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IL PRESTIGIO DELLA PROFESSIONE E LA QUALITÀ DELLA SCUOLA

Nel documento Insegnare in Trentino (pagine 76-81)

INTENZIONI E RICHIESTE

3. IL PRESTIGIO DELLA PROFESSIONE E LA QUALITÀ DELLA SCUOLA

Negli ultimi anni è andata raff orzandosi anche tra gli stessi insegnanti la percezio-ne di una continua perdita di prestigio di questa fi gura professionale: se già percezio-nel 1999 si osservava un diff uso malcontento rispetto all’importanza che la società riconosce ai docenti di ogni ordine e grado scolastico,5 questa tendenza risulta oggi ancora più radicata. Per di più, tale scetticismo non investe solo l’esperienza recente, ma si tra-smette, come per osmosi, all’immaginario futuro.

Oltre la metà degli insegnanti intervistati dichiara una prospettiva più che pessimi-sta: negli ultimi dieci anni è stata avvertita una continua fl essione della considerazione sociale di cui gode la professione e viene presunta una simile tendenza anche per i prossimi dieci anni. Questa visione costantemente plumbea è ulteriormente raff orzata da quella di un gruppo ristretto di colleghi, pari a circa il 5% del totale, che ha osser-vato un’inversione di tendenza e prevede, a fronte di un passato prossimo in cui il pre-stigio dell’insegnamento è rimasto immutato o è addirittura migliorato, un futuro ben meno roseo. Di contro, è moderatamente ottimista un insegnante su quattro: rientra-no in questo gruppo tutti coloro che si attendorientra-no un miglioramento della percezione sociale del loro ruolo professionale, mentre poco più del 10% non ha osservato alcun mutamento in passato e non ne prevede per gli anni a venire (tabella 3.4).

Tab. 3.4. Secondo lei, il prestigio/la considerazione sociale di cui godono in generale gli insegnanti del livello di scuola nel quale lei lavora…

(incidenze percentuali)6

Negli ultimi 10 anni

È aumentato È rimasto uguale È diminuito Totale

Nei prossimi 10 anni

Aumenterà 0,8 1,0 3,1 4,9

Rimarrà uguale 0,7 11,1 21,3 33,2

Diminuirà 0,1 4,4 57,4 61,9

Totale 1,6 16,5 81,9 100,0

Base: n=1256

Può forse sorprendere che i più ottimisti, e in particolar modo chi si assesta in una prospettiva “statica”, abbiano un’età media maggiore dei pessimisti, vengano da posizioni sociali superiori e abbiano un titolo di studio più elevato. I più pessimisti hanno invece un profi lo più giovane, sono in buona parte donne, hanno una qualifi ca

5 Fisher 2000; Gasperoni 1999.

6 I diversi colori delle celle si riferiscono alla tipologia utilizzata nell’analisi.

meno elevata, insegnano in maggior misura nella scuola primaria e provengono da famiglie con una posizione sociale più svantaggiata: in questi casi l’esperienza dell’in-segnamento ha evidenziato il crescente iato fra realtà e aspettative, recepito e tradotto come una inarrestabile perdita di prestigio. Sembra quindi trovare forza l’argomenta-zione di Schizzerotto e Barone (2006) secondo cui la crisi della consideral’argomenta-zione sociale degli insegnanti è associata alla progressiva femminilizzazione della professione e all’ingresso, nel corpo docente, di un numero crescente di persone provenienti dalle posizioni sociali meno elevate. Questa tendenza è in parte spiegabile dal livello retri-butivo e dall’impegno richiesto: chi aspira a guadagni maggiori – segnatamente gli uomini della borghesia – sceglie altre traiettorie professionali, mentre l’insegnamento risulta più attraente per chi antepone alla realizzazione di tipo economico la necessità di trovare un’occupazione compatibile con le attività di cura, che nella società italia-na sono in gran parte affi date alle donne. A conferma di quanto sopra, il 67% degli insegnanti intervistati incoraggerebbe la fi glia femmina di un amico a intraprendere questa carriera, a fronte di un 57% che lo consiglierebbe ad un maschio. È peraltro interessante notare che queste percentuali non variano molto neppure tra i pessimisti più radicali che nell’84% dei casi, potendo tornare indietro, ripeterebbero la stessa scelta7 a dimostrazione del fatto che l’atteggiamento negativo non si traduce diretta-mente in comportamento8 e che intervengono altre variabili a compensare la perdita di prestigio.

