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LE CONCESSIONI DI LAVORI PUBBLICI: TRA LA NORMATIVA VIGENTE E LA DIRETTIVA 2014/23/UE

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Indice 00i

Introduzione 0IV

CAPITOLO 1: EVOLUZIONE STORICA DELL’ISTITUTO ED INTRODUZIONE ALLA DIRETTIVA 2014/23/UE

008

1.1. Introduzione 008

1.2. Situazione giuridica precedente alla direttiva 2014/23/UE. La direttiva 2004/18/CE

010 1.3. Tratti distintivi della direttiva 2014/23/UE 017

1.4. D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 026

1.5. Evoluzione storica dell’istituto. Dalle origini alla legge Merloni

031 1.6. Decreto legge 133/2014 (c.d. “Sblocca Italia”) 043

CAPITOLO 2: NORMATIVA VIGENTE. IL D.LGS. 12 APRILE 2006, N. 163

047

2.A. Considerazioni di carattere generale

0 047 2.1.A. Attività contrattuale della P.A. 047 2.2.A. Tipi di contratti stipulati dalla P.A. 051 2.3.A. Il d.lgs. 163 del 2006 ed il suo ambito di applicazione 058

2.4.A. I settori esclusi 064

2.B. La concessione dei lavori pubblici nel Codice dei

2.10.B. contratti pubblici

067 2.1.B. Art. 3, comma 11 ed art. 143 del Codice dei contratti

2.10.B. pubblici

067

(2)

ii 2.3.B. La procedura per l’affidamento delle concessioni di

2.10.B. lavori pubblici

073 2.4.B. I requisiti soggettivi di carattere generale 075 2.5.B. I requisiti del concessionario 080 2.6.B. I contenuti dell’offerta e dello schema del contratto 084 2.7.B. Affidamento al concessionario di lavori

2.10.B. complementari

085 2.8.B. Gli appalti di lavori affidati dai concessionari 086 2.9.B. Vantaggi e svantaggi dell’istituto 089 2.10.B. I principali modi di esecuzione delle opere

2.11.B. pubbliche

091

2.11.B. L’aggiudicazione del contratto 122

2.12.B. Eventuale consegna anticipata in via d’urgenza 127 2.13.B. L’effetto sospensivo della stipula del contratto. Lo

2.14.B. stand still

127

2.14.B. L’esecuzione del contratto 129

2.15.B. La vigilanza del responsabile del procedimento 130

2.16.B. Lo ius variandi 133

2.17.B. Il recesso 136

2.18.B. La risoluzione 137

CAPITOLO 3: LA DIRETTIVA 2014/23/UE 141

3.1. Introduzione 141

3.2. La definizione di concessione 148 3.3. La definizione di rischio operativo 151 3.4. Ambito oggettivo di applicazione 160

3.5. I contratti misti 164

(3)

iii

3.7. In house providing 172

3.8. Ambito soggettivo 183

3.9. Aggiudicazione del contratto di concessione: principi

3.12.4. generali e garanzie procedurali

187

3.10. Criteri di aggiudicazione (art. 41) 198 3.11. Durata del contratto di aggiudicazione 201

3.12. Esecuzione delle concessioni 203

3.12.1. Norme in materia di subappalto 203

3.12.2. La modifica del contratto di concessione durante il

3.12.4. periodo di validità (art. 43)

204

3.12.3. Risoluzione delle concessioni 208

3.12.4. Monitoraggio e relazioni 209

3.13. Parte conclusiva: il destino del Codice dei contratti

3.12.4. pubblici

BIBLIOGRAFIA

0

209

(4)

IV

Introduzione

Il 28 marzo 2014 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea le tre nuove direttive comunitarie in materia di contratti pubblici.

Queste sono:

 la direttiva 2014/25/UE, che sostituisce la direttiva 2004/17/CE in materia di appalti nei settori c.d. esclusi (energia, acqua, trasporti e servizi postali);

 la direttiva 2014/24/UE, che subentra alla direttiva 2004/18/CE inerente gli appalti nei settori ordinari;

 la direttiva 2014/23/UE, che disciplina, per la prima volta a livello europeo, le concessioni.

Le direttive, approvate dal Parlamento europeo il 15 gennaio 2014 e dal Consiglio l'11 febbraio 2014, sono entrate in vigore il 18 aprile dello stesso anno e dovranno essere recepite nell'ordinamento nazionale entro il 18 aprile 2016.

Esse, nelle intenzioni delle Istituzioni eurounitarie, dovranno essere un’importante leva per stimolare la crescita del Mercato Unico mediante la revisione e l’ammodernamento del quadro normativo in materia di appalti. L’inserimento di un principio di armonizzazione in tema di concessioni, inoltre, costituisce un’assoluta novità nel quadro normativo europeo, e un deciso passo in avanti nell’ottica della certezza giuridica; a tal fine vengono recepiti gli acquis giurisprudenziali della Corte di Lussemburgo introducendo definizioni giuridiche più dettagliate, così da chiarire la portata di alcuni istituti, e appunto in via mediata, incrementare la certezza del diritto.

Si vuole migliorare il mercato unico nella consapevolezza che la crescita e l’occupazione conquistino i mercati creando così un’ambiente forte e

(5)

V ben collegato in cui la concorrenza e la sua facilità di accesso possano stimolare l’attività imprenditoriale e l’innovazione.

Siamo comunque di fronte ad un corpus articolato e complesso; il solo “pacchetto appalti” del 2004 prevedeva un totale di “soli” 159 articoli, mentre il nuovo testo del 2014 si compone di ben 204 articoli per la materia degli appalti, cui sono da aggiungere altri 55 articoli della direttiva concessioni.

L’obiettivo del legislatore comunitario lo troviamo nell’intestazione della Comunicazione europea del 3 marzo 2010, intitolata “Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”;

- il legislatore vuole una crescita sostenibile e quindi più efficiente e rispettosa dell’ambiente grazie alla promozione della competitività nell’industria, ad un’economia verde (c.d. Green Public Procurement), e ad un più efficiente uso delle risorse;

- intelligente, basandosi sull’innovazione, sulla conoscenza e su maggiori investimenti nell’istruzione, ricerca ed innovazione;

- inclusiva e capace di promuovere un’economia ad alto tasso di occupazione che favorisca coesione sociale e territoriale.

Attraverso i contratti pubblici, l’Europa intende promuovere il c.d. Socially Responsible Public Procurement, ovvero gli acquisti sociali, dove l’aspetto economico del risparmio deve bilanciarsi con il perseguimento di elevati livelli di occupazione, e quindi, con il conseguimento dell’inclusione sociale.

La strada è chiara: passare attraverso la semplificazione, la maggiore flessibilità degli strumenti e l’aggiornamento della normativa vigente alla luce delle novità tecnologiche ed economiche per arrivare a modernizzare gli appalti e le concessioni.

Il tutto nel rispetto dei tradizionali principi di tutela della concorrenza e di massima trasparenza.

(6)

VI Una sfida enorme sembra colpire gli Stati in sede di recepimento delle nuove direttive: tenere insieme obiettivi e fini solo in apparenza inconciliabili quali quelli di semplificazione e trasparenza, flessibilità e legalità. In che modo si potrà risultare vittoriosi?

Bisognerà concentrare l’attenzione sulle stazioni appaltanti; sarà importante procedere ad una loro maggiore concentrazione, ma anche dotarle allo stesso tempo del massimo della competenza e della capacità negoziale, pur assicurando i necessari controlli di legalità per prevenire i fenomeni della corruzione; una piaga particolarmente sentita nel nostro Paese.

Le P.A., attraverso i loro investimenti, devono credere nella ricerca di prodotti e servizi innovativi, tecnologici perché solo così potranno ottenere beni di alta qualità e fornire servizi migliori, riuscendo a soddisfare i bisogni dei cittadini che difficilmente potrebbero essere oggetto di investimenti da parte di soggetti privati.

