Andamento delle compagini nazionali
L’ISOLAZIONISMO DELLA POESIA: NOTE A MARGINE DI SERENI
2. Se la piattaforma teorica di cui si avvale Volponi per descrivere il rapporto tra poesia e politica
può essere ricostruita nei modi precedenti, non si può fare a meno di porre a verifica quanto detto attraverso un tentativo di escussione del corpus poetico volponiano.
La poesia di Volponi sembra mettere al proprio centro un soggetto autobiografico, fortemente ancorato ai propri vissuti disforici. Prevarrebbe nei testi di Volponi la dimensione individuale su quella collettiva.
Bisogna periodizzare però questa situazione: la sua prima poesia sembra priva di un locutore immediatamente riconducibile all'autore empirico Volponi nella sua contingenza storica; inoltre, la figura di personaggio che emerge nel testo non viene messa mai a confronto con i luoghi e i modi dell'esercizio sociale del potere, ma sempre con il paesaggio:
Mio occhio
nel tuo feroce dominio accetta dunque ogni giorno; lascia che con purissimo volo la tortorella risalga all'oliveto.(18)
Sarebbe solo a partire dall'esperienza di «Officina» che la poesia di Volponi incomincia a integrare i primi semi di politicità, o meglio, di coscienza ideologica. È lo stesso Volponi a dichiararlo: «A questo punto si inserisce la lezione (l’apporto) di “Officina”. Qualche pezzetto o brano di coscienza ideologica sprizza qua e là, ma non certo di luce interna e vivida. È un tiepido aggiornamento. Il fondo poetico intimistico-decadente (ripeto da possidente di campagna) resta sempre quello e infatti anche il vocabolario e anche l’arco costruttivo del verso restano sempre gli stessi»(19). L'Appennino
contadino sembra rappresentare una svolta nella misura in cui pare proprio che il soggetto
individuale, riconducibile a Volponi stesso, tenda a sparire dietro alla diegesi e ai vari modi del débrayage enunciativo che una poesia sensibilmente più narrativizzante esibisce. Eppure, se Volponi tende sempre più all’idea di una poesia politica, non dev’essere questo il modello formale a cui aspira, tant’è vero che i modi della poesia di Volponi cambieranno in fretta: «A quell'ora i contadini / finiscono il primo maggio / e tutt'insieme hanno il coraggio di bere, / di fingersi padroni del loro destino. / In quelle sere ripiegano le rosse / bandiere della libertà d'un giorno»(20). C'è, è vero, in questo testo, una serie di riferimenti espliciti alla politica; d'altro canto, i contadini sono visti da fuori, senza che il soggetto individuale che li presenta al lettore si delinei con chiarezza sull'orizzonte di lettura. Tuttavia, il linguaggio del testo è un linguaggio che non partecipa né della lingua e cultura dei contadini né restituisce la profondità individuale del soggetto Volponi; piuttosto si avvale di una lingua di koiné poetica largamente attestata e autorizzata da una tradizione novecentesca, quella post-ermetica. Ecco perché Volponi definisce questa tematizzazione esplicita della politica null'altro che un tiepido aggiornamento: manca forse l'elemento necessario dell'individuale e del disforico per rendere lo sguardo sui contadini caldo, ossia per dare conseguenze imprevedibili alla compagine espressiva. Manca, insomma, la «carica».
Le cose cominciano a cambiare a partire da Foglia mortale, ma è soprattutto da Con testo a fronte che si realizza concretamente una sorta di mutazione nella poesia di Volponi. Qui la poesia si abbandona, quasi Volponi si facesse tenere la pena dai suoi personaggi, come Albino Saluggia(21), alla trascrizione del discorso endofasico e sembra assecondare in questa trascrizione la fuga delle idee:
Dalle prime notti del '69, le trombe nove...
