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a Memè

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Cara amica mia,

Mentre ti scrivo sento il rumore delle ultime carrozze che rientrano dal teatro. Ho preso un caffè – un caffè servito dalla piccola mano di una signorina che, oltre ad essere bella, ha anche esprit –. Dunque, trascorrerò la notte in bianco.

Allora immagino di essere andato ad un ballo, di averti incontrata e di aver chiacchierato con te sotto le foglie larghe di una pianta esotica, mentre l’orchestra suona un valzer di Mêtra e i signori si dirigono verso il buffet.

Sparliamo, se vuoi. Ti parlerò delle donne che ho smesso di ammirare a teatro. Immagina di trovarti in questo momento nella tua platea e di guardare con il mio binocolo.

Guarda Clara. È la tipica donna che non ha mai amato. I suoi occhi sono così profondi e neri che sembrano la crepa di una montagna nella notte buia. Lì si sono perse molte anime. Da questa oscurità vengono fuori gemiti e singhiozzi, come dal precipizio in cui finirono fatalmente i cavalieri dell’Apocalisse. Molti si sono fermati davanti l’oscurità di quegli occhi, aspettando l’irradiazione improvvisa di un astro: volevano esplorare la notte e si sono persi.

Gli uccelli, passando, le dicono: Non ami? Amare è avere le ali. I fiori che calpesta le domandano: Non ami? L’amore è il profumo delle anime. Ma lei passa non curante, guardando con le sue pupille d’acciaio nero, fredde e impenetrabili, le ali d’uccello, il calice del fiore, il cuore dei poeti.

76 Viene dalle gelide profondità della notte. La sua anima è come un cielo senza tempesta, ma anche senza stelle. Coloro che le si avvicinano sentono il freddo che emana attorno a sé una statua di neve. Il suo cuore è freddo come una moneta d’oro in un giorno d’inverno.

Chi è la bionda slanciata che sorride sul palco? È un figurino ritagliato. Non sono mai passate per quella fronte le ali bianche dei pensieri buoni, né quelle nere dei pensieri cattivi. I suoi amori durano quanto la schiuma dello champagne sul bordo del calice. Non permetterebbe mai ad un uomo di stringerla tra le sue braccia: non vuole che i suoi nastri si sciupino o si disfino. Volete sapere com’è la sua anima? Immagina una bambola di pizzo bianco, con piume di fagiano in testa e dei diamanti per occhi. Quando parla, la sua voce emette un suono simile al fruscio della gonna di una tunica di raso, mentre strascica sui gradini di marmo di una scalinata. Non sa dove ha il cuore. La sua sarta non glielo chiede mai.

Questa celebre matrona vende manette. Ne ha un’ampia rimanenza.

Adesso volgi lo sguardo verso la parte della platea che sta davanti a noi. Là è seduta una donna divinamente bella.

Chi è? I suoi grandi occhi verdi, protetti da lunghissime ciglia nere, tremano per l’emozione quando fissano il cielo, come se fossero innamorati delle stelle. Le sue mani impugnano il ventaglio, come se volessero esercitarsi a brandire un pugnale. Credimi: questa donna è capace di uccidere l’uomo che la inganna. Le sue labbra si schiudono soavi per far uscire l’eccesso di vita che c’è in lei.

Sotto le stecche flessibili del corsetto, il suo cuore batte regolarmente; povero bambino che colpisce con la sua manina un muro!

77 Quanti anni ha? Ne ha compiuti venticinque; non so quante settimane, mesi o anni fa. Da piccola una mendicante che prediceva il futuro le rivelò che l’uomo che avrebbe amato sarebbe stato tremendamente povero. Suo marito – un banchiere – è molto felice. Alicia – si chiama così – è sempre circondata da pretendenti boriosi e innamorati tonti.

Quando esce a fare una passeggiata sembra un generale che cammina ispezionando i suoi soldati che mostrano le armi. Lei, che gode sorridente delle passioni che provoca senza condividerle, sporge la testa da Gioconda dallo sportello della carrozza e saluta con la mano inguantata o con il ventaglio i platonici ammiratori del suo corpo. L’uomo che saluta con lo sguardo non si conosce ancora.

Sarà rispettabile? Sarà onesta? Le donne la guardano con disprezzo e gli uomini la corteggiano. Nessuno può dire chi sia il suo amante o chi lo sia stato; ma tutti sono certi del fatto che qualcuno lo sarà. Non è ancora il tempo per giocare alla lotteria; il numero che vincerà il sostanzioso premio dorme nel globo, e si confonde in mezzo agli altri: potrebbe essere di quello, potrebbe essere il mio, ma comunque esiste. La gabbia per l’uccello è pronta: sul tavolino di sandalo dove Alicia prende il tè ci sono due tazze. Uno sciocco potrebbe insinuare che una di queste è per l’amante. Falso! È la tazza del marito. Quando l’amante arriva, lui e Alicia bevono dalla stessa tazza, come Paolo e Francesca leggevano lo stesso libro. Poi la faranno in mille pezzi e la getteranno in mare – come il re di Thule!