La direttiva 2014/23/UE in tema di concessioni disciplina un settore finora solo parzialmente regolato a livello UE.

Il suo ambito applicativo è definito in modo articolato attraverso una chiara e dettagliata definizione di concetti sino ad ora oggetto di forti contrasti giurisprudenziali; inoltre troviamo una capillare articolazione delle fattispecie escluse; si vuole, insomma, fare chiarezza su una materia che è stata, fino ad oggi, disciplinata solo dai legislatori nazionali in maniera talmente eterogenea da arrecare pregiudizio alla concorrenza del mercato interno. Per raggiungere questo obiettivo il legislatore comunitario è a mio avviso, giustamente partito dalla definizione di concessione, che non riscontriamo in nessuna precedente direttiva, dove ci si limitava a definire la concessione con dei semplici rimandi all’appalto.

Infatti, come vediamo nel Considerando 4, mancando una direttiva ad hoc, fino a questo momento le concessioni di lavori erano disciplinate

(7)

VII dalle norme base della direttiva 2004/18/CE (settori ordinari) e quella dei servizi dai principi generali del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Questo ha comportato interpretazioni discordanti dei principi ed enormi disparità tra le legislazioni degli Stati membri come possiamo riscontrare dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, tuttavia ha affrontato solo in parte alcuni aspetti dell’aggiudicazione dei contratti di concessione.

La strada che si vuole percorrere con la direttiva 2014/23/UE è chiara: garantire l’applicazione uniforme dei principi del Trattato in tutti gli Stati membri per eliminare le “divergenze nell’interpretazione di tali principi”, favorire l’efficienza della spesa pubblica, migliorare la parità di accesso e l'equa partecipazione delle piccole e medie imprese all’aggiudicazione delle concessioni per garantire così il conseguimento degli obiettivi politici prefissati.

(8)

8

CAPITOLO 1: EVOLUZIONE STORICA DELL’ISTITUTO ED INTRODUZIONE ALLA DIRETTIVA 2014/23/UE

1.1. Introduzione

Se cerchiamo di affrontare il tema degli appalti e delle concessioni analizzando come storicamente le direttive comunitarie hanno inciso sulla normativa italiana, possiamo prendere come riferimento tre momenti storici fondamentali che sono stati capaci di dare una scossa ad una materia, a mio avviso tra le più ampie e complesse del diritto. In origine, il settore dei lavori pubblici era disciplinato dalla Legge fondamentale del 1865 che ha resistito per centotrent’anni, insieme al RD 350/1895 e al capitolato generale del 1962.

Grazie all’intervento comunitario, con la direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993, siamo arrivati a superare il precedente quadro normativo; nel 1994 è entrata, infatti, in vigore la legge n. 109 (la c.d. “legge Merloni”) che ha recepito la direttiva stessa.

Con le seguenti direttive 93/37/CEE, relativa ai lavori, 93/36/CEE, relativa agli appalti di forniture, 93/38/CEE, relativa agli appalti nei settori cosiddetti “esclusi” e 92/50/CEE di poco antecedente, relativa agli appalti di servizi, si è cercato di conciliare le normative degli Stati membri ponendo al centro di queste principi fondamentali come quello della trasparenza, della concorrenza, della massima pubblicità negli affidamenti.

Il legislatore comunitario è intervenuto nuovamente nel 2004 con le direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE del 31 marzo 2004, recepite, nel 2006, dal Codice dei contratti pubblici superando così la legge Merloni e le normative relative a forniture, servizi e settori esclusi.

(9)

9 Il Codice dei contratti pubblici rappresenta tutt’oggi, in base alle normative odierne, il ravvicinamento del legislatore italiano alle previsioni comunitarie sugli appalti pubblici.

L’ultima vera decisiva innovazione la stiamo vivendo tutt’oggi con l’ormai imminente arrivo delle nuove direttive europee.

Il 28 marzo 2014 sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 94/65 le tre direttive che riformano il settore degli appalti e delle concessioni: la direttiva 2014/25/UE sugli appalti nei c.d. “settori speciali” (acqua, energia, trasporti e servizi postali), la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici nei settori ordinari e la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. Sono entrate in vigore il 18 aprile 2014 dopo essere state presentate alla Commissione Europea il 20 dicembre 2011, ed approvate dal Parlamento europeo il 15 gennaio 2014 e dal Consiglio l’11 febbraio 2014. Gli Stati membri dovranno attuare le nuove disposizioni nell’ordinamento nazionale entro il 18 aprile 2016.

Rappresentano la vera innovazione in una situazione di grave crisi economica. Con esse si vogliono favorire procedure più semplici e flessibili, agevolare l’accesso al mercato da parte delle imprese, in particolare piccole e medie, favorendo interventi proconcorrenziali a vantaggio del commercio transfrontaliero; attraverso il principio della tutela della concorrenza e dei diritti sociali si passa all’uso strategico degli appalti pubblici e delle concessioni per sviluppare economicamente l’UE1. Esse costituiscono gli strumenti fondamentali

per consentire attraverso i contratti pubblici il miglioramento qualitativo e quantitativo degli investimenti in infrastrutture e servizi strategici. Inoltre l’attenzione rivolta alla gestione degli appalti e delle concessioni può consentire di aumentare l’efficienza della spesa

1 Si veda S. GALLO, Le nuove direttive europee in materia di appalti e

(10)

10 generata dalla domanda pubblica di contratti di lavori, servizi e forniture in un periodo storico caratterizzato da una ridotta disponibilità di risorse; gli appalti e le concessioni rivestono un ruolo strategico per la promozione dell’innovazione, dell’accesso al mercato, della tutela ambientale e della responsabilità sociale.

L’obiettivo è di affermare un’Europa di qualità, al minore costo, nella massima trasparenza e nel minor tempo possibile; costruire opere fondamentali per collegare fisicamente gli Stati membri, per favorire gli scambi di persone e di cose al suo interno, aumentare l’occupazione; insomma una crescita sostenibile, intelligente ed inclusiva23.

1.2. Situazione giuridica precedente alla direttiva 2014/23/UE

Possiamo tranquillamente affermare che la nuova direttiva sulle concessioni rappresenta la principale novità del nuovo “pacchetto” normativo europeo.

Il legislatore europeo considerata la rilevanza assunta dal mercato degli affidamenti in concessione di lavori e servizi ha emanato una specifica direttiva, prevedendo una disciplina normativa unitaria in ordine alle due tipologie di concessione, finora soggette a regimi giuridici differenti4.

Infatti l’aggiudicazione delle concessioni di lavori pubblici, è stata

2 Si veda C. CONTESSA, D. CROCCO, Appalti e concessioni. Le nuove

Direttive Europee, DEI s.r.l. TIPOGRAFIA DEL GENIO CIVILE, Roma, 2015, 17.

3 Si veda la comunicazione “Europa 2020. Una strategia per una crescita

intelligente, sostenibile ed inclusiva”. COM(2010) 2020 del 30 ottobre 2010.

4 Dal combinato disposto dell’art. 1 e dell’art. 5 si evince che i due istituti

giuridici sono soggetti alla stessa disciplina normativa. Ai sensi dell’art. 1, parr. 1 e 2, la direttiva stabilisce che le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori “si applica all’aggiudicazione di concessioni di lavori o di servizi …”. Anche la definizione di concessione, ex art. 5, par. 1, fa riferimento sia alle concessioni di lavori sia alle concessioni di servizi e il predetto par. 2, art. 1 fa esplicita menzione delle due tipologie di concessioni.

(11)

11 soggetta fino ad ora, e lo è tutt’oggi, alle norme di base della direttiva 2004/18/CE, mentre l’aggiudicazione delle concessioni di servizi con interesse transfrontaliero era caratterizzata da vuoto giuridico al quale era possibile sopperire solo mediante l’applicazione dei principi contenuti nei Trattati (libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi), nonché dei principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza; nel 2004, non era ancora emersa, l’importanza di avere un corpus giuridico uniforme.

