I.I. 2 La fine del processo: la solennità dell’evento
II.2. I processi ai criminali di tedeschi in Italia: la lettura della stampa
II.2.4. Il processo a Reder
Nell’ottobre del 1951 si celebrò l'ultimo grande processo contro i criminali tedeschi dei primi anni del dopoguerra, quello svoltosi a Bologna contro il Maggiore delle SS Walter Reder per il massacro di Marzabotto. Come per i processi agli altri criminali di guerra tedeschi, anche in occasione del procedimento contro Reder si formò un unico fronte colpevolista da parte della stampa italiana. Il quotidiano «l’Unità» definì l’imputato una «jena»368 già nel titolo dell’articolo in occasione dell’apertura del processo. Secondo il giornale comunista, dopo la lettura dei capi d’accusa era «chiara la sensazione della tremenda responsabilità che grava[va] sul capo dell’ex comandante»369. Nell’articolo
vengono infatti elencate le stragi di cui Reder è accusato, specificando, oltre al numero elevato di morti, anche il fatto che questi ultimi erano per la maggior parte donne e bambini che «in nessun modo avevano preso parte a operazioni di partigiani»370. A proposito dell’eccezione pregiudiziale sollevata dall’avvocato Magnarini, difensore di Reder, secondo il quale il tribunale militare italiano sarebbe incompetente a giudicare l’imputato, il giornalista ha commentato così: «evidentemente il difensore sa[peva] che l’unica speranza di salvezza per il criminale è[ra] quella di essere giudicato nella Germania di Bonn»371. Su «La nuova Stampa», anche il giornalista Giorgio Vecchietti ha notato come il difensore di Reder abbia provato a sostenere la tesi dell’incompetenza del Tribunale italiano nel giudicare l’imputato, proponendo che quest’ultimo fosse restituito
366Chiesto l’ergastolo per Kappler il maggior responsabile del massacro, «Corriere», 9 luglio 1948. 367 Focardi, “La questione della punizione dei criminali di guerra cit., p. 574.
368La jena Reder ascolta impassibile l’elenco dei suoi nefandi delitti, «l’Unità», 19 settembre 1951. 369Ibidem.
370Ibidem. 371Ibidem.
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alla giustizia tedesca, e come il pubblico ministero abbia subito smontato le argomentazioni avversarie. Il giornalista affermava infatti: «il nostro magistrato militare è preoccupato, dopo le polemiche su Norimberga, di riaffermare una norma giuridica e di togliere al contempo ogni sospetto di arbitrio o di vendetta politica. […] Reder appartiene ahimè, all’Italia e in Italia, in questo giardino devastato da lui e dai suoi, sarà giudicato con uno spirito tuttavia ben diverso da quello delle S.S.»372. È interessante notare che la questione della legittimità della giurisdizione italiana a giudicare criminali tedeschi emerga anche sulla stampa, perché, come vedremo nel prossimo capitolo, era stata un importante tema di discussione al processo.
Su «La nuova Stampa», il giornalista Giorgio Vecchietti non risparmia critiche alle azioni criminose compiute da Reder. Egli paragona la manovra strategica e tattica che fu impiegata dalle truppe tedesche per eliminare i partigiani «a una mano che afferra un mezzo limone e lo stringe così fortemente da farne uscire anche la minima stilla. Il pollice di questa mano teutonica, cioè il dito che preme con più vigore e che in un certo senso dirige il movimento delle altre dita, è il maggiore Walter Reder»373. All’imputato il giornalista attribuisce dunque la maggiore responsabilità dei massacri compiuti contro la popolazione italiana. Egli sottolinea inoltre il cinismo mostrato da Reder:
Fin dalle prime battute dell’interrogatorio dell’imputato, si è visto […] che fra il tedesco e noi italiani il contrasto è ancora profondo quasi come in quei lontani giorni di fuoco e di odio. Reder si preoccupa soprattutto della pialla, del limone da strizzare, ossia dell’azione di guerra, delle missioni da condurre a termine eseguendo con zelo gli ordini ricevuti, anche se brutali e innaturali, mentre noi, i cosiddetti “civili” e con noi i membri del Tribunale che pure indossano una divisa, ci rendiamo conto della pialla e del resto, ma non possiamo tuttavia dimenticare i trucioli, ossia gli inermi e gli innocenti massacrati senza uno scopo.374
È interessante notare come il giornalista abbia distinto la posizione di Reder da quella di «noi italiani» e che abbia utilizzato proprio quest’ultimo termine, includendovi quindi anche la propria persona, per indicare una sorte di sentimento comune di avversità in Italia. Il giornalista suggerisce quindi che mentre Reder tentava di giustificare le azioni che ha compiuto in guerra, sebbene esse fossero delitti brutali, gli italiani non potevano fare a
372Giorgio Vecchietti, “Il processo a Walter Reder truce assassino d’innocenti”, «La nuova Stampa», 19
settembre 1951.
373Giorgio Vecchietti, “Inaudite atrocità tedesche rievocate al processo di Bologna”, «La nuova Stampa», 20
settembre 1951.
