In relazione ai procedimenti penali sono state prorogate le norme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176, che dispongono:
- collegamenti da remoto per il pubblico ministero e la polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari;
- partecipazione da remoto a qualsiasi udienza per le persone detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate;
- partecipazione del giudice da remoto all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario;
- trattazione scritta via pec e decisione in camera di consiglio per i ricorsi in Cassazione penale ex artt. 127 e 614 c.p.p.;
- deliberazioni collegiali in Camera di Consiglio da remoto nei procedimenti civili e penali, salve le eccezioni già previste;
- depositi telematici penali tramite il PDP o via pec, a seconda del tipo di atto (via PDP memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’art. 415-bis c. 3 o altri atti indicati con D.M.; via pec atti, documenti e istanze comunque denominati diversi dai precedenti ed ogni impugnazione);
- disposizioni emergenziali per decisione in trattazione scritta dei giudizi penali di appello (camera di consiglio senza P.M e difensori, conclusioni e comunicazioni per via telematica, richiesta telematica di discussione orale);
Quest’ultima disciplina è particolarmente gravosa per il personale di cancelleria perché impone oneri di comunicazione delle conclusioni scritte del P.G. ai difensori degli imputati e delle parti civili, i quali possono chiedere la trattazione orale in presenza e detta istanza va comunicata al P.G. e alle altre parti.
Da ultimo l’art. 16 del D.L. 30 dicembre 2021 n.228 ha prorogato le norme relative al processo cartolare e le altre disposizioni processuali penali emergenziali nelle more delle riforme che saranno apportate in attuazione della L. 27 settembre 2021 n.134 (G.U. 4.10.2021) di “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”.
Circa gli effetti delle più recenti riforme in materia processual-penalistica, si precisa che nell’ambito del distretto, allo stato, non si sono verificate situazioni richiedenti l’applicazione della nuova normativa in tema di legittima difesa e della L. n. 2/2019
“c.d. spazzacorrotti”.
Con riferimento alla riforma delle intercettazioni telefoniche sono state emanate disposizioni di attuazione delle linee guida precedentemente emanate, che sono state, poi, trasfuse nel nuovo piano organizzativo degli uffici requirenti.
La riforma che ha avuto la maggiore incidenza nell’ambito del distretto è quella del c.d. codice rosso.
La legge 19 Luglio 2019 n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere) pubblicata su G.U. 25.7.2019 in vigore dal giorno 9.8.2019 tra l’altro prevede che “….quando si procede per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice, il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa…”.
Il legislatore ha enucleato una serie di fattispecie di reato che per la loro natura, per i beni che aggrediscono (la salute e l’integrità fisica delle persone), per la loro recrudescenza, destano un vasto e giustificato allarme sociale. In relazione a queste fattispecie ha imposto una trattazione giustamente accelerata in sede di indagini.
Si è ritenuto che tale accelerazione non dovesse riguardare il solo eventuale esame della parte offesa, ma anche una serie di adempimenti ulteriori, per così dire strumentali, finalizzati a garantire l’effettiva immediatezza dell’intervento giudiziario.
Per tale ragione, già nel precedente anno giudiziario, sono state adottate disposizioni organizzative dai Procuratori della Repubblica del distretto per i procedimenti a
“trattazione immediata” riferite sia agli organi requirenti, sia alle forze dell’ordine.
“Moduli operativi accelerati” per creare una sinergia di azioni, attraverso la quale dare una risposta tempestiva e determinata in ordine al contrasto ai delitti contro le c.d “fasce deboli” e la “violenza di genere”.
In particolare il Procuratore della Repubblica di Potenza ha previsto (in aggiunta alle prescrizioni di cui alla legge 69/’19) che nelle indicate ipotesi di reato la polizia giudiziaria debba trasmettere la notizia di reato per posta elettronica certificata immediatamente. Contestualmente la Procura della Repubblica, attraverso la creazione di una corsia privilegiata, deve registrare immediatamente la notizia di reato, con assegnazione in tempo reale al p.m. incaricato delle indagini, che dovrà - al massimo entro 48 ore - provvedere a dare le direttive alla polizia giudiziaria ovvero prendere i primi provvedimenti urgenti. Rimane fermo l’obbligo, previsto dalla legge 69/’19, del Pubblico Ministero di assumere informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo il provvedimento motivato di ritardata escussione.