Con il passare degli anni, l’importanza data al partenariato pubblico privato e la grave crisi economica hanno portato ad un più frequente ricorso all’istituto giuridico in esame.

L’inesistenza di una chiara definizione di concessione e di un’adeguata regolamentazione di tale contratto pubblico hanno inevitabilmente prodotto nel mercato incertezza giuridica.

Con la direttiva 2014/23/UE siamo arrivati così ad un punto di svolta, con il legislatore europeo che ha definito, in termini generali, la concessione; tale definizione non era presente né nella direttiva 2004/18/CE, né nel Codice dei contratti pubblici. Ha poi definito in modo puntuale, senza più dunque richiami alla definizione di appalto, la concessione di lavori e la concessione di servizi.

Più precisamente, la direttiva 2014/23/UE, prevede che per “concessioni” si intendono le concessioni di lavori o di servizi, come definiti, rispettivamente, alle lettere (a) e (b) dell’art. 5, par. 1, dove si descrivono, per la prima volta, le caratteristiche proprie delle concessioni.

In particolare, la concessione di lavori è definita come “un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano

(12)

12 l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo” (art. 5, comma1, lett. a).

Invece, per concessione di servizi si intende “un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto, in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi, diversi dall’esecuzione dei lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo5” (art. 5, comma 1, lett. b). Stiamo parlando di una materia delicata che ha incontrato nel corso degli anni grandi difficoltà e non è mai riuscita fino ad oggi ad avere un suo vero riconoscimento all’interno di un testo normativo. Questo perché si sono affrontate le ostilità di Stati (con la Francia in prima linea) che hanno sempre ostacolato il riconoscimento di una disciplina ad hoc in quanto temevano che una armonizzazione delle legislazioni nazionali in questo settore avrebbe privato gli Stati di spazi di manovra, in particolare per ciò che riguarda la gestione dei servizi di interesse economico generale (SIEG); non era quindi scontato che la proposta di introdurre a livello europeo una normativa uniforme in tema di concessioni fosse destinata ad avere successo.

5 Si avrà concessione di costruzione ed esercizio se la gestione del servizio è

strumentale alla costruzione dell’opera, in quanto diretta a consentire il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla realizzazione, mentre, viceversa, siamo in presenza di una concessione di servizi pubblici quando l’espletamento dei lavori è strumentale, sotto i profili della manutenzione, del restauro e dell’implementazione, alla gestione di un servizio pubblico il cui funzionamento è già assicurato da un’opera esistente. Al riguardo si veda Cons. Stato, Sez. V, 14 aprile 2008, n. 1600. Quindi laddove la gestione del servizio sia funzionale a remunerare la costruzione dell’opera, si ha concessione di lavori. Ove, viceversa, i lavori siano funzionali a rendere possibile, a creare le condizioni, per l’esercizio (o il miglior esercizio) del servizio pubblico, si ha la concessione di servizi. Al riguardo si veda Cons. Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2805.

(13)

13 La direttiva 2004/18/CE sui cc.dd. settori classici si era semplicemente limitata:

- a regolare la materia dell’affidamento delle concessioni di lavori, ma

solo di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (si tratta di una materia che, risultava già disciplinata dalla precedente direttiva 93/37/CEE67);

- a recare una definizione delle concessioni di servizi (in particolare,

distinguendole rispetto agli appalti di servizi8), ma senza prevedere alcuna disposizione finalizzata al ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia.

La definizione che ci viene data dalla direttiva 2004/18/CE è ripresa poi dal Codice dei contratti pubblici (art. 3), ed al successivo art. 30 viene disciplinato l’istituto della concessione nei settori ordinari ed all’art. 216 nei settori speciali.

Il comma 2, del predetto art. 30, ribadendo il carattere distintivo della concessione rispetto all’appalto, definisce la concessione di servizi un contratto nel quale la “controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e sfruttare economicamente il servizio”.

Possiamo quindi vedere che fino all’emanazione della recente direttiva del 2014, poche novità erano state previste rispetto al primo documento ufficiale con cui la Commissione europea aveva tentato di tracciare un quadro di insieme sulla disciplina delle concessioni a livello

6 Modificata dalla direttiva 97/52/CE e poi successivamente abrogata dalla

direttiva 2004/18/CE.

7 La materia delle concessioni è disciplinata nel Codice dei contratti pubblici

di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nel Titolo III, Capo II (artt. 142 e ss.).

8 La direttiva 2004/18/CE definisce la concessione di servizi come “un

contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.

(14)

14 europeo9.

Già in quell’occasione l’Esecutivo comunitario aveva delineato il tratto distintivo fra gli appalti e le concessioni (tanto nella materia dei lavori, quanto in quella dei servizi) individuandolo nella presenza o meno di un rischio di gestione, secondo un approccio che sarebbe stato da ultimo ripreso e chiarito nell’ambito del “pacchetto” normativo del 2014.

Nel periodo compreso fra la pubblicazione della Comunicazione interpretativa dell’aprile 2000 e l’approvazione del recente “pacchetto” normativo, la giurisprudenza e la dottrina avevano concordato sul fatto che, in assenza di una disciplina uniforme in tema di affidamento e gestione delle concessioni, la materia in esame sarebbe stata disciplinata in base ai principi desumibili dagli articoli da 28 a 30 e da 43 a 55 del Trattato di Roma in tema di libera circolazione e diritto di stabilimento (si tratta degli articoli da 34 a 35 e da 49 a 62 dell’attuale formulazione del TFUE).

La giurisprudenza della Corte di Giustizia aveva affermato come l’affidamento e la gestione delle concessioni (in particolare, di servizi) sarebbe stata regolata:

- dal principio di parità di trattamento.

Tale principio implica: a) che le regole in tema di aggiudicazione siano conoscibili ex ante da parte di tutti gli operatori interessati; b) che le offerte debbano essere conformi alla documentazione di gara al fine di consentire una valutazione sulla base di parametri omogenei; c) che risultano contrarie al principio in esame le disposizioni che riservano talune concessioni a imprese nelle quali lo Stato o il settore pubblico detenga una partecipazione maggioritaria o totale (fatte salve le ipotesi

9 Si tratta della Comunicazione interpretativa della Commissione sulle

(15)

15 in cui un diritto speciale o esclusivo di tale genere non risulti contrario agli interessi dell’Unione, art. 106 TFUE10);

- dal principio di proporzionalità11.

In materia di concessioni, gli Stati membri non possono richiedere al momento della selezione dei candidati, capacità tecniche, professionali o finanziarie sproporzionate ed eccessive. Inoltre, la durata della concessione non dovrebbe neppure ridurre o limitare la libera concorrenza oltre quanto necessario a garantire l’ammortamento degli investimenti ed una remunerazione ragionevole dei capitali investiti, mantenendo il rischio inerente alla gestione in capo al concessionario (si tratta, di previsioni riprese e confermate dalla direttiva del 2014); - dal principio di trasparenza.

L’amministrazione deve rendere pubblica e adeguatamente conoscibile la propria intenzione di avviare una procedura ad evidenza pubblica finalizzata all’aggiudicazione della concessione, così da consentire a tutti gli operatori potenzialmente interessati di poter decidere con cognizione di causa se partecipare o meno12;

- dal principio del mutuo riconoscimento13.

Ogni Stato membro deve essere tenuto, ad accettare i prodotti e i servizi forniti da operatori economici appartenenti ad altro Stato membro. Lo Stato membro dell’amministrazione che conferisce la concessione deve altresì accettare le specificazioni tecniche, i controlli, i titoli, i certificati e le qualifiche richiesti da un altro Stato membro,

10 Si veda la sentenza della Corte di Giust. CE, 8 ottobre 1980, in causa

C-810/79 (Ueberschaer).

