di infrastrutture rappresenta una delle componenti essenziali della modernità di qualsiasi Paese, l’Italia sconta ormai da troppo tempo un gap infrastrutturale che la colloca fuori dalla competizione. Purtroppo spesso è stata sottovalutata la necessità della condivisione e dell’informazione ai cittadini e la Nuova Linea Ferroviaria Torino Lione rappresenta un caso limite: le carenze iniziali di dialogo, fino al 2006, hanno generato una radicale contrapposizione. Dal 2006 c’è l’Osservatorio Tecnico, sede del confronto e straordinaria opportunità per il territorio di incidere sul progetto e di migliorarlo.217

Loro continuano a dire che il Territorio è stato coinvolto ma l’Osservatorio di Virano, che è il luogo in cui si dovrebbe mantenere aperto il dialogo ed il confronto, da molti anni ha avuto un decreto del Governo che esclude dal tavolo i Comuni che non hanno manifestato di essere favorevoli all’opera. Come a dire fuori i dissidenti. Lo stesso Virano è contemporaneamente presidente dell’Osservatorio, Commissario straordinario di Governo per la Torino-Lione e presidente della Commissione Intergovernativa, si può dire che è arbitro e gioca con una delle due squadre e segna anche i punti. Se sei commissario per la Torino-Lione il tuo mandato è realizzare l’opera, da presidente dell’Osservatorio dovresti prendere in considerazione l’opzione zero, ossia il non farla e da presidente della Commissione Intergovernativa dovresti dare le direttive a LTF, mentre dall’altra parte dovresti controllarla, quindi controllare te stesso. È una situazione surreale.

(Luca Giunti 2013)

Nell’affrontare l’analisi degli obiettivi, dei meccanismi e dei processi interni al Tavolo tecnico, prendiamo le mosse da alcune domande: l’esperienza dell’Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione può essere considerata un tentativo valido di “allargamento” della partecipazione?

Ha favorito il dialogo e il confronto in Valsusa o è stato semplicemente uno strumento per anestetizzare il dissenso? All’interno di questo strumento di concertazione, qual è il ruolo dell’expertise?

La mobilitazione No Tav apre ad una riflessione sull’incontro-scontro tra democrazia dal basso e democrazia rappresentativa; laddove il territorio in conflitto interroga la governance centralizzata e gli strumenti partecipativi da essa usati, all’interno dei processi decisionali che vedono i contesti locali direttamente coinvolti.

Come abbiamo avuto modo di leggere nei capitoli precedenti, in Valsusa, in merito al progetto TAV, non vengono attivati processi di “reale” ed effettiva consultazione delle istituzioni locali e degli abitanti fino al 10 dicembre 2005; data che coincide con l’istituzione ufficiale, ad opera del secondo governo Berlusconi, dell’Osservatorio tecnico per il collegamento ferroviario Torino-Lione, o “Osservatorio Virano” (dal nome del suo presidente e coordinatore, l’architetto Mario Virano).

Il 2005, come abbiamo visto è l’anno che, in un certo senso, segna il passaggio ad una protesta di massa, o per essere più precisi dagli eventi del Seghino e di Venaus in poi è più netta la frattura tra istituzioni centrali e territorio e va allargandosi il fronte di consenso degli oppositori.

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Il radicalizzarsi e diffondersi del conflitto, l’attenzione mediatica e non per ultima l’imminente scadenza delle Olimpiadi invernali costringono il Governo ad una presa di posizione orientata ad un approccio più concertativo, che in qualche modo possa placare la protesta e indebolire l’azione di resistenza locale al progetto.

Nello specifico, l’incontro tra Governo ed Enti locali (dicembre 2005) si chiude con l’onere dell’esecutivo di istituire due tavoli di confronto tra le parti: uno inerente il piano tecnico (l’Osservatorio con sede a Torino) e l’altro quello delle decisioni politiche (Tavolo politico di Palazzo Chigi con sede a Roma).

L’istituzione del tavolo politico è interpretato da Podestà (2009) come un’esperienza unica nella storia istituzionale italiana, laddove l’idea di formare tale organo è legata alla rilevanza che ha assunto la vicenda della Torino-Lione, dopo le manifestazioni del 2005.