Per quanto chiara nella sua formulazione, la normativa ha richiesto alcune precisazioni in sede applicativa, non essendo prevista dalla legge 69/2019 alcuna modifica dell’art.
370 c.p.p. in tema di atti d’indagine diretti ed atti delegati, laddove è previsto l’obbligo di assunzione d’informazioni nel termine di tre giorni dalla iscrizione della notizia di reato in capo al Pubblico Ministero. Si è ritenuto che tale obbligo possa ritenersi assolto anche attraverso la delega dell’atto di assunzione d’informazioni da parte del P.M. alla Polizia
Giudiziaria nei casi meno gravi. Invece in caso di reati più gravi (violenze sessuali, atti persecutori commessi con violenza fisica o con modalità di particolare gravità, violenze o minacce su minori o persone in condizioni di minorata difesa ovvero a cui hanno assistito minori o persone in condizioni di minorata difesa) il P.M deve procedere alla escussione personalmente e, ove necessario, con l’ausilio di un consulente tecnico, salvo i casi di assoluta impossibilità che devono essere immediatamente segnalati, anche oralmente, al Procuratore delle Repubblica o al magistrato coordinatore della sezione fasce deboli.
A tale proposito il Procuratore della Repubblica di Potenza ha disposto che, in caso di denuncia o querela in forma orale, la notizia di reato debba contenere specifiche indicazioni sulla vicenda, che dovranno essere approfonditi dalla polizia giudiziaria in sede di assunzione d’informazioni; è assolutamente vietato ai P.M. formulare una delega generica, ferma restando in capo alla P.G. delegata la possibilità di approfondire ulteriori temi che nel corso dell’assunzione d’informazioni dovessero apparire rilevanti.
Il codice rosso ha imposto la riorganizzazione delle segreterie delle Procure, affinchè rimangano sempre attive anche nei giorni di sabato e domenica, nei giorni festivi e nei periodi feriali per inoltrare immediatamente la delega per l’assunzione d’informazioni alla P.G con un termine stringente per l’adempimento, ovviamente compatibile con la scadenza dei tre giorni dal momento della iscrizione della notizia di reato.
La legge 69/2019 prevede anche che l’obbligo di assumere informazioni da denuncianti e parti offese nei tre giorni possa essere derogato, nel caso in cui sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa.
Sono state impartite dal Procuratore della Repubblica specificazioni di queste
“esigenze” che devono essere “imprescindibili”, con modalità interne di verifica della sussistenza (ad esempio svolgimento di un servizio d’intercettazione che potrebbe essere pregiudicato dalle assunzioni d’informazioni, minore-parte offesa ancora sotto la sorveglianza del soggetto indagato ovvero uno stato di stress emotivo determinato dal reato subito, sicchè non possa utilmente essere escusso).
Tanto accennato sulla portata innovativa della legge 69/’19, alla luce dei primi mesi di esperienza si può affermare che l’impatto sulla struttura operativa delle Procure è stato molto rilevante. Non vi è dubbio che molte energie ad ogni livello (Polizia Giudiziaria, Personale Amministrativo e Magistrati) siano state assorbite dagli adempimenti necessari ai sensi della nuova normativa, ma si deve esprimere una valutazione positiva sulla riforma per la sua deterrenza. Inoltre essa ha avuto un effetto moltiplicatore dell’impegno di tutti gli operatori del settore, generando prassi e protocolli investigativi più avanzati rispetto a quelli precedenti, nonchè per la capacità di sensibilizzare anche i magistrati requirenti e giudicanti sulla gravità delle condotte connotate da violenza di genere o commesse in ambito domestico.
Non si sono verificate situazioni richiedenti l’applicazione della nuova normativa in tema di legittima difesa e della L. n. 3/2019 e di “ c.d. spazzacorrotti”, mentre l’introduzione del c.d. “codice rosso” ha portato a numerose iscrizioni al mod. 21: n. 31 procedimenti per violazione dell’art. 387 bis c.p., mentre nessuno per i reati di cui agli artt. 558 bis e 583 quinquies c.p..
2020-21 sono raddoppiati e nella maggior parte dei casi hanno richiesto l’adozione di una misura cautelare personale, custodiale.
E’ stata anche applicata una misura di prevenzione personale nei confronti di soggetto denunciato più volte dalla moglie per i reati di cui all’art. 612 bis c.p., in quanto riconosciuto come persona pericolosa con decreto ex art 1 lett. c) D. Lgs 159/2011, avverso il quale pende appello.