11 Si veda la sentenza del Tribunale di primo grado, Prima Sezione ampliata,

8 luglio 1999, in causa T-266/97 (Vlaamse Televisie Maatschappij).

12 Si veda la sentenza della Corte di Giust. CE, Sez. VI, 7 dicembre 2000, in

causa C-324/98 (Teleaustria).

13 Si vedano le sentenze della Corte di Giust. CE, 7 maggio 1991, in causa

C-340/89 (Vlassopoulou); Corte di Giust. CE, Sez. VI, 15 luglio 1991, in causa C-76/90 (Dennemeyer).

(16)

16 quando tali elementi vengono riconosciuti come equivalenti.

Alla vigilia della presentazione del nuovo pacchetto normativo (e, in particolare, all’atto della pubblicazione del Libro verde del 27 gennaio 2011 sulla modernizzazione degli appalti pubblici14) era ormai evidente che il mero richiamo ai principi desumibili dal Trattato non risultasse sufficiente ad assicurare, nella materia in esame, un adeguato livello di certezza giuridica.

L’assenza, infatti, di un quadro normativo uniforme a livello europeo e le divergenti interpretazioni che i legislatori e le Corti nazionali offrivano in ordine all’applicazione dei principi del Trattato, costituivano elementi idonei ad introdurre incertezze giuridiche, ad ostacolare la libera prestazione dei servizi e a provocare distorsioni nel funzionamento del mercato interno con conseguenze negative soprattutto a danno delle PMI15.

Queste le ragioni essenziali poste a fondamento della decisione della Commissione europea di avanzare una proposta normativa specifica in tema di aggiudicazione dei contratti di concessione16.

Va rilevato, inoltre, che come in passato la nuova direttiva Concessioni non incide in alcun modo:

 sulla libertà, per gli Stati membri e per le articolazioni sub-statuali, di prestare servizi di proprio interesse nella forma di servizi di interesse generale (SIG) ovvero di servizi di interesse economico generale (SIEG) senza che l’ordinamento comunitario

14 Si tratta del Libro verde della Commissione europea sulla modernizzazione

della politica dell’Ue in materia di appalti pubblici. Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti (documento COM(2011) 15 def. 27 gennaio 2011). Questo documento è stato la base di riferimento per la presentazione delle proposte normative approvate da ultimo con il “pacchetto” dello scorso 26 febbraio.

15 In tal senso si veda il Considerando 1 della direttiva 2014/23/UE.

16 Si tratta del documento COM(2011) 897 def. del 20 dicembre 2011

(Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione).

(17)

17 possa imporre a tal fine vincoli di sorta;

 sulla libertà per gli Stati membri di definire i servizi di interesse economico generale (SIEG), il relativo ambito e le caratteristiche del servizio da prestare, comprese le eventuali condizioni inerenti la qualità del servizio e il relativo finanziamento al fine di perseguire gli obiettivi delle pertinenti politiche pubbliche. Viene altresì, previsto all’art. 4, paragrafo 1, comma 2, che i servizi di interesse generale di carattere non economico non rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva.

Si tratta di un’esclusione molto importante in quanto riguarda l’intero ambito della gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica di cui all’art. 113 bis, del d.lgs. n. 267 del 2000 (c.d. TUEL17).

1.3. Tratti distintivi della direttiva 2014/23/UE

Nonostante la direttiva sarà oggetto di un attento esame nell’ultimo capitolo, qui di seguito cercherò di porre sinteticamente la mia attenzione su quelli che ritengo essere i punti più importanti della riforma rispetto alla disciplina attuale.

Di seguito:

1) la determinazione di un quadro giuridico in materia di aggiudicazione dei contratti di concessione, così da superare quella situazione precedente di incertezza giuridica determinata dall’assenza di una precisa definizione normativa a livello europeo. Sono esclusi dall’ambito applicativo della direttiva i c.d. servizi alla persona, come per es. i servizi sociali, sanitari e nel settore dell’istruzione; ciò è dovuto ad una loro limitata dimensione transfrontaliera e dal fatto che tali

17 Si veda C. CONTESSA, D. CROCCO, Appalti e concessioni. Le nuove

Direttive Europee, DEI s.r.l. TIPOGRAFIA DEL GENIO CIVILE, Roma, 2015, 157 ss.

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18 servizi vengono garantiti in un contesto talmente particolare da mutare da Stato membro all’altro a causa delle differenti tradizioni culturali, ma sempre nel rispetto dei principi generali di trasparenza e non discriminazione18. Inoltre, uno degli obiettivi della direttiva è di favorire l’occupazione e l’inclusione sociale. Questo obiettivo viene perseguito sia mediante concessioni riservate a certe categorie di operatori economici (categorie protette oppure operatori economici che abbiano come scopo principale l’integrazione delle persone disabili), sia mediante concessioni da svolgersi nell’ambito di programmi di lavoro protetti, a condizione che almeno il 30% dei lavoratori impiegati sia costituito da persone disabili o svantaggiate19;

2) è fatta salva la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità al diritto dell’Unione, i servizi d’interesse economico generale, mentre la direttiva esclude dal suo campo di applicazione i servizi non economici d’interesse generale;

3) introduzione al Considerando 23 di un limite di applicazione della direttiva; ovvero questa troverà applicazione alle concessioni di lavori e servizi il cui valore sia pari o superiore ad una determinata soglia di interesse transfrontaliero il quale “dovrebbe essere identico per le concessioni di lavori e servizi, dato che entrambi i contratti hanno spesso ad oggetto elementi legati a lavori e servizi”.

All’art. 8 troviamo la fissazione di tale soglia in 5.186.000 euro20 il quale disciplina anche, per la prima volta, il metodo di calcolo del valore stimato delle concessioni, con la direttiva che specifica il “valore delle

18 Si vedano i Considerando 53 e 54 e art. 19 della direttiva 2014/23/UE. 19 Si veda l’art. 24 della direttiva 2014/23/UE; S. GALLO, Le nuove direttive

europee in materia di appalti e concessioni, MAGGIOLI EDITORE, Santarcangelo di Romagna, 2014, 544.

20 A partire dal 30 giugno 2013, ogni due anni la Commissione verifica che

tale soglia corrisponda a quella stabilita nell’accordo sugli appalti pubblici del1’Organizzazione mondiale del commercio per le concessioni di lavori e se del caso procede alla sua revisione.

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19 concessioni”; le caratteristiche del metodo di calcolo; le grandezze economiche che ne debbono far parte;

4) introduzione di un limite di durata ordinaria delle concessioni relativamente limitato, pari a cinque anni. Come riportato al Considerando 52, la ratio di tale finalità è di “evitare la preclusione nell’accesso al mercato e restrizioni della concorrenza”. Sono previste deroghe a tale limite, laddove una durata maggiore sia necessaria per consentire al concessionario di recuperare l’investimento. In questo caso, quindi, la concessione avrà una durata più lunga ma comunque con il limite in cui si possa “ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti21”.

Vediamo quindi quanto il legislatore comunitario cerchi di mettere in stretta connessione la durata della concessione e l’investimento del concessionario; ma, considerando che nel Codice dei contratti pubblici per le concessioni di servizi non è previsto un limite di durata22, mentre per quelle di lavori il limite è fissato in trent’anni, fatta salva la possibilità di stabilire una durata fino a cinquant’anni nel caso di grossi investimenti.

In sede di recepimento non sarà facile prevedere dei criteri per la fissazione della “ragionevole durata” della concessione23;

5) l’introduzione di una definizione maggiormente dettagliata dei contratti di concessione e la sua specificità rispetto a quella di appalto pubblico24.

Il Considerando 11 prevede che “Le concessioni sono contratti a titolo oneroso mediante i quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno

21 Si veda il Considerando 52.

22 Si veda l’art. 30 Codice dei contratti pubblici.

23 Si veda S. GALLO, Le nuove direttive europee in materia di appalti e

concessioni, MAGGIOLI EDITORE, Santarcangelo di Romagna, 2014, 542 ss.

