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2.4 Symbola e semeia tra natura e cultura

2.4.1 I symbola chimici

L’interpretazione della dinamica di trasmutazione dei quattro elementi è cruciale per la lettura naturalistica dei symbola linguistici sostenuta da Lo Piparo: egli, infatti, sostiene che tali symbola sono symbola nello stesso senso in cui lo sono quelli chimici. I passi di De gen. et corr. II.4 che illustrano la trasmutazione elementare hanno ricevuto molti commenti. Prendendo le mosse dalle più recenti, si ripercorreranno le varie interpretazioni in modo da valutare la plausibilità di quella avanzata da Lo Piparo 2003 rispetto a esse101.

Di fatto, i più recenti commentari in lingua italiana offrono una ricostruzione differente da quella di Lo Piparo (2003: 62), che prevede la circolarità della trasmutazione in entrambe le direzioni. Il meccanismo di trasmutazione in De gen. et cor. II.4 viene così interpretato da Giardina (2008: 207): “Da un punto di vista ontologico […], mi sembra che l’unico vero modo di concepire generazione e corruzione degli elementi sia solo […] quello […] dei corpi semplici consecutivi che hanno fra loro una proprietà identica e una contraria, come Aristotele sottolinea […] alla fine di II 4”. La consecutività dei corpi semplici va così intesa come un ordine fisso e comporta l’unicità di direzione rappresentata nel seguente schema, tracciato da Migliori (2013b: 332):

La lettura di Maurizio Migliori e quella di Giovanna Giardina, che condividono questo schema, prevedono che la trasformazione avvenga esclusivamente nel senso indicato dalle frecce: questo comporta che il passaggio tra elementi contigui in senso orario sia quello più rapido e facile. In nessun caso si dà trasformazione reciproca, ecco perché non ci sono frecce a due punte nello schema – a

101 In un certo senso si porta avanti lo scambio dialettico instauratosi tra lo studioso italiano e Coseriu, scambio che è all’origine del libro stesso di Lo Piparo (cf. Lo Piparo: VII). L’opposizione era proprio quella tra lettura convenzionalista e lettura naturalista dei symbola linguistici.

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differenza che in Lo Piparo 2003: 62. Tuttavia, sarebbe possibile – contrariamente al parere di Giardina – che due elementi alterandosi contemporaneamente ne diano un terzo, come nel seguente schema tratto da Migliori (2013b: 333)102:

Il disaccordo tra i due studiosi riguarda quelle che entrambi (cf. Migliori 2013b: 334 e Giardina 2008: 206) chiamano la seconda (più lenta e difficile della prima perché prevede due passaggi e si conclude in un elemento non contiguo nel concatenamento raffigurato nel primo schema) e la terza trasformazione (riportata nel secondo schema – secondo il quale vi sono trasformazioni non riducibili a quelle semplici del primo schema), ma quanto alla seconda trasformazione il disaccordo è meramente verbale: infatti, la seconda trasformazione è riducibile a due trasformazioni del primo tipo103. L’argomento avanzato da Giardina a favore della propria lettura pare, però, decisivo: si dà

reciprocità nella trasformazione, ma non nel senso che la freccia va in entrambe le direzioni, bensì in quanto si tratta di azione e passione. Ecco il ragionamento della studiosa: “agire e patire reciprocamente è caratteristica dei contrari, che saranno dello stesso genere e differenti per specie: fra contrari e intermedi c’è generazione e corruzione. L’azione dell’agente è un’assimilazione” (Id.: 202-203). La reciprocità sta nell’assimilare e nell’essere assimilato e, dato che sono solo i principi attivi a poter assimilare, la direzione del mutamento è unica in ogni caso possibile: “In questo modo l’umido è la proprietà attiva che trasforma il fuoco in aria, il freddo è la proprietà attiva che trasforma l’aria in acqua, il secco è la proprietà attiva che trasforma l’acqua in terra e il caldo è la proprietà attiva che trasforma la terra in fuoco” (Id.: 202). Si arriva, dunque, alle righe 331b 35-36, cui faceva riferimento Giardina parlando della fine di De gen. et corr. II.4:

102 In Williams (1982: 163) si trova la stessa ricostruzione ma senza schema; uno schema analogo è incluso in Buchheim 2010: 484, preceduto da un rinvio a Rashed (2005: XCV).