I lavori del nuovo Tavolo tecnico iniziano nel giugno del 2006, sotto il governo Prodi; esso viene presentato come «il luogo di confronto per tutti gli approfondimenti di carattere ambientale, sanitario ed economico […] anche per dare risposta alle preoccupazioni espresse dalle popolazioni della Valle»218

Di seguito riportiamo quanto espresso da Virano219 in merito al suo incarico di presiedere il tavolo dei lavori, e da qui prendiamo le mosse per un’analisi degli obiettivi dichiarati e perseguiti “dall’organo di concertazione”.

Quando, nella primavera del 2006, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, a valle di un lungo confronto bipartisan a livello nazionale e a livello locale, mi propose di presiedere l’Osservatorio sulla Torino-Lione, chiesi 15 giorni di tempo per analizzare il problema e cercare di conoscere meglio un tema che aveva dominato a lungo le pagine dei giornali a seguito del grave conflitto che si era determinato e che io conoscevo attraverso la vulgata giornalistica e qualche scambio di opinione occasionale con alcuni amministratori piemontesi. Infatti, la vulgata, largamente rappresentativa del pensiero prevalente, era che in Val di Susa si fosse di fronte ad una sorta di “inspiegabile impazzimento” che aveva generato una patologia estremistica costituita da una miscela di localismo e di radicalismo e che il problema da porsi non fosse altro che quello di “ricondurre alla ragione” […] alla fine sciolsi positivamente la riserva accettando l’incarico […] pensai che ciò che era avvenuto e ciò che stava avvenendo potesse (dovesse) essere letto anche come un paradigma della modernità, nel senso che, pur avendo assunto forme patologiche, ed essere stato attraversato da estremismi e radicalizzazioni variamente motivate, il problema nella sua essenza era una manifestazione “esemplare” della nuova fase che connota la contemporaneità dei processi territoriali e del rapporto fra i territori e le comunità che li abitano […]. Da questo punto di

218 Citazione tratta dal resoconto della riunione del 10 dicembre 2005 a Palazzo Chigi.

219 Mario Virano è stato consigliere provinciale e comunale a Torino; dal 1987 ha diretto per un decennio a

Roma, come amministratore delegato, la Società di studi, ricerche e progettazione Eidos spa, occupandosi poi delle politiche culturali, di comunicazione e immagine di società del gruppo delle Ferrovie dello Stato. Svolge attività professionale nel campo dell’architettura, dell’urbanistica e dei trasporti. All’epoca dei fatti, presiede le società di servizi ingegneristici e tecnologici Musinet spa (del gruppo SITAF) e Tecnositaf spa che operano in Italia e all’estero. Salvo poi dimettersi per un problema di conflitti di interessi con i nuovi incarichi. Per quasi un quadriennio, dal giugno 1998 al marzo 2002, è stato amministratore delegato della Sitaf spa, incarico che ha lasciato a seguito della nomina a consigliere Anas. Attualmente è presidente della società TELT. Nel 2013 è stato indagato dalla procura di Roma con l’accusa di omissione di atti d’ufficio. La vicenda risale al 2008 quando Alberto Veggio, ex consigliere comunale di “Buongiorno Condove” e ai tempi libero cittadino, chiese all’Osservatorio copia del carteggio tra i sindaci e l’Osservatorio stesso. I documenti sono stati trasmessi solo dopo anni: per questo motivo Veggio, che sulla stessa vicenda aveva già vinto un ricorso al Tar, ha denunciato il tutto alla procura che ha iscritto Virano nel registro degli indagati.

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vista la “questione Valle di Susa” assumeva i caratteri di una straordinaria opportunità di investigazione di un problema generale, non solo italiano ma sicuramente in particolare italiano, nel nuovo contesto della globalizzazione internazionale e nello scenario del processo di integrazione europea che, ancorché faticoso e incompiuto, ha trasferito il sistema delle garanzie fondamentali che erano attribuite allo stato nazionale, alla nuova entità comunitaria “super statuale” denominata Europa, facendo emergere all’interno di quell’ombrello continentale le molte identità, le molte ragioni e i molti sensi di appartenenza alla scala regionale e locale in cui si sviluppa una dialettica, in parte inedita, tra la grande scala e la piccola scala, tra la grande identità e la piccola identità.220

Il conflitto in Valsusa viene letto come fenomeno, più o meno diffuso in Italia e in Europa, di contrapposizione tra globale e locale, in una contemporaneità che porta con sé le difficoltà di un processo di integrazione europea ancora incompiuto e che può dare corpo a forme patologiche di resistenza, quale appunto l’opposizione No Tav.