Si rappresenta che le violazioni delle prescrizioni delle misure non custodiali, oggetto della nuova imputazione di cui all’art. 387 bis c.p., sono state valutate ai fini dell’aggravamento della misura in atto, di fatto determinando l’applicazione di misure cautelari detentive (sopravvenuti n. 13 procedimenti ed evasi n. 11).
1.5 Magistratura onoraria
Come è noto, la riforma introdotta con D.Lgs 2017 n.116 delinea una figura nuova:
il giudice onorario di pace (GOP), unificando – non solo lessicalmente – le funzioni del giudice onorario di tribunale (GOT) e di giudice di pace (GdP), che in passato avevano una triplice destinazione (art.9):
a) ufficio per il processo;
b) ufficio del giudice di pace;
c) tribunale, come assegnatario della trattazione di procedimenti civili e penali monocratici e collegiali.
Con riferimento alla utilizzazione nei tribunali, gravati da costanti e gravi carenze di organico dei magistrati togati, è utile ricordare la Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari per il triennio 2017/2019, approvata dal C.S.M. il 25.1.2017, che all’art.187, oltre alle ipotesi di supplenza, prevede che può essere loro assegnato un ruolo autonomo “in caso di significative vacanze nell’organico dell’ufficio o in tutti i casi in cui per circostanze oggettive non si possa far fronte alla domanda di giustizia con i soli giudici togati”.
Il presidente del tribunale, quale titolare della gestione organizzativa dell’ufficio, viene di molto limitato nell’utilizzazione del g.o. in tribunale dalla previsione normativa di casi tassativi, eccezionali e contingenti: significativa scopertura dei posti di magistrato ordinario previsti dalla pianta organica del tribunale ordinario e del numero dei procedimenti assegnati ai magistrati ordinari ovvero del numero di procedimenti rispetto ai quali è stato superato il termine ragionevole di cui alla legge 24 maggio 2001, n. 89.
E’ evidente la marginalità dell’impiego del g.o. in funzione vicaria all’interno del tribunale, condizionando l’assegnazione dei giudici onorari di pace per la trattazione di procedimenti civili e penali di competenza del tribunale, alla sussistenza di una delle ipotesi alternative che presuppongono la criticità della scopertura dell’organico. Invece l’ufficio per il processo è indicato come sede di prima utilizzazione del g.o. in funzione di collaborazione.
La nuova normativa è distante rispetto alla realtà operativa quotidiana e rischia di cancellare del tutto l’apporto necessario dei giudici onorari all’interno dei tribunali.
Vi sono limitazioni di tipo quantitativo (art. 11 co.5 D.Lgs 2017 n. 116) che qualitativo (art. 11 co.6 D. Lgs 2017 n. 116), per cui nei giudizi monocratici non possono essere
assegnati ai giudici onorari i procedimenti in materia di lavoro e previdenza, in materia di famiglia, ex artt. 615 co.2 e 617 c.p.c..
Il ricorso ai giudici onorari è da intendersi, quindi, come “extrema ratio” non solo per l’affidamento di un ruolo monocratico, ma anche per l’utilizzazione nei collegi, laddove l’art.12 del decreto mutua gli stessi criteri selettivi previsti dall’art.11 per l’assegnazione dei procedimenti monocratici, con alcune modifiche.
Se difatti la peculiarità degli affari di trattazione collegiale ha indotto il legislatore delegato a consentire la permanenza del giudice onorario nel collegio sino alla definizione del procedimento (e quindi in deroga al limite triennale previsto per la trattazione di affari monocratici), d’altro canto l’art. 12 contiene ulteriori demarcazioni per entrambi i settori della giurisdizione.
In ambito civile il g.o. non può comporre i collegi delle sezioni specializzate (tra cui non rientra la materia della famiglia, che non può considerarsi sezione specializzata in senso tecnico, giusta delibera del C.S.M. n. 530/VV/2017 del 6.12.2017 infra sub §6), mentre nel settore penale al g.o. non è consentito procedere per i reati indicati nell’art.
407 co.2 lett.a) c.p.p.. Pertanto, nel settore civile le materie precluse ai giudici onorari coincidono con la previsione dell’ art. 188 co.1 della Circolare sulle tabelle 2017-20 del C.S.M.; nel settore penale il limite normativo posto alla competenza dei g.o. nei procedimenti con rito direttissimo ex art.11 co.6 lett. b n. 4 del d.lgs.vo e in materia di riesame (art. 184 co.1 lett.b circ. tabelle CSM) è stato esteso fino a ricomprendere un ampio catalogo di fattispecie di reato di cui all’art. 407 co. 2 lett. A) c.p.p..
