La disarticolazione soggettiva del potere regolamentare nell’evoluzione del decreto del Presidente del Consiglio de
1. In premessa: tratti dell’evoluzione (straniante) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministr
Prima di tutto, per poter misurare la dimensione della disarticolazione del potere regolamentare che si è realizzata per mezzo dell’evoluzione dei decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri (in seguito d.P.C.M.), occorre mettere in fila le poche certezze che si
hanno intorno a questo tipo di atto. Per quello che qui interessa se ne possono individuare quattro.
1) La prima è che d.P.C.M. è la nomen iuris (la formula di pubblicazione) degli atti con cui si manifesta la volontà del Presidente del Consiglio dei Ministri . 191
2) La seconda è che il d.P.C.M. è un atto privo di un riferimento tipologico univoco. Non trova, cioè, nel diritto vigente, una disciplina organica e certa, ma segue categorie e regimi distinti in ragione della natura del potere di cui è (di volta in volta) espressione.
3) La terza è che il d.P.C.M. sconta la difficoltà supplementare (rispetto, in particolare, ai decreti del Presidente della Repubblica e ai decreti Ministeriali) che deriva da una ancor meno nitida definizione dei poteri dell’organo da cui promana, e dunque dei poteri che per mezzo di tale atto possono essere esercitati . L’ampiezza delle funzioni in cui la volontà 192 del Presidente del Consiglio dei Ministri si manifesta hanno ricondotto tale denominazione ad una varietà morfologica tanto estesa da risultare disorientante per chi la osservi.
4) L’ultima è che, per conseguenza, nel momento in cui al Presidente del Consiglio vengono attribuiti poteri di decisione normativa autonoma, il d.P.C.M. diventa l’atto di esercizio di un potere regolamentare inedito (s’intende rispetto al modello della legge n. 400 del 1988) del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Questa parte del lavoro muove da qui: dal tentativo di comprendere e di misurare il processo di trasformazione che ha portato al consolidamento di un inedito potere regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri e del d.P.C.M. quale atto normativo a rilevanza esterna. Per farlo, si può partire proprio dalla fine delle certezze che si hanno sui d.P.C.M., e cioè che si tratta di un guscio neutro, che può contenere al suo interno cose molto diverse: può essere atto di alta amministrazione, di nomina, di delega di poteri, e può essere anche un vero e proprio atto a contenuto normativo, estrinsecazione del potere regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Si veda l’art. 15 del Testo Unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei
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decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, adottato con d.P.R. n. 1092 del 1985.
I. CIOLLI, La questione del vertice di Palazzo Chigi. Il Presidente del Consiglio nella Costituzione
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Questa enorme varietà sostanziale è riprodotta in modo molto chiaro nell’impianto della legge n. 400 del 1988 al cui interno manca qualsiasi forma di regolamentazione del d.P.C.M., ma che li richiama, in relazione ad una serie di attività che, alla luce di una lettura sistematica, sembra poter essere ricondotta però ad una certa unità definitoria e funzionale, coerente con le attribuzioni di cui all’art. 5 della legge n. 400 del 1988 e, ancora prima, con il dettato dell’art. 95 Cost. Unità rappresentata, in particolare, dalla rilevanza interna delle funzioni, e quindi degli atti: variamente riconducibili a poteri di organizzazione , direzione e coordinamento 193 194 dell’attività del Governo e di autorganizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri . 195 Sembrerebbe trattarsi di un impianto coerentemente innestato nelle pieghe (seppur enigmatiche ) dell’art. 95 Cost., e della posizione costituzionale del soggetto della cui 196 volontà l’atto è manifestazione. Ai sensi dell’art. 95 Cost., infatti, il Presidente del Consiglio
«Con decreto del Presidente del Consiglio si adotta il regolamento interno del Consiglio dei Ministri»
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(artt. 4 co. 4 della legge n. 400 del 1988); «i capi Dipartimento dei Ministeri senza portafoglio sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri» (21 co. 6 della legge n. 400 del 1988) e «al Segretariato è preposto un segretario generale, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri» (art. 18 co. 2 della legge n. 400 del 1988).
«(Il Presidente del Consiglio dei Ministri) può disporre, con proprio decreto, l’istituzione di particolari
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Comitati di Ministri» (art. 5 co. 2 lett h della legge n. 400 del 1988).
