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La Supersolidarietà tributaria.

ASPETTI SOSTANZIALI, PROCEDURALI E PROCESSUALI DELLA SOLIDARIETA’ TRIBUTARIA.

3.3 La Supersolidarietà tributaria.

Prima di affrontare l’analisi degli aspetti processuali che caratterizzano le due tipologie

di solidarietà illustrate fin ora con riguardo agli aspetti sostanziali, è opportuno occuparsi dell’aspetto relativo all’applicazione dell’imposta nei confronti dei

coobbligati solidali; un profilo che, in passato ha portato alla coniazione del termine

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“solidarietà formale” o, più precisamente, “supersolidarietà” indicando un istituto

proprio del diritto tributario, indice del relativo particolarismo.

Per molto tempo, la supersolidarietà ha rappresentato un particolare modo di

atteggiarsi del vincolo solidale operante in ambito tributario finalizzato a migliorare la

realizzazione degli interessi del Fisco soddisfacendo esigenze di rafforzamento e

semplificazione della posizione dello stesso ente impositore; finalità che il legislatore

tributario aveva già cercato di raggiungere attraverso la determinazione del novero dei

soggetti passivi del tributo.

Relativamente alle tipologie di solidarietà analizzate, è importante precisare che l’istituto della supersolidarietà ha riguardato prevalentemente le ipotesi di solidarietà

paritetica rispetto alle ipotesi di solidarietà dipendente.

Alla base della supersolidarietà tributaria sono individuati gli schemi civilistici propri

delle obbligazioni solidali considerate, appunto, fascio di obbligazioni distinte tra loro,

unitamente al principio costituzionale di capacità contributiva individuato come criterio di riferimento per l’adempimento dell’obbligazione tributaria.

Su queste basi, il risultato raggiunto consiste nell’affermare che gli atti che il Fisco

pone in essere nei confronti di un coobbligato producano effetti nei confronti di tutti

gli altri.

E’ importante sottolineare l’orientamento della giurisprudenza anteriore al 1968

secondo la quale le norme proprie della solidarietà civilistica, ai sensi delle quali l’atto

compiuto da uno dei condebitori o contro uno di essi produce effetti nei confronti

degli altri coobbligati solo nei casi in cui esso comporti un giovamento per gli stessi,127

non sono da ritenersi applicabili alla solidarietà tributaria la quale era, invece, retta da

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principi propri riassumibili proprio nella mutua rappresentanza tra tutti i coobbligati

passivi del tributo.

La supersolidarietà, dunque, prevedeva l’unitaria applicazione del tributo nei confronti

di tutti i coobbligati escludendo, di conseguenza, accertamenti e giudicati contrastanti ma, allo stesso tempo, limitava il diritto dei soggetti non notificati dall’atto in

questione a far valere le proprie ragioni in giudizio.

Dunque, una circostanza frequente era rappresentata dalla notifica, ad uno solo dei

coobbligati, di un atto, in particolare l’atto di accertamento, il quale diveniva definitivo

per tutti gli altri coobbligati consentendo, in primo luogo, la riscossione nei confronti

dei coobbligati maggiormente coinvolti nei rapporti interni rispetto a colui al quale era stato notificato l’atto.

Alla luce della circostanza che veniva a delinearsi, importante è stato l’intervento della

Corte Costituzionale la quale ha individuato un’illegittima interpretazione delle norme

di legge sulle quali si fondava la supersolidarietà tributaria dichiarando la violazione

degli artt. 24 e 113 Cost.128

L’illegittimità individuata dalla Corte riguarda, in entrambi i casi oggetto di pronuncia,

i termini per l’impugnazione giurisprudenziale di un atto, notificato ad uno solo dei

coobbligati, i quali decorrono indistintamente per tutti i coobbligati.

È proprio questo l’elemento indice di violazione dei principi costituzionali relativi alla

tutela giurisdizionale e diritto di difesa di ogni singolo contribuente.

