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Rischi all'export e coperture assicurative: realta' italiana e confronti internazionali

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea magistrale in “Strategia, Management e

Controllo”

Curriculum: “Strategia e Governo delle Aziende”

TESI DI LAUREA:

Rischi all'export e coperture assicurative: realtà italiana e

confronti internazionali

RELATORE: CANDIDATO:

Prof.ssa Antonella Cappiello Lorenzo Puzzo

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INDICE

INTRODUZIONE ... 6

1. I RISCHI ALL’EXPORT ... 9

1.1 I rischi pre-consegna ... 9

1.1.1 Il rischio di revoca della commessa... 10

1.1.2 Il rischio di cambio ... 12

1.1.3 Il rischio di tasso d’interesse ... 16

1.2 I rischi post-consegna ... 17

1.2.1 Il rischio di credito ... 17

1.2.2 Il rischio di liquidità del credito ... 19

1.2.3 Il rischio politico ... 20

2. IL CONTESTO NORMATIVO INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E NAZIONALE ... 23

2.1 Il contesto normativo internazionale: l’Ocse ... 23

2.1.1 Il Consensus ... 25

2.2 Il contesto normativo comunitario... 28

2.3 Il contesto normativo nazionale ... 30

3. LE EXPORT CREDIT AGENCIES E LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PAESE ... 33

3.1 Il ruolo e le funzioni delle Export Credit Agencies ... 33

3.2 Il rischio paese: criteri e analisi della ECA italiana SACE ... 34

3.3 Il rischio d’insolvenza e l’assicurazione dei crediti export ... 38

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3

4. IL SOSTEGNO PUBBLICO: LA SACE ... 45

4.1 La SACE ... 45

4.2 L’operatività della SACE ... 48

4.2.1 La valutazione di SACE dei rischi di credito di controparti private ... 52

4.2.2 L’analisi qualitativa e quantitativa ... 53

4.2.3 Il cash flow ... 55

4.2.4 L’analisi prospettica... 56

5. I PRODOTTI E SERVIZI DELLA SACE ... 59

5.1 I prodotti assicurativi contro i rischi di mancato pagamento ... 59

5.1.1 Il supplier’s credit e la polizza credito fornitore ... 59

5.1.2 Le polizze Basic e Plus One ... 62

5.1.3 La polizza Multimarket Globale... 62

5.2 I prodotti bancari ... 63

5.2.1 Il buyer’s credit e la polizza acquirente ... 63

5.2.2 Le Conferme di credito documentario ... 66

5.3 SACE BT: servizi e prodotti assicurativi... 67

5.3.1 Le cauzioni estero ... 70

5.3.2 Le garanzie di SACE BT per i rischi della costruzione ... 72

5.3.3 Le Garanzie IVA e doganali ... 74

5.4 I prodotti per l’internazionalizzazione e innovazione delle imprese ... 75

5.4.1 I finanziamenti per l’internazionalizzazione ... 76

5.4.2 Il Fondo Sviluppo Export ... 77

5.4.3 Le garanzie finanziarie ... 78

5.5 I prodotti per migliorare la liquidità aziendale ... 79

5.5.1 SACE FCT ... 79

5.5.2 Il factoring ... 80

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5.7 Il ruolo di SACE nella crescita delle imprese: il caso Fimer ... 86

6. LE PRINCIPALI COMPAGNIE ASSICURATIVE ALL’EXPORT OPERANTI IN ITALIA ... 89

6.1 Coface ... 89

6.1.1 Coface in Italia ... 91

6.1.2 Corporate governance e business strategy... 92

6.1.3 Coface: metodologia di valutazione del rischio paese ... 94

6.1.4 I prodotti e servizi assicurativi ... 95

6.2 Euler Hermes ... 100

6.2.1 Euler Hermes in Italia ... 102

6.2.2 Corporate governance e business strategy... 103

6.2.3 Euler Hermes: metodologia di valutazione del rischio paese ... 105

6.2.4 I prodotti e servizi assicurativi ... 106

6.3 Atradius ... 115

6.3.1 Atradius in Italia ... 116

6.3.2 Corporate governance e business strategy... 116

6.3.3 Atradius: metodologia di valutazione del rischio paese ... 118

6.3.4 I prodotti e servizi assicurativi ... 119

CONCLUSIONI ... 129

BIBLIOGRAFIA ... 135

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INTRODUZIONE

I rischi insiti nelle transazioni commerciali internazionali sono molteplici e possono riguardare differenti aspetti della puntuale esecuzione delle obbligazioni.

