• Non ci sono risultati.

Tasso di disoccupazione per sesso ed età

ECONOMICA DURATURA, INCLUSIVA E SOSTENIBILE, UN’OCCUPAZIONE PIENA E

SDG 8.5.2 Tasso di disoccupazione per sesso ed età

Il tasso di disoccupazione, pari alla quota di persone in cerca di occupazione sul totale della popolazione attiva (occupati e disoccupati), è un indicatore di particolare importanza nel con-testo del Goal 8. Esso costituisce una misura della sottoccupazione della forza lavoro e, dun-que, dell’efficacia e dell’efficienza di un’economia rispetto all’obiettivo di generare lavoro per coloro che lo cercano attivamente, offrendo tutele rispetto al rischio di esclusione sociale. A livello globale, nel 2016, il tasso di disoccupazione è pari al 5,5% (Figura 8.1), in de-cremento rispetto al 2000, quando ammontava al 6,4% (-0,8 punti percentuali), e stabile rispetto all’anno precedente. Africa del Nord, Asia centrale, America latina e Caraibi e Asia sud-orientale registrano la maggiore flessione del tasso di disoccupazione rispetto al 2000, riducendo così i differenziali rispetto ai livelli medi mondiali. Nonostante i progressi di al-cune delle aree geografiche più svantaggiate, le disuguaglianze restano ampie. Nell’ultimo anno, il Nord-Africa si conferma come la regione dove la disoccupazione è più alta, con livelli (11,9%) più che doppi rispetto al valore medio mondiale. Seguono l’Asia occiden-tale (9,1%), l’America latina e caraibica e l’Africa Sub-Sahariana (entrambe segnate da un importante crescita del tasso di disoccupazione nell’ultimo anno) ed Europa e America del Nord (7,0%). L’indicatore disegna invece una situazione più favorevole per l’Asia del Sud-Est (2,7%) e meridionale (4,0%) e l’Oceania (3,8).

Tra il 2008 e il 2013, l’andamento della disoccupazione nell’Unione Europea è stato condizio-nato dalla crisi economico-finanziaria, i cui effetti sul mercato del lavoro hanno comportato un aumento della quota di persone attive in cerca di occupazione da 7,0% a 10,9% (Figura 8.2). In Italia, il trend decrescente osservato nel primo periodo dell’arco temporale conside-rato si è interrotto sin dal 2008, quando il tasso di disoccupazione ha ricominciato a crescere, passando dal 6,1% del 2007 al 12,1 del 2013. L’aumento della disoccupazione e la

succes-4,4 4,3 4,9 4,5 6,4 6,3 9,6 8,0 8,0 8,28,2 10,6 8,4 8,4 14,9 2,7 2,7 2,7 3,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,83,8 4,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,04,0 4,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,54,5 5,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,55,5 5,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,65,6 6,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,76,7 7,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,07,0 7,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,17,1 7,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,87,8 9,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,19,1 11,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,911,9 0 5 10 15 20 25 30 Asia del

Sud-Est Oceania (a) meridionaleAsia orientaleAsia Mondo Australia eNuova Zelanda

Asia

centrale Nord-AmericaEuropa e Africa Sub-Sahariana America latinae Caraibi occidentaleAsia Nord-Africa

2000 2016 2016 - Meno di 25 anni 2016 - 25 anni e più 2016 - Femmine 2016 - Maschi

Figura 8.1 - Tasso di disoccupazione per area geografica. Anni 2000, 2016

Fonte: https://unstats.un.org/sdgs/indicators/database/ (a) Escluse Australia e Nuova Zelanda.

siva contrazione hanno riguardato tutti i paesi dell’Ue, sebbene in misura e con tempi diffe-renziati. L’Unione ha visto il tasso di disoccupazione ridursi a partire dal 2014 (10,2%) per arrivare a un valore del 7,0% nel 2018 (-3,9 rispetto al 2013). Nel nostro paese, la ripresa del mercato del lavoro è stata ritardata di un anno rispetto all’Ue e caratterizzata da ritmi meno sostenuti, sia rispetto alle principali economie europee, sia rispetto alla media dell’Unione. Il tasso di disoccupazione ha, infatti, iniziato la sua decrescita solo nel 2015, dopo 7 anni di aumento ininterrotto, per attestarsi nel 2018 a 10,6%, (-2,1 punti rispetto al 2014). Nell’ul-timo anno, l’indicatore italiano è ancora sensibilmente più elevato rispetto ai livelli pre-crisi: questa persistenza è in parte dovuta a una tendenza alla riduzione dell’inattività, che, sebbene in decrescita, è ancora particolarmente elevata rispetto alla media Ue. La crisi occupazionale è stata particolarmente sentita anche dalla Spagna, che, pur partendo da livelli di disoccupa-zione confrontabili con la Germania, nel 2013 è arrivata a toccare una quota di disoccupati del 26%, attestandosi, nel 2018 su valori quasi doppi (15,3%) rispetto a quelli precedenti la crisi, laddove la Germania (3,4%), li ha dimezzati.

