A
NGELATocco d’indegno, sa’, impara a trattar.
S
PINETTATo’, to’, to’, e to’, e torna un’altra volta.
C
ELIOCosì mi tratta…
A
NGELATaci briccone, infame, e porta a casa.
5
A
RLICHINOOhimè, ohimè, ohimè.
S
PINETTATaci zò, furbazzo, baron e scuffa.
(Angela e Spinetta vanno in casa; esce da Beatrice Pantalon in braghesse)
B
EATRICENon te l’ho detto? Non te l’ho detto?
P
ANTALONEOhimèi, ohimèi, pietàe, agiuto.
B
EATRICESerra quella bocca vecchio porco, e to’ suso.
(Beatrice va in casa)
10
C
ELIOMisero Celio!
P
ANTALONEGramo Pantalon!
A
RLICHINOPovero Arlichin!
C
ELIOIn che miserie sei caduto?
P
ANTALONEIn che stato xestu vegnùo?
15
A
RLICHINO. In che termine es’ redotto?
C
ELIOAh, donne perverse!
P
ANTALONEAh, femene malegnazze!
A
RLICHINOAh, scrovazze desfamàe!
C
ELIOÈ questo il contracambio del mio affetto?
20
P
ANTALONEXe questo el ben pagào a peso d’oro?
A
RLICHINOÈl quest el fin delle careze mie?
PANTALONE MERCANTE FALLITO ATTO TERZO
III.8.did: braghessine, camisa, cioè con l’abito da sotto, spogliati dei loro vestiti, rimasti in biancheria intima; gli zaffi chiamati dal Dottore arrivano nell’esatto momento in cui Celio e Arlichino sono cacciati a bastonate dalla casa di Angela, (cfr. B III.XXII.did), e mentre Pantalone viene allo stesso modo bastonato da Beatrice, da cui aveva tentato di rifugiarsi (come indicato in III.VII.8did).
III.VIII.6: e scuffa, dal verbo scuffiare, “mangiare velocemente e con ingordigia”, (GDLI);qui per “prendere”, in relazione
anche ai precedenti to’, to’, to’ e to’ (battuta 2) e al seguente to’ suso, di Beatrice (battuta 9), che sottolineano la bastonatura. III.VIII.10-60: il lamento a tre voci di Pantalone, Arlichino e Celio, cacciati in sottoveste dalle donne e picchiati, è con ogni probabilità, vista la scansione ritmica, da pensarsi intonato se non cantato su musica: si confronti la scansione dei duetti d’addio degli innamorati.
III.VIII.16-18: donne perverse, femene malegnaze, scrovazze desfamàe, il crescendo di insulti per il genere femminile è commisurato al contegno lessicale che i personaggi hanno tenuto durate lo svolgimento della commedia: Celio fa il punto sulla perversione, ossia il gusto di far fare agli uomini quello che esse vogliono; Pantalone vede in questo un carattere malvagio; e infine Arlichino insiste sull’appetito da bestie delle femmine, definendole “scrofe infami”; infamar uno significa “togliergli la fama”: qui è assai probabile un lapsus di Arlichino che confonde fama con fame.
C
ELIOFolle chi in voi si fida!
P
ANTALONEGramazzo chi ve crede!
A
RLICHINOMincion e pampalugh chi casca in rede!
25
C
ELIOPer affetto e regali.
P
ANTALONEPer amor e spesazze.
A
RLICHINOPer el me sangue spanto.
C
ELIOCosì mortificar un innocente?
P
ANTALONECusì pestar un povero veccietto?
30
A
RLICHINOCosì scazzarme dalla casa e ’l letto?
C
ELIOSignor padre?
P
ANTALONEMissier fio?
A
RLICHINOSiori paroni?
C
ELIOAvrete terminati i vostri spassi.
35
P
ANTALONETi sarà pur col to batello in secco.
A
RLICHINOAverem tutti finì de guarse ’l becco.
C
ELIOE per colpa di che?
P
ANTALONEE per causa de chi?
A
RLICHINOE mi perché così?
40
C
ELIOPer aver troppo amato e troppo speso.
P
ANTALONEPerché so’ andào dagnora cula gobba.
A
RLICHINOPerché son tropp andà dré quella robba.
C
ELIOMi pentisco, ma tardi.
P
ANTALONESerro la cheba, ma è scampào l’osello.
45
A
RLICHINOMai pì, mai pì al bordello.
PANTALONE MERCANTE FALLITO ATTO TERZO
III.VIII.22-24: come sopra si presenta un altro crescendo, questa volta riferito alla condizione degli uomini caduti nella trappola (chi casca in rede), che termina con mincion e pampalugo, entrambi valgono “sciocco, stupido, stolido”.
III.VIII.26: spesazze, “spese consistenti”. III.VIII.27: sangue spanto, “sangue versato”.
III.VIII.36: guarse ’l becco, “aguzzare, appuntirsi il becco”, osceno: si riferisce al fine materiale del corteggiamento; (arrotare, dicesi degli strumenti da taglio, come indicato in B I.III.5).
III.VIII.41: andào dagnora cula gobba, cfr. sopra (I.VIII.4) il significato di andar gobbo.
III.VIII.42: son tropp andà dré quella robba, la rima di Arlichino si concede un’allusione più prosastica, come è suo costume. III.VIII.44: serro la cheba ma è scampào l’osello, “chiudo la gabbia quando l’uccello è già scappato”, qui riferito al fatto di essersi accorto di aver speso inutilmente troppo tardi.
C
ELIOAh, traditrice infame!
P
ANTALONEAh, sassina cagnaza!
A
RLICHINOAh, che te digh el ver, ah puttanazza!
C
ELIOVedrò le mie vendette.
50
P
ANTALONEVignerà anca la toa.
A
RLICHINOTi pagherà le pacche della scòa.
C
ELIOSì, ti vedrò in ruina.
P
ANTALONESì, ti anderà a pepiàn in Carampana.
A
RLICHINOSì, ti deventerà una marziliana.
55
C
ELIOIntanto io pur patisco.
P
ANTALONEA bon conto mi scusso.
A
RLICHINOIn sto de mez, mi sol ho ’l mal del flusso.
C
ELIOAh, perverso destin!
P
ANTALONEAh, fortuna sassina!
60
A
RLICHINOAh, sorte malandrina!
(escono i zaffi, prendono e menano via Pantalone; Celio e Arlichino fuggono)
P
ANTALONEOhimèi, agiuto! Celio, Arlichin! Oh, poveretto mi!
SCENA IX
Leandro, Lucindo, poi Beatrice e Bagolino
L
EANDROAvete veduto, signor Lucindo?
L
UCINDOHo veduto e a dirvi il vero ero in stato di liberarlo povero vecchio, che
l’avrei ben fatto fuggire; ma già non ha più dinari; non fa più per noi.
L
EANDRONon so come sentirà questa nuova la signora Beatrice.
PANTALONE MERCANTE FALLITO ATTO TERZO
III.VIII.46-48: gli insulti prendono forma sempre più concreta e offensiva: prima “traditrice senza scrupoli”, poi “assassina e cagna” e infine “brutta puttana”.
III.VIII.49-54: i tre amanti in rovina cercano conforto nell’idea di una possibile vendetta del destino sulle donne, che non saranno più mantenute da loro. le pacche della scóa, “i colpi della scopa”. ti anderà a pepiàn in Carampana, “andrai a lavorare al piano terra del bordello”, (per Carampane confronta B I.6.9), sarai ridotta all’infimo livello della prostituzione. ti diventerà una marziliana, cfr. I.VIII.8: “barca da trasporto”, qui vale “prostituta”, “nave scuola”, “prostituta grassa”.
III.VIII.57: mal del flusso, il BOERIO registra “dissenteria”, (a cui è assimilabile tra l’altro il pesantissimo flusso e riflusso da la porta da drìo del La bottega del caffé di Goldoni); molto sforzata la rima col precedente scusso, per “scuso”; ma potrebbe indicare anche la “gonorrea” o scolo, non registrato dal BOERIO in quanto sempre restìo nel trattare argomenti scabrosi; si veda di contro il più disinibito MUAZZO,p.321:«i mali zé molti che vien al padre cazzo, col va massime in busi francesi
o spagnoli, che per lo più se va coonestando la cosa col nome generico de mal de donne, e zé fra i molti el sporofigo, el scolamento (che i ghe dise che dal primo no se varrisce mai), e la pannogia. Per lo più i nostri zentilomeni e altre persone nobili, co’ i zé ben impestai sin alle reggie e ai oggi, i la giama gotta; i preti, frati, vescovi, gardenali e chi songiomi flussion»; e ancora per gonorrea, ivi, p.562: «zé l’istesso che rilassazion de’ reni troppa frequenza d’orina; la zé una parola doperata dai medici per significar quel che ò dito».