Dall’origine il rischio più tipico è quello relativo al mancato pagamento della vendita di beni o prestazione di servizi, ma il tempo ha assistito a profondi mutamenti degli scenari economici mondiali, alla crescente integrazione dei mercati sulla spinta della globalizzazione, e tutto ciò ha fatto sì che il concetto di rischio si sia ampliato, stratificato, diventando, elemento centrale nella valutazione delle transazioni commerciali.

In questo elaborato saranno trattati i rischi che più frequentemente possono esporre le aziende esportatrici a danni economici, in grado talvolta di impattare considerevolmente sull’andamento gestionale, e saranno descritti i numerosi strumenti e prodotti finanziari e assicurativi che le principali Export Credit Agencies mondiali mettono a disposizione nella loro attività di supporto alle imprese che operano sui mercati internazionali e all’export in generale.

Trattando dei diversi rischi connessi alle transazioni commerciali con l’estero si è ritenuto di focalizzare l’attenzione sul rischio paese.

Fino ad alcuni decenni fa il rischio paese si identificava interamente con il rischio politico, ma è sul finire degli anni ‘60 inizi ‘70 che il rischio paese assume un significato più proprio sull’onda dei mutamenti sociali ed economici globali, e con le economie emergenti che accedono alla rete commerciale globale generando, tuttavia, una maggiore instabilità geopolitica.

Seppur diventato di considerevole importanza il rischio paese è un concetto caratterizzato da confini non netti, non c’è un consenso uniforme e generale sulla definizione delle sue caratteristiche; pertanto studi e interpretazioni possono discostarsi a seconda degli scopi delle analisi eseguite.

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Posto che il rischio paese non riguarda solo paesi emergenti ma, per motivi diversi, anche paesi socialmente ed economicamente avanzati (leggi ambientali, tassi di cambio volatili) va detto che le maggiori opportunità commerciali di frequente possono cogliersi in geografie più rischiose e pertanto le compagnie assicurative pongono attenzione crescente ad una corretta valutazione di questo tipo di rischio.

Al riguardo nell’elaborato vedremo come, con approcci diversi, SACE, Euler Hermes, Coface e Atradius, hanno sviluppato il proprio metodo di valutazione ed attribuzione di rating.

Il primo capitolo tratta dei rischi più significativi presenti nelle fasi di pre-consegna e post-pre-consegna di beni e servizi oggetto di vendita, mentre il secondo pone l’attenzione sui contesti normativi internazionale, comunitario e nazionale, che regolano le relazioni commerciali internazionali e rispondono all’esigenza di fornire agli attori economici specifica protezione dai rischi all’esportazione. L’importante ruolo delle Export Credit Agencies nell’accompagnare le aziende nella loro proiezione sui mercati internazionali, e la metodologia adottata dalla ECA italiana SACE nella valutazione del rischio paese sono l’oggetto del terzo capitolo, nel quale vengono altresì affrontati i temi del rischio di insolvenza e delle molteplici opportunità di copertura mediante strumenti assicurativi.

Il quarto capitolo tratta approfonditamente di SACE e del suo ruolo fondamentale nel fornire strumenti mirati alla valorizzazione della capacità competitiva del sistema produttivo italiano.

L’azione di SACE, dapprima orientata alla copertura dei crediti a medio e lungo termine, è completata dalla operatività di SACE BT, espressamente dedicata alla copertura di operazioni con termini di pagamento entro 24 mesi, SACE FCT che si occupa di factoring nelle sue diverse declinazioni e servizi tipici, e SACE SRV specializzata nei servizi di informazione commerciale, credit opinion e recupero crediti.

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Viene trattata anche la valutazione di SACE rispetto al rischio di credito di controparti private.

Il quinto capitolo illustra dettagliatamente l’ampia gamma di prodotti e servizi offerti da SACE che vengono distinti nell’elaborato a seconda che si tratti di prodotti contro i rischi di mancato pagamento, prodotti bancari, prodotti

destinati al breve termine offerti da SACE BT, prodotti per

l’internazionalizzazione e innovazione delle imprese, dove nell’ambito dei progetti sviluppati dal gruppo Cassa Depositi e Prestiti unitamente a FEI (Fondo Europeo per gli Investimenti) è nato il programma “2i per l’impresa – Innovazione & Internazionalizzazione”; infine prodotti per migliorare la liquidità aziendale che vengono erogati attraverso la società controllata SACE FCT.