0 5 10 15 20 25 30 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Ue 28 Germania Spagna Francia Italia Regno Unito

Figura 8.2 - Tasso di disoccupazione, per Paese. Anni 2004 - 2018

Fonte: http://ec.europa.eu/eurostat; Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro (Rfl) (PSN: IST-00925)

2,2 3,4 3,7 3,8 3,8 3,9 4,2 4,4 4,9 5,2 5,3 5,4 5,7 5,7 5,8 5,85,8 5,8 5,95,9 6,3 6,3 6,6 7,0 7,4 7,4 8,4 8,5 9,1 10,6 15,3 19,3 Ue 28

Figura 8.3 - Tasso di disoccupazione per paese. Anno 2018

Fonte: http://ec.europa.eu/eurostat; Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro (Rfl) (PSN: IST-00925) (a) I dati si riferiscono al 2017.

Nonostante il recente miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro in Italia, nel 2018, il divario tra tasso di disoccupazione italiano ed europeo è pari a +3,6 punti per-centuali. L’Italia si colloca al terzo posto della graduatoria europea per livello del tasso di disoccupazione (Figura 8.3), in posizione distante rispetto alla Grecia, ma anche rispetto a molti altri paesi europei che sperimentano, all’opposto, minori difficoltà di assorbimento dell’offerta di lavoro: Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Malta, Paesi Bassi e Polonia (con tassi di disoccupazione inferiori al 4%), Romania, Regno Unito e Austria (al di sotto del 5%).

Il tasso di disoccupazione italiano risente, com’è noto, di una situazione del mercato del lavoro fortemente differenziata a livello territoriale, con gravi criticità nel Mezzogiorno e condizioni più favorevoli nelle ripartizioni settentrionali e centrali. Benché la dinamica tem-porale complessiva della disoccupazione abbia seguito andamenti analoghi nelle riparti-zioni, il confronto tra periodo precedente e successivo alla crisi mostra una lieve riduzione dei differenziali. Il Meridione ha vissuto un incremento della disoccupazione inferiore alle altre ripartizioni tra il 2008 e il 2014 (anno in cui il tasso di disoccupazione ha toccato il suo massimo in tutte le ripartizioni) e un decremento superiore tra il 2014 e il 2018. Nelle ripar-tizioni settentrionali sì è verificato il processo inverso. Nonostante ciò, le disuguaglianze fra Nord e Sud restano ancora molto elevate: oggi, la quota di persone in cerca di occupazione sulla popolazione attiva ammonta al 6,0% nella ripartizione nord-orientale, al 7,0% in quella nord-occidentale, al 9,4% nel Centro e al 18,4% nel Mezzogiorno (Figura 8.4). Il tasso di disoccupazione meridionale è dunque più che triplo rispetto alla ripartizione nord-orientale. A livello regionale (Figura 8.5), i differenziali risultano ancora più evidenti. Il Trentino Alto-Adige si conferma come la regione con la minore incidenza di disoccupazione sul territorio italiano (2,9% per Bolzano e 4,8 per Trento), seguita da Emilia-Romagna (5,9), Lombardia (6,0), Veneto (6,5), Friuli-Venezia Giulia (6,7), Valle d’Aosta (7,1) e Toscana (7,4). Più con-sistenti ostacoli all’inserimento nel mercato del lavoro si registrano invece in Sardegna e Puglia, ma soprattutto in Campania (20,4%), Sicilia (21,5) e Calabria (21,6).

