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Le reazioni della stampa di fronte alle richieste jugoslave

I.I. 2 La fine del processo: la solennità dell’evento

III.2. La stampa italiana e i criminali di guerra

III.2.2. Le reazioni della stampa di fronte alle richieste jugoslave

La questione della punizione dei criminali di guerra italiani riemerse nel febbraio 1945, quando numerosi quotidiani pubblicarono una lista di quaranta nomi di militari italiani che il governo jugoslavo aveva richiesto alla United Nations War Crimes Commission. Era la prima volta che un governo estero richiedeva pubblicamente la consegna dei presunti criminali di guerra italiani. Fra gli accusati, nella lista erano presenti i vertici militari delle forze italiane in Jugoslavia, come i generali Mario Roatta, Mario Robotti, predecessore di Roatta al comando della II Armata in Jugoslavia, Taddeo Orlando, già generale di

520Focardi, “L'Italia fascista come potenza occupante cit., p. 161. 521Focardi, I mancati processi ai criminali di guerra italiani cit., p. 187. 522 Ivi, p. 188

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divisione in Jugoslavia e allora comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. La notizia suscitò reazioni diverse sui giornali italiani. La richiesta avanzata dalla Jugoslavia trovò il sostegno dei giornalisti comunisti: l’«Unità» vi dedicò molto spazio e colse l’occasione per riaffermare la necessità di una punizione dei criminali di guerra. Pochi giorni prima, il quotidiano comunista aveva pubblicato un articolo in cui condannava la mancanza da parte italiana di qualsiasi punizione dei responsabili:

Noi dobbiamo ancora individuare, ricercare e punire coloro che hanno insozzato di fronte al mondo il nome d'Italia, gli sgherri del fascismo e i generali di Mussolini, i seviziatori di donne e bambini e i fucilatori dei patrioti jugoslavi. Solo quando i Pirzio Biroli, i Zanusci (sic!) e i loro degni compari saranno stati denunziati (nessun processo di “criminali di guerra” è stato ancora fatto in Italia!) noi potremo separare le nostre responsabilità da quelle del fascismo e guardare a fronte alta il generoso popolo jugoslavo che delle gesta criminali del fascismo porta ancora nelle carni il cruento ricordo.523

La richiesta della Jugoslavia suscitò però la reazione contrariata, o perlomeno risentita, di molti giornali italiani, non solo di orientamento conservatore. Su «Il Tempo» si ricordava la «viva e folgorante» volontà di giustizia,che trovava conferma nel processo in corso a Roma contro Roatta, Suvich e vari funzionari del Ministero degli Esteri, e si rivendicava quindi la competenza italiana a giudicare i criminali di guerra. Se tale competenza fosse stata trasferita ad altri, ciò avrebbe comportato una grave lesione della sovranità nazionale. Ancora su «Il Tempo», Leonida Felletti esprimeva molti dubbi sulla possibilità che le autorità jugoslave fossero in grado di offrire le garanzie per un processo imparziale. Secondo Leonida Felletti, poiché i delitti imputati agli italiani erano maturati in una feroce guerra civile fra jugoslavi, si sarebbe giunti ad una lettura distorta e parziale dei fatti.524 Il diritto dell’Italia a giudicare i propri criminali di guerra era rivendicato anche da «La Voce Repubblicana». Sebbene ammettesse che l’Italia non avesse ancora agito con energia contro i criminali di guerra, riteneva «assurda»525 la richiesta della Jugoslava. Secondo il quotidiano, infatti, il giudizio dei maggiori responsabili di crimini di guerra era competenza di un tribunale interalleato, mentre quello degli imputati minori spettava ai tribunali italiani. Anche l’«Italia Nuova» intervenne contro la richiesta jugoslava, sostenendo la tesi della distinzione fra“criminali” tedeschi e“presunti criminali” italiani:

523Per la nostra amicizia coi popoli della Jugoslavia, «l'Unità», 7 febbraio 1945.

524Leonida Felletti, Criminali di guerra. Un processo impossibile, «Il Tempo», 24 febbraio 1945. 525Il Governo jugoslavo e i criminali di guerra, «La Voce Repubblicana», 13 febbraio 1945.