Viene anche esaminata l’attività di recupero crediti esteri svolta attraverso la controllata SACE SRV e inoltre analizzando il caso Fimer, viene sottolineato il fondamentale ruolo di SACE nel processo di crescita internazionale delle imprese.

Le compagnie assicurative Coface, Euler Hermes e Atradius, principali Export Credit Agencies operanti in Italia e leader a livello globale, vengono esaminate nel sesto capitolo, mediante l’esposizione e analisi delle metodologie di valutazione del rischio paese, delle corporate governance e i principi cui sono improntate, delle business strategies e dei prodotti e servizi assicurativi che compongono l’offerta delle diverse società.

Tali elementi sono stati ritenuti fondamentali ai fini di un adeguato confronto tra quelli che sono i principali players del mercato delle assicurazioni all’export.

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1. I RISCHI ALL’EXPORT

Premessa

Il rapporto commerciale con l’estero espone le controparti ai rischi tipici di inadempimento degli obblighi che possono riguardare, per diversi aspetti, sia il venditore che il compratore, e possono avere timing diversi di manifestazione. I rischi cui è esposto l’esportatore sono molteplici e connessi non soltanto al mancato pagamento ma anche ad altri eventi che conducono comunque ad un danno economico.

Tali circostanze inducono le aziende a prestare attenzione, oggi più di ieri, al risk management, cioè alla gestione del rischio, e a ricercare opportune coperture mediante garanzie bancarie o prodotti assicurativi.

Posto che una attenta valutazione del rischio è legata oltre che alla definizione della forma tecnica di pagamento anche ad una formalizzazione dell’obbligazione si tratteranno di seguito i principali “rischi di pre-consegna” e “post-consegna” cui possono essere esposti gli esportatori.

1.1 I rischi pre-consegna

Tali tipi di rischio sono quelli in cui può incorrere la parte venditrice, nel periodo antecedente la consegna della merce al compratore, una volta firmato o già entrato in vigore il contratto.

Nella seguente trattazione verranno esposti i tre principali: la revoca della commessa, il rischio di cambio e il rischio di tasso di interesse.

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1.1.1. Il rischio di revoca della commessa

E’ il caso in cui il compratore non adempie all’esecuzione del contratto per revoca della commessa, ed è il rischio a cui è esposto il venditore una volta che il contratto stesso è firmato o entrato in vigore.

Tale rischio, seppur spesso sottovalutato è da considerare tra i più significativi, particolarmente quando può riguardare merci in lavorazione o anche già prodotte dal venditore a seguito dell’acquisizione della commessa e possono derivarne danni anche di considerevole entità.

E’ opportuno, in questo caso, che l’esportatore valuti preventivamente l’affidabilità sia della controparte, in termini di solvibilità e reputazione, sia del Paese in cui questa risiede, perché ciò potrà consentirgli una più attenta valutazione dei danni conseguenti all’eventuale annullamento e/o alla mancata esecuzione del contratto.

Un’analisi propedeutica scrupolosa deve anche tenere conto della fungibilità delle merci e delle modalità della fornitura.

Infine è necessario valutare tutti gli aspetti contrattuali possibili atti a tutelarsi in modo adeguato.

In tal senso diverse sono le possibili soluzioni che consentono una maggior tutela ed una mitigazione del rischio di revoca della commessa, come quella di subordinare l’entrata in vigore del contratto ad alcune condizioni che ne garantiscano l’esecuzione e permettano di ottenere il pagamento del prezzo della fornitura.

Alcuni possibili esempi sono: il pagamento anticipato, che è da ritenersi tuttavia una condizione poco praticabile; l’apertura di una linea di credito irrevocabile e confermata da una banca di riferimento dell’importatore; o ancora la costituzione di un deposito fiduciario presso una banca del venditore.

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Va detto tuttavia che non sempre i tempi e le modalità della commessa coincidono con la volontà e la disponibilità del compratore a corrispondere un pagamento anticipato o ad aprire idonee linee di credito.

Un’altra possibile alternativa può essere rappresentata dall’inserimento di una clausola contrattuale che preveda l’entrata in vigore del contratto solo dopo la firma di entrambe le parti e mediante il versamento di un anticipo che possa essere trattenuto dal venditore a titolo di penale, in caso di inadempienza del compratore.