Dunque il tanto bramato – da parte degli amministratori valsusini – “momento” di confronto nasce sotto la prospettiva, del Governo, di arginare il dissenso e isolare le forme di “devianza” interne alla protesta. Se da una parte c’è un fronte locale che investe nel dialogo per poter rimettere in discussione la realizzazione del progetto, dall’altro c’è l’intenzione di andare avanti con i lavori e convincere strada facendo gli oppositori, o meglio la componente più moderata, della bontà dell’infrastruttura.

In questa prospettiva, le istanze locali sono viste come espressione di interessi egoistici, radicalizzati in comunità chiuse che perseguono esclusivamente i propri fini attraverso la manipolazione del dissenso, in genere, da quelle frange individuate come più radicali e violente. Questo modo di intendere tali mobilitazioni, e i gruppi che le alimentano, potrebbe essere letto nell’orbita delle riflessioni, nella teoria sociologica, legate all’idea di “familismo amorale”221, dall’analisi di Edward Banfield222 (1958), ma su scala comunitaria e non più famigliare. In questo senso, le “risorse di relazione”, che si palesano nelle campagne di protesta, sono delineate come manifestazioni guidate dall’egoismo collettivizzato degli

220 Podestà N., Conflitti territoriali e strumenti di confronto. L’esperienza dell’Osservatorio per il nuovo

collegamento ferroviario Torino-Lione, Aracne, Roma 2009, pp.7-8.

221 Le opposizioni locali, analizzate da un’ottica Nimby come attanagliate da un sentimento di “comunitarismo

amorale”, sembrerebbero rincorrere un interesse quasi privatistico circoscritto ad una ristretta unità comunitaria, in cui gli attori coinvolti sono legati non da relazioni virtuose di cooperazione per il bene comune, ma piuttosto dal loro interesse particolaristico perché, in definitiva, di rifiuto allo sviluppo. Cercherebbero insomma di massimizzare il proprio utile, piuttosto, a spese di un bene più generalizzabile al “loro” comune (ossia della maggioranza silenziosa che non vive nei luoghi interessati da opere sgradite) e sarebbero pronte ad accettare, con buon senso, i vantaggi delle stesse opere in altri territori lontani dal proprio giardino.

222 Edward Banfield, alla luce dei dati raccolti durante i nove mesi della sua ricerca a Chiaromonte dal 1954 al

1955, sviluppò una vera e propria teoria del “familismo amorale” che, secondo l’autore, sarebbe stata valida non solo per il piccolo paese ma per l’intero contesto lucano. Il paradigma del “familismo amorale” prendeva le mosse dal desiderio di analizzare e comprendere quali fossero le cause dell’arretratezza economica e sociale di alcune comunità, partendo dall’analisi di Alexis de Tocqueville secondo cui, nei paesi democratici, la scienza dell’associarsi sia alla base del progresso. L’ipotesi che scaturì dallo studio su Montegrano (nome fittizio del paese oggetto di analisi) è che determinate comunità avrebbero come causa della loro arretratezza ragioni culturali, ossia un «massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo» a discapito della comunità. L’a-moralità consiste nella mancanza di

ethos comunitario, ossia nell’assenza di relazioni sociali virtuose tra famiglie e persone esterne al nucleo

familiare, all’interno di questa logica gli abitanti non perseguono l’interesse comune se non a proprio vantaggio, vi è una totale mancanza di senso civico e un totale disinteresse per l’organizzazione collettiva.

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abitanti, che perseguono un certo tipo di utilitarismo localista, una sorta di “villaggismo amorale” (della Porta 2006), alla base della sindrome Nimby, che ostacola lo sviluppo e il bene comune.

Secondo il parere dei fautori del TAV, della politica e di alcuni studiosi (Podestà 2009, 2011; Vitale 2011) tale “esperimento partecipativo” sembrerebbe, non solo, aver favorito, quanto meno sulla carta, l’apertura di spazi concertativi di discussione pubblica rispetto alle scelte politiche ed infrastrutturali, ma assurgerebbe anche a modello per progettazioni future. L’obiettivo dichiarato è la costruzione istituzionalizzata di luoghi di confronto in cui tutti gli attori coinvolti possano essere resi partecipi del processo decisionale.