Un altro aspetto dell’immagine sociale del mondo della scuola è costituito dalla qualità dell’istruzione impartita dai diversi ordini e gradi del sistema educativo. An-che in questo caso la valutazione non è oggettiva, ma si rifà al sentire comune, alla considerazione sociale e al prestigio di cui godono i diversi tipi di scuola. Contraria-mente con quanto sta avvenendo nei confronti della fi gura dell’insegnante, si osserva un miglioramento della qualità percepita:9 i giudizi formulati dai docenti appaiono nel complesso migliori di quelli registrati durante l’indagine del 1999. In particola-re, il fi ore all’occhiello del sistema scolastico provinciale risulta essere l’educazione primaria, che viene giudicata di qualità elevata o molto elevata da più della metà dei rispondenti e almeno di qualità media da oltre il 90% dei docenti intervistati. Le

uni-7 Contro l’89% degli ottimisti e l’86% registrato dal campione nel suo insieme.

8 I pessimisti, moderati ed estremi, hanno pensato di cambiare lavoro e si sono concretamente inte-ressati alla possibilità di chiedere la pensione anticipata in misura pressoché simile agli ottimisti e agli

“statici”.

9 Va tuttavia ricordato che ai rispondenti non è stato chiesto un confronto diretto tra la condizione della scuola di dieci anni fa e di adesso, ma semplicemente di esprimere un giudizio sulla sua qualità: le valu-tazioni medie sono state poi messe a confronto con quelle registrate nel 1999.

che due valutazioni che, a livello aggregato, registrano una fl essione rispetto al 1999 sono quelle che i docenti di scuola secondaria assegnano alla scuola professionale e al liceo psicopedagogico.

Tra le scuole secondarie di secondo grado gli insegnanti individuano l’eccellenza nel liceo classico e nel liceo scientifi co; le altre scuole che si fregiano del titolo di liceo non sembrano godere della stessa considerazione, anzi: l’istituto tecnico industriale sembra off rire maggiori garanzie di qualità del liceo linguistico e del liceo tecnologi-co, mentre lo psicopedagogico convince addirittura meno dell’istituto tecnico com-merciale e dell’istituto d’arte, eccezion fatta per i docenti della scuola primaria che hanno, in buona parte, una formazione di tipo psicopedagogico, politico-sociale o umanistico e sono quindi più indulgenti nei confronti di un percorso di studi simile a quello da loro aff rontato (fi gura 3.4). Lo scarso prestigio di cui gode la fi gura del-l’insegnante è quindi trasmesso anche alla scuola che li forma: è un circolo vizioso che può portare i docenti delle scuole secondarie di primo grado a consigliare agli studenti più preparati il liceo classico, lo scientifi co o l’ITI, riservando il percorso psi-copedagogico a chi ha più diffi coltà e di fatto contribuendo a rendere reale, attraverso questa selezione a monte, la sensazione socialmente diff usa che l’insegnamento sia un ripiego.

Fig. 3.4. Valutazione media (su una scala da 1 a 5) della qualità dell’istruzione impartita da diversi tipi di scuola

(basi: scuola primaria: 309; scuola secondaria di primo grado: 389;

scuola secondaria di secondo grado: 598)

scientifico

4. CONCLUSIONI

La funzione che gli insegnanti attribuiscono alla scuola varia a seconda dell’età degli allievi: se per i più piccoli l’impegno dei maestri è focalizzato sui bisogni del singolo, col passare degli anni i professori si concentrano sempre di più sui contenuti.

L’obiettivo fondamentale è quindi rappresentato dalla trasmissione delle conoscenze, mentre la fi nalità politica – ovvero la riproduzione di un modello culturale e valoriale dominante – costituisce oggi solo un eff etto residuale.

Entrando nello specifi co delle caratteristiche individuali che la società richiede agli insegnanti, si è voluto innanzitutto mostrare come si strutturi lo spazio semantico en-tro cui operano i diversi attributi, passando poi ad analizzare l’importanza assegnata a ciascuno di essi, anche in relazione a sentimenti più o meno positivi nell’aff rontare la quotidianità scolastica. La tendenza osservata in riferimento a questo ultimo de-cennio conferma la trasformazione del modello educativo da un sistema di tipo auto-ritario basato sulla trasmissione di norme sociali dominanti e contenuti rigidamente prefi ssati ad un modello di tipo aff ettivo, in cui è centrale la relazione con l’alunno.