Va ricordato però che anche quest’ultimo può incorrere nel rischio di perdere l’anticipo corrisposto a causa di inadempimento contrattuale del venditore, e pertanto può richiedere che la restituzione dell’anticipo venga assicurata dal rilascio di una garanzia bancaria (più raramente assicurativa) con un testo appositamente predisposto.

Lo strumento utilizzato in questi casi è l’advanced payment bond, mediante il quale l’istituto bancario o la compagnia assicuratrice assumono l’impegno irrevocabile, e di norma con escussione a prima richiesta, di restituire al committente l’importo anticipato in caso di inadempienza contrattuale da parte dell’esportatore.

E’ questa una modalità frequente nelle transazioni commerciali con importatori residenti in Paesi in via di sviluppo, particolarmente utilizzata nei casi di esecuzione di lavori o forniture di commesse per importi rilevanti da corrispondere con pagamenti intermedi.

A differenza del contratto con entrata in vigore subordinata al verificarsi di una o più condizioni di cui si è sin qui trattato, il contratto con efficacia immediata consente al venditore di agire legalmente nei confronti del compratore inadempiente in maniera immediata.

Tuttavia cause legali di questo tipo sono spesso dispendiose e dall’esito incerto e anche questi aspetti devono essere tenuti in debita considerazione.

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1.1.2 Il rischio di cambio

La valenza del fattore cambio è strategica per le imprese ed è elemento di grande incertezza in contesti di mercato particolarmente volatili.

Gli impatti dei cambi possono incidere significativamente o anche azzerare i margini di profitto, e vanificare gli sforzi di efficienza e competitività che le aziende ricercano costantemente.

Va detto tuttavia, che il rischio di cambio può costituire anche un’opportunità se con strumenti adeguati si riescono a cogliere momenti favorevoli.

Rientra tra i rischi finanziari e ricorre nel caso in cui la parte venditrice, denominando il contratto in valuta, è esposta al fatto che tra la data di firma del contratto, in cui il venditore ha fissato il rapporto di cambio rispetto alla valuta stabilita, e la data di pagamento, possa verificarsi un’evoluzione negativa del

rapporto di cambio con conseguenti gravi perdite economiche1.

In prima analisi è opportuno, per non esporre il venditore a tale rischio, che il contratto sia denominato in euro o comunque in valuta pregiata e solida come ad esempio il dollaro americano, consentendo così di annullare o quanto meno rendere più gestibile il rischio in capo al venditore.

E’ consigliabile evitare di denominare i contratti in valute “esotiche” (valute secondarie poco scambiate), anche ai fini della reperibilità di idonee coperture assicurative e fonti di smobilizzo del credito dilazionato, date le ristrette dimensioni dei relativi mercati finanziari che possono comportare delle problematiche nella gestione di tale rischio.

Come detto il rischio si configura nel fatto che la moneta nella quale viene denominato il contratto abbia, al momento del pagamento, un rapporto di cambio più basso rispetto a quello in base al quale è stato formulato il prezzo di vendita, esponendo così il venditore ad eventuali perdite.

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Il rischio quindi, non sorge nel momento in cui il contratto viene firmato ma già dal momento dell’offerta.

Il rischio di cambio si è ridotto notevolmente con l’introduzione dell’euro ma, nel tempo, nelle transazioni internazionali sono cresciute d’importanza anche valute di altri Paesi considerate solide e liquide.

Le valute più utilizzate nel “Forex”2, euro e dollaro americano a parte, sono lo

yen giapponese, la sterlina inglese, il franco svizzero, il dollaro canadese. In ogni caso tale tipo di rischio va sempre attentamente valutato.

Tra gli strumenti tecnici utilizzati per la copertura di questo rischio i principali sono i seguenti:

 strumento principe per la copertura del rischio di ribasso è il

finanziamento mediante il quale le aziende esportatrici accedono a forme di indebitamento in valuta.

Solitamente il finanziamento viene acceso per un importo pari a quello dell’operazione ed è utile che la sua scadenza sia posta in data successiva alla data prevista dell’entrata di valuta.

Ciò infatti, consente una gestione più cauta e attenta dei possibili ritardi che possono verificarsi nell’incasso del credito e quindi dell’entrata di valuta, che una volta incassata permetterà l’estinzione del finanziamento.

Il ritardato incasso comporta un disallineamento tra la scadenza del finanziamento e l’entrata della valuta esponendo l’esportatore al rischio di cambio relativamente agli interessi.