103 Una tale riduzione è affine allo spirito delle riflessioni aristoteliche sulla continuità del mutamento per come ricostruite da Rini (2015: 35-67). L’individuazione di tre trasformazioni è, invece, presente anche in Tricot (1951: 109-111).

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Così, è anche chiaro che la trasformazione di un elemento in un altro comporta la distruzione di una sola affezione, mentre la trasformazione di due elementi in uno implica la distruzione di più affezioni (Ὥσθ’ ἅμα δῆλον ὅτι τὰ μὲν ἐξ ἑνὸς εἰς ἓν μεταβαίνοντα ἑνὸς φθαρέντος γίνεται, τὰ δ’ ἐκ δυοῖν εἰς ἓν πλειόνων, trad. Migliori).

La trasformazione da due elementi in un terzo comporta una corruzione plurima, ma allora – prendendo l’esempio “Infatti, la fiamma è veramente fuoco ed essa è fumo che brucia: ora il fumo è fatto di aria e di terra” (Μάλιστα μὲν γὰρ πῦρ ἡ φλόξ, αὕτη δ’ ἐστὶ καπνὸς καιόμενος, ὁ δὲ καπνὸς ἐξ ἀέρος καὶ γῆς, De gen. et corr. II.4, 331b 25-26, trad. Migliori) – il fenomeno si riduce alle seguenti trasformazioni semplici contemporanee104: terra→fuoco e fuoco→aria (quindi, non ha senso dire che

il fuoco viene dalla terra e dall’aria – come vorrebbe il secondo schema di Migliori). Ecco perché il

fumo è fatto di terra e aria. Infatti, il fumo brucia perché la terra in esso diviene fuoco ed è fatto d’aria perché contemporaneamente il fuoco diviene aria. Una volta esaurita la combustione della terra, il fenomeno viene meno e rimane solo aria sporca o inquinata che non brucia più (la terra è rimasta, ma è venuta meno la condizione che la riscalda tramutandola in fuoco – ad es., si è alzato il vento e il fumo si è allontanato dal fuoco non dando più luogo alle fiamme105). Questa osservazione è svolta

proprio sull’esempio del fumo, citato da Migliori (2013b: 334) per contrastare la lettura di Giardina: ciò dimostra che anche la ricostruzione di Giardina è in grado di rendere conto dell’esempio in questione. Pare, insomma, che tutto sia riducibile alla prima trasformazione, quella tra symbola (più rapida e più semplice): il secondo tipo è riconducibile a una trasformazione in due passaggi (ecco perché più lenta e difficile), il terzo alla contemporaneità di due trasformazioni semplici. I contrari si trasformano in entrambe le direzioni all’interno dello stesso genere (dal bianco al nero e viceversa nel caso del colore), ma questo si applica alle qualità degli elementi e non agli elementi stessi. Infatti, nel ciclo elementare per passare da aria ad acqua il caldo diviene freddo, mentre per passare da terra a fuoco il freddo diviene caldo (lo stesso dicasi per secco e umido nei passaggi fuoco→aria e acqua→terra).

Allargando lo sguardo sugli altri commentari disponibili, è possibile notare che Buchheim (2010: 483) – come già Lo Piparo (2003: 62) – si oppone allo schema condiviso da Migliori e Giardina assumendo che, oltre all’ordine di trasmutazione “Feuer – Luft – Wasser – Erde”, si dia anche l’ordine “Feuer – Erde – Wasser – Luft”. Inoltre, Rashed (2005: 168) svolge una valutazione della trattazione aristotelica delle tre trasformazioni che depone a favore di Giardina: “Ar. a sans doute poussé trop

104 Buchheim (2010: 482) nota giustamente che l’esempio riguarda una mistura (Gemenge).

105 L’esempio del vento, non presente nel testo, serve a far vedere che il vento può sia propagare le fiamme finché c’è contatto tra fumo e fuoco sia causare l’estinguersi di alcune fiamme allontanandole dal fuoco e da materiali combustibili (in questo caso il fumo non brucia più e la fiamma scompare come quando si soffia su di una candela accesa spegnendola).