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meno di considerare la disumanità di tali atti fatti a danno di civili innocenti. L’articolo si chiude rievocando le gravi atrocità fatte dalle truppe di Reder: a Sant’Anna Stazzema furono trucidate 560 persone, a Bardine di S. Terenzio furono uccisi 53 ostaggi, a Valla altre 107 persone, a Vinca di Fivizzano furono 200 le vittime e a Marzabotto 1830.
Sia «l’Unità» che «La nuova Stampa» hanno dedicato molti articoli allo svolgimento del processo a Reder, ricostruendo così le stragi compiute dall’imputato. Un ruolo di primo piano hanno avuto le testimonianze dei sopravvissuti alle stragi e di coloro che hanno assistito ai massacri. L’opinione pubblica fu colpita dalla testimonianza di Don Vangelisti, all’epoca parroco di Sant’Anna: «man mano che mi avvicinavo sentivo un tanfo di carne bruciata. Una donna […] fuggendo mi gridò: “Don Giuseppe, torni indietro li hanno uccisi e bruciati tutti, non ne è rimasto uno, in piazza non si vedono che gambe e piedi”. Andai a Sant’Anna il giorno dopo e Sulla piazza davanti alla chiesa contai, stesi qua e là, 132 morti, fra cui 32 bambini»375. Nello stesso articolo si riportava anche la deposizione di un
militare tedesco subordinato dell’imputato, il capitano Baalfranck, che comandava all’epoca la zona di Carrara e Sarzana e che al processo non mancò di attribuire la maggiore responsabilità al suo superiore: «Reder preparò la rappresaglia di San Terenzio e alla vigilia della strage di Marzabotto impose di “infrangere la resistenza senza riguardo ai civili”. Gli ordini dell’Armata, e quindi di Reder, erano di catturare tutti gli uomini dai 15 ai 45 anni, di razziare il bestiame, di incendiare le case, di farla finita coi partigiani»376. Una particolare attenzione da parte dell’opinione pubblica fu suscitata dalle testimonianze dei superstiti del massacro di Sant’Anna, «il dolente campionario umano che le SS ebbero la “distrazione” di lasciarsi alle spalle»377. Su «La nuova Stampa» Vecchietti scriveva:
Mario Pieri aveva 12 anni quando i tedeschi lo cacciarono, col fratello e con altri trenta, dentro una stalla. Appiccarono il fuoco alla paglia, freddarono tutti col mitra e serrarono la porta. Mauro, che era stato colpito ad una gamba, si finse morto e poté trascinarsi fuori, sfiorando una vecchia che agonizzava fra le fiamme. […] Ettore Salvatori mostra al presidente la foto di una bimba di otto mesi, una nipotina, massacrata quel giorno insieme con la moglie. Salvatori giaceva a terra ferito, accanto a sua moglie che gemeva, quando i tedeschi ritornarono sui loro passi […] e la finirono con due colpi di pistola. Dei quaranta civili che le SS ficcarono in una stanza a terreno, appena due […]
375Giorgio Vecchietti, Il massacro di S. Anna nel racconto di un sacerdote, «La nuova Stampa», 21 settembre
1951. Cfr. anche 145 fra donne, vecchi e bambini uccisi dai nazisti a S. Anna, «l’Unità»,21 settembre 1951.
376Giorgio Vecchietti, Il massacro di S. Anna nel racconto di un sacerdote, «La nuova Stampa», 21 settembre
1951.
377Giorgio Vecchietti, Emozionanti avventure dell’efferato eccidio di Sant’Anna, «la nuova Stampa», 22
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erano uomini validi: il resto donne, vecchi e bambini. […] Nello Bonussi […] si nascose nel pollaio: “Per tre ore respirai fumo, vidi dal mio buco una vecchia che bruciava ancora viva e udii una bambina che piangeva. Poi dopo una pausa sentii due colpi e la bambina smise di piangere”. Bonucelli (moglie, cognata, nuora, fratello e suocero massacrati) punta il dito contro Reder e lo riconosce.378
Queste notizie colpirono anche «l’Unità», che titolava: Agghiaccianti testimonianze dei
superstiti della strage dei 560 ordinata da Reder379. Sul giornale comunista è stata data notizia di tante altre testimonianze al processo, che hanno offerto un quadro particolarmente crudo e brutale dei massacri. Anche solo leggendo alcuni titoli dei molti articoli dell’«Unità» sul processo, si nota con quanto interesse il procedimento giudiziario sia stato seguito dal giornale comunista e come esso abbia suscitato sentimenti molto risentiti nell’opinione pubblica: Dopo un massacro di innocenti le S.S. di Redercantavano
e suonavano,“Sfuggii alla strage di Marzabotto nascosta sotto mucchi di cadaveri”, Alle donne incinte di Coculla squarciarono il ventre coi pugnali. È interessante leggere anche i
titoli degli articoli pubblicati su «la nuova Stampa», poiché essi sono molto significativi: le atrocità compiute da Reder e dai militari tedeschi sono inaudite per la loro ferocia, l’imputato è un truce assassino d’innocenti, che ordinava massacri con indifferenza mentre mangiava.380 Sia «l’Unità» che «la nuova Stampa» hanno sottolineato come i massacri abbiano ucciso per la maggior parte donne e bambini innocenti. Venne anche riportata la testimonianza di Clara Cecchini, che all’epoca della strage di Valla era una bambina di otto anni: «cominciarono a spararci con le mitragliatrici […]. Io ero vicina alla mamma, al babbo e ai miei due fratelli e caddi con loro, colpita. Ripresi conoscenza proprio mentre un soldato stavano passando fra i caduti per vedere se erano tutti morti, ma io non mi mossi. […] mi sono sdraiata vicino ai miei genitori dove mi hanno trovato la sera quelli che erano venuti a salvarmi»381.