della notte tombe scoperchiar
mentr'illo siero del sonno im-pasta e nutrica orecchia e bocca, labbrilli e denti,
e gole e trombe gonfia di scaricar sospiri, e ventri scuote membrane corde:
in dello scuro avelli tastar
casse schiodar compagne d'amici e di parenti e trarne e torne falcetti lunari d'orbite
e chiosse di capelli, lingue, denti sguardi verdi come serpenti e come li mismi e miasmi
soffianti su per la risalita delle membra e del sogno in la turrita coscienza curva d'ansia e letizia,
curiosa che avvicina al simulacro con misto
di pena e di amena voluttà, moneta e chiodo: moneta che rotola e suona
misura e sepoltura mentre che quella spoglia
s'accorpa e gira e intanto spande.(22)
La domanda che si impone, tuttavia, di fronte a questo testo, è in che modo (e in che mondo possibile) il tutto esplicherebbe, al di là del riferimento chiave alla moneta, una funzionalità politica. Si continui nella lettura:
in strugo ir, strogolando in de greppiate patir in de pagliari dormir
in de fossati acqua sorbir palustre verde in de bietolame sugar e orti
in de vigne evacuar
tra pampini zurri e mosche zurrine e d'or.(23)
L'unica risposta plausibile a questa domanda è, seguendo il filo del ragionamento dello stesso Volponi, questa: un simile abbandono simulato e controllato, in laboratorio, a una scrittura che ha elementi di automatismo (ma contraddetti da elementi invece di classica organizzazione retorica, con tanto di anafore insistite) mostra come dilatare e straniare il linguaggio tradizionale della poesia; i politici dovrebbero tentare operazioni simili per superare determinate configurazioni di senso ormai tradizionalizzatesi anche nel discorso politico. Si tratterebbe insomma di un inno al potere liberatorio ed emancipativo del suo inconscio, alla sua carica(24). Va tuttavia da subito apportata una duplice precisazione. In Volponi, a partire da Con testo a fronte, la rappresentazione o simulazione di una riproduzione mimetica del discorso endofasico più soggetto agli impulsi dell’inconscio è realizzata attraverso una serie ben selezionata di strumenti formali (alcuni dei quali, come la rima o la ripetizione lessicale, classicamente retorici) in modo estremamente efficace, ma bisogna ricordare che si tratta di una rappresentazione finzionale, potenziata e resa più credibile
dalla insistita tematizzazione dell’inconscio stesso: «L’inconscio spinge il midollo notturno… / cammina dentro i suoi fori e lo attraversa / buio, vello, caduta, precipizio, turno»(25). In secondo luogo, come del resto dimostrano i personaggi folli o nevrotici (Aspri su tutti), con lo scacco delle loro istanze, non è immediatamente scontato che l’inconscio disponga di un vero potere liberatorio, per il singolo. Piuttosto, il potere liberatorio dell’inconscio si attiva a livello dell’intersoggettività, e in quel particolare dispositivo di condivisione di pulsioni e razionalità che è la poesia.
Volponi, appare evidente, tende a accostare nei suoi testi elementi di discorso in apparenza privi di un controllo razionale e apparentemente o meglio finzionalmente abbandonati all'inconscio, ad altri che sono invece persino riconducibili a una provenienza saggistica. Volponi insegnerebbe come da un lato mettere in causa le communes opiniones ereditate dai loci communes del linguaggio attraverso una vandalizzazione del discorso operata con una deformazione quasi parodica degli strumenti della poesia, con un tipico risultato di smascheramento. La rima, in particolare, costituisce il punto di tangenza o di incrocio tra modi espressivi determinati dall’inconscio e modi espressivi tipici della poesia, evidenziando come la poesia funzioni sempre come un laboratorio di intersezione tra una dimensione irrazionale e una razionale.
Il discorso guidato dalla rima mima una sorta di spossessamento della padronanza delle idee:
Oh Babilon Babilon Babilonunci senza cometa né annunci!
Babilonette Babilonie Babilonette fissa all'ora delle sette
d'ingresso ai cancelli e timbratura... Babilon Babilonura
sporca di nero e di paura...
come come Babilon? come babilonarti e lasciarti Babilonia di officine e reparti
Babilon Babiloniassa come salvar chi ti lassa chi da te è mandato via Babilon Babilon Babilonìa? Babilon Babilon Babilonente
Come sottrarti al Cesare presidente?(26)
Ed è il cozzo o l'attrito tra zone a discorso razionale e altre esposte alla deformazione dell'inconscio a produrre l'intensità, ossia la forza. Soprattutto l'integrazione di un discorso saggistico e politico a base razionale con i vissuti disforici del soggetto poetante marcati da elementi di affettività che si imprimono anche sulla sostanza fonica, insomma, sulla forma del testo, imprimono forza al testo. La forza scaturisce dallo straniamento dovuto alla mescolanza di una dimensione razionale con una irrazionale: dalla continua elusione e trasformazione dell’orizzonte d’attesa del lettore. Si veda per esempio il seguente frammento:
La produttività viene misurata
in base alla produzione oraria di cottimo (o al tempo pezzo di cottimo)
Così come la produttività programmata risulta nell’ottimo
previsto dal sistema di determinazione del tempo di cottimo di maggiore redditività per l’Azienda.
Quindi il coefficiente
È noto che Volponi riprende, nella poesia La deviazione operaia, lacerti interi di un articolo di Musatti sul tema del cottimo negli operai(28). Ma introduce nel testo anche ulteriori elementi, che contraddicono o rendono inattingibile l'organizzazione razionale del messaggio, come i seguenti versi:
K2 addurre alle dimissioni, all'opportuno prepensionamento: che gli si dia
qualche soldo, un milione, uno e un altro dopo un anno a garanzia di soggezione controllo speranza a K1 di ritornare per buona condotta e pulizia nella ricerca di essere utile, ognuno di tutti i giorni di quell’anno: non agonia ma cura recupero salute in uno
unico sentimento di affezione e simpatia per l’Azienda(29)
Quantunque vi siano elementi di organizzazione razionale nel frammento appena riportato, continuismo sintattico e sintassi adiettiva trasformano l’intertesto saggistico in un discorso che sfida la capacità di lettura e comprensione del lettore, producendo una tensione e frustrazione, da un lato, e un godimento anarchico attraverso lo schermo comico della rima.
