• Non ci sono risultati.

Reti di cooperazione e Patto Nazionale di Solidarietà e Mutuo Soccorso 95 

III. Nota metodologica 16 

2.4 Verso una partecipazione di massa (2001-2008) 82 

2.4.3 Reti di cooperazione e Patto Nazionale di Solidarietà e Mutuo Soccorso 95 

Negli anni successivi al 2005 attivisti e militanti hanno continuato a mantenere viva l’attenzione e la partecipazione, cercando di evitare un riflusso della mobilitazione, dovuto

96

all’indebolimento della percezione di minaccia esterna. La “riproduzione dell’emergenza” è avvenuta sia sfruttando i network comunicativi di movimento che attraverso l’organizzazione di manifestazioni, eventi ed incontri dentro e fuori la Valle. Il movimento esce dalla Val di Susa, e manda delegazioni di solidarietà a Vicenza, contro la base militare americana, a Napoli, per l’emergenza rifiuti, e in Trentino Alto Adige.

In questa fase “la salita in generalità” del movimento diventa più tangibile, vi è un mutamento di scala (McAdam, Tarrow 2004) all’interno del quale la definizione del problema da localistica assume una dimensione nazionale. Le reti di cooperazione caratterizzate dall’intreccio con altre realtà in lotta fanno parte di tale processo. In questi momenti di collaborazione vengono condivisi obiettivi che travalicano le diverse istanze locali e si proiettano su tematiche più generali, quali ad esempio la messa in discussione del governo del territorio, attraverso strumenti e legislazioni che non tengono conto delle componenti locali e delle vocazioni territoriali.

Un esempio emblematico è costituito dall’alleanza tra la Rete No Ponte – che riunisce vari comitati e associazioni dell’area dello Stretto mobilitati contro la costruzione di un ponte fra Calabria e Sicilia – Rete del Nuovo Municipio – che si propone di aggregare amministratori locali e cittadini sul tema della democrazia partecipata – e movimento No Tav.

Pieroni, in un’intervista (15/03/2010) rilasciata in qualità di sociologo e di esponente di punta del movimento che si oppone alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, in merito alla questione si esprime in questi termini:

La cosiddetta sindrome Nimby non può essere applicata alla “battaglia” contro il ponte, così come ad altre importanti lotte contro devastanti infrastrutture. Queste lotte che pure partono da realtà locali propongono un modello di sviluppo alternativo e generale e ricevono adesioni a livello nazionale ed internazionale. A smentire il luogo comune del Nimby è stata anche svolta una ricerca, poi pubblicata in un libro di Donatella Della Porta e Gianni Piazza dal titolo “Le ragioni del no. Le campagne contro la TAV in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto”. Gli autori scrivono: “Quelli contro la costruzione della TAV in Val di Susa e del Ponte sullo Stretto di Messina sono due casi assai significativi delle mobilitazioni contro la realizzazione di grandi infrastrutture che, in tempi recenti, sono diventate ben visibili e molto discusse in Italia e in Europa. Gli abitanti mobilitati in comitati e associazioni, insieme a centri sociali e gruppi ambientalisti, presentano la propria azione come una difesa di beni comuni e principi dal valore universale. Non si limitano semplicemente a dire no, ma elaborano anche proposte alternative basate su un diverso modello di sviluppo, promuovendo forme di partecipazione politica diretta e dal basso. Definiti spesso come localisti, questi gruppi costruiscono al contrario reti nazionali e sovranazionali, utilizzando forme di protesta dirompenti e canali politici istituzionali, diventando essi stessi attori politici con cui i governi locali, nazionali e sovranazionali devono sempre più fare i conti.” D’altra parte sin dal 2006 si realizzò a Condove il gemellaggio No-ponte/No-tav, cui io stesso partecipai, con Ziparo, Barillà (consigliere comunale a Reggio e del direttivo di Legambiente), Idone, Raso e Marzolla. E nei mesi successivi nacque il “Patto di Mutuo Soccorso” che comprendeva tutti i movimenti contro le grandi infrastrutture e contestava unitariamente la Legge Obiettivo.137