La salienza di questa impostazione è confermata dal fatto che gli aspetti vocazionali e relazionali sono i primi a entrare in crisi quando l’insegnante esprime disagio per il proprio lavoro.

La perdita di prestigio del proprio ruolo professionale è percepita in modo abba-stanza trasversale in tutti gli ordini e gradi scolastici, ma è più pressante tra le donne, gli insegnanti che hanno un basso livello d’istruzione e vengono da una classe sociale più svantaggiata, forse per un senso di deprivazione relativa rispetto ai colleghi che hanno avuto più opportunità. Ci si può domandare quale sia la qualità dell’insegna-mento impartito da docenti che vivono la propria professione come un ripiego o che si confrontano con una società che ritiene l’insegnamento una scelta facile, adatta a chi non riesce a trovare spazio in settori professionali più competitivi.

Sta dunque alle politiche scolastiche incentivare l’interesse nei confronti dell’in-segnamento non come professione di ripiego, ma come scelta altrettanto impegna-tiva rispetto ad altre traiettorie professionali, e parimenti seletimpegna-tiva e remunerata. In quest’ottica è cruciale alzare il livello di formazione degli insegnanti migliorando di conseguenza la qualità dell’off erta didattica e la percezione sociale dell’insegnamento come professione altamente specializzata.

Capitolo 4

Sindacato e associazionismo

Riccardo Grassi

In questo capitolo analizzeremo i livelli di partecipazione degli insegnanti trentini ad associazioni professionali e ad organizzazioni sindacali. Si tratta di un aspetto pe-culiare della condizione di vita e di lavoro dei docenti, che, negli ultimi anni sta attra-versando una fase di grande trasformazione.

Le associazioni professionali sono assai numerose e raccolgono al loro interno in-segnanti affi ni per materie disciplinari o che condividono medesimi sistemi di valori.

In genere questo tipo di associazioni (variamente articolate a livello territoriale) of-frono ai propri iscritti materiali utili per la formazione (soprattutto dal punto di vista della didattica), informazioni circa i provvedimenti e le politiche scolastiche ed altri testi di riferimento, oltre ad occasioni di incontro e scambio di esperienze. Si tratta quindi sostanzialmente di community professionali, capaci spesso di interagire sia a livello locale sia on line, che consentono ai docenti un allargamento dei confi ni e delle esperienze al di là del proprio contesto scolastico. Per quanto da sempre presenti nel panorama professionale italiano, si tratta di associazioni che, soprattutto attraverso gli strumenti del web possono rappresentare un importante contesto di innovazione e di sviluppo di un sapere che si produce all’interno di scambi peer to peer.

Discorso diverso quello riferito alle organizzazioni sindacali, che appaiono in crisi di rappresentanza e di partecipazione da alcuni anni e che, però, perseguono obiettivi assai diversi da quelli delle associazioni professionali, orientando il loro impegno in misura prioritaria nella rappresentanza dei diritti dei lavoratori sui tavoli politici e di contrattazione tanto a livello locale, quanto a livello nazionale.

Per quanto possano contare in genere su un numero di iscritti assai più ampio rispetto alle associazioni professionali (frutto anche di una tradizione sindacale radi-cata e diff usa nel nostro Paese), le organizzazioni sindacali faticano ad esprimere in maniera unitaria gli interessi degli insegnanti, scontando sia alcune diff erenze ideo-logiche e di indirizzo politico di fondo, sia una progressiva frammentazione delle organizzazioni. Questo non solo per questioni di tipo ideologico, ma soprattutto per la diffi coltà che anche gli insegnanti vivono di fare sistema e di far convergere gli in-teressi individuali o di gruppo con i più generali inin-teressi collettivi.

Il capitolo ci permetterà di esplorare come si articola oggi la partecipazione as-sociativa e sindacale tra i docenti trentini, verifi cando nel caso della partecipazione sindacale, anche le variazioni intervenute negli ultimi dieci anni.

Le analisi consentiranno innanzitutto di cogliere il dato numerico della partecipa-zione, dopodiché approfondiranno alcune caratteristiche strutturali degli iscritti ed assoceranno la scelta di partecipazione ad alcuni atteggiamenti che riguardano più in generale l’insegnamento e la vita della scuola.

Nel documento Insegnare in Trentino (pagine 76-81)