24 Nelle precedenti direttive la concessione è definita solo con dei rimandi

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20 o più enti aggiudicatori, affidano l’esecuzione di lavori o la prestazione e gestione di servizi a uno o più operatori economici. Tali contratti hanno per oggetto l’acquisizione di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Essi possono, ma non devono necessariamente, implicare un trasferimento di proprietà alle amministrazioni o agli enti aggiudicatori, ma i vantaggi derivanti dai lavori o servizi in questione spettano sempre” a questi ultimi. La direttiva pone così l’accento su due aspetti fondamentali della concessione; innanzitutto la possibilità di avere sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta un’aggregazione, che consenta di unificare le esigenze di diverse amministrazioni e di consentire così agli operatori economici di soddisfare tale domanda complessa.

In secondo luogo il legislatore comunitario ha ben presente che ai fini di una definizione delle concessioni, importa marginalmente la titolarità dell’opera costruita che può al termine della concessione rimanere privata, ma piuttosto è determinante l’esercizio del servizio pubblico in capo al privato. Non bisogna comunque dimenticare che tale servizio rimane una prerogativa dell’ente pubblico il quale, al termine della concessione, potrà liberamente disporre una nuova concessione (questa volta solo di servizi) oppure scegliere per la gestione diretta;

6) introduzione della definizione di rischio operativo c.d. ‘sostanziale’ in capo al concessionario. A causa delle fluttuazioni di mercato la norma comunitaria chiarisce che il rischio operativo ha natura economica, trattandosi della possibilità per il concessionario di non riuscire a recuperare i costi e gli investimenti effettuati per la realizzazione dei lavori o dei servizi aggiudicati in condizioni operative normali. Quindi il rischio operativo è strettamente collegato a fattori che si pongono al di fuori del controllo delle parti, ma che attengano al

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21 mercato e all’oscillamento della domanda e dell’offerta; quindi la disciplina delle concessioni non è applicabile quando l’ente aggiudicatore sollevi l’operatore economico da qualsiasi potenziale perdita, assicurandogli un introito minimo di importo pari o superiore agli investimenti e ai costi sostenuti25.

Vediamo quindi, dall’art. 5 della direttiva in esame, che il diritto di gestire i lavori o i servizi oggetto del contratto comporta il trasferimento al concessionario del c.d. rischio operativo sostanziale; ciò avviene “nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dell’opera o dei servizi oggetto della concessione26”.

Su questo aspetto è stato fatto un grande passo in avanti colmando una lacuna normativa considerevole del nostro Codice dei contratti pubblici; in esso non è rintracciabile alcuna norma che definisce in cosa consiste esattamente il rischio operativo. Nella prassi, sono spesso previsti meccanismi di varia natura per attenuare il più possibile l’alea di rischio in capo al concessionario e riallocarlo sull’amministrazione. Sicuramente sarà controverso in fase di recepimento della direttiva come il legislatore comunitario ha puntualizzato, che il rischio a carico del concessionario di non recuperare l’investimento e i costi sostenuti deve verificarsi in “condizioni operative normali”. L’aggettivo “normale” sarà oggetto di interpretazioni eterogenee in quanto solo ad una prima lettura sembra far salvi i casi di estreme depressioni economiche ma ciò dovrà essere adeguamento chiarito27;

7) la precisazione di un aspetto fondamentale come il c.d “in

25 Si veda il Considerando 18.

26 Si veda l’art. 5, direttiva 2014/23/UE. Inoltre si vedano i Considerando 18,

19 e 20 della medesima direttiva.

27 Si veda M.A. CABIDDU, Le direttive appalti e concessioni: novità e punti

critici in sede di recepimento nell’ordinamento nazionale, in Dir. e prat. amm., n. 5, 2014, 7.

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22 house providing28” il quale codifica, (salvo alcune eccezioni, richieste dagli Stati membri e accettate, non senza riserve, dalla Commissione europea) per la prima volta, i principi fissati dalla Corte di Giustizia fino ad ora mai codificato ma frutto dell’elaborazione giurisprudenziale, e gli accordi tra amministrazioni in materia di contratti pubblici mai disciplinati a livello legislativo.

Nell’art. 17, della direttiva Concessioni, il quale codifica i principi esposti nel Considerando 46, oltre ad avere una precisa definizione dei concetti di “controllo analogo" e di “attività prevalente", viene sancita la possibilità che un privato partecipi ad una società in-house, nel rispetto di determinate condizioni29;

8) la previsione, sulla base dei principi previsti dal Trattato di requisiti specifici e dettagliati applicabili alle diverse fasi del processo di aggiudicazione delle concessioni.

L’art. 31 (Titolo II, Capo I) prevede l’obbligo di pubblicare nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, precedentemente alla loro aggiudicazione, i bandi relativi ai contratti di concessioni di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario. Tale obbligo è previsto con l’unica finalità di garantire la trasparenza e la parità di trattamento a tutti gli operatori economici.

Ai sensi dell’art. 32, inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici entro 48 giorni dall’aggiudicazione di una concessione devono inviare un avviso di aggiudicazione della concessione, il quale deve necessariamente contenere i risultati della procedura di aggiudicazione.

Una serie di garanzie procedurali da applicare all’aggiudicazione delle concessioni, in particolare durante la fase delle negoziazioni.

28 Modello di organizzazione e gestione dei pubblici servizi (erogazione di

servizi, forniture e lavori) che le P.A. adottano attraverso propri organismi, cioè senza ricorrere al libero mercato.

29 Si veda S. GALLO, Le nuove direttive europee in materia di appalti e

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23 Le norme indicate, non contemplano, un elenco prefissato di procedure, ma danno determinate indicazioni al fine di rendere l’intero processo più equo e trasparente30 senza tuttavia privare le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di margine di manovra per quanto riguarda l’organizzazione delle procedure di aggiudicazione.

Al riguardo anche l’art. 38 (Titolo II, Capo II) stabilisce le condizioni di partecipazione relative alle capacità tecnico-professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati o degli offerenti conformemente ai requisiti specificati nel bando di concessione i quali sono non discriminatori e proporzionati all’oggetto della concessione (valutazione qualitativa dei candidati).

Anche per le concessioni, sarà possibile dunque, condurre negoziazioni con i candidati e con gli offerenti, sempre che l’oggetto, i criteri di aggiudicazione e i requisiti minimi non siano modificati nel corso delle negoziazioni31; si tratta di una disposizione fortemente innovativa rispetto alla disciplina dettata dal Codice dei contratti pubblici del 2006 per le concessioni di lavori, che non prevede procedure negoziate. L’art. 39 (Titolo II, Capo II, Sezione II) prevede il termine minimo di 52 giorni dalla data di spedizione del bando per la presentazione delle domande di partecipazione alla concessione. Tale limite può essere ridotto di 5 giorni quando l’autorità aggiudicatrice/ente aggiudicatore ammetta la presentazione delle offerte tramite modalità elettronica (art. 39, par. 5).

L’art. 41 (Titolo II, Capo II, Sezione II) si occupa dei criteri oggettivi di aggiudicazione delle concessioni i quali devono essere conformi all’art. 3 della stessa direttiva (parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza) e tali da assicurare una valutazione delle offerte in

30 Si veda il Considerando 68. 31 Si veda l’art. 37, comma 6.

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24 condizioni di concorrenza effettiva in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore.