«Per i compiti di organizzazione e gestione delle occorrenti risorse umane e strumentali, il Presidente
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individua con propri decreti le aree funzionali omogenee da affidare alle strutture in cui si articola il Segretariato generale» (art. 7 co. 1 del d. lgs. 303 del 1999); «Con propri decreti il Presidente stabilisce, in coerenza con i criteri di classificazione della spesa del bilancio statale, la struttura dei bilanci e la disciplina della gestione delle spese» (art. 8 co. 1 del d. lgs. 303 del 1999); «La segreteria della Conferenze unificata (istituita presso la Presidenza del Consiglio) è disciplinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri» (12 co. 3 della legge n. 400 del 1988); «gli incarichi (ai consulenti della Presidenza) sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri» (art. 29 della legge n. 400 del 1988); «con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato di concerto con i Ministri dell’interno e del tesoro, viene fissato il contingente del personale appartenente ai corpi di polizia assegnato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri» (art. 33 co. 1 della legge n. 400 del 1988); «con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, sono emanate disposizioni per l’inquadramento in ruolo del predetto personale» (art. 38 co. 13 della legge n. 400 del 1988)
Sarebbe perfino pleonastico soffermarsi sulle difficoltà interpretative che sono state generate dalla lettera
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dell’art. 95 Cost., e dalla coesistenza al suo interno, di due principi apparentemente contraddittori: quello monocratico e quello della collegialità. Basta, per darne conto, ricordare come essa sia stata studiata da una letteratura sterminata, e variamente utilizzata come un mezzo per giustificare la posizione di "supremazia" del Presidente del Consiglio rispetto agli altri ministri, ma anche per far emergere il ruolo prevalente del Consiglio dei ministri nella determinazione della politica generale o, ancora, nel mezzo, l’impossibilità di addivenire ad una soluzione precisa, in quanto "gli stessi principi del sistema sono incerti e controversi”. Si veda E. CATELANI, Poteri e organizzazione del Governo nel contesto degli ordinamenti pluralistici contemporanei, Tipografia Editrice Pisana, Pusa, p. 83 ss.
«(a) dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile e (b) mantiene l'unità di 197 198
indirizzo politico ed amministrativo (b1) promuovendo e (b2) coordinando l’attività dei Ministri ». Si tratta di attività che non implicano un potere regolamentare a rilevanza esterna 199 (del tipo ministeriale), ma che riguardano attività di direzione (per cui la legge n. 400 del 1988 sembra preferire le direttive) e di coordinamento e, in ogni caso, dalla rilevanza normativa interna al Governo (per cui invece la legge n. 400 del 1988 rimanda all’adozione di d.P.C.M.). In questo senso si ritroverebbe anche una certa coerenza con le intenzioni della legge n. 400 del 1988, da più parti rilevata - e anche nel tempo immediatamente successivo
Al compito della direzione sembra possibile ricondurre tutte quelle attività con cui il Presidente del
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Consiglio è posto nella posizione di incidere, condizionandola, sull’attività del Consiglio dei Ministri e, più in generale, del Governo. Così, ad esempio, sarebbe espressione del potere di direzione il ruolo assunto dal Presidente del Consiglio nella formazione del Governo (art. 92 Cost.) e, a Governo formato: l’iniziativa, sottoposta al Consiglio, di porre la questione di fiducia, il potere di convocare le riunioni del Consiglio, e quello di fissare l’ordine del giorno.
