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6. Inazione e linguaggio: il caso di Bérénice di Racine e Oh les beaux jours di Beckett

6.4 Il rapporto con il passato nei récits

Il rapporto con il passato emerge soprattutto attraverso i récits che, mentre nelle precedenti opere raciniane dovevano la loro rilevanza al racconto di morte, in Bérénice rievocano semplicemente accadimenti precedenti, poiché la memoria insieme all’abitudine “sono attributi di quel cancro che è il Tempo”322

.

In Bérénice, non essendoci avvenimenti all’extérieur, l’unica narrazione ad essere esposta è quella di Antiochus che, dichiarando il suo amore a Bérénice (I, 4), fa un resoconto delle circostanze che hanno portato i personaggi alla situazione presente – uniche informazioni che gli spettatori non possono carpire dai dialoghi e che necessitano per comprendere i sentimenti dei protagonisti. Egli narra che nel luogo dove nacque

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S. Beckett, Proust, op. cit., p. 14.

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Bérénice,“reçut le premier trait qui partit de [ses] yeux” e che, il fratello dell’amata, Agrippa, a conoscenza del sentimento dell’amico, acconsentiva ad una loro eventuale unione. Sfortunatamente, però, Titus “vint, [la] vit et [lui] plut” e Antiochus fu costretto a tacere i suoi sentimenti. Egli prosegue confessando a Bérénice che acconsentì a combattere la guerra al fianco di Titus, sperando di perire e “verser [son] sang après [ses] larme”, invece non solo uscì incolume dalla battaglia, ma dovette riconoscere il valore di Titus. Antiochus descrive con i seguenti versi il suo arrivo a Roma – dove si recò qualche tempo dopo la partenza della regina:

Le sort m’y réservait le dernier de ses coups: Titus en m’embrassant m’amena devant vous. Un voile d’amitié vous trompa l’un et l’autre, Et mon amour devint le confident du vôtre.

Da queste parole non emerge solo il sentimento pietoso nei confronti di un uomo che si è distinto per il suo onore, ma anche l’ironia tragica, presente a più riprese nella pièce.

Eppure, continua Antiochus, la speranza che Vespasiano potesse impedire il matrimonio lo rasserenava, ma ora che “Vespasian est mort, et Titus est le maître […] (sa) sort est accompli”.

Antiochus, insomma, narra tutta la sua avventura: dall’arrivo di Titus alla perdita di ogni speranza di coronare il suo amore per Bérénice attraverso un’esposizione perfetta che non solo è totalmente intellegibile, ma permette allo spettatore di riordinare cronologicamente i suoi ricordi. Si veda come Antiochus, ad esempio, controlli perfettamente l’uso dei tempi verbali: egli inizia il suo racconto al passé simple, passando poi all’imperfait quando parla di Vespasiano (“Vespasien traversaient vos soupir”), ed infine giunge all’“oggi” con il présent. Come afferma Jakobson, infatti, “la scelta di una forma grammaticale […] assume carattere vincolante per ogni comunicazione verbale, nell’ambio di una comunità linguistica determinata”323

. Così, quando Titus, cercando di convincerlo a parlare con Bérénice (III, 1) gli ricorda: “Je n’ai pas oublié, Prince, que ma victoire / Devait à vos exploits la moitié de sa gloire”, questo avvenimento trova una precisa collocazione all’interno del racconto di Antiochus e, di conseguenza, nell’ordine cronologico degli avvenimenti.

È importante notare come Racine esponga chiaramente i ricordi all’interno dei récit, in quanto non si può dire lo stesso di Beckett, anzi. La narrazione che fa Antiochus è ordinata e

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coerente in quanto è richiesta e necessaria: serve al personaggio per comunicare quanto lui ha già sofferto per Bérénice, e serve soprattutto al pubblico per comprendere ciò che è successo prima che il sipario si aprisse. In Beckett, invece, come già si era sottolineato per i monologhi di Fin de partie e En attendant Godot, i racconti sono disordinati e non permettono una comprensione immediata. Al contrario delle opere precedenti, dove risultava difficoltoso trovare dei veri racconti da riferirsi al passato dei personaggi (che, infatti, sembravano non avere un trascorso, ma costretti a vivere in un eterno presente), Winnie si rifugia spesso nei suoi ricordi. Le basta un piccolo input come il titolo di giornale letto da Willie:

Willie: (Lisant.) Monseigneur le Révérendissime Père en Dieu Carolus Chassepot mort dans son tub.

Winnie: (Regardant devant elle […], le ton fervente réminiscence.) Charlot Chassepot! (Un temps.) Je ferme les yeux […] et suis de nouveau assise sur ses genoux, dans le clos à Fougax-et-Barrineuf, derrière la maison, sous le robinier […] Oh les beaux jours de bonheur![…] Mon primier bal! (Un temps.) Mon second bal! (Un temps. Elle ferme les

yeux.) Mon premier baiser!