6,7 12,7 10,6 4,2 9,3 7,0 3,4 7,7 6,0 6,1 11,4 9,4 12,0 20,7 18,4 2008 2014 2018

Italia Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno

Figura 8.4 - Tasso di disoccupazione per ripartizione. Anni 2008, 2014, 2018

I giovani rappresentano, insieme alle donne, categorie sociali particolarmente vulnerabili nel mercato del lavoro, soggette a maggior rischio di disoccupazione, esclusione sociale e povertà. E’ questa una realtà diffusa, in maniera più o meno pronunciata, in tutte le aree geografiche del pianeta, con divari differenziati anche in ragione dei complessivi livelli di disoccupazione. I divari connessi all’età, in particolare, sono assai rilevanti e persistenti. Si tratta d’altra parte di un fenomeno connesso alla partecipazione giovanile all’istruzione (dif-ferenziata anche in ragione di una diversa strutturazione dei sistemi d’istruzione nazionali), e in particolare a un diverso coinvolgimento nella tranche superiore dell’istruzione.

Nel 2016 (Figura 8.1), a livello mondiale, il tasso di disoccupazione giovanile (età 15-24 anni) è triplo rispetto a quello della popolazione in età più avanzata (12,7% contro 4,3%). Il numero di giovani in cerca di occupazione sui giovani attivi in Nord-Africa raggiunge il 30% e in Asia Occidentale il 22%, mentre il problema appare più contenuto nell’Asia sud-orientale e meridionale (sebbene in queste due aree si registrino i più elevati differenziali relativi per età) e in Oceania.

Anche in Europa i giovani sperimentano un rischio di disoccupazione nettamente superio-re rispetto alle fasce di età più avanzate: nei livelli medi dell’Unione Europea, nel 2018, il tasso di disoccupazione è pari a 15,6% per gli under 25 e 6,1% per gli adulti (Figura 8.6). La situazione giovanile appare particolarmente preoccupante in Grecia (40%) e Spagna (34%). In Italia, la difficile condizione giovanile sul mercato del lavoro è stata acuita dalla crisi: a differenza di quanto è avvenuto in molti altri paesi europei, i giovani italiani hanno risentito in misura superiore alla popolazione più anziana della flessione della domanda di lavoro nel periodo 2008-2014 e, viceversa, hanno beneficiato in misura minore della ripre-sa post-crisi. Nel 2018, il nostro paese presenta uno dei tassi di disoccupazione giovanile

0 , ,0 10,1 - 15,0 15,1 - 20,0 Oltre 20,0

Figura 8.5 - Tasso di disoccupazione per regione. Anno 2018

più alti dell’Ue, pari al 32,2%, con uno scostamento del tasso di disoccupazione giovanile di 23 punti percentuali in più rispetto ai più anziani (contro una differenza media europea di +9,5). L’indicatore SDGs, calcolato su una fascia di età precoce (15-24), presenta alcu-ni limiti nel rappresentare la condizione occupazionale giovaalcu-nile in molti paesi europei e in Italia, dove la crescente scolarizzazione ha comportato un prolungamento dell’inattività dovuta a motivi di studio. D’altra parte, le difficoltà giovanili di inserimento occupazionale sono testimoniate dalla consistente presenza di NEET (“Not in Education, Employment or Training”), giovani che, pur non essendo inseriti in un percorso di istruzione o formazione, non hanno un’occupazione (Indicatore SDG 8.6.1). La quota di NEET sul totale della popo-lazione, sebbene in calo negli ultimi quattro anni, è aumentata in Italia, dal 2004 al 2018, sia rispetto alla fascia d’età 20-24 (da 21,5% a 27,1%), sia rispetto ai 25-29enni (da 23,8% a 30,9%). Nel 2017, l’Italia registra ancora, tra i 15-29enni2, l’incidenza di NEET (24,1%) più alta dei paesi dell’Ue, superiore alla media europea (13,4%) di oltre 10 punti percentuali. Nel valutare la complessiva condizione giovanile nel mercato del lavoro, bisogna inoltre considerare l’impatto di una occupazione sempre più frammentaria e instabile, così come la presenza di vasti fenomeni di sovra-istruzione, che in Italia interessano massicciamente proprio le nuove leve all’ingresso nel mercato del lavoro.

2 La percentuale di NEET nella classe di età 15-29 anni costituisce un indicatore di contesto nazionale che meglio rappresenta, rispetto all’indicatore SDG (calcolato sui 15-24enni), la situazione italiana, in cui l’incidenza di NEET appare particolarmente elevata proprio tra i 25 e i 29enni.