Il Galeotto sociale non si sbaglia così spesso come alcuni pensano. Tutto quello che fa è prevedere la verità. È come le donne che capiscono di aver fatto innamorare un uomo mezz’ora prima che questo se ne renda conto. Una nave esce dal porto piena di merci e di passeggeri: il cielo è limpido, senza neanche un punto nero. Passano giorni e settimane prima che giunga alle orecchie di qualcuno la notizia di un temporale. E nonostante ciò, un giorno, senza sapere come né

78 perché, si sparge la voce che quella nave è naufragata. Chi lo dice? Tutti. Chi ha ricevuto la fatale notizia? Nessuno. Quindici giorni dopo si viene a conoscenza della terribile verità e i giornali riportano in maniera dettagliata gli episodi atroci del naufragio.

Una donna è fedele al marito. Nessuno può accusarla di adulterio. Vive, come Penelope, nel suo focolare. Respinge superba coloro che cercano di conquistare il suo amore. Ma il Galeotto, che osserva e prevede tutto, mormora tra due gruppi di persone, sotto le larghe foglie di una pianta esotica che si erge su un vaso cinese di valore: quella donna ha un amante! E non è vero: ma tra un giorno, una settimana o un anno, la donna lo avrà. L’unica cosa che il Galeotto sbaglia è la coniugazione del verbo, avrebbe dovuto dire: avrà.

E la sposa non viene meno al suo dovere perché tutti la pensano così; è come la nave che non scompare perché la gente predice il naufragio. Così, tutti sostengono che Alicia è disonesta e attorno a lei si riuniscono i cacciatori di frodo, come i naufraghi affamati nella zattera della Medusa. Ma Alicia non ama nessuno: custodisce il suo tesoro e non vuole sperperarlo come una prodiga.

Ed ecco che una notte si presenta al salotto di Alicia un giovane sognatore e le sussurra all’orecchio:

- Oh! Come somigliate alla mia prima fidanzata! Lei era di bassa statura e voi alta; lei era mora e voi siete bionda; lei aveva gli occhi neri, i vostri sono verdi; ma la amavo; e io amo voi, in questo vi somigliate.

Due ore dopo Alfredo era l’amante di Alicia. L’ospite che stavano aspettando era arrivato. Il banchiere continuava ad essere felice.

Ieri, mentre il marito portava a termine le sue corrispondenze, Alicia uscì in berlina blu trainata da due giumente color ambra. I pochi nullafacenti che sfidavano la pioggia per strada notarono che la carrozza proseguiva la sua marcia verso Chapultepec. Cosa andava a fare? I grandi cipressi messicani, muovendo le loro antiche teste, si confidavano a bassa voce il segreto. Le cavalle trottavano e la carrozza si

79 perdeva nel sentiero più ombroso e recondito del bosco. Alfredo aprì lo sportello e prese posto accanto alla bella ambita. Pioveva a dirotto. Alfredo chiuse con cura le tendine, forse per impedire che l’acqua entrasse e bagnasse il vestito di Alicia. Se qualcuno si fosse aggirato a quell’ora nel bosco si sarebbe chiesto: chi ci sarà all’interno della carrozza? Per fortuna la pioggia aumentava sempre più e solo un povero lavoratore, nascosto nell’entrata buia di una grotta, poté scorgere la carrozza che proseguiva lentamente nel suo cammino, salendo la rampa di accesso al castello. Le gambe delle cavalle, lavate e lucidate dalla pioggia, sembravano di seta color oro.

Il lavoratore, che aveva lasciato da parte i sacchi pieni di fili di fieno, sporse la testa per osservare la carrozza salire verso la saracinesca del castello. Si fermò lì: gli amanti scesero e svoltarono per i corridoi, silenziosi e deserti. Un uomo, che si era nascosto accuratamente, uscì fuori proprio in quel momento. Dopo essere giunto nel punto in cui si trovava la carrozza vuota, si abbassò il colletto del mantello e fece un cenno imperativo al cocchiere che, appena vide il volto dello sconosciuto, divenne bianco come la cera. Poi scese giù dalla cassetta e, dopo essersi scambiati parole brevissime, si levò il carrick così da poter nascondere, con quello, il nuovo arrivato. Dopo mezz’ora, gli amanti uscirono dal castello; salirono nuovamente sulla carrozza e Alicia, affacciando la testa bionda dallo sportello, disse: “A casa!” Le cavalle partirono al galoppo ma… dov’erano diretti? Cambiando direzione, il cocchiere conduceva la carrozza verso l’abisso come se, invece di prendere la discesa ripida, avesse preferito precipitarsi direttamente dall’alto della collina. Gli amanti, che avevano chiuso di nuovo le tendine, non vedevano niente. Dove stavano andando? Improvvisamente le cavalle si fermarono, come se la mano di un gigante le avesse afferrate per gli zoccoli. Nitrivano e guardavano l’abisso che si apriva ai loro piedi. Le tendine della berlina erano sempre chiuse. Il cocchiere, in piedi sulla cassetta, diede un colpo di frusta alle cavalle; la

80 carrozza oscillò per un attimo nel vuoto per poi schiantarsi al suolo, in mille pezzi. Non si sentirono grida, né lamenti. Il cadavere del cocchiere si ritrovò a venti braccia di distanza, era il marito di Alicia.

Il suono acuto della campanella mi riporta alla realtà. No, non è Alicia quella che sto guardando sul palco. Alicia ormai dorme nel camposanto. È una donna che le somiglia molto e che morirà in maniera tanto tragica come lei. Che Dio disorienti i maldicenti! La lingua uccide più dei pugnali.

Perciò ti dicevo che questa signora…

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