Nel rapporto223 della Commissione petizioni sulla missione ricognitiva in Val Susa si legge:

La trattativa avviata non può che essere salutata come un progresso rispetto all’anomala situazione, altamente pregiudizievole all’esercizio dei diritti di libera circolazione di persone e di proprietà, in cui la Bassa Valle Susa ha vissuto prima, durante e immediatamente dopo la missione di questa delegazione. Gli appelli per la democrazia in Valle Susa saranno trasmessi alla Commissione delle libertà civili per eventuale esame in sede di elaborazione della relazione sui diritti fondamentali nell’Unione.

Secondo l’Algostino (2011), l’Osservatorio non rappresenta la formalizzazione di uno strumento di partecipazione spontanea, dal basso, ma piuttosto incarna la volontà delle istituzioni, dall’alto, di contrastare un dissenso che i metodi repressivi non sono stati in grado di contenere.

L’organismo di concertazione viene istituito, nella sua composizione e con la dichiarazione dei suoi obiettivi, all’interno di una riunione a Palazzo Chigi, con una struttura che ne riflette una costituzione gerarchica. Infatti, abbiamo un presidente di nomina del Governo, rappresentanti delle istituzioni a livello nazionale – Ministero dell’Ambiente e Tutela del territorio, Ministero delle Infrastrutture, Ministero dell’Interno, Ministero dei Trasporti, Ministero della Salute – e locale – Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino, Conferenza dei Comuni delle Comunità Montane Alta e Bassa Valle Susa, Conferenza dei Comuni “Gronda Nord” ed esperti nominati da soggetti imprenditoriali interessati quali RFI e LTF.

Gli stessi comitati locali esprimono in merito, sin dall’inizio, un sentimento di disillusione, dettato da quanto sperimentato in precedenza, sulla base di accordi presi con le Istituzioni centrali e mai rispettati, un episodio tra tanti il Seghino.

Anche Lastrico (2011), nella sua analisi dei processi decisionali inerenti il “caso Valsusa”, sottolinea il clima di diffidenza interno al movimento e registra un sentimento di sfiducia nei confronti del nuovo Governo di centrosinistra motivato dal fatto che questo, come il precedente, adotterebbe lo stesso indiscutibile meta-frame produttivista e tecnocratico.

223 Parlamento europeo, Commissione per le petizioni, Documento di lavoro sulla missione ricognitiva dei fatti

effettuata a Torino ed in Val Susa il 28 e 29 novembre 2005, 9 gennaio 2006. In rete: www.notavtorino.org, archivio, primo semestre 2006.

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Riportiamo di seguito uno stralcio del documento pubblicato dopo l’Assemblea popolare di Bussoleno, in cui viene discussa la possibilità di partecipare al tavolo tecnico e le condizioni da sottoporre alle istituzioni (locali e nazionali) affinché possa concretizzarsi un dialogo proficuo tra le due parti.

Mercoledì 21 Dicembre 2005 a Bussoleno si sono incontrati la popolazione e i comitati No Tav della Valle di Susa, della cintura Ovest di Torino e di Torino in una pubblica assemblea per discutere l’attuale situazione e il futuro della lotta contro l’Alta Velocità/Capacità Torino-Lione. Una volta di più si è preso atto della grande voglia di partecipazione e della ferma determinazione dei cittadini a portare avanti questa lotta epocale, infatti se pur convocata un giorno per l’altro e senza che la comunicazione della stessa potesse essere fatta se non attraverso il passa parola, l’assemblea ha visto la partecipazione di diverse centinaia di cittadini.

L’Assemblea ha discusso principalmente in merito all’apertura del così detto tavolo di Palazzo Chigi. La popolazione e i comitati hanno espresso tutte le perplessità del caso in riferimento a un confronto che pare essere stato accettato dal governo all’indomani delle giornate del Novembre e Dicembre scorso in cui il territorio ha dimostrato forza, determinazione e concretezza nell’opporsi a un’opera ingiusta, dannosa e non voluta.

I forti dubbi che hanno attraversato l’Assemblea si riferiscono al fatto che da tutte le parti c’è l’impressione che il Governo stia tentando di allentare la tensione sociale che attraversa la Valle e che sta trovando forte solidarietà in tutta l’Italia soltanto per superare il periodo olimpico e le elezioni di primavera, senza però mettere in discussione la realizzazione dell’opera.