Ma non è solo attraverso l’esposizione irrelata dell’intertestualità saggistica che Volponi perviene a sabotare il discorso pseudorazionale della politica. Ci sono passaggi come il seguente, in cui la rima incornicia e inquadra una dimensione di discorso critico solo a tratti completamente soggetta e abbandonata al filtro dell'inconscio:
È un intellettuale libero Volponi? e a noi che ci fa
poco o tanta la sua libertà?
Saranno meno fissi e meno soli i piantoni? La finiranno i capi di sparare sanzioni? Cesseranno di premiare crumiri e spioni? Perseguiteranno meno i poveri terroni?
Un Direttore di sinistra non fa discriminazioni? Un intellettuale libero potrà capire tutto
ma non potrà che scrivere, avvertire il sottile costrutto.(30)
Si tratta di un discorso esplicitamente politico, non privo di un’organizzazione razionale. Tuttavia questo discorso viene ben presto deviato attraverso la soggezione alla primazia delle catene foniche. Si può forse capire allora che senso hanno, all’interno dei testi di Volponi le rime, la sintassi adiettiva, e il continuismo sintattico da una strofa all’altra oltre ai numerosi parallelismi sintattici che intervengono a rinforzare gli effetti fonici: creare un ponte continuo tra la dimensione della razionalità e quella dell’inconscio: «Affiora il verso seguente, / come l’unico vero, come il solo che allaccia / la lingua e la mente»(31). Inconscio la cui centralità nel libro è tematizzata con frequenza notevolissima, facendone il luogo circolare di una concentrazione anarchica di tutti gli elementi pancronici positivi e negativi della realtà: «L’inconscio non è parallelo ma tondo, / nella piscina e relativo specchio / speculum fondo di ogni immondo...»(32).
Tutto un universo di elementi tematici (e semantici) contraddittori e asincroni, grazie alla dimensione formale, si articolano all'interno del libro. Proprio questo lavoro deve condurre i termini di un discorso razionale a disvelare la propria sovradeterminazione. La chiave, in questi versi, sta in una spia linguistica: la parola terroni. Emerge a seguito di una fuga delle idee innescata
dall’automatismo della rima, ma si rivela fin da subito come parola bivoca, che proviene da fuori, dalle catene di dominio dei discorsi dei dirigenti; svelando con ciò che non l’inconscio è sovradeterminato, ma anzi ha una carica potentemente liberatoria; piuttosto, a essere sovradeterminato è il discorso razionale, sempre ereditato dalle classi dirigenti: perché dietro a quella parola c’è tutto il cinismo e la capacità di calcolo di un qualsiasi dirigente industriale.
Includere nel testo letterario elementi di una critica politica (ciò che statutariamente negli anni crociani della formazione volponiana era non-poesia), implica per Volponi l'utilizzo di un gran numero di strumenti retorici tipici della poesia, a cominciare dalla rima; ma è proprio l’uso della rima, resa grottesca e impiegata in contraddizione con le regole deontologiche di scrittura del testo poetico, a fare da trait d’union tra l’elemento autobiografico individuale e la dimensione collettiva: perché attiva una dimensione pragmatica che ingenera nel lettore la sensazione di dover leggere il testo attraverso una determinata cornice di fruizione, per poi fristrare questa sensazione quasi immediatamente.
L’abbandono alla lingua e ai modi espressivi dell’inconscio, da un lato, e alla piattaforma di ideologemi che il testo poetico presenta attraverso gli elementi retorici che ne consentono l’identificazione, e che per certi versi, con i loro aspetti di autonomia del significante, si sovrappongono con i modi espressivi dell’inconscio, crea inizialmente un terreno comune di intesa per una comprensione intersoggettiva, da un lato, ma demolisce e fa naufragare i tanti pseudoconcetti del discorso razionale della politica, o comunque segna una strada per demolirli(33). A sigillare questo processo di integrazione tra razionale e irrazionale, interviene una serie di inserti di tipo metapoetico(34):
Scrivere poi... è la penna che sputa è piuttosto dare forte e male con la testa, con la più sottile curva della fronte contro un muro; la penna segue le botte e le tramuta oltre la mano in varchi... (35)
Nello sputo è un'altra involontaria rappresentazione di questa forza. La forza emergerà quindi dalla dimensione semantica, cui leghiamo costellazioni di significati parzialmente relazionati sia con l'inconscio, sia con la storicità della nostra coscienza; dalla dimensione formale di continuismo sintattico associata al fenomeno della fuga delle idee; dalla rima; ma questa forza servirà in particolare a creare un contesto pragmatico e un contenitore in cui recuperare i mille discorsi con cui il soggetto partecipa alla temperie politica del suo tempo per demolirli o, per lo meno «misurarli».