Nel fatto poi, che egli se ne assume la responsabilità, sembra logico collocare tutta l’attività che il
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Presidente del Consiglio svolge in rappresentanza del Governo, nei rapporti con gli altri organi. Anzitutto con il Parlamento, con cui si relazione personalmente, ma per conto del Governo, nella procedimento di formazione del Governo (comunicazione della composizione del governo ed ogni mutamento in esso intervenuto - art. 5 lett. a; richiesta di fiducia – art. 5 lett. b), sia durante il corso della legislatura (apposizione della questione di fiducia, presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa governativa e richiesta di discussione in Assemblea di un disegno di legge – art. 5 lett. e; comunicare “tempestivamente alle Camere le medesime pronunce ai fini dell’esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti”, nonché quello di presentare annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di esecuzione delle suddette pronunce (art. 5, comma 3, lett. a-bis). Con il Presidente della Repubblica, a cui il Presidente del Consiglio sottopone le leggi per la promulgazione, i disegni di legge per la presentazione alle Camere e tutti gli altri atti normativi del governo che richiedono la forma del decreto presidenziale (lett. c); nonché di controfirmare gli atti di promulgazione, gli atti per i quali è intervenuta la deliberazione del Consiglio dei ministri e, quindi anche tutti gli atti normativi del governo, nonché gli altri atti indicati dalla legge (lett. d). Ed in ultimo, ma in modo non esaustivo, con la Corte costituzionale, presso cui il Presidente esercita le attribuzioni previste nella legge n. 87/1953. All’interno del potere di direzione potrebbe stare dunque anche quello di manifestare la politica generale del governo (esternazione) da cui derivano gli ulteriori poteri di cui all'art. 5, 2° co., lett. d) di concordare con i ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che essi intendono rendere ogniqualvolta possano impegnare la politica generale del governo, e all'art. 8 del regolamento interno del Consiglio, che affida al Presidente il compito di approvare ed autorizzare la diffusione del comunicato sui lavori del Consiglio dei ministri.
Il mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo è risolto, dallo stesso art. 95 Cost., nella
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promozione e nel coordinamento dell’attività dei Ministri. Distinguere tra promozione e direzione non è affatto agevole, ma un criterio risolutivo può essere quello per cui la promozione consiste nell’attività di impulso non condizionante (al netto dell’evidenza per cui ciascun impulso è di per se condizionante), mentre la direzione può essere intesa come l’impulso al fine di attuare l’indirizzo politico delineato nel programma di governo. Caratteristiche simili presenta anche il potere di coordinamento dell'attività dei ministri che si manifesta, nell’ambito dell’attività normativa, in tutta quell’attività preparatoria alla formazione degli atti normativi svolta dal Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi. A tal fine, il Presidente del Consiglio dei Ministri: riceve comunicazione preventiva di tutti i provvedimenti che ogni Ministro intende presentare in sede collegiale, così da dare al Presidente la possibilità di sospenderne l'adozione, sottoponendoli al Consiglio dei Ministri nella riunione immediatamente successiva (2° co., lett. c); e può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione e armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni, a diverso titolo competenti, in ordine alla definizione di atti e provvedimenti (lett. c-bis) (competenza questa introdotta con il decreto legislativo. n. 303/1999).
alla sua approvazione - nella volontà di avviare un processo di rafforzamento della figura 200 del Presidente del Consiglio per mezzo dei suoi poteri di direzione e coordinamento. Con un percorso che avrebbe poi dovuto essere proseguito - a poco più di un decennio dall'emanazione della l. n. 400 del 1988 - dalla configurazione funzionale del decreto legislativo n. 303 del 1999, intervenuto in un'ottica di rafforzamento della posizione del Presidente del Consiglio dei Ministri. Sembra essere questo, pertanto, il contesto alla cui luce deve essere letta anche la previsione per cui «il Presidente del Consiglio dei Ministri esercita le altre attribuzioni conferitegli dalla legge» (art. 5 co. 4).
Già in prossimità della sua approvazione però, la mancata inclusione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nell’elenco dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988 fu interpretata come un’anomalia . Da un lato, infatti, i d.P.C.M. a contenuto normativo erano 201 già indirettamente riconosciuti dall’art. 15, co. 1, lett. d) della legge del 28 dicembre 1985, n. 1092 (Testo Unico sulla promulgazione delle leggi e l’emanazione dei decreti) che, facendo menzione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri «necessari per l'applicazione di atti aventi forza di legge e che abbiano contenuto normativo» sembrava presupporre l’esistenza di un potere regolamentare del Presidente del Consiglio in funzione di esecuzione, attuazione e integrazione delle fonti primarie. Dall’altro lato poi, alcune leggi avevano già impegnato la capacità normativa del Presidente del Consiglio dei Ministri in tutta una serie di ambiti materiali in cui tale organo era stato chiamato ad operare in modo non difforme da un qualsiasi altro membro del Governo . 202
Si potrebbe perfino dire che, alla fine del XX secolo, la dimensione della decretazione del Presidente del Consiglio a contenuto normativo fosse pressoché allineata a quella dei Ministri. Sotto il profilo strettamente numerico, tra il 1980 e il 1990, risultano essere stati approvati - in
A. PREDIERI, Presidente del Consiglio dei Ministri, in Enc. giur., XXIV, Treccani, Roma, pp. 1 ss., in
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particolare p. 8; S. LABRIOLA, Decreto del Presidente del Consiglio, in Enc. dir., aggiornamento II, Giuffrè, Milano, 1998; E. CATELANI, Nuove tendenze nell’uso delle direttive interorganiche, in Osservatorio sulle fonti 1996, Giappichelli, Torino, 1996, p. 247 ss; F. BIONDI DAL MONTE, Dopo la legge, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018; D. PICCIONE, Il Comitato per la legislazione e la cangiante natura dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in Federalismi.it.