Nonostante queste perplessità l’Assemblea ha preso atto che tale momento di confronto non può essere rifiutato, soprattutto dalle istituzioni locali e ha preso atto che il rifiuto della delegazione Valsusina a sottoscrivere il documento proposto dal Governo va sulla giusta strada della rivendicazione di pari dignità tra le parti in causa nell’ambito di questa fase di discussione224.

Nella stessa giornata l’Assemblea popolare elenca dei punti considerati “pregiudiziali ed irrinunciabili” nel percorso di confronto che si andrà a sostenere:

 Messa in discussione dei presupposti su cui si basa la decisione di realizzare la TAV/TAC Torino-Lione e definizione di un punto di partenza del confronto che corrisponda all’opzione zero.

 - Il tavolo di confronto non deve vedere la presenza di persone che siano nella condizione di “ conflitto di interessi” o che siano inquisite.

 - Assunzione di impegni formali e sostanziali per il trasferimento immediato del traffico dalla gomma alla rotaia (contingentamento, politiche di incentivazione/disincentivazione).

 - Abbandono immediato dei siti e sospensione altrettanto immediata di qualunque attività connessa alla linea TAV/TAC Torino-Lione (compresa l’attività di sondaggio).

 - Smilitarizzazione immediata, definitiva e permanente della Valle di Susa (non si riconosce come garanzia il fatto che le frazioni di Mompantero siano state smilitarizzate una volta terminati i lavori).

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La medesima diffidenza, esposta in Assemblea popolare, viene registrata nelle nostre interviste, soprattutto considerando il fatto che a distanza di circa dieci anni e con l’ulteriore inasprimento del conflitto, dal 2011 in poi, le ipotesi di inutilità dell’Osservatorio e di manipolazione del consenso trovano pieno riscontro nel fallimento dei processi concertativi messi in campo al suo interno.

Come Comitati No Tav ci siamo fin da subito dichiarati contrari alla partecipazione ai lavori dell’Osservatorio, lo abbiamo considerato un “cavallo di Troia”, una strategia per avere il consenso degli amministratori e spaccare il fronte del no. Ormai dopo Venaus sono stati costretti a far vedere che avrebbero provato ad aprire una trattativa, ma da subito le loro intenzioni non erano chiare. Non si è mai parlato di coinvolgere seriamente gli amministratori valsusini, gli servivano dei sì, tutto qui. […] Abbiamo allertato i nostri amministratori, qualcuno era davvero convinto che si potesse mettere in discussione l’opera con prove tecniche e studi, ma ben presto il trappolone è venuto fuori.

(Attivista di Bussoleno)

La distanza tra le posizioni del movimento, inteso nella sua eterogeneità autorganizzata, ed il nuovo organo concertativo è abbastanza evidente sin dai primi passi del processo di consultazione. Innanzitutto questo è un luogo di confronto solo istituzionale in cui emerge uno squilibrio tra “favorevoli” e “contrari” all’opera, ossia tra rappresentanti delle istituzioni locali e quelli delle istituzioni centrali.

Nonostante tra le priorità dell’Osservatorio vi sia l’approfondimento di possibili alternative di tracciato e delle potenzialità della linea storica, la maggioranza dei componenti rappresentano soggetti che si sono espressi più volte a favore dell’infrastruttura, primo fra tutti il presidente Virano e che, in virtù di istituzioni nazionali conservano un ruolo “guida” che non manca di far pesare la propria funzione.

Cerchiamo di esaminare quanto fatto di concreto all’interno dell’Osservatorio e come viene interpretato dagli abitanti della Val di Susa, dal movimento e dalle amministrazioni locali.

Il lavoro del Tavolo tecnico, per come si legge e riportiamo dal sito del Governo italiano225, può finora suddividersi in quattro fasi.

Una prima fase – dal 12 dicembre 2006 al 29 luglio 2008) – concentrata sulle risposte ai quattro quesiti posti dalle Amministrazioni locali, anche secondo quanto emerso dall’Assemblea popolare.

Vediamoli nel dettaglio:

 il potenziamento della linea storica  il traffico merci sull’arco alpino  il nodo ferroviario di Torino  le alternative di tracciato

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Tale attività è stata progressivamente pubblicata nei primi 6 dei 10 Quaderni226 dell’Osservatorio – i quali rappresentano le risultanze dei lavori dal 2006 ad oggi – e sarà sintetizzata nell’Accordo di Pra Catinat del 28 giugno 2008.

Per come pubblicato sul sito del Governo italiano, l’accordo è stato «socializzato il giorno