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Criminali di guerra tipici sono i nazisti. La necessità che i crimini dei nazisti vengano istruiti da una commissione internazionale e giudicati dai paesi dove i crimini sono stati commessi, deriva non tanto dal proposito di esercitare una rappresaglia quanto dalla incapacità del popolo tedesco a giudicare: incapacità che deriva sia dalla sua maggiore responsabilità, che dalla pertinacia con la quale segue la filosofia nazista.526

Il caso italiano era invece «completamente diverso» secondo il quotidiano, sia perché l'Italia si era liberata da sola del fascismo sia perché era retta da un regime «pienamente antifascista» che la rendeva «moralmente e materialmente capace di giudicare cittadini italiani che abbiano commesso reati contro il diritto delle genti». Il mancato riconoscimento di tale competenza all’Italia sarebbe stato «in deciso contrasto» con la cobelligeranza527.

Focardi ha sottolineato che le reazioni della stampa italiana alla richiesta da parte del governo jugoslavo di estradizione dei criminali di guerra furono significative perché «rivelarono il profilarsi di una spaccatura fra il Partito comunista e le altre forze della sinistra sul problema dei criminali di guerra»528. Solamente il partito comunista continuò

ad appoggiare, seppur con minore forza, le richieste di estradizione dei criminali di guerra italiani da parte degli Stati stranieri, in particolare della Jugoslavia. Le altre forze della sinistra (socialisti, azionisti, repubblicani), sebbene sostenessero un’epurazione dei responsabili dei crimini di guerra italiani, rivendicarono il diritto di un giudizio italiano, rifiutando le richieste straniere.

La conseguenza di tutto ciò fu che, dall’aprile 1945 al gennaio 1948, la stampa italiana formò un vasto fronte, che comprendeva tutti gli orientamenti politici ad eccezione di quello comunista, schierato contro le richieste straniere di estradizione,pur con posizioni differenti al suo interno. Mentre le forze di sinistra mantenevano il loro proposito punitivo, quelle conservatrici intendevano assicurare ai criminali di guerra la completa impunità. Tale fronte comune fu determinato da un duplice ordine di motivi. Da un lato,nasceva dalla coscienza maturata dalle forze antifasciste - dopo la lotta di liberazione e la punizione di Mussolini e dei maggiori gerarchi compiuta direttamente dagli italiani - di aver dimostrato lo distanza fra le forze antifasciste e il regime e di aver meritato il diritto di giudicare le colpe del fascismo, tra le quali i delitti commessi nelle terre occupate. Dall’altro, influì la

526Strane richieste, «Italia Nuova», 13 febbraio 1945. 527 Ibidem.

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preoccupazione condivisa in modo unanime per il destino del paese, che era stato sottoposto a resa incondizionata e minacciato dalle richieste straniere. La considerazione dei comuni interessi nazionali finì per unire questo fronte nei confronti del problema dei criminali di guerra. Una vicenda di particolare rilevanza al riguardo fu l’occupazione jugoslava di Trieste e di parte della Venezia Giulia dall’inizio di maggio alla metà di giugno 1945, «il primo momento di forte apprensione per le forze politiche, che reagirono con un istinto di autodifesa nazionale»529. Come ha spiegato Focardi, «i partiti antifascisti, che avevano creduto che l’Italia cobelligerante sarebbe stata riconosciuta come un alleato paritario delle Nazioni Unite, furono bruscamente richiamati alla realtà. A tutti apparve evidente la fragilità della posizione internazionale dell’Italia ed i pericoli che su di essa incombevano. Prioritario divenne così lo sforzo per impedire che il paese fosse duramente punito dai vincitori»530. Per questi motivi, la stampa antifascista - ad eccezione, come

ricordato, di quella comunista - si allineò sulla posizione difensiva del governo italiano elaborata dal ministero degli Esteri e dal ministero della Difesa. Questi ultimi furono «i principali ispiratori di una ricostruzione dell’esperienza bellica, ripresa e alimentata dagli organi di stampa, che addebitarono ogni responsabilità alla Germania e a Mussolini, mentre dipingevano il popolo italiano e i soldati italiani come vittime innocenti»531.