Infatti, alla luce delle norme in seguito dichiarate incostituzionali dalla Corte, ogni

coobbligato subiva gli effetti derivanti dalla mancata impugnazione giurisdizionale di

128 Si vedano le sentenze n. 48/1968 in CED Cassazione, 1968 e n. 139/1968 in CED Cassazione, 1968,

la prima delle quali è stata precedentemente citata con riguardo all’applicazione delle regole civilistiche in ambito tributario.

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un atto ossia la decorrenza del relativo termine ancorché non avesse ricevuto la notifica dell’atto in questione, dunque, non avesse avuto occasione di avvalersi dello strumento

della stessa impugnazione.

Tuttavia, è stato possibile notare come la stessa Corte, in un momento successivo alle

pronunce evidenziate, abbia assunto un atteggiamento completamente diverso e

opposto rispetto al precedente riconoscendo la possibilità di applicare alle obbligazioni solidali tributarie una tipica norma civilistica, l’art. 1310 c.c., ai sensi della quale si

riconosce che la produzione degli effetti di un atto con cui il creditore interrompe la

prescrizione nei confronti di uno dei condebitori sia indistintamente rivolta anche agli

altri debitori.

Inoltre, la Corte non ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della regola secondo

cui l’Amministrazione Finanziaria, attraverso la notifica di un atto di accertamento ad

uno dei coobbligati, interrompe la decadenza nei confronti di tutti gli altri.129

Dunque, alla luce del mutato atteggiamento della Corte, è possibile evidenziare la

situazione per cui tutti i coobbligati subiscano gli effetti derivanti da un atto notificato,

invece, ad uno solo di essi.

Un particolare aspetto negativo evidenziato è rappresentato dalla confusione prodotta tra l’istituto della decadenza e l’istituto della prescrizione poiché, alla luce delle

pronunce evidenziate, la Corte ha determinato l’applicazione al primo istituto di una

norma relativa ai termini propri del secondo istituto.

Inoltre, da successive sentenze della stessa Corte, è stato possibile notare il riconoscimento, ad esempio per l’imposta di registro, della solidarietà del coobbligato

129 In particolare le sentenze n.118/1969 in CED Cassazione 1969; n. 8/1975 in CED Cassazione 1975 e

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al pagamento della relativa imposta in caso di decadenza dell’altro coobbligato130; così

come per l’imposta di successione è stata ritenuta costituzionalmente legittima la

solidarietà degli eredi.131

Dunque, è possibile notare una palese contraddizione la quale caratterizza l’atteggiamento della Corte Costituzionale con riguardo al tema della solidarietà.

Tuttavia, la ragione del mutato atteggiamento in questione è rappresentata dal fatto che

la stessa Corte, dopo aver riconosciuto, nel 1968, l’illegittimità della supersolidarietà

tributaria, non ha potuto, in seguito, ignorare gli eventuali incovenienti derivanti dall’adozione dei principi civilistici.

In altri termini, è possibile notare come le due sentenze oggetto di indagine, in realtà,

non abbiano completamente risolto il problema della solidarietà tributaria poiché, nel momento in cui hanno determinato l’eliminazione della supersolidarietà

dall’ordinamento, hanno posto un importante problema scaturito proprio nelle ipotesi

caratterizzate dalla partecipazione di una pluralità di soggetti ad un fatto unitario.

In particolar modo, è sorto il problema di stabilire la prevalenza o meno della tutela

del diritto di difesa di ogni singolo compartecipe, negando, in questo caso, l’estensività degli effetti dell’atto, rispetto alla previsione di una partecipazione di tutti i soggetti

alle varie fasi di attuazione della pretesa impositiva seguendo, in questo caso, la logica

secondo la quale gli effetti degli atti che danno attuazione alle varie fasi producono

effetti nei confronti di tutti oppure nei confronti di nessuno.

Di conseguenza, la Corte ha operato un contemperamento tra il principio affermato nel 1968 con l’innegabile esigenza di estendere gli effetti del presupposto d’imposta a tutti

130 Cfr. Sent. n. 118/1969 in CED Cassazione, 1969; n. 214/1974 in CED Cassazione, 1964; n. 8/1975 in

CED Cassazione, 1975; n. 201/1976 in CED Cassazione, 1976 226/1984 in CED Cassazione, 1984.

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i coobbligati solidali, soprattutto in particolari vicende come, ad esempio l’imposta di

registro e l’obbligazione tributaria del de cuius.

Un effetto senza dubbio prodotto è il sacrificio dei diritti del contribuente a favore del

Fisco, con l’esclusione di quelli relativi all’azionabilità della propria pretesa nei

confronti degli stessi contribuenti. 132

Proseguendo l’indagine relativa alle obbligazioni solidali, è opportuno riportare una

pronuncia delle Sezioni Unite, la n.7053 del 22 giugno 1991, con la quale viene definitivamente sancita l’applicabilità alle obbligazioni tributarie della disciplina

propria delle obbligazioni solidali di diritto civile.

In particolare, con tale pronuncia, la Cassazione ha riconosciuto la possibilità, per il coobbligato che non abbia impugnato l’atto di accertamento, di avvalersi del giudicato

favorevole formatosi fra altro condebitore e l’Amministrazione Finanziaria, in

opposizione alla pretesa di pagamento del maggior tributo ma non anche in ripetizione

di quanto già pagato salvo che la pretesa sia fondata su ragioni personali del

condebitore.

La sentenza richiama, in particolar modo, quanto previsto dall’art. 1306, 2° comma

c.c., relativamente alle obbligazioni solidali civili e sancisce che la definitività dell’atto

di accertamento per mancata impugnazione non preclude la possibilità, per i

condebitori, di utilizzare il giudicato inter alios individuando, nel caso di specie, una

vicenda che pur essendo relativa alla posizione sostanziale del condebitore ha una

natura extra o preprocessuale.133

132 A. FANTOZZI, La solidarietà tributaria in Trattato di Diritto Tributario a cura di A. AMATUCCI, Padova,

1994, vol. II, p. 471 ss; Cfr. A. FANTOZZI, Diritto Tributario, Torino, 2012, p.452 ss; G. FALSITTA, Giustizia tributaria e tirannia fiscale, Milano, 2008, p.138 ss.

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Una critica alla tesi della Cassazione è stata rivolta da quella parte della dottrina la

quale ha ritenuto che un effetto prodotto da una simile soluzione è rappresentato dalla

possibilità che i rapporti tributari facenti capo a più condebitori siano diversamente

definiti in base alle diverse vicende procedimentali e processuali perdendo di vista, de residuo, una coerenza di tale impostazione con quanto previsto dall’art. 53 Cost.

In altri termini, la perplessità della dottrina è determinata dalla previsione secondo cui il condebitore solidale, laddove accettasse il pagamento dell’imposta, non potrebbe in

seguito agire in regresso nei confronti degli altri condebitori solidali non notificati o

destinatari di giudicati favorevoli generando, dunque, una palese violazione del

principio costituzionale di capacità contributiva.

Tale perplessità ha comportato un suggerimento da parte della stessa dottrina proprio

in relazione a simili circostanze ossia ipotesi di obbligazioni solidali paritetiche in relazione alle quali matura l’esigenza di prevedere uno svolgimento e un esito unitario,

dunque la celebrazione di un processo litisconsortile preceduto da un obbligo di

notificazione degli atti a tutti i coobbligati, pena la loro invalidità.134

Una risposta a tale esigenza è stata fornita dalla stessa Corte di Cassazione attraverso

una celebre pronuncia a Sezioni Unite, la sentenza n. 1052 del 2007135, con la quale il

giudice di legittimità ha riconosciuto il ricorso ad un processo in forma litisconsortile

con la partecipazione, dunque, di tutti i soggetti coinvolti, pena la nullità del giudizio

e della relativa sentenza nelle ipotesi caratterizzate da un atto impositivo, il quale

coinvolge la pluralità di soggetti in questione, e da un oggetto della relativa

impugnazione rappresentato da una posizione comune e unitaria per gli stessi soggetti.