0 10 20 30 40 50 60 70 Meno di 25 25 e oltre

Figura 8.6 - Tasso di disoccupazione per paese e ed età. Anno 2018

Fonte: http://ec.europa.eu/eurostat; Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro (Rfl) (PSN: IST-00925) (a) I dati si riferiscono al 2017.

Nel 2016, a livello globale, la quota di individui in cerca di occupazione sulla popolazione attiva ammonta a 5,2% per gli uomini e 6,0% per le donne (Figura 8.1).

I più ampi differenziali di genere si registrano in Nord-Africa - con un tasso di disoccupa-zione femminile doppio rispetto a quello maschile - in Asia occidentale e meridionale. In Oceania, Asia orientale e Sud-orientale, invece, sono i tassi di disoccupazione maschili a essere superiori ai femminili. Tra i paesi dell’Ue, la disoccupazione femminile raggiunge livelli molto elevati in Grecia, dove quasi una donna attiva su quattro cerca lavoro, e in Spagna, con 17 donne su 100 (Figura 8.7); il divario tra donne e uomini assume maggiore entità, in termini relativi, in Grecia, nella Repubblica Ceca, in Slovenia, in Spagna e in Italia. Numerosi i paesi in cui il tasso di disoccupazione delle donne è inferiore a quello degli uo-mini, con differenziali relativi superiori in Romania, Lettonia, Germania e Lituania. In Italia, il gap di genere si è andato progressivamente riducendo nel tempo: nel 2004 il tasso di disoccupazione italiano era pari a 6,3% per gli uomini e 10,5% per le donne (oltre +4 punti percentuali per le donne); nel 2018 il differenziale è sceso a 2 punti (9,8 vs. 11,8).

Altri indicatori

SDG 8.1.1 - Tasso di crescita annuale del Pil reale per abitante e

SDG 8.2.1 - Tasso di crescita annuale del Pil reale per occupato

Nell’ambito del quadro SDGs, il monitoraggio dell’andamento annuo del PIL reale (a prezzi di mercato) risponde a più finalità. In linea con l’obiettivo di sostenere la crescita economi-ca, il tasso di crescita del PIL per abitante consente una misura della performance econo-mica di un paese e fornisce informazioni sulla creazione di redditi primari. Il tasso di cre-scita del PIL per abitante, non tenendo conto dei costi sociali e ambientali della produzione, rappresenta però un indicatore parziale di sviluppo sostenibile e, in quanto misura media

0 5 10 15 20 25 30 Femmine Maschi

Figura 8.7 -Tasso di disoccupazione per paese e sesso. Anno 2018

Fonte: http://ec.europa.eu/eurostat; Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro (Rfl) (PSN: IST-00925) (a) I dati si riferiscono al 2017.

legata alla produzione di valore aggiunto, non approfondisce il tema del potere d’acquisto delle famiglie, della distribuzione del reddito disponibile e del suo grado di disuguaglianza (per maggiori approfondimenti sul tema si vedano i Goal 1 e 10). Nondimeno, la sua rile-vanza è connessa alla possibilità di desumerne indicazioni relative alla capacità potenziale di un’economia di soddisfare i bisogni della popolazione, assicurando risorse per lo svilup-po socio-economico.

Oltre al tasso di crescita annuo del PIL reale per occupato, indicatore proposto dalle Nazioni Unite, l’Istat ha adottato il tasso di crescita del valore aggiunto in volume per occupato3, una misura che offre elementi di conoscenza intorno alla capacità di crescita economica di un paese attraverso condizioni di efficienza nell’utilizzo dei fattori, e in particolare del lavoro. In quanto indicatore della produttività del lavoro, la sua osservazione assume valore in rela-zione all’esigenza di monitoraggio delle strategie d’impresa e delle politiche industriali e del lavoro, fornendo, in ultima analisi, indicazioni sui potenziali impatti sugli standard di vita.

