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La ratio del principio di tassatività alla luce della riduzione delle cause di nullità: la continuità con

essenziali del tipo sociale L’Autore afferma: “In realtà, l’interpretazione più

2. La Riforma del 2003: un drastico ridimensionamento delle cause di nullità.

2.1. La ratio del principio di tassatività alla luce della riduzione delle cause di nullità: la continuità con

l’impostazione precedente.

L’analisi del principio di tassatività frutto della Novella del 2003 esige un’indagine che tenga conto del nuovo testo dell’articolo 2332 cod. civ. e, in particolare, della drastica riduzione delle ipotesi di nullità, che – al suo interno – è la novità più significativa. Invero, l’articolo 2332, comma 1 cod. civ. contrae la possibilità di pronunciare la nullità della società di capitali ad un albo chiuso, che contempla solo tre delle precedenti otto ipotesi tassative; al contrario, le disposizioni dei commi seguenti subiscono modifiche solo marginali, giacché

66 In questi termini: Palmieri [3], 846. 67 In questo senso: Palmieri [3], 846-847.

convertono le cause di nullità dell’atto costitutivo in altrettante cause di scioglimento della società anche all’interno della nuova formulazione e in accordo con il vecchio testo del 1969.

Ma quali ragioni inducono il legislatore a immaginare una nuova e ulteriore limitazione ai vizi tassativamente elencati della possibilità di pronunciare la nullità-scioglimento della società di capitali? Per dare risposta a questo interrogativo sono state ripresentate 68 le

osservazioni che erano state elaborate sulla ratio del numero chiuso, già in occasione della prima modifica legislativa.

La Novella del 1969 e la più recente riforma dell’articolo 2332 cod. civ. – entrambe volte all’attuazione dell’articolo 11 della Direttiva 9 marzo 1968, n. 151 – si collocano in un quadro di continuità, pur nella considerazione che la contrazione che le ipotesi di nullità subiscono nel 2003 appare più aderente ai dettami comunitari, giacché accentua il processo di armonizzazione.

Che lo scopo della norma sia di assicurare la certezza giuridica nei rapporti tra la società e i terzi, di modo che a essere protetto sarebbe l’interesse del terzo a che non si disgreghi - proprio in ragione di una declaratoria di nullità - la società con cui ha intessuto rapporti e sulla cui sopravvivenza nel tempo ha fatto ragionevolmente affidamento, esige, allora, una precisazione, anche a seguito della Riforma del 2003: il nuovo testo dell’articolo 2332 cod. civ. – come la formulazione del 1969 - non tutela solo i terzi. La tutela dei terzi si rivela, anche qui, solo il “tramite intermedio” 69 di una protezione che guarda

all’interesse della società per azioni (o in accomandita per azioni o a responsabilità limitata) alla conclusione del maggior numero possibile di affari, dacché ancor più un’ulteriore e significativa limitazione delle ipotesi in cui è possibile dichiarare la nullità della società consente di eliminare ogni possibile indugio che possa frenare il terzo e gioca a favore della società, che vede rafforzata la propria stabilità. D’altra

68 In questo senso e recuperando le considerazioni che già Galgano [3], 98-

104, aveva sostenuto: Galgano- Ghedini, 136-139.

parte, la dottrina70 osserva che se l’articolo 2332 cod. civ. proteggesse

– come si suole scrivere – l’interesse dei terzi in quanto tali, non vi sarebbe alcun motivo di proteggerli solo in alcuni casi, cioè solo quando il terzo acquista i propri diritti da una società di capitali nulla e non anche, invece, quando li acquisti in ragione di un qualsiasi altro contratto nullo, quindi quando entri in rapporto con un imprenditore individuale, con una società personale o con una cooperativa. Se il terzo è protetto solo di fronte ad una società di capitali nulla, significa, semmai, che la sua protezione è in funzione dell’interesse di quel tipo societario. In linea di continuità con la precedente impostazione, allora, anche l’esito dell’indagine sulla ratio del principio di tassatività delle cause di nullità della società di capitali, frutto della più recente Riforma, individua nella società – e non nel terzo che, con questa, abbia contrattato – la beneficiaria ultima della disciplina elaborata dalla disposizione in commento. Certamente, quindi, l’articolo 2332 cod. civ. tutela i terzi, mantenendo la disposizione originaria (già prevista dal codice civile del 1942) secondo cui, una volta avvenuta l’iscrizione della società nel registro delle imprese, la dichiarazione di nullità dell’atto costitutivo “non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società” (articolo 2332, comma 2 cod. civ.); mentre, secondo i principi del diritto comune, la dichiarazione di nullità del contratto travolge i diritti acquistati dai terzi, anche se di buona fede. E, d’altra parte, la norma mantiene anche l’originaria previsione secondo cui “i soci non sono liberati dall’obbligo di conferimento fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali” (articolo 2332, comma 3 cod. civ.); laddove, invece, secondo i principi generali, questi sarebbero sciolti da ogni obbligazione derivante dal contratto e, anzi, avrebbero diritto di ripetere i conferimenti già eseguiti (articolo 2033 cod. civ.). Perciò l’articolo 2332 cod. civ. offre, sì, ai terzi che entrano in rapporto con la società la garanzia di poter, comunque, contare sulla responsabilità patrimoniale della società - benché nulla -, eliminando, così, la forte remora alla conclusione degli

affari e, al contempo, prevede un sacrificio dell’interesse dei soci, che restano vincolati ad un obbligazione di conferimento, data la nullità della società; ma, v’è, tuttavia, da precisare che, “a fronte di questo sacrificio imposto ai soci di società di capitali nulle, [emerge, a livello, per così dire, macroeconomico] il più generale vantaggio offerto ad ogni società di capitali di vedere eliminata nei terzi una possibile remora alla conclusione degli affari”71. Ed è in questa stessa direttrice