134 Si veda A. FANTOZZI, op. cit. p. 457.

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La ragione di tale previsione è da individuare nell’esigenza alla giusta imposizione,

caratterizzante la materia tributaria, la quale incide necessariamente sulla disciplina

del processo. Dunque, la peculiarità delle obbligazioni solidali ossia obbligazioni che,

pur nascendo da un unico presupposto, sono considerate distinte tra loro, non può

comportare, a differenza del processo civile, la conseguenza di un processo

litisconsortile di carattere facoltativo piuttosto che necessario.136

Dunque, è di facile deduzione che la Corte abbia stabilito, relativamente alle ipotesi

riportate, caratterizzanti le obbligazioni solidali tributarie, un processo litisconsortile

esclusivamente necessario.

A tal proposito, è interessante notare come, relativamente a tale pronuncia, sia

individuata, da parte della dottrina, una scomparsa della solidarietà tributaria proprio

a causa della previsione del litisconsorzio necessario il quale ha un carattere antitetico

rispetto alla solidarietà, sul piano funzionale, strutturale ma anche dal punto di vista

disciplinare, sostanziale e processuale.

Allo stesso tempo, sorge spontanea la perplessità circa la compatibilità della disciplina

procedimentale e processuale tipica della solidarietà con la tipica funzione di riparto dell’imposta nonché con il rispetto del principio costituzionale di uguaglianza tutelato

dallo stesso riparto nelle ipotesi caratterizzate da un presupposto riferibile ad una

pluralità di soggetti in forma paritaria.

L’aspetto che viene evidenziato è rappresentato dalla circostanza che si verifica

qualora l’ente impositore, in caso di un atto stipulato tra più soggetti, non provveda a

notificare l’accertamento a tutti i coobbligati entro il termine decadenziale previsto. In

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questo caso, non può pretendere l’imposta da nessuno dei condebitori e l’attività di

accertamento può definirsi vanificata.

Dunque sarebbero questi gli effetti negativi derivanti da un’omessa notificazione a tutti

i coobbligati.

Tuttavia, effetti altrettanto catastrofici vengono individuati, relativamente alla

medesima circostanza, qualora si procedesse con una pluralità di accertamenti

difformi, sia da un punto di vista della giustizia sia della perequazione.

E’ importante tener conto del fatto che il pagamento di un’imposta da parte di uno solo

dei coobbligati non implica la qualificazione di contribuente esclusivamente riferita a

colui che paga poiché tutti i coobbligati sono individuati come tali con la differenza

che, mentre nei confronti del primo soggetto coinvolto si istaura un rapporto diretto tra lo stesso coobbligato e il Fisco, nei confronti degli altri viene a verificarsi un’azione

interna di regresso da parte dello stesso coobbligato che ha pagato l’imposta verso gli

altri coobbligati in seguito ad un’azione diretta del Fisco.

Sono proprio queste le vicende che coinvolgono la responsabilità e la sostituzione d’imposta.

Dunque, non è opportuno ricondurre alla solidarietà la causa di un’alterazione del

sistema di riparto interno bensì una funzione di garanzia delle stesse regole poiché essa è in grado di soddisfare l’interesse del Fisco ad una sicura e rapida riscossione delle

imposte.

Interesse ancora più importante è rappresentato proprio dalla tutela dell’uguaglianza nel riparto e, a tal proposito, qualora si volesse sostenere la tesi dell’automatica

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riscontrare un’alterazione delle regole di corretta distribuzione del carico economico

dovuta proprio a tale trasposizione.

In altri termini, presupponendo che ogni imposta colpisca la capacità contributiva di

ogni soggetto, nelle ipotesi che coinvolgono una pluralità di soggetti ai quali è

imputato unitariamente un presupposto indice di capacità contributiva, la ripartizione

dello stesso onere economico deve avvenire in ragione della capacità contributiva

ascrivibile ad ogni singolo coobbligato.

Di conseguenza, qualora uno solo di essi provvedesse al pagamento dell’imposta a favore dell’erario, la rivalsa spettante nei confronti degli altri coobbligati dovrebbe

essere operata in ragione della capacità contributiva riferibile ad ognuno di loro i quali

sono rimasti esterni al prelievo diretto ma non anche alla contribuzione effettuata, appunto, tramite rivalsa da parte del coobbligato che ha pagato l’imposta.