Si può notare sin da queste poche righe quanto le due tipologie di narrazione siano differenti: Winnie ha dei ricordi confusi che rievoca in modo altrettanto caotico, coniugando i verbi – qualora siano utilizzati – al tempo presente e, come nota Benveniste:

Chaque fois qu’un locuteur emploie la forme grammaticale de «présent», il situe l’événement comme contemporain de l’instance du discours qui le mentionne. Il est évident que ce présent en tant qu’il fonctionne du discours ne peut être localisé dans une division particulière du temps chronique, parce qu’il les admet toutes et n’en appelle aucune.324

In questo modo la comprensione viene negata, non è possibile ordinare cronologicamente gli avvenimenti: non è chiaro, ad esempio, se questi ricordi siano da riferirsi a Charlot Chassepot oppure se siano indipendenti gli uni dagli altri. L’evocazione dei diversi episodi che sembrano giungere nella mente della protagonista in modo sparso, mette in discussione anche che questi vengano richiamati seguendo un ordine cronologico: non è certo che il suo “premier baiser” avvenga successivamente al suo “second bal”.

È evidente che in queste narrazioni, Beckett si ispiri ancora una volta allo stream of

consciousness joyciano: tutto ciò che pensa Winnie e tutto ciò che le torna alla mente trova

spazio nei suoi discorsi; d’altra parte “il y a si peu dont on puisse parler. (Un temps.) On parle

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de tout. (Un temps.) De tout ce dont on peut. (Un temps.)”. La parola mantiene la sua funzione riempitiva senza rispettare tutte quelle leggi del discorso di cui parla Kerbrat-Orecchioni; se è possibile accettare che i discorsi di Winnie rispettino la loi d’informativité, in quanto comunicano qualcosa di cui l’interlocutore-pubblico non era a conoscenza, non si può dire che rispettino la loi de pertinence né la loi d’exhaustivité: Winnie non dà informazioni riguardo alla situazione che viene rappresentata, né sul come sia arrivata a vivere sepolta in un cumulo di terra. La protagonista ci comunica solo che esiste un passato in cui lei poteva muoversi liberamente, ma non ciò che è accaduto tra quel passato e il momento presente, pertanto le informazioni che ci vengono date risultano inutili ai fini della comprensione di un eventuale intreccio:

Winnie: […] Je parle de temps tempérés et de temps torrides, ce sont des mots vides, (Un

temps.) Je parle de lorsque je n’étais pas encore prise – de cette façon – et avais mes

jambes, et pouvais me chercher un coin ombragé, comme toi, quand j’étais lasse du soleil, ou un coin ensoleillé quand j’étais lasse de l’ombre, comme toi, et ce sont tous des mots vides.

Winnie non parla chiaramente del suo passato perché, come hanno notato diversi critici, “tout ce qui ne participe plus de son actualité n’a plus raison d’exister et se trouve même assujetti au doute d’avoir jamais existé”325

. La sua realtà è quella immediatamente percettibile, oltre non può andare: tutto ciò che non riguarda quello che non può constatare al momento stesso in cui parla, si annulla. Come risulta evidente da questo passaggio, quando, nel secondo atto, si ritrova sepolta fino al collo:

Winnie: […] Mes bras (Un temps.) Mes seins. (Un temps.) Quels bras? (Un temps.) Quels seins. (Un temps.) Willie (Un temps.) Quel Willie? (Affirmative avec véhémence) Mon Willie!

L’esistenza stessa del suo corpo viene messa in discussione perché non più percepibile, mentre il marito, la cui presenza è prima presupposta dalla protagonista, poi rivelata dallo stesso Willie, resta un’entità che ancora esiste nel suo presente. Insomma, la memoria di Winnie è quella che Proust chiama “memoria involontaria” e che Beckett definisce come “una maga indisciplinata [che] non tollera imposizioni”326, una memoria disordinata che trova il suo spazio in modo casuale all’interno della rappresentazione. Inoltre non consentendo di

325

E. Leblanc, op. cit., p. 42.

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riordinare il passato della protagonista e procedendo in modo analogo al pensiero più che simile ad una narrazione, la narrazione viene spesso percepita come un nonsense in quanto incoerente. Leblanc parla, infatti, di “délire temporel” e afferma che “Beckett prend soin d’effacer tous les repères qui pourraient permettre d’ordonner chronologiquement les événement dont parle Winnie. Ainsi, on ne sait jamais si ‘l’autrefois’ qu’elle évoque constitue, à chaque fois, le même point sur l’axe du temps chronologique”327

.

Come si è evidenziato, però, tra Bérénice e Oh les beaux jours, si notano affinità che non possono essere completamente casuali, in particolare riguardo all’inazione, al rapporto con il passato e più in generale con il tempo. Nella prossima sezione si vedrà come un’altra prerogativa del teatro beckettiano si ritrovi già in Racine: l’incomunicabilità dei personaggi.