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loin la considération logique du problème et ce faisant, négligé la seule question opportune (l’action et l’affection)”. Seguendo la linea interpretativa di Rashed e Giardina, possiamo dire che l’eventualità della bidirezionalità nel ciclo di trasmutazione è soltanto logica: logicamente i contrari si generano

l’uno dall’altro, mentre dal punto di vista dell’azione e della passione vi è unidirezionalità – come

già detto, la reciprocità dell’assimilare e dell’essere assimilato esclude la bidirezionalità. Inoltre, le trasformazioni del secondo e del terzo tipo – ripetiamolo – si riducono rispettivamente a due trasformazioni del primo tipo consecutive e a due trasformazioni del primo tipo contemporanee. Insomma, l’unica trasformazione elementare è quella fra symbola, che è unidirezionale ed è l’unica trasformazione coerente con la teoria dell’azione e dell’affezione. Infine, proprio in virtù di tale riduzione, comunque rispettosa del testo, si può dire che la lettura bidirezionale delle trasformazioni

avanzata da Buchheim e Lo Piparo risulta meno plausibile di quella unidirezionale condivisa da Migliori e Giardina.

Si può ora passare a considerare l’apporto del termine symbolon alla teoria in analisi106.

infatti tutto viene da tutto, ma le trasformazioni si caratterizzano per la maggiore velocità o lentezza e per la maggior facilità o difficoltà. Per quei corpi, infatti, che hanno elementi reciprocamente comuni la trasformazione è più veloce, mentre per quelli che non ne hanno è più lenta, poiché è più facile che si trasformi una cosa sola piuttosto che molte (ἅπαντα μὲν γὰρ ἐξ ἁπάντων ἔσται, διοίσει δὲ τῷ θᾶττον καὶ βραδύτερον καὶ τῷ ῥᾷον καὶ χαλεπώτερον. Ὅσα μὲν γὰρ ἔχει σύμβολα πρὸς ἄλληλα, ταχεῖα τούτων ἡ μετάβασις, ὅσα δὲ μὴ ἔχει, βραδεῖα, διὰ τὸ ῥᾷον εἶναι τὸ ἓν ἢ τὰ πολλὰ μεταβάλλειν, De gen. et corr. II.4, 331a 22-26, trad. Migliori).

Per quanto riguarda il significato di symbola nel passo, Migliori (2013b: 332) ci rimanda a Tricot e Joachim. Il primo li intende come “facteurs complémentaires” (Tricot 1951: 109), offrendo l’esempio “le chaud de l’air et du feu sont des symbola” e dichiarandosi d’accordo con Tommaso d’Aquino nella caratterizzazione convenientia in aliqua qualitate. Insomma, gli elementi dotati di symbola sono quelli contigui nello schema, ossia tali da condividere una delle qualità coinvolte nella trasmutazione. Dal canto suo, Joachim rimanda tanto alla ben nota etimologia del Liddell-Scott quanto al discorso di Aristofane nel Simposio, ma svolge una considerazione interessante sulle sogliole: “much as a flat- fish, to judge by its appearence, requires to be joined to another flat-fish, blank underside to blank

106 Se è sostanzialmente questione aperta tra gli interpreti in che termini Aristotele abbia o meno una teoria del linguaggio e del significato (cf. § 2.3 e Modrak 2001: 23), per quanto riguarda la fisica aristotelica come intero inclusivo della teoria degli elementi non è mancato un autorevole e ponderato riconoscimento: “La fisica aristotelica è sbagliata naturalmente; è del tutto antiquata. Ciò nondimeno è una ‘fisica’, cioè una scienza studiata in modo elevato sebbene non matematico. Non è una fantasia fanciullesca, e nemmeno una esposizione in parole e priva di significato del senso comune, bensì una teoria, cioè una dottrina, che, basandosi naturalmente sui dati del senso comune, li sottopone a una manipolazione molto coerente e sistematica” (Koyré 1956b: 216, c.vo ns.).

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underside, to form a complete individual” (Joachim 1999: 221). Platone nel proprio dialogo chiama in causa le sogliole solo per spiegare il metodo con cui gli esseri umani originali vennero tagliati in due107, ma è suggestivo pensare che abbia tratto l’accostamento essere umano-sogliola dal fatto

osservato da Joachim. Ne consegue direttamente l’interpretazione mereologica: “Aristotle uses the term here and elsewhere to mean a part of one whole, which is capable of fitting in with a complementary part so as to constitute another whole” (ibid.). Infine, però, converge con Tricot nell’affermare che “the hot in Air and Fire is an interchangeable ‘complementary factor’” (ibid.) e nel criticare la resa di Bonitz con pars nell’Index aristotelicus. Ma pare strano affermare che una qualità sia una parte, perché le qualità ricadono in ciò che in Cat. 2 è caratterizzato così: “dico ‘in un soggetto’ ciò che, esistendo in qualcosa non come sua parte, è impossibile che sia separato da ciò in cui è” (1a 24-25, trad. Zanatta). D’altro canto, è rilevante notare che la caratterizzazione non crea problemi, qualora venga sostituito a “parte” il termine “relativo”. Se, infatti, si tratta di convenientia

in aliqua qualitate, non si può che convenire nell’essere di fronte a un caso di somiglianza (che rientra

tra le relazioni in Metaph. V.15). In analogia con il symbolon linguistico, si può dire che ciò che è

symbolon di qualcos’altro nell’ambito elementare è a esso relativo in maniera essenziale, mentre il

simbolizzato è relativo in maniera accidentale (cf. § 2.3.1): il fuoco viene dalla terra, ma la terra non viene dal fuoco; l’aria viene dal fuoco, ma il fuoco non viene dall’aria; l’acqua viene dall’aria, ma l’aria non viene dall’acqua; la terra viene dall’acqua, ma l’acqua non viene dalla terra. Si tratta, insomma, di una relazione del tipo scienza/scibile: la scienza è relativa allo scibile, ma lo scibile non è relativo alla scienza. D’altra parte, symbola linguistici e symbola chimici presentano entrambi anche una relazione del tipo affine ai contrari. Nel caso linguistico la relazione affine ai contrari è del tipo dinamico (la relazione segnica), mentre nel caso degli elementi si tratta di una relazione di somiglianza (affine al tipo numerico)108. Ulteriori casi analoghi si osserveranno in De an. III.3-8 per i relativi cognitivi e, nella presente sezione, per quanto riguarda i semeia. Non si tratta di una novità per la letteratura, tanto che ha già un nome ispirato al caso dei relativi cognitivi: relazioni miste109.

107 Cf. ἕκαστος οὖν ἡμῶν ἐστιν ἀνθρώπου σύμβολον, ἅτε τετμημένος ὥσπερ αἱ ψῆτται, ἐξ ἑνὸς δύο· ζητεῖ δὴ ἀεὶ τὸ αὑτοῦ ἕκαστος σύμβολον (191d, 3-5). La sogliola non si taglia dal ventre ma dal fianco e si ottengono due parti perfettamente simmetriche, dato che la testa è schiacciata e di profilo. Gli altri pesci vanno solitamente decapitati per ottenere agevolmente parti uguali, ma gli uomini originari avendo due teste non necessitarono di decapitazione.

108 Cf. “Le cose dette relative a qualcosa secondo il numero e la potenza sono tutte relative a qualcosa perché ciò che sono è detto <essere> esso stesso di un altro, ma non perché un altro sia in relazione ad esso: il misurabile, lo scibile e il pensabile sono detti <relativi> perché altro è detto in relazione ad essi. Il pensabile significa che di esso c’è pensiero, ma il pensiero non è <detto tale> in relazione a questo di cui è pensiero, (la stessa cosa infatti sarebbe detta due volte), e allo stesso modo anche la vista è vista di qualcosa, non di ciò di cui è vista (anche se è pur vero dire questo), ma è <tale> in relazione al colore e a qualcos’altro di questo tipo. In quel modo invece la stessa cosa sarebbe detta due volte, cioè che la vista è la vista di ciò di cui è <vista>” (Metaph. V.15, 1021a 26-1021b 3, trad. Berti).

109 Cf. Vuillemin 1967. Lo studioso, però, critica la plausibilità psicologica di tali relazioni, oltre a considerarle contradditorie. La critica psicologica sembra reggere solo se si presuppone il concetto di persona, concetto notoriamente problematico e per giunta non facilmente applicabile nell’esegesi di Aristotele. Per quanto riguarda la critica logica, essa

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Lo Piparo (2003: 62) intende, invece, le trasformazioni elementari al modo di Buchheim. Si può, quindi, dire che da ciò derivano due fraintendimenti: a) “I simboli non sono tra loro simili ma

contrari” (Id.: 60), b) “I due simboli sono parti dinamiche di una totalità” (Id.: 62). Il problema, di

cui implicitamente Lo Piparo si avvede110, è che, se fossero stati davvero contrari e intesi allo stesso

modo di quelli elementari, i simboli linguistici potrebbero davvero trasformarsi l’uno nell’altro in

quanto qualità appartenenti allo stesso genere, ma i suoni della voce umana non si trasformano in

pathemata tes psyches e tantomeno i pathemata tes psyches si trasformano in suoni della voce.