Nel periodo compreso tra il 2000 e il 2009, il PIL reale pro capite e il valore aggiunto in volume per occupato mostrano un andamento complessivamente decrescente, acuito nei difficili anni della crisi economico-finanziaria (Figura 8.8). Il 2009 segna in particolare una consistente diminuzione, sia del PIL pro capite (-6% rispetto all’anno precedente), sia del valore aggiunto per occupato (-3,9%), in corrispondenza di ampie cadute, sebbene di diverse intensità, sia del PIL, sia dell’occupazione. Dopo un breve periodo di ripresa, le variazioni tornano a essere negative nel 2012: -3,3% per il PIL per abitante e -2,1% per il valore aggiunto per occupato. A partire dal 2013, per la produttività del lavoro si rileva una sostanziale stazionarietà, interrotta da un leggero calo nel 2016 (-0,2%), a cui è seguita nell’anno successivo una ripresa dello stesso ordine di grandezza (+0,4%) e un lievissimo nuovo decremento nel 2018 (-0,1%). Il tasso di variazione del PIL per abitante, tornato po-sitivo solo nel 2015, mostra una ripresa più decisa, registrando incrementi più importanti: +1,0% nel 2015, + 1,3% nel 2016, +1,7% nel 2017 e + 1,0% nell’ultimo anno.

3 La misura di output usualmente utilizzata dall’Istat per stimare la produttività del lavoro, quella del capitale e la produttività totale dei fattori è il valore aggiunto in volume (https://www.istat.it/it/archivio/223194).

-8 -6 -4 -2 0 2 4 6 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Tasso di crescita annuo del PIL reale per abitante

Figura 8.8 - Tasso di crescita annuo del PIL reale per abitante e del valore aggiunto in volume per occupato. Anni 1996-2018 (valori concatenati)

A livello territoriale, nel 2017 il tasso di crescita del PIL per abitante mostra un migliora-mento più consistente nelle ripartizioni del Nord-Ovest (+2,2%) e del Nord-Est (+1,9%) e a seguire del Mezzogiorno (+1,4%) (Figura 8.9). Gli incrementi più rilevanti dell’indicatore si registrano in Lombardia (+2,6%), nella Provincia Autonoma di Trento e in Veneto (+2,4% per entrambi) (Figura 8.10). Nel Mezzogiorno, Abruzzo e Campania registrano variazioni superiori alla media della ripartizione, pari, rispettivamente, al 2,0% e all’1,8%. La Provincia Autonoma di Bolzano è l’unica unità territoriale a caratterizzarsi per un decremento del PIL per abitante, mentre la crescita di Molise, Marche e Umbria risulta decisamente più conte-nuta di quella registrata in Italia nel suo complesso.

Sempre nel 2017, il valore aggiunto per occupato presenta una variazione negativa nel Centro Italia (-0,5%) e cresce in misura superiore alla media nella ripartizione

Nord-occi-2,2 1,9 0,9 1,4 0,7 0,5 -0,5 0,3

Nord-Ovest Nord-Est Centro Mezzogiorno

Tasso di crescita annuo del PIL reale per abitante Tasso di crescita annuo del valore aggiunto in volume per occupato

Figura 8.9 - Tasso di crescita annuo del PIL reale per abitante e del valore aggiunto in volume per occupato, per ripartizione. Anno 2017 (valori concatenati)

Fonte: Istat, Conti economici regionali (PSN: IST-00684)

-0,3 0,1 0,2 0,4 0,9 1,0 1,0 1,1 1,1 1,2 1,2 1,3 1,4 1,4 1,6 1,8 1,8 2,0 2,2 2,4 2,4 2,6 1,7

Tasso di crescita annuo del PIL reale per abi per per tante Italia

Figura 8.10 - Tasso di crescita annuo del PIL reale per abitante, per regione. Anno 2017 (valori concatenati)

dentale (+0,7%). Si registrano cali in Campania, Province Autonome di Trento e Bolzano, Piemonte, Molise, Toscana (tra -0,1 e -0,5%) e, in misura più accentuata, nel Lazio (-0,8) e in Calabria (-1,0). Le altre regioni si caratterizzano per variazioni positive, più consistenti in Basilicata (+3,4%), Liguria (+2,6), Valle d’Aosta (+1,8), Sardegna (+1,3), Lombardia, Puglia ed Emilia-Romagna (+0,7).

Sugli andamenti complessivi delle regioni influisce naturalmente la loro diversa struttura produttiva, con dinamiche differenti della produttività del lavoro a seconda dei settori di attività economica. Nel 2018, il macro-settore che ha vissuto la più consistente crescita di questa misura è quello delle costruzioni (+2,1%); all’opposto, il terziario registra una lieve contrazione (-0,2%) (Figura 8.11). Nell’ambito dei servizi, la produttività del lavoro cresce del 2,9% nel comparto che raggruppa commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli. In calo, invece, nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto (-2,5%), ma soprattutto nei servizi di informazione e comunicazione (-5,1%).

Outline

Documenti correlati