Nei nuovi procedimenti per gravi ipotesi criminose non è più consentito integrare il collegio giudicante con i g.o.t. nei frequenti casi di scoperture di organico, creando non poche difficoltà organizzative per via della “coperta troppo corta”. Risulta così inibita la possibilità di sopperire alle carenze di organico mediante l’integrazione di giudici onorari nei collegi penali in virtù di una disposizione che metterà a dura prova la capacità organizzativa dei capi degli uffici, specie negli uffici meridionali più afflitti sia dai vuoti di organico, che da processi per gravi ipotesi criminose.
Va rimarcato che la “assegnazione” diretta ai g.o.t. di affari civili e penali è limitata ai soli “procedimenti pendenti” al termine di scadenza previsto per il provvedimento di assegnazione del g.o. da parte del presidente del tribunale (artt.11 co.7 e 12 co.1 D.Lvo 2017 n.116), proprio per l’eccezionalità dell’assegnazione di procedimenti ai giudici onorari in tribunale.
Quanto alla destinazione dei GOP in supplenza presso il tribunale, è un istituto di normazione secondaria, a cui si fa ricorso per assicurare il regolare esercizio della funzione giurisdizionale in caso di assenza o di impedimento temporanei di un magistrato (ad es. malattia, puerperio, ecc.). In questa ipotesi l’utilizzazione del GOP è ammessa anche per comporre il collegio ai sensi dell’art. 13 D.L.vo 116/2017.
Il citato decreto disciplina la materia nonostante l’assenza di uno specifico criterio di delega, perché come riportato nella relazione illustrativa è “…conforme allo spirito complessivo della legge delega in quanto la destinazione in supplenza rappresenta, storicamente, la prassi di ordinario utilizzo della magistratura onoraria, che trova conforto, sul piano normativo, nell’articolo 43-bis dell’ordinamento giudiziario”.
Trattasi di situazioni di emergenza, ma anche in questi casi non si possono superare
giudice onorario di pace non può essere destinato in supplenza per ragioni ostative al complessivo carico di lavoro ovvero alle vacanze nell’organico dei giudici professionali.
(…) in tal modo superando, sul punto, la nozione estesa di “impedimento”, elaborata in sede consiliare, da ravvisarsi in tutte quelle situazioni non strettamente riconducibili ad impegni processuali coincidenti con una certa udienza, ma in cui doveva comunque considerarsi il complessivo impegno lavorativo del giudice professionale in un determinato arco temporale, e quindi la trattazione di un certo numero di processi particolarmente impegnativi per complessità o numero delle parti in concomitanza dell’ordinario carico di lavoro”.
Pertanto non è nel ricorso alla supplenza che potranno trovare risposta le esigenze degli uffici, atteso che i giudici professionali non potranno essere sostituiti da quelli onorari per ragioni relative al complessivo carico di lavoro, come esplicitato nella relazione illustrativa.
A ciò si aggiunga la necessità di limitare l’impegno dei GOP a non più di due giorni settimanali, per assicurarne la piena compatibilità con lo svolgimento di altre attività remunerative. Ne consegue l’impossibilità di gravarlo di un carico di lavoro superiore ad un terzo del numero medio nazionale dei procedimenti pendenti per ciascun giudice professionale.
La limitazione dell’impegno dei giudici onorari, come prevista dall’art. 1, co.3 D. L.vo 2017 n.116, non può assolutamente costituire un antecedente logico della riduzione dell’utilizzazione dei giudici onorari. Certamente non si giustifica a fronte delle notorie emergenze dei tribunali più volte ricordate, al contrario determinando ulteriori criticità.
Non viene specificato difatti se si tratti di due “udienze”, elidendo in tal caso la necessaria fase preparatoria e di stesura dei provvedimenti definitori. Se la limitazione a 2 giorni alla settimana deve essere intesa come un’unica udienza ed un impegno d’ufficio, questa interpretazione letterale aggrava l’inadeguatezza della disciplina in vigore alle concrete necessità di gestione dei ruoli, specie per quanto riguarda l’impegno dei giudici onorari nei procedimenti monocratici.