che si pone la riformata tassatività delle cause di nullità, di cui al comma primo: anche la limitazione della nullità a sole tre fattispecie tassative si spiega con la volontà legislativa di veder eliminata nei terzi la remora alla conclusione degli affari, data dal timore di vedersi opporre la nullità del contratto di società. Tuttavia, circoscrivere le ipotesi di nullità, ispirando la fiducia dei terzi alla conclusione dell’affare, gioca, soprattutto, a favore della società che, rafforzando la propria stabilità, finisce per moltiplicare considerevolmente la possibilità di concludere i propri affari e di valorizzare il proprio capitale. La beneficiaria ultima anche della circoscritta possibilità di pronunciare la nullità a un albo chiuso d’ipotesi è, dunque, la società di capitali, giacché la tutela dell’interesse dei terzi, che l’individuazione di tali ipotesi contribuisce a completare, si rivela un tramite per la più ampia protezione degli interessi della società.

Un meccanismo simile, peraltro, è adottato in materia di limiti statutari ai poteri di rappresentanza degli amministratori, che – come l’articolo 2332 cod. civ. – hanno subito modifiche, prima con la Novella del 1969, in attuazione della Direttiva comunitaria 9 marzo 1968, n. 151, e successivamente con la Riforma del 2003. L’articolo 2384, comma 2 cod. civ. stabilisce che – salva la possibilità di opporre l’exceptio doli al terzo contraente che abbia concordato con l’amministratore un inganno a danno della società – la regola, oggi, applicabile anche al caso di estraneità dell’atto all’oggetto sociale, è che i limiti statutari ai poteri di rappresentanza degli amministratori non sono opponibili ai terzi. L’eventuale violazione di tali limiti da

parte degli amministratori non incide, cioè, sulla validità degli atti compiuti, pregiudicandola, semmai rende solo gli amministratori responsabili verso la società per il risarcimento del danno. Anche in questo caso, allora, si assiste, sì, alla tutela dei terzi e a un sacrificio delle singole società che si trovano “irrimediabilmente esposte alla eventuale spregiudicatezza dei loro amministratori”72. Ma, “a fronte di

questo sacrificio, [si realizza, in realtà,] un interesse che è comune a tutte le società: l’interesse di ognuna a veder eliminata, nei terzi che entrano in rapporto con gli amministratori, una possibile remora alla conclusione degli affari”73. Eliminando tali indugi, la società moltiplica

i suoi affari e va nella direzione di una più intensa valorizzazione possibile del proprio capitale.

A ciò si aggiunga – per tornare alla nullità della società e riprendendosi un’osservazione che aveva investito la ratio della tassatività anche all’indomani della Novella del 1969 – che, già all’interno della Direttiva, la restrizione delle cause di nullità tassative e la loro conversione in mere cause di scioglimento sono gli strumenti con cui la tutela dell’interesse della società alla stabilità e alla sicurezza degli affari trova realizzazione. La tutela dell’interesse dei terzi e l’obiettivo della certezza del diritto - che pure sono affermazioni programmatiche in sede comunitaria - si rivelano solo il riflesso di una protezione che investe l’interesse della grande impresa74. In effetti, la Direttiva non distingue secondo lo status

soggettivo del terzo, quindi tra terzo di buona e di mala fede, e assicura “tout court «la validità degli obblighi» contratti dalla società anche nei confronti dei secondi”75; ma ciò - osserva la dottrina76 -

dimostra, in realtà, che l’accento della tutela non cade tanto sul principio dell’affidamento del terzo, quanto, piuttosto, sulla sicurezza giuridica degli affari della società. C’è, quindi, una sfasatura che dimostra l’intenzione della Direttiva di tutelare l’interesse della

72 Galgano [4], 415. 73 Galgano [4], 415. 74 In questo senso: Bocchini [2], 68. 75 Bocchini [2], 71. 76 Bocchini [2], 71.

grande impresa. D’altra parte, è proprio nella visuale del mercato comune che emerge l’interesse della società alla stabilizzazione delle sue attività, anche tramite la restrizione delle cause di nullità che la colpiscono. Questo perché la stabilizzazione della società di capitali, con la riduzione delle sue cause di nullità, è perfettamente conforme alla prospettiva comunitaria di potenziamento della libertà di stabilimento, che determina un’esigenza di coordinamento delle legislazioni nazionali. Si tratta di un’esigenza prevista dall’articolo 54, par. 3, lett. g del Trattato di Roma e finalizzata, appunto, a realizzare e potenziare la libertà di stabilimento delle società e, in particolare, delle società di capitali, che – secondo quanto si legge nel primo considerando della Direttiva - occupano il posto più importante nell’attività economica poiché la loro attività “spesso supera i confini del territorio nazionale”. Potenziare la libertà di stabilimento delle imprese presuppone, quindi, “l’eliminazione dell’alea connessa a troppo frequenti invalidazioni delle società per la diversità delle legislazioni nazionali”77 e alla sterilizzazione di un tale pericolo

intende, appunto, rispondere la restrizione delle cause di nullità per opera della Direttiva.

In quest’ottica, allora, l’ulteriore riduzione delle cause di nullità in sede nazionale a seguito della Riforma del 2003, che accentua l’armonizzazione comunitaria, potrebbe trovare spiegazione anche nella prospettiva della concorrenza tra i vari ordinamenti europei e nella necessità di favorire la libertà di stabilimento delle società sul territorio nazionale e, con essa, il conseguente afflusso di capitali esteri.

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