137 Per una lettura integrale del testo dell’intervista cfr. https://forum.termometropolitico.it/52559-no-ponte-

97

Nel 2006 il gemellaggio tra il coordinamento No Tav, per la tutela della Val di Susa, e quello no ponte, per la difesa dello Stretto di Messina, segnò l’avvio di un percorso di dialogo tra le varie lotte socio-ambientali, una delegazione meridionale partecipò, il 16 gennaio dello stesso anno, al forum pubblico “Federalismo municipale solidale, per la Val di Susa, per uno sviluppo autosostenibile, per la difesa e la vita della valle” ed il 22 gennaio un numero consistente di No Tav prese parte alla manifestazione nazionale, tenutasi a Messina, contro il Ponte sullo Stretto138.

«Siamo in aeroporto pronti a partire». Direzione? Sud. È quasi sera quando squilla il telefono di Mauro Russo, dei comitati “No Tav”. «Ecco – dice ancora – nonostante le difficoltà siamo pronti a raggiungere Messina». È un segno, sottolinea, questa lotta ha ridato fiato nel paese a uno stesso bisogno che nasce spontaneamente da una richiesta: «Vogliamo un diverso modello di sviluppo sostenibile». Sarà un caso ma proprio lassù nelle valli piemontesi - aggiunge - «si è praticamente invasi da infrastrutture, da una cementificazione selvaggia che si spinge a perforare le montagne, mentre giù in Sicilia quelle stesse infrastrutture sono carenti ma certamente a questa carenza non si può sopperire con opere inutili dannose dispendiose». Come il Ponte sullo Stretto. Una cosa è certa: che l’elemento caratteristico della manifestazione di oggi a Messina sia proprio quello di aver realizzato una rete di sostegno alle mobilitazioni spontanee sorte in Val Susa, in Veneto, in Val D’Aosta, in Sicilia, in Calabria, per «ridare speranza – come recita uno slogan – allo sviluppo».139 A pochi mesi di distanza dalla manifestazione nazionale, si concretizzò una dimensione più ampia di cooperazione che prese forma nel Patto di Mutuo Soccorso140 (estate del 2006); ad esso aderirono circa 120 realtà territoriali tra comitati locali, e coordinamenti di comitati locali che si opponevano alla realizzazione di grandi opere pubbliche, impianti, basi militari ed altri interventi ritenuti invasivi e distruttivi per i propri territori, ma anche realtà che si occupavano della diffusione di forme di economia alternativa, come le reti di Gruppi di acquisto solidale ed associazioni culturali che promuovevano i temi sopra menzionati senza essere coinvolte direttamente in mobilitazioni territoriali.

Riportiamo uno stralcio del documento costitutivo ripreso dal sito del coordinamento: I Comitati, le Reti, i Movimenti, i Gruppi a conclusione della Carovana NO TAV Venaus- Roma, qui riuniti, presso la sala della Protomoteca del Comune di Roma, il giorno 14 luglio 2006, di comune accordo, stabiliscono di creare una RETE NAZIONALE PERMANENTE E UN PATTO NAZIONALE DI SOLIDARIETÀ E MUTUO SOCCORSO per affermare nel nostro paese:

 il diritto alla preventiva informazione e partecipazione attiva dei cittadini in merito a ogni intervento che si voglia operare sui territori in cui essi vivono, condividendone i beni comuni (acqua, aria, terra, energia);

 l’utilizzo di sistemi di promozione e di consumo che valorizzino le risorse territoriali, minimizzino gli impatti ambientali e gli spostamenti di merci e persone, e che non siano basati sullo sfruttamento, in particolare del Sud del mondo;

138 Cfr. http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/cronaca/messiponte/messiponte/messiponte.html

139 Cfr. http://www.marx21.it/component/content/article/42-articoli-archivio/8511-contro-il-ponte-oggi-a-

messina-ci-sono-i-comitati-no-tav-e-no-mose.html

98

 il principio di una moratoria nazionale sulla realizzazione delle grandi opere pubbliche e sulla localizzazione degli impianti energetici (centrali a combustibili fossili, inceneritori, termovalorizzatori, gassificatori, rigassificatori, ecc) sia per la mancanza di un piano energetico nazionale, sia per impedire che la logica degli affari di pochi divori le risorse dei molti.

 l’urgenza della cancellazione della Legge Obiettivo, della Legge Delega Ambientale, della Legge Sblocca Centrali, dei Certificati Verdi per gli inceneritori e della radicale modifica del Disegno di Legge sull’energia.