378Giorgio Vecchietti, Emozionanti avventure dell’efferato eccidio di Sant’Anna, «la nuova Stampa», 22
settembre 1951.
379Agghiaccianti testimonianze dei superstiti della strage dei 560 ordinata da Reder, «l’Unità», 22 settembre
1951.
380 Anche su «La nuova Stampa» si seguì con molto interesse il processo a Reder e i titoli degli articoli sono
molto significativi: Il processo a Reder truce assassino d’innocenti (19 settembre 1951), Inaudite atrocità
tedesche rievocate al processo di Bologna (20 settembre 1951), L’inaudita ferocia delle SS tedesche (27
settembre 1951), Donne e bambini bruciati nella scuola di Bergiola (9 ottobre 1951). Il «Corriere» invece pubblicò solamente alcuni articoli sul processo a Reder.
381Parla una bimba che scampò al massacro nascosta accanto ai cadaveri dei genitori, «l’Unità», 5 ottobre
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La stampa non si mostrò completamente soddisfatta per la condanna all’ergastolo di Reder. Tra i quotidiani, «l’Unità» è la più critica verso la sentenza del Tribunale, definita «fin troppo mite». Dando voce alla protesta dell’Anpi, scrive che la condanna all’ergastolo «offende i morti di tante stragi e fa dubitare della serenità della giustizia»382. Il giornale comunista aveva chiesto infatti una «giustizia pronta e assoluta»383 per gli orrendi misfatti dell’imputato e aveva mostrato grande disprezzo per la tesi della difesa esposta dall’avvocato Magnarini:
Restavano pure sempre i massacri di Bardini e di Valla in cui la colpevolezza dell’ufficiale assassino emerge con tale drammatica evidenza da paralizzare ogni possibilità di manovra ai difensori. Contro quel muro massiccio che il P.G. ha alzato pietra su pietra alle spalle di Reder cementando le prove dei testimoni con un rigoroso processo di induzioni e di deduzioni, ogni sottigliezza era destinata a spuntarsi, ogni lenocinio della retorica forense doveva risuonare come una moneta falsa. E quella toga […] deve essergli estremamente greve stasera, quando […] si è appellato alla discrezione e alla benevolenza dei giudici in nome di quell’amore e di quella civiltà che Reder ha calpestato in ogni istante della sua vita. […] E come considerare attenuante – ci chiediamo noi – la volontaria e lunga permanenza nella famigerata milizia nazista? Ciò rivela, piuttosto, la precisa vocazione del criminale, […] di questo delinquente senza scrupoli.384
«La nuova Stampa» si mostra invece meno critica verso la sentenza, rispetto a«l’Unità». Il giornale conservatore mantiene una posizione più equilibrata, mostrando sia la tesi dell’accusa che quella della difesa. Riguardo alla difesa dell’avvocato Magnarini, che su «l’Unità» , come abbiamo visto, era stata completamente screditata, su «La Nuova Stampa» si trovarono parole molto più miti: «Il compito dell’avv. Magnarini non era facile: […] oggi ha saputo difendere il cliente senza offendere i morti»385. Riguardo alla replica
degli avvocati difensori nel giorno della sentenza lo stesso Vecchietti scrive: «Ritornano i nomi dei bruciati vivi, delle borgate distrutte, degli scampati, dei reparti tedeschi e italiani. È tutto il film delle SS in Toscana ed in Emilia che torna a scorrere sul suo schermo insanguinato. Più che alle tesi di diritto questi due appassionati difensori sentono che debbono oramai affidarsi alle semplici parole che toccano il cuore: vita o morte. E lo fanno
382Vibrata protesta dell’ANPI per la sentenza contro Reder, «l’Unità», 2 novembre 1951. 383Guido Nozzoli, La pena di morte chiesta per Reder, «l’Unità», 28 ottobre 1951. 384Guido Nozzoli, Inutili sforzi per salvare Reder, «l’Unità», 30 ottobre 1951.
385Giorgio Vecchietti, Veri autori degli eccidi sarebbero stati Fischer e Loos, «La nuova Stampa», 30 ottobre
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con un’ansia sincera, con libertà ed impegno»386. Il giornalista comunque specifica: «Noi
giudichiamo con sicura coscienza il criminali che la legge ci ha consegnato, e se la pena è grave ciò conferma soltanto che gravissimi furono i suoi crimini»387.