Ne deriva che l’attuazione di un prelievo potrà qualificarsi in termini di corretta

imposizione qualora fosse caratterizzato da una corretta applicazione dei rapporti

interni ed esterni tra i soggetti coinvolti.

Da ciò è possibile dedurre come la solidarietà civilistica comporterebbe una palese violazione, non solo dell’art. 3 Cost, ma anche dell’art. 53 Cost, qualora fosse

automaticamente trasposta in ambito tributario senza alcun tipo di conformazione ai

principi costituzionali suddetti.

Con particolare riferimento all’art. 3 Cost, si afferma che è proprio il rispetto del

principio di uguaglianza a conferire inderogabilità all’osservanza della disciplina

relativa ai rapporti interni nella solidarietà paritaria.

Agire in ossequio ai principi costituzionali citati, dunque, significa riconoscere, nell’attuazione del tributo, la capacità contributiva di ogni soggetto coinvolto e

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consentire il suo concorso alle spese pubbliche proprio in ragione di quella capacità

contributiva ad egli riferibile.

Allo stesso tempo, è innegabile l’effetto prodotto dal ricorso al litisconsorzio

necessario il quale è ritenuto indispensabile ai fini di una conciliazione del

rafforzamento della garanzia a favore del creditore, caratteristica tipica della

solidarietà, con la formazione di un titolo di credito opponibile a tutti i soggetti ai quali è riferito il presupposto d’imposta il quale è utile, invece, ai fin di un’azione di

regresso.

Alla luce delle riflessioni riportate, è inevitabile negare una diretta derivazione delle

obbligazioni fiscali dalla disciplina propria del diritto civile, dunque si nega la natura speciale dell’obbligazione tributaria rispetto a quella civile la quale, di conseguenza,

non può essere considerata un genus della prima.

Tale disconoscimento è dovuto in ragione della logica propria delle imposte ossia l’equo riparto il quale qualifica le stesse obbligazioni fiscali come fornite di una

funzione diversa da quella propria delle obbligazioni civili; diversità che impedisce,

appunto, una diretta applicabilità della disciplina civilistica senza alcun tipo di adattamento all’ambito tributario.

È importante notare come tale aspetto sia stato riconosciuto anche dalla Corte

Costituzionale in occasione della celebre pronuncia del 1948 attraverso la quale, da un lato, ha riconosciuto l’interesse del Fisco a rafforzare la propria posizione creditoria

attraverso il vincolo solidale del debitori ma, dall’altro lato, ha negato che tale risultato

potesse essere raggiunto attraverso un sacrificio della parità di trattamento degli stessi

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Dunque, anche se in senso molto lato e attraverso un’attenta analisi della pronuncia in

questione, è possibile riscontrare anche nell’orientamento della Corte Costituzionale

un atteggiamento favorevole al processo litisconsortile poiché considerato strumento idoneo ai fini di una garanzia della parità di trattamento dei coobbligati nell’attuazione

del tributo ad essi unitariamente riferito.

Dunque, è apprezzabile un orientamento coerente con quello della Cassazione nella

sentenza in questione attraverso la quale essa afferma che il presupposto unitario riferito a più soggetti comporta, in caso di pagamento dell’imposta da parte di uno solo

di essi, che il ricorso da egli proposto abbia ad oggetto la “posizione inscindibilmente

comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione nell’atto autoritativo impugnato”

piuttosto che la singola posizione debitoria.

Inoltre, è vero che il ricorso al litisconsorzio ostacola la scomposizione delle

controversie tributarie ma è anche vero che la relativa assenza comporta una pluralità di “giudicati tra loro contrastanti in separati giudizi” sacrificando una giusta

ripartizione dell’imposta.

Ragione per cui la Cassazione individua nel litisconsorzio, dunque nella norma di riferimento del contenzioso tributario, l’art. 14 del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n.546,

uno “strumento sapiente” idoneo a risolvere il problema dell’equo riparto, tipico

dell’obbligazione solidale tributaria, dovuto all’unitarietà del presupposto

plurisoggettivo.137

137 Per maggiori informazioni a riguardo si veda G. FALSITTA, Giustizia tributaria e tirannia fiscale,

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