M. C. GRISOLIA, Osservazioni in tema di decreti del presidente del Consiglio a contenuto regolamentare, 201
in Il potere regolamentare nell'amministrazione centrale a cura di U. DE SIERVO, Bologna, 1992, 155-184, in particolare p. 156.
Ad esempio la Legge del 5 agosto 1981 n. 416 e 25 febbraio 1987 n. 67 in materia di editoria.
tutto - tra i 20 e i 70 d.P.C.M. l’anno . Seppure «non si può dire che i decreti a contenuto 203 normativo occupino [all’interno di questo insieme] particolare rilievo», che sono ancora per lo più, riconducibili a funzioni di organizzazione e coordinamento» , a fine secolo, la 204 decretazione del Presidente del Consiglio a contenuto normativo «non risulta per lo più distinta dalla restante attività ministeriale» poiché essa è «numericamente nella media della decretazione degli atri Ministri» . 205
A partire da questo scenario, però, l’evoluzione è proseguita nel segno di un consolidamento - anche qualitativo - del potere regolamentare del Presidente del Consiglio secondo il tipo ministeriale, e pertanto del d.P.C.M. come atto dal contenuto normativo, anche a rilevanza esterna. Questo percorso si è realizzato per mezzo di leggi particolari (s’intende rispetto a quella che disciplina in generale il potere regolamentare del Governo). Talvolta attraverso interventi di carattere strutturale, che hanno proseguito la tendenza ad attribuire alla Presidenza interi ambiti materiali e ad istituire appositi Dipartimenti (come avviene per la funzione pubblica e la protezione civile) in cui sono confluiti, mano a mano, i Ministeri soppressi (turismo, sport, spettacolo) . Il percorso istituzionale, infatti, ha seguito il 206 rafforzamento dei poteri dell’organo monocratico di governo non già attraverso la valorizzazione del suo ruolo di direzione e coordinamento, ma attraverso la via laterale 207 dell’espansione degli ambiti di intervento attivo e, in conseguenza, dell’ipertrofica dilatazione
I dati sono riportati da M. C. GRISOLIA, Osservazioni in tema di decreti del presidente del Consiglio a 203
contenuto regolamentare, cit., p. 158, che da testimonianza del fatto che, i d.P.C.M. adottati tra il 1980 e il 1990 sono stati nel numero di 27 nel 1981, 25 nel 1982, 36 nel 1983, 37 nel 1981, 41 nel 1985, 55 nel 1986, 77 nel 1987, 74 nel 1988, 69 nel 1990. Nel 1980 e nel 1989 si registrano due punte di 103 e 209 d.P.C.M. adottati, che la stessa autrice spiega essere legato a motivi del tutto contingenti - in particolare alla reiterazione di atti dello stesso tipo, in specie di trasferimento e di autorizzazione all’assunzione di personale.
M. C. GRISOLIA, Osservazioni in tema di decreti del presidente del Consiglio a contenuto regolamentare, 204
cit., p. 158
M. C. GRISOLIA, Osservazioni in tema di decreti del presidente del Consiglio a contenuto regolamentare, 205
cit., p. 157
Un percorso che la legge 23 agosto 1988, n. 400, in una prospettiva di rafforzamento dell’organo
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monocratico (ma pur sempre dentro una concezione collegiale dell’attività di governo) ha tentato di riportare nell’ordine e che ha poi superato anche il tentativo esperito con i decreti legislativi del 1999, che hanno cercato di ridefinire le attribuzioni ministeriali coerentemente con l’impostazione originaria, in un tentativo che si è, per la verità, rivelato parziale fin dall’inizio, perché ha lasciato in capo alla Presidenza del Consiglio importanti funzioni di amministrazione attiva, che avrebbero poi finito per accrescersi attraverso la combinata riorganizzazione dei dipartimenti (il caso forse più eclatante è quello dell’immediato fallimento della agenzia della protezione civile, con il conseguente ritorno al sistema della legge n. 225 del 1992, secondo cui il servizio nazionale della protezione civile fa capo al relativo dipartimento costituito presso la presidenza del consiglio).