Inoltre non bisogna assolutamente dimenticare che in fase di esecuzione dei contratti di concessione gli operatori economici devono rispettare gli obblighi previsti in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro32 stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni ambientali, sociali e di diritto del lavoro previste da Convenzioni internazionali33;

9) introduzione di una disposizione riguardante la modifica dei contratti durante il periodo di validità (Titolo III, art. 43). Abbiamo quindi una sezione dedicata alla fase di esecuzione delle concessioni (Titolo III), in precedenza mai presa in considerazione dal legislatore europeo, e in Italia disciplinata quasi integralmente dal D.P.R. n. 207, del 2010. Da tale fase possono derivare problematiche di diverso tipo, correlate alla durata dell’affidamento, alla possibilità che si verifichino condizioni impreviste, a scelte amministrative o a cambiamenti relativi al concessionario (riorganizzazioni interne, fusioni e acquisizioni, o insolvenza).

L’art. 43, prevede, che sia avviata una procedura di aggiudicazione ex novo nel caso in cui vi siano “modifiche sostanziali” delle disposizioni della concessione iniziale, laddove vi siano circostanze esterne che non potevano essere previste al momento dell’aggiudicazione della concessione. La ratio di tale disposizione è di garantire un equilibrio economico-finanziario della gestione complessiva quando vi è il sopravvenire di situazioni differenti ed inaspettate che determinano l’esigenza di un riesame delle clausole contrattuali; è necessario quindi riequilibrare il contratto, e la direttiva stabilisce i limiti entro i quali è

32 Si vedano i Considerando 55 e 64 della direttiva Concessioni. 33 Si veda l’elenco di tali Convenzioni nell’allegato X della direttiva.

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25 possibile modificare i patti ed il concessionario, senza dar luogo ad un nuovo affidamento34.

Inoltre mi preme rilevare come l’art. 45, rubricato “Monitoraggio e relazioni” della direttiva Concessioni35, prevede che, al fine di garantire una corretta ed efficace attuazione della medesima, l’Autorità competente per il monitoraggio metta a disposizione del pubblico, attraverso opportuni mezzi di informazione, i risultati delle attività. Tutto ciò ha la ratio di aiutare le amministrazioni, gli enti aggiudicatori e gli operatori economici ad applicarle correttamente;

10) l’estensione alle concessioni delle norme relative ai mezzi di ricorso valevoli per gli appalti nei settori ordinari e speciali36;

11) le amministrazioni aggiudicatrici devono prendere adeguate misure per combattere frodi, favoritismi e corruzione e per prevenire efficacemente, identificare e risolvere conflitti di interesse che possono sorgere al momento dello svolgimento delle procedure di aggiudicazione di concessione37.

Come sottolineato dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCR oggi ANAC) con atto di segnalazione n. 3 del 21 maggio 2014, la direttiva concessioni si propone da un lato di

34 Si vedano i Considerando da 75 a 80.

35 Detta disposizione integra le previsioni nazionali di cui alla legge 6

novembre 2012, n. 190 (recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”) e di cui al d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (recante il “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”) che, in attuazione del principio comunitario e costituzionale di trasparenza, dispongono la pubblicità dei dati e la conoscibilità delle informazioni riguardanti operatori economici e stazioni appaltanti, ed attribuiscono all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (ora Autorità nazionale anti corruzione) un ruolo strategico per gli adempimenti allo scopo previsti.

36 Si veda S. GALLO, Le nuove direttive europee in materia di appalti e

concessioni, MAGGIOLI EDITORE, Santarcangelo di Romagna, 2014, 537 ss.

37 Si veda C. CONTESSA, D. CROCCO, Appalti e concessioni. Le nuove

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26 "superare le significative divergenze tra le varie discipline nazionali38” e dall’altro di offrire certezza giuridica in un settore fondamentale, al quale l’Europa si affida per superare la fase di crisi economica. A mio avviso sui legislatori nazionali grava un compito assai difficile, perché, quanto meno in Italia, si dovrà mettere ordine in un settore che, come più volte ho detto, dal punto di vista normativo, è sempre stato oggetto di rinvii ed interpretazioni che hanno solo favorito l’incertezza giuridica, senza mai avere una riflessione generale e sistematica, che adesso, però non può tardare ad arrivare39.

Appare quindi di primaria importanza l’individuazione di un quadro normativo chiaro e sistematico, nonché l’aver assoggettato allo stesso regime giuridico sia la concessione di lavori sia la concessione di servizi.

1.4. D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163

La legislazione italiana fino agli inizi degli anni 90’ ha risentito molto poco dell’eurolegislazione e della giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di appalti pubblici e concessioni.

Fino a quegli anni la normativa nazionale di riferimento risultava ancora essere disciplinata dalle norme previste nella legge di contabilità generale dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2240; regolamento di attuazione 23 maggio 1924, n. 827). Solo successivamente diviene imprescindibile il riferimento al legislatore comunitario e alla giurisprudenza comunitaria40.

38 Si veda AVCP, “Atto di segnalazione n. 3 del 21 maggio 2014”, p. 17. 39 Si veda S. GALLO, Le nuove direttive europee in materia di appalti e

concessioni, MAGGIOLI EDITORE, Santarcangelo di Romagna, 2014, 545.

40 Si vedano il d.lgs. n. 358/1992 (“Testo unico delle disposizioni in materia

di appalti pubblici di forniture”), emanato in recepimento della direttive comunitarie che disciplinavano gli appalti di forniture; il d.lgs. n. 157/1995 che ha dato attuazione alla direttiva 92/50/CE in materia di appalti pubblici di servizi; il d.lgs. n. 158/1995 relativo agli appalti di lavori, servizi e forniture nei settori esclusi; la legge 109/1994

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27 L’importanza attribuita all’intervento comunitario è stata resa necessaria in virtù della grande difficoltà incontrata dalle imprese nella ricerca di commesse pubbliche in Paesi diversi da quelli di appartenenza; esso rappresenta l’espressione di una logica protezionistica che trova accoglienza nel testo di leggi e regolamenti, così com’è nella prassi di ciascun Stato membro.

Nel Trattato istitutivo della CEE troviamo i “principi informatori” della normativa comunitaria; si pensi al c.d. diritto di stabilimento (artt. 52 e ss.) e ai principi di libera circolazione dei beni (artt. 30 e ss.) e prestazioni dei servizi (artt. 59 e ss.) che trovano fondamento nel generale divieto, contenuto nell’art. 7 del Trattato, di ogni discriminazione basata sulla nazionalità.

L’instaurazione di un mercato unico non si sarebbe potuta realizzare in maniera completa se non si fosse provveduto ad elaborare un insieme di regole volte a coordinare e ad armonizzare le procedure nazionali di aggiudicazione dei contratti pubblici.

Il percorso che è stato affrontato si è rivelato lungo e frastagliato con molti interventi a livello comunitario; dalle direttive n. 71/305/CEE, del 26 luglio 1971, e n. 77/62/CEE, del 21 dicembre 1976, rispettivamente in materia di appalti di lavori pubblici e di appalti pubblici di forniture, passando dalle direttive n. 89/440/CEE, del 18 luglio 1989, e la n. 88/295/CEE, del 22 marzo 1988 (che hanno novellato le direttive nn. 71/305/CEE e 77/62/CEE), rispettivamente in materia di appalti di lavori pubblici e di appalti pubblici di forniture fino ad arrivare all’adozione delle direttive 93/37/CEE (modificata dalla direttiva 97/52/CE), in materia di appalti di lavori, e 93/36/CEE (modificata dalla direttiva 97/52/CE), in materia di appalti di forniture, entrambe del 14

e il D.P.R. n. 554/1999 disciplinano poi gli appalti di lavori pubblici nei settori ordinari, sopra e sotto la soglia di rilevanza comunitaria.

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28 giugno 1993, e la n. 92/50/CEE (modificata con la direttiva 97/52/CE), del 18 giugno 1992, in materia di appalti pubblici di servizi41.

Proprio con la direttiva 93/37/CEE, del 14 giugno 1993, è stato superato il precedente quadro normativo a seguito del recepimento della direttiva stessa con la legge Merloni (Legge 109/1994).

Di nuovo l’eurolegislazione con le direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, del 31 marzo, ha consentito di superare la Merloni per darci così il quadro attuale di riferimento.

Attualmente nell’ordinamento italiano l’intera disciplina dell’affidamento e dell’esecuzione dei lavori pubblici è disciplinata dal “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”; emanato con il d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 ed entrato in vigore il 1° luglio 2006. Raccoglie in modo organico la disciplina vigente dei contratti e degli appalti pubblici in Italia.

Con esso si è data attuazione a due direttive Comunitarie sugli appalti pubblici:

 2004/17/CE in tema di lavori e

 2004/18/CE in tema di servizi e forniture42.

Il Codice reca una completa disciplina sia dei contratti, sia delle concessioni interessanti dette materie anche nei settori esclusi, sia di rilevanza comunitaria sia di valore c.d. sottosoglia43.

Tuttavia nei suoi pochi anni di vigenza ha subito innumerevoli modifiche ed integrazioni; dall’art. 1-octies, del d.l. 12 maggio 2006, n.

41 Si veda Enciclopedia giuridica, G. TRECCANI, Roma, 1988, 1 ss. 42 Le direttive riproducono in larga misura la normativa comunitaria

preesistente, ma al tempo stesso prevedono significative innovazioni, per rispondere meglio alle richieste degli operatori ed all’evoluzione anche tecnologica dei mercati: vedasi ad es. la disciplina di meccanismi di committenza per via elettronica per quanto riguarda i settori ordinari; la previsione di un’apposita procedura negoziata per appalti particolarmente complessi, che permette di instaurare un dialogo competitivo con i concorrenti ecc.

43 Si veda A. CIANFLONE, G. GIOVANNINI, L’appalto di opere pubbliche,

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29 173, conv. in l. 12 luglio 2006, n. 228 (segnatamente alle norme concernenti la sua entrata in vigore), dal d.lgs. 26 gennaio 2007, n. 6, dal d.lgs. 31 luglio 2007, n. 113, e dal d.lgs. 11 settembre 2008, n. 15244. Esso contiene una disciplina unitaria delle gare per l’affidamento di lavori, servizi e forniture ma non si manca di disciplinare sia la fase antecedente a partire dalla programmazione sia la fase successiva relativa all’esecuzione del contratto; vengono introdotte nuove tipologie di procedure di aggiudicazione delle gare quali il dialogo competitivo, l’accordo-quadro, il sistema dinamico di acquisizione, le aste elettroniche. In ciò adempiendo il legislatore italiano agli obiettivi di semplificazione e flessibilità degli strumenti giuridici.

Vengono altresì introdotte norme volte a garantire una maggiore concorrenza nei mercati, come un maggiore rigore nella predeterminazione dei criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il rispetto di un più accentuato contraddittorio nella fase di verifica delle offerte anomale, l’introduzione del principio di equivalenza nella disciplina delle specifiche tecniche.

Alcuni obiettivi del legislatore sono stati conseguiti solo in parte; come ad esempio la razionalizzazione della spesa e la centralizzazione della committenza, la trasparenza e la definizione di misure volte a favorire l’attuazione del principio di concorrenza, nonché il sostegno alle piccole e medie imprese per agevolare l’accesso alle procedure di gara. Occorre soprattutto ricordare, tra i vari interventi di modifica del codice, quelli volti ad incrementare il ruolo delle micro, piccole e medie imprese (MPMI) che costituiscono il 98% del tessuto imprenditoriale dell’Unione Europea. Interventi diretti a migliorare l’ambiente

44 Si veda GREGO M., MASSARI A., Il nuovo codice dei contratti pubblici,

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30 economico in cui esse operano, a diminuire i costi, ad aumentare la produttività e il posizionamento competitivo delle stesse.

Il legislatore nazionale è intervenuto così prevedendo a titolo esemplificativo, i “contratti di rete”, con i quali due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali, allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Ed ancora, norme volte a vietare alle P.A. l’introduzione nei bandi di requisiti finanziari sproporzionati rispetto al valore del contratto.

Ed ancora, misure di semplificazione e trasparenza di cui all’art. 11, del d.l. n. 52/2012, in materia di gare elettroniche che prevedono una seduta pubblica per l’apertura dell’offerta tecnica in caso di criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa al fine di procedere alla verifica della presenza dei documenti.

Il numero e la complessità delle norme contenute nel Codice e nel regolamento di attuazione, le innumerevoli modifiche normative succedutesi nel breve volgere di pochi anni, hanno segnano in termini critici il destino del codice stesso.

In data 8 giugno 2011 è entrato in vigore il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, relativo al “Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice degli appalti”. Il nuovo Regolamento, che abroga e sostituisce i precedenti regolamenti relativi al D.P.R. 554/1999 e il D.P.R. 34/2000, introduce numerosi profili innovativi nell’ambito dei contratti pubblici ed anche in tema di qualificazione delle imprese45.

In relazione alla disciplina dell’esecuzione dei lavori pubblici, il D.P.R. n. 207/2010, si è in gran parte limitato a riprendere quanto previsto dal D.P.R. 554/1999 con poche innovazioni, prevalentemente consistenti

45 Si veda M. E. COMBA, L’esecuzione delle opere pubbliche con cenni di

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31 nell’eliminazione dei difetti di coordinamento tra norme o nel recepimento di orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati4647.

1.5. Evoluzione storica dell’istituto. Dalle origini alla legge Merloni

Ripercorrendo l'evoluzione della produzione normativa nel settore in esame troviamo numerose leggi e disposizioni speciali, di cui talune a carattere generale concernenti tutte le opere pubbliche, qualunque fosse la natura di queste o l’amministrazione competente, altre, invece, relative a lavori di categorie determinate o di competenza di alcune amministrazioni.

Dobbiamo richiamare tra le leggi di applicazione generale in primo luogo, la legge fondamentale sui lavori pubblici di cui all’allegato F della legge 20 marzo 1865, n. 2248, che detta norme sul contenuto dei contratti di appalto e sulla loro esecuzione, modificata dalla legge n. 294, del 1893, che per quasi 130 anni ha costituito la fonte di norme di dettaglio, ma anche il testo al quale l’interprete si è costantemente riferito per desumere i principi generali della materia48.

In tale allegato, il Titolo VI (artt. 319-365) è interamente dedicato alla gestione amministrativa ed economica dei lavori pubblici.

Numerosi sono gli atti normativi, succedutisi nei primi decenni del 900’, recanti disposizioni per l’esecuzione di opere dello Stato e degli enti

46 A titolo esemplificativo: innovazione introdotta dall’art. 129, comma 3,

(art. 129-136, D.P.R. n. 207/2010) consistente nella disciplina del sistema globale di garanzia.

47 Si vedano L. PALADINI, Le fonti del diritto italiano, IL MULINO,

Bologna, 1996, 352 ss.; R. BIN, G. PITRUZZELLA, Le fonti del diritto, GIAPPICHELLI EDITORE, Torino, 2009, 189-190.

48 Si vedano A. CIANFLONE, G. GIOVANNINI, L’appalto di opere

pubbliche, GIUFFRÈ EDITORE, Milano, 2012, 73 ss.; N. CENTOFANTI, La patologia del contratto di appalto di opere pubbliche nella giurisprudenza, CEDAM, Padova, 2000, 1-2.

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32 locali49, tra i quali il r.d. 8 febbraio 1923, n. 422, più volte modificato,

con atti successivi, il r.d.l. 28 agosto 1924, n. 1396, convertito dalla legge n. 1013 del 1926.

Con la legge 24 giugno 1929, n. 1137, sono state inoltre dettate disposizioni in materia di concessioni di opere pubbliche.

Nell’ambito delle fonti aventi applicazione generale, occorre anche ricordare le norme fondamentali in materia di contabilità pubblica, che, essendo riferite a tutta l’attività contrattuale della P.A., trovano applicazione in assenza di espresse previsioni derogatorie, anche al settore dei lavori pubblici.