La perdurante necessità di utilizzazione dei giudici onorari nei tribunali ha ben poco a che fare con l’incremento della competenza del giudice di pace, quanto piuttosto con la mancata copertura dell’organico dei magistrati, che nel distretto di Potenza presenta attualmente una elevata percentuale di vacanze.
La devoluzione di nuove attribuzioni all’ufficio del giudice di pace prevista dagli artt. 27 e 33, co.3 D.L.vo 2017 n.116 a far data dal 30.10.2021 – limitata al solo settore civile – e la “futura” riduzione delle sopravvenienze, non risolve le costanti necessità di coprire i ripetuti vuoti che si creano nei tribunali.
Innumerevoli, quindi, sono le difficoltà organizzative poste dalla normativa del 2017, che si riverberano nell’esercizio della giurisdizione. Pertanto il C.S.M. ha cercato di attenuare gli effetti negativi dell’articolata e complessa serie di griglie normative, diretta a limitare l’utilizzazione “vicaria” del g.o., tramite cui molti Tribunali, come quelli del distretto di Potenza, ove è elevato il turn-over di giudici togati, riescono a
“sopravvivere”. Il C.S.M., in sede di relazione illustrativa della recente Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari per il triennio 2017/2019 ha ragionevolmente ricavato dalla legge delega delle indicazioni del tutto favorevoli ad un ampliamento dell’utilizzazione dei giudici onorari. Infatti dal criterio della delega
di cui all’art.1, co.1, lett. b) c.p.p. ha ricavato “…un evidente favor del legislatore verso l’implementazione dell’utilizzo dei giudici onorari consentendone, salve alcune eccezioni, non solo l’applicazione per la trattazione di procedimenti civili e penali del tribunale ordinario, ma anche l’impiego quali componenti di collegi giudicanti civili e penali”.
Tutte le tabelle organizzative del distretto si sono uniformate a questa indicazione del C.S.M. e hanno attenuato sul piano della pratica attuazione le rigorose limitazioni nell’utilizzazione dei giudici onorari in tribunale.
Alla carenza “strutturale” dell’organico – che attualmente si cerca di colmare con reiterati concorsi di accesso alla magistratura, rallentati a causa della pandemia da COVID 19 – si sommano le contingenti situazioni di difficoltà operative derivanti dalla mobilità orizzontale e verticale dei magistrati e dalla destinazione fuori ruolo. Sono tutte circostanze che postulano il prevalente ricorso ai giudici onorari per non paralizzare la giurisdizione nel circondario e che non possono essere in alcun modo fronteggiante dal conferimento di nuove competenze all’ufficio del giudice di pace.
L’attivazione dell’ Ufficio per il processo (UPP), funzionale all’incremento qualitativo e quantitativo del servizio giustizia, non ha alcuna incidenza sulle problematiche delineate in precedenza.
Risulta del tutto evidente in definitiva come la marginalizzazione dell’utilizzo dei giudici onorari nei ruoli giudiziari dei Tribunali ad ipotesi di eccezionale gravità, si traduce in un apporto di ben modesta utilità concreta e difficilmente in grado di fronteggiare la situazione emergenziale che ne legittima un impegno ben più ampio, non potendosi più “congelare” i ruoli.
Si coglie l’occasione di questa relazione per richiedere che in sede d’inaugurazione dell’anno giudiziario il Primo Presidente della S. Corte voglia autorevolmente chiedere una riforma dell’attuale disciplina dei GOP.
Quanto al regime transitorio l’art. 30 D.L.vo 2017 n.116 prevede, oltre alla possibilità di assegnare gli ex GOT all’ Ufficio per il Processo (art. 30, co.1, lett. a) fino alla scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto, l’utilizzazione dei GOP, già in servizio come GOT, per la trattazione di “nuovi” procedimenti civili e penali di competenza del tribunale (art. 30 co.1 lett.b). Si tratta di una previsione significativa, intesa a salvaguardare l’assetto preesistente dei tribunali, perchè praticabile in
Quanto al regime transitorio l’art. 30 D.L.vo 2017 n.116 prevede, oltre alla possibilità di assegnare gli ex GOT all’ Ufficio per il Processo (art. 30, co.1, lett. a) fino alla scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto, l’utilizzazione dei GOP, già in servizio come GOT, per la trattazione di “nuovi” procedimenti civili e penali di competenza del tribunale (art. 30 co.1 lett.b). Si tratta di una previsione significativa, intesa a salvaguardare l’assetto preesistente dei tribunali, perchè praticabile in