Quanto viene annunciato sui documenti ufficiali presenti sul sito del Patto sottolinea la volontà, da parte dei promotori e delle realtà coinvolte, di evidenziare e sostenere una stretta connessione tra beni comuni, considerati non mercificabili (quali il territorio e le sue risorse), e la dimensione decisionale della democrazia partecipativa.

Della Porta (2008) individua il fattore principale del successo delle campagne di protesta nella capacità di oltrepassare i confini della comunità locale, laddove il processo di mobilitazione si interseca con l’intensificazione della comunicazione e delle interazioni tra diverse soggettività e attori collettivi. La protesta No Tav si estende attraverso una struttura reticolare non solo a livello nazionale ma anche transnazionale – questo processo si consoliderà soprattutto dal 2011 in poi, dopo l’esperienza della libera repubblica della Maddalena – che proietta il movimento in una dimensione conflittuale extraterritoriale contro un modello di sviluppo ed un sistema piuttosto che contro una grande opera territorialmente localizzata.

Non è più l’opera, non è il buco del TAV ora c’è in gioco molto di più. È vero noi lottiamo sul nostro territorio ma quello che stiamo costruendo è la base per qualcosa di più grande. Anche se dovessimo perdere, cosa che non credo, e se dovessero fare questo benedetto TAV non finirà e non ci sentiremo perdenti. Noi diciamo che abbiamo già vinto perché siamo una comunità in lotta da vent’anni e non siamo più soli nella nostra lotta. In questi anni si sono fatte alleanze e conosciute tante altre esperienze, come loro hanno incontrato noi qui in Valle. Questa è una grande ricchezza, è un riconoscimento. […] quando cominci a pensarti come compagno di tante altre lotte allora c’è stato un cambiamento. Non è il tuo giardino o quello del vicino ma è il mondo come territorio di tutti, se capisci questo è fatta, non torni indietro.

(Attivista di Bussoleno)

Il tema dei beni comuni, come evidenzia Raul Zibechi (2014) è centrale nell’identità dei movimenti contro le grandi opere; il territorio è il bene comune per cui vale la pena lottare tanto a Vicenza – contrapponendosi alla realizzazione della nuova base USA – quanto a Reggio e Messina – contro il ponte – raggiungendo attraverso un filo rosso la Valsusa e tutti i territori insorgenti.

Magnaghi parla di territorio come il bene comune per eccellenza, che può essere tutelato e preservato attraverso forme di reidentificazione collettiva, con i giacimenti patrimoniali e con l’identità di un luogo, che siano in grado di agevolare un cambiamento politico-culturale che può avvenire attraverso la “produzione” di coscienza di luogo. La partecipazione conflittuale (Melucci 1976) ha generato una trasformazione nella comunità valsusina che nell’aprirsi ad una dimensione extraterritoriale, che sia o meno, nella sua concretezza d’azione, limitata

99

all’immaginario simbolico, ci pone davanti ad interrogativi che riguardano la portata e la capacità di reazione dell’azione collettiva contro i processi di deterritorializzazione che contraddistinguono l’attuale fase capitalistica.

Come sosteneva Pieroni, non ci troviamo davanti ad un “no” che si barrica su posizioni difensive, ma abbiamo a che fare con opposizioni che crescono guardando ad una progettualità futura. Le “utopie concrete” riprese da Magnaghi nel suo “Progetto locale”, i profeti senza incanto di Melucci e forse, in una prospettiva marxista, che richiede ancora tempi lunghi di maturazione, la potenziale composizione di una classe per sé accomunata da obiettivi generali, da un nemico comune e dalla stessa condizione di oppressi sotto un sistema di dominio che si dà come globale e locale.

100