Nello specifico, il r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, recante la legge sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato e il relativo regolamento, approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 827, disciplinano la scelta del privato contraente, la stipulazione, l’approvazione ed esecuzione dei contratti, il collaudo.

Norme di carattere tecnico relative alla scelta e al collaudo dei materiali sono contenute inoltre in un gran numero di atti adottati nel corso di più di un secolo.

Nei primi due decenni dell’ordinamento repubblicano sono state introdotte altre normative di carattere organico, sebbene di oggetto più limitato: tra le principali, ricordo la legge 10 febbraio 1962, n. 57, che ha previsto l’istituzione dell’Albo nazionale dei costruttori, nel quale sono iscritte le imprese che realizzano i lavori pubblici50.

49 Si veda Digesto delle discipline pubblicistiche, UTET, Torino, 1987,

296-297.

50 Il comitato centrale dell’albo può sospendere, nelle fattispecie previste

dall’art. 20, l. 57/1962, come, ad esempio, in caso di fallimento dell’impresa o qualora vi siano procedimenti penali in corso, l’iscrizione all’albo.

La sospensione è disposta per un periodo che va da tre a sei mesi nelle ipotesi previste dall’art. 24, dir. n. 93/37/Cee, ex art. 8, 7° comma, l. 109/1994. La giurisprudenza ritiene che la sospensione possa essere disposta anche qualora il procedimento penale riguardi amministratori o tecnici dell’impresa successivamente sostituiti nella carica. La cancellazione dall’albo è disposta nei casi di maggiore gravità e di recidiva. La

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33 La stessa legge n. 57, è stata oggetto di numerose modifiche ed integrazioni, introdotte per lo più dalla c.d. “legislazione antimafia”. A partire dalla metà degli anni ‘60, la produzione legislativa si caratterizza per una maggiore frammentarietà e disorganicità degli interventi: in quegli anni ha inizio il filone delle leggi che modificano, in modo episodico la disciplina di singoli istituti, accentuando la confusione del quadro normativo.

Vengono in rilievo, soprattutto dagli inizi degli anni ‘7051 leggi che

hanno l’intento di “accelerare” o “semplificare” le procedure per la realizzazione di opere pubbliche.

Principalmente questo fenomeno ha riguardato il settore dei lavori pubblici, mentre il settore servizi e forniture ha continuato ad essere regolato dalla legislazione fondamentale, almeno sino all’entrata in vigore della legislazione europea52.

condanna penale per delitto, ad esempio, è causa di cancellazione dall’albo, ex art. 21, l. 10 febbraio 1962, n. 57, nel caso la sua gravità faccia venire meno i requisiti morali richiesti per l’iscrizione, demandando all’amministrazione la valutazione della concreta gravità della condanna.

51 Ricordo, tra le altre, la l. n. 504, del 3 luglio 1970, “Norme per gli appalti

di opere pubbliche mediante esperimento di gara con offerta in aumento”; la l. n. 14, del 2 febbraio 1973, “Norme sui procedimenti di gara negli appalti di opere pubbliche mediante licitazione privata”; la l. n. 8, del 12 gennaio 1974, “Norme in materia di appalti di opere pubbliche”; la l. n. 80, del 17 febbraio 1987, “Norme straordinarie per l’accelerazione dell’esecuzione di opere pubbliche”; la l. n. 584, dell’8 agosto 1977 di “Adeguamento alle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunità Europea”; la l. n. 741, del 10 dicembre 1981, “Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche”.

52 Tale distinzione è stata introdotta dagli artt. 3 e 4, del r.d. 18 novembre

1923, n. 2440, a tenore del quale “i contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato devono essere preceduti da gara mediante pubblico incanto o licitazione privata, a giudizio discrezionale dell’amministrazione”, mentre era previsto che solo per “speciali lavori o forniture possono invitarsi le persone o ditte ritenute idonee a presentare, in base a prestabilite norme di massima, i progetti tecnici e le condizioni alle quali sono disposti ad eseguirli… nei modi che saranno stabiliti nell’invito si procede, a giudizio insindacabile dell’amministrazione, alla scelta del progetto che risulti preferibile, tenuto conto degli elementi economici o tecnici delle singole offerte e delle garanzie di capacità e serietà che presentano gli offerenti…”.

La differenza è evidente:

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34 Vennero così introdotte discipline speciali, destinate a regolare l’affidamento e l’esecuzione di specifici lavori, e discipline che derogavano alla normativa generale per interventi caratterizzati da particolare urgenza.

Tale forma di intervento legislativo, proseguita nel decennio successivo, diviene tanto frequente da alterare il consueto rapporto tra norme speciali e norme generali, rendendo l’applicazione di queste ultime sempre più rara e residuale.

Dei ventitré principali atti legislativi adottati nel decennio 1970 ben quattordici contengono previsioni derogatorie alla normativa generale in materia di esecuzione dei lavori pubblici o alla normativa in materia di contabilità pubblica.

Questo tipo di produzione legislativa ha comportato la sovrapposizione di norme di portata più limitata, accentuando nel complesso la stratificazione del sistema normativo.

Un impulso alla riaggregazione del tessuto normativo è stato impresso, sul finire degli anni 70, dal processo di recepimento delle direttive comunitarie.

La prima direttiva, volta al riavvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, è la direttiva 71/305/CEE, la quale è stata recepita nell’ordinamento italiano soltanto nel 1977, con la legge n. 584, di adeguamento alle direttive del Consiglio CEE, modificata dalla direttiva 89/440/CEE, del 18 luglio 198953.

Anche dopo l’approvazione di tale disciplina non è peraltro cessata

- nella licitazione (o nell’appalto – concorso) si sceglie il miglior progetto, sulla base di elementi economici e tecnici.

Nell’incanto, il progetto è interamente predisposto dall’amministrazione, nella licitazione è predisposto in collaborazione con l’offerente, sulla base di criteri di massima predisposti dalla stazione appaltante.

53 Si veda Digesto delle discipline pubblicistiche, UTET, Torino, 1987,

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35 l’adozione di normative speciali, che, al fine di eludere le prescrizioni di derivazione comunitaria, hanno limitato o addirittura escluso l'applicazione della legge con riferimento alla realizzazione di specifici interventi.

Un fenomeno assai frequente che si è sviluppato in questi anni è costituito dalla utilizzazione della concessione e dell’altrettanto frequente ricorso alla trattativa privata con un netto ostacolo verso le regole di aggiudicazione di tipo concorrenziale; troviamo una sottrazione di tali fattispecie agli obblighi concorsuali e di motivazione previsti per l'aggiudicazione degli appalti di opere pubbliche e nella conseguente maggiore discrezionalità consentita all’amministrazione in sede di scelta del soggetto contraente. Di fronte alle difficoltà incontrate dall’amministrazione in ordine alla programmazione e alla progettazione degli interventi, nonché al puntuale controllo circa il corretto adempimento degli obblighi contrattuali, corrispose, un crescente coinvolgimento di soggetti, strutture e competenze esterne all’amministrazione stessa. Per le opere pubbliche, ciò avvenne in larga parte proprio mediante l’utilizzo sempre più esteso dell'istituto della concessione, soprattutto in vista dei vantaggi collegati alla possibilità di accollare in tal modo al concessionario, oltre all’attività di progettazione, tutta una serie di compiti (relativi al coordinamento, alla direzione e alla contabilizzazione dei lavori) tradizionalmente spettanti all'Amministrazione.

In Italia l’istituto della concessione di opere pubbliche si basava, in linea generale, sulla legge 24 giugno 1929, n. 1137, in base alla quale (art. 1, primo comma) “possono essere concesse in esecuzione a Province, Comuni, consorzi e privati, opere pubbliche di qualunque natura, anche indipendentemente dall'esercizio delle opere stesse”.

Per lungo tempo tale disposizione ha favorito nel nostro ordinamento un’interpretazione molto più ampia di questo istituto, nel cui ambito

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