Nel senso che «appare chiaro che la Costituzione non vuole che la Presidenza del Consiglio dei
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Ministri venga onerata di compiti e strutture dicasteriali, e che tutta questa dinamica fosse pertanto rivolta nel senso dello spostamento dal modello costituzionale» Aldo Sandulli, lo scrisse in modo netto anche prima della legge n. 400 del 1988, A. SANDULLI, Il problema della Presidenza del Consiglio, ora in Scritti giuridici, Vol. I, Diritto costituzionale, Jovene, Editore, Napoli, 1990, p. 348.
del suo apparato burocratico. E, dunque, crescendo le competenze autonome della Presidenza, è cresciuto il numero degli atti - di varia natura, normativi e non - che assumono la forma del decreto del Presidente del Consiglio. Altre volte, invece, la valorizzazione del ruolo di decisore normativo del Presidente del Consiglio è avvenuta in ragione di scelte politiche contingenti, attraverso leggi che - di volta in volta, ma finendo poi per sedimentarsi intorno ad alcune ricorrenze materiali e funzionali - hanno scelto di demandare la loro attuazione non al potere regolamentare del Governo, né a quello dei Ministri - singolarmente o nella forma inter-ministeriale - ma a quello del Presidente del Consiglio dei Ministri (che generalmente può delegarlo ad un ministro senza portafoglio, salvo eccezioni, come nel caso dei servizi di informazione per la sicurezza e per il segreto di Stato).
Il problema diventa allora quello di indagare il fondamento di un potere regolamentare di questo tipo. Se può essere ricondotto ad un fondamento ulteriore rispetto a quello determinato dalle singole attribuzioni di potere, ed eventualmente se queste siano compatibili con la non espressa menzione nella disposizione che si occupa di stabilire il regime del potere regolamentare e le forme del suo esercizio all’interno della legge che disciplina l’attività di Governo in generale. Ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, infatti, i Regolamenti governativi sono: quelli adottati dal Consiglio di Ministri (co. 1), che sono pubblicati con la formula di d.P.R. (perché ai sensi dell’art. 87 co. 5 devono essere emanati dal Presidente della Repubblica) quelli dei singoli Ministri, pubblicati come decreti ministeriali, e quelli di più ministri congiuntamente, che hanno la denominazione di decreti interministeriali (co. 3) . 208
A questo proposito, la lettura della dottrina è rivolta verso l’assimilazione di queste fonti ai regolamenti ministeriali, da cui si fa derivare, contestualmente, l’assimilazione del trattamento - con l’eccezione determinata dall’art. 9 del d.lgs. 303 del 1999, secondo cui la disciplina di cui all'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 non si applica ai decreti di a quell’articolo (Personale della Presidenza) ed a quelli di cui agli articoli 7 (Autonomia organizzativa) e 8 (Autonomia contabile e di bilancio) - così colmando la il silenzio della legge ed escludendo l’ipotesi della preclusione alla adottabilità di tali atti . 209
La non inclusione nel sistema è poi resa manifesta dal successivo co. 4, che degli atti che devono portare
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il nome di Regolamento fa un elenco, in cui a quelli adottati dal Consiglio dei Ministri (“quelli di cui al co. 1”, dice il co. 4) si aggiungono i regolamenti ministeriali e interministeriali.
G.U. RESCIGNO, Il nome proprio degli atti normativi e la legge n. 400 del 1988, in Giurisprudenza
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Tutto torna però alla natura non costituzionale della legge n. 400 del 1988, e alla prevalenza della tesi secondo cui, un atto primario di natura ordinaria e generale, non è capace di vincolare il potere normativo che si manifesta con atti successivi e di pari grado. L’incapacità di ogni disposizione primaria (che non sia di rango costituzionale, o in rapporto di mera ripetizione dei suoi dispositivi) di vincolare le forme della produzione giuridica svolta per mezze di atti dello stesso rango comporta, inevitabilmente, la negazione della tassatività dell’enumerazione e del trattamento di cui all’art. 17 della legge n. 400 del 1988.
2. L’oggetto: il potere regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri nella