I ritardi comunque sono gestibili anche attraverso il rinnovo del finanziamento.

2 E’ il mercato nel quale si scambiano tra loro le valute e si ragiona a coppie di valute (la più utilizzata è

euro/dollaro); non consente solo a trader e speculatori di ottenere profitti facendo trading, ma è la base del commercio internazionale e di fatto si può dire che senza Forex non sarebbe possibile effettuare import/export.

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Nel caso in cui l’incasso in valuta pervenga anticipatamente rispetto alla scadenza del finanziamento ma non sia possibile o conveniente procedere all’estinzione anticipata, tale valuta sarà accreditata su un conto valutario in attesa della scadenza.

Per tale periodo si verifica tuttavia un mismatching, cioè un disallineamento sui tassi, per cui è opportuno valutare attentamente

anche tale aspetto3;

 La vendita a termine di valuta può effettuarsi con contratto a termine

bancario o mediante la negoziazione di prodotti derivati (swap, forward). Si tratta di una vendita di importo uguale a quello dell’operazione che si intende coprire e il termine è quello previsto per l’entrata di valuta o leggermente postergato; il concetto quindi è simile a quello del finanziamento.

Il cambio a pronti, denominato spot, viene maggiorato o ridotto del differenziale tra i tassi delle due valute, determinando così il cambio a termine denominato forward.

Alla scadenza l’operazione viene liquidata con l’accredito o l’addebito dei differenziali tra cambio forward e cambio di mercato.

Anche in questo caso è opportuno che la negoziazione della valuta incassata e l’estinzione dell’operazione a termine sia concomitante per evitare che l’esportatore, in caso di rialzo della valuta, debba riaccendere l’operazione e liquidare direttamente il differenziale;

l’acquisto di opzioni Put: contro pagamento di un premio il venditore

acquista il diritto di proteggere il ribasso rispetto ad un rapporto di cambio prederminato (il cosidetto strike price pari al prezzo dell’offerta) ad una certa scadenza, mantenendo comunque il beneficio di un possibile rialzo.

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Quindi alla scadenza fissata se il cambio sarà inferiore rispetto allo strike price incasserà la differenza, mentre se il cambio sarà più alto potrà accendere un’altra operazione di copertura in rapporto al maggior livello, preservando ugualmente l’equilibrio economico del contratto.

E’ ovvio che il costo del premio pagato rimane sempre a carico del venditore ed inoltre occorre tenere conto della volatilità dei mercati che può rendere tali costi difficilmente sostenibili nel lungo periodo.

L’opzione Call invece viene acquistata dall’acquirente importatore che, al contrario, intende coprire il rischio di rialzo della valuta rispetto al cambio Spot, sulla base del quale sono stati definiti i prezzi del contratto.

Quanto rappresentato chiarisce come il finanziamento e la vendita a termine di valuta siano strumenti adeguati per coprire il rischio di operazioni in cui l’entrata di valuta è certa ed i contratti sono firmati; le opzioni invece sono più idonee per coprire il rischio insito in trattative commerciali nelle quali l’entrata di valuta è incerta e non è chiaro se il contratto relativo verrà o meno firmato. Le operazioni di copertura inoltre possono attuarsi in momenti diversi:

in sede di offerta: In questo caso è opportuno denominare il contratto in

euro o, comunque, in valuta pregiata utilizzando una clausola di adeguamento che posticipi al momento della sottoscrizione del contratto la definizione del rapporto di cambio e la pertinente operazione di copertura, sia essa di finanziamento o operazione a termine.

Qualora il compratore dovesse richiedere l’offerta, seppur in valuta pregiata, senza la citata clausola di adeguamento, allora lo strumento più adeguato sarebbe quello dell’opzione;

in sede di firma o entrata in vigore del contratto: è solo da questo

momento che l’entrata valutaria diventa certa e di conseguenza si può agire con certezza mediante operazioni di finanziamento e operazioni a termine.

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Operare in anticipo significherebbe far venire meno il presupposto della certezza e anche in questo caso lo strumento adeguato resterebbe quindi l’opzione.

A carattere generale tuttavia va precisato che per cause diverse l’entrata valutaria potrebbe comunque non verificarsi anche nel caso in cui il contratto sia stato firmato, e le cause più ricorrenti sono l’annullamento e/o la mancata esecuzione del contratto di fornitura ed il mancato pagamento del credito.

1.1.3 Il rischio di tasso d’interesse

Questo rischio è riferibile al caso in cui le parti pattuiscono un pagamento dilazionato, regolato a tasso fisso o, più raramente, a tasso variabile perché di solito non gradito al compratore; è un tasso relativo al momento dell’offerta e può registrare pertanto una fluttuazione sfavorevole con una conseguente perdita per il venditore derivante dal differenziale.

Più dettagliatamente è possibile dire che in sede di offerta l’incidenza finanziaria derivante dalla dilazione di pagamento viene valutata in base ad un certo tasso che si è soliti far coincidere con quello corrente di mercato; nel caso in cui successivamente tale tasso di interesse cresca, il venditore che abbia fatto ricorso al credito mediante finanziamento delle vendite o smobilizzo del credito, dovrà sopportare una maggiore incidenza degli oneri finanziari con conseguente riduzione del margine di profitto.

Il problema diventa ulteriormente complesso nel caso di pagamenti articolati nel medio periodo nei quali può verificarsi un mismatching sulle dilazioni.

Per quanto concerne invece le transazioni con condizioni di pagamento con applicazione di un tasso variabile a carico del compratore, va detto che queste ultime sono difficilmente realizzabili perché in molti Paesi il controllo valutario rende ardua la gestione tecnica di tali clausole ed inoltre i compratori

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solitamente prediligono tassi fissi agevolati perché consentono di calcolare a priori il costo complessivo dell’operazione.

1.2 I Rischi post-consegna

Tali tipi di rischio sono quelli cui è esposto l’esportatore una volta avvenuta la consegna delle merci.

Si tratterà qui di seguito dei principali: il rischio di credito, il rischio di liquidità del credito e il rischio politico.

1.2.1 Il rischio di credito

E’ il rischio fondamentale in cui incorre il venditore nelle vendite con pagamento

dilazionato in particolare nel medio e/o lungo termine4.

Si tratta del vero e proprio rischio di natura commerciale conseguente al mancato pagamento del credito da parte della controparte estera perché non in grado o non disposta ad adempiere alle proprie obbligazioni.

L’insolvenza commerciale può tradursi in:

mancato pagamento per insolvenza di diritto, quindi fallimento,

concordato preventivo o procedure concorsuali attive nella legislazione del Paese in cui risiede l’importatore;

mancato pagamento per insolvenza di fatto, come nel caso di azioni

esecutive individuali o semplicemente per il mancato pagamento del credito alla data di scadenza per ragioni diverse; qui si aggiungono le complessità e le incertezze del recupero del credito legate alle differenze nell’operare in sede giudiziale o stragiudiziale per far riconoscere il proprio diritto;

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mancato pagamento derivante dal cosiddetto rischio Paese (country risk).

Qui necessita fare alcune considerazioni perché la crescente globalizzazione dei mercati finanziari e la delocalizzazione delle attività produttive verso le economie emergenti hanno portato una profonda trasformazione del contesto operativo internazionale, ponendo nuove sfide per gli operatori di mercato in termini di valutazione e gestione dei rischi connessi con le attività economiche cross-border. Di conseguenza, anche l’analisi del rischio paese risente di queste trasformazioni.

La valutazione di questi rischi non può limitarsi all’esame degli indicatori economici tradizionali di un Paese, ma deve prendere in considerazione altre possibili fonti di instabilità che possono ripercuotersi sulla capacità di pagamento del debitore ed occorre quindi adottare un approccio

multidimensionale5.

Ciò detto rimangono sempre di primaria importanza due diversi profili: 1. giuridico: nei casi in cui si faccia riferimento all’ordinamento

giuridico, alle presenza o meno di eventuali tutele, all’esistenza di un ordinamento simile a quello del Paese del venditore o piuttosto se esistano diversità;

2. geo-politico ed economico: inteso come rischio di conflitti, calamità naturali, presenza di fattori di instabilità economica o monetaria o atti unilaterali di governi che, indipendentemente dalla volontà e solvibilità del compratore, gli impediscono di onorare gli impegni assunti nei confronti del venditore.

Del rischio politico in senso stretto si tratterà più ampiamente nelle pagine successive.

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Per quanto esposto è palese che a causa di elementi oggettivi, variabili economiche o ragioni di diversa natura, è possibile che nel corso del tempo si moltiplichi il rischio di perdita totale o parziale del credito.

Ma nonostante la complessità, l’attenuazione del rischio o la sua eliminazione o ancora il recupero del credito sono possibili sia grazie ad azioni preventive ispirate a prudenza nel concedere il credito anche mediante acquisizione di garanzie reali e personali, o con azioni repressive e quindi esecutive o, ancora, con il trasferimento del rischio ad una compagnia assicuratrice che garantisca dal danno dell’insolvenza o dal danno conseguente l’inadempimento di norme

contrattuali e a violazione di norme di legge6.

1.2.2 Il rischio di liquidità del credito

Si tratta di un rischio di significativa importanza perché una compromessa liquidità può minare l’equilibrio finanziario aziendale.

Sarebbe appropriato anzitutto che le condizioni di pagamento riguardassero l’intero importo del credito evitando le cosidette ritenute condizionate, ovvero condizionate ad alcuni aspetti della transazione, e in grado di ritardarne i tempi di pagamento.

Inoltre è molto importante, per poter ottenere dal compratore un formale impegno al pagamento, che le rate del credito dilazionato siano garantite da titoli di credito validi ed efficaci; titoli di credito utilizzati possono essere le

cambiali pagherò e le cambiali tratte.

Con le cambiali pagherò il debitore promette al creditore di pagare un certo ammontare ad una certa scadenza; con le cambiali tratte il creditore (traente) ingiunge al debitore (trattario) di pagare una somma ad una certa scadenza e tale ingiunzione deve essere accettata dal trattario per dar luogo alla sua responsabilità cambiaria.

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Nell’ipotesi di mancata accettazione del trattario, il portatore della cambiale potrà agire in via di regresso nei confronti del traente.

La trasferibilità dei titoli di credito e dei diritti inerenti si trasferiscono mediante la girata, cioè la firma del beneficiario o del portatore sul retro della cambiale. Tali titoli tuttavia a livello internazionale possono comportare dei problemi giuridici per la presenza di clausole che riguardano la girata che puo’ essere prevista anche senza ricorso o senza garanzia (without recourse), in cui il destinatario della girata rinuncia ad ogni rivalsa nei confronti del beneficiario girante.

Tuttavia l’art. 9 della Convenzione di Ginevra del 1930 stabilisce che questo tipo di clausola è nulla e ciò è valido in tutti i Paesi che aderiscono alla Convenzione. Tutto questo ha degli effetti significativi sulle modalità di girata della cambiale, quindi di circolazione e sulla liquidità e liquidabilità del credito.

Infine è utile citare l’art. 4 della Convenzione di Ginevra che regola i conflitti tra gli ordinamenti giuridici e stabilisce che: “gli effetti che producono le sottoscrizioni di altri soggetti obbligati in relazione a un pagherò cambiario sono regolate dalle leggi del Paese sul territorio del quale le sottoscrizioni sono state apposte”.

1.2.3 Il rischio politico

Per rischio politico si intende tutta quella gamma di eventi non strettamente economici ma piuttosto legati a fattori di natura politica in grado di compromettere la sicurezza e la stabilità di un governo nazionale; può essere

definito come la misura della stabilità interna di un determinato paese7.

I profili che contribuiscono maggiormente alla determinazione di questo rischio sono: la violenza politica, il rischio di esproprio ed il rischio di trasferimento valutario.

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Più precisamente si fa riferimento ad eventi di grande impatto come conflitti, tumulti, violenze, ma può trattarsi anche di mutamenti delle politiche istituzionali come nel caso di espropri e nazionalizzazioni, o ancora di atti unilaterali dei governi che possono influire sulla volontà o capacità della controparte estera di onorare le obbligazioni nei confronti dell’esportatore. La mappa dei rischi Sace 2016, indica come il rischio di violenza politica si sia esteso particolarmente negli ultimi anni; il 2015 infatti, ha visto crescere il fenomeno del terrorismo come fonte d’instabilità geopolitica e non solo come evento singolo di rischio (tail risk).

Le ripercussioni del terrorismo hanno un costo secco per l’economia globale, pari a 64 miliardi di dollari secondo le stime dell’Institute For Economics &

Peace, e compromettono l’operatività di diversi Paesi, come nel caso di Yemen

(+12), Libia (+12) e Siria (+5).

Diverso il caso del Brasile che, partendo da livelli di rischio ben più bassi, ha registrato un rapido deterioramento (+6), in un contesto di criticità marcate

sotto il profilo sia economico che politico8.

Paesi Indice di rischio politico SACE 2016 Variazione vs 2015 Yemen 96 +12 Libia 93 +12 Nigeria 75 +6 Brasile 47 +6 Siria 98 +5

Infine il rischio di trasferimento, è quello connesso alle decisioni delle autorità di adottare restrizioni sui movimenti di capitali, sul rimpatrio di dividendi e dei profitti, ma rimanda anche al rischio sovrano: infatti quando uno stato ha un deficit di riserve valutarie può decidere unilateralmente di adottare restrizioni

8

www.sace.it/media/comunicati-stampa/dettaglio/mappa-dei-rischi-2016-torna-il-rischio-nei-mercati-emergenti ultima consultazione: novembre 2017

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22

riguardanti i pagamenti verso l’estero, in questo caso indipendentemente dalla volontà del compratore.

Per concludere si può affermare che si tratta di rischi difficilmente prevedibili e negli ultimi anni sono percepiti dalle imprese come fra i maggiori deterrenti ad operare in Paesi esteri ed emergenti connotati da maggiore fragilità istituzionale.

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2. IL CONTESTO NORMATIVO INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E

NAZIONALE

Premessa

Le singolari caratteristiche del commercio con partner stranieri ed il disallineamento temporale che può ricorrere tra la consegna della fornitura ed il pagamento, hanno dettato la necessità di normative in grado di fornire protezione specifica all’esportazione e dare la possibilità agli operatori economici di poter meglio fronteggiare i rischi legati alle relazioni commerciali internazionali.

In questo contesto l’intervento pubblico a sostegno dell’internazionalizzazione è stato fondamentale, e si è sviluppato su tre livelli:

sovranazionale con l’Ocse, europeo con l’Unione europea e nazionale con apposite leggi e decreti.

2.1 Il contesto normativo internazionale: l’Ocse

L’Ocse, Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo denominata anche Oecd, nasce ufficialmente nel 1961 con la mission di: “promuovere politiche per migliorare il benessere economico e sociale delle persone in tutto il mondo”.

E’ un organismo sovranazionale cui oggi aderiscono 35 Paesi9 considerati tra i

più industrializzati e presenti sul mercato internazionale, e proprio grazie

9 Australia; Austria; Belgio; Canada; Cile; Corea del Sud; Danimarca; Estonia; Finlandia; Francia;

Germania; Giappone; Grecia; Irlanda; Islanda; Israele; Italia; Lettonia; Lussemburgo; Messico; Norvegia; Nuova Zelanda; Paesi Bassi; Polonia; Portogallo; Regno Unito; Rep.Ceca; Slovacchia; Slovenia; Spagna; Stati Uniti; Svezia; Svizzera; Turchia; Ungheria.

(25)

24

all’Ocse cooperano regolarmente per promuovere politiche economiche, identificare ed analizzare problemi e individuare possibilità di risoluzione.

Di fatto l’Ocse lavora direttamente con i Paesi membri al fine di individuare quali siano le chiavi dei cambiamenti economici, sociali ed ambientali, e contribuisce a misurare la produttività ed i flussi di commercio ed investimento, analizzando e comparando anche dati necessari per effettuare previsioni di trend futuri e stabilendo standard internazionali nei più diversi ambiti.

La vasta gamma di informazioni di cui dispone l’Ocse aiuta i governi a perseguire la prosperità e a combattere la povertà attraverso la crescita economica e la stabilità finanziaria; ma non solo, nel corso del tempo è stato possibile per l’organizzazione sviluppare un vero e proprio “modus operandi” che può essere così sintetizzato:

Figura 1: modus operandi Ocse, www.oecd.org/about/whatdowedoandhow/

L’Ocse quindi monitora continuamente gli eventi che accadono nei Paesi membri e non, per effettuare previsioni di breve e medio periodo relative ai potenziali sviluppi economici; il Segretariato poi raccoglie ed analizza i dati rilevati perché possano successivamente essere utilizzati da appositi Comitati e tradursi in negoziazioni tra i Paesi membri in ordine alle regole della

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25

cooperazione, del contrasto alla corruzione, degli accordi sui crediti all’esportazione o ancora sul trattamento dei movimenti di capitali.

Il Consiglio adotta le decisioni ed i governi si adoperano per implementarle ed attuarle e le chiavi dell’efficacia di questo modo di operare sono rappresentate dalle revisioni tra pari e dalla sorveglianza multilaterale messe in atto dai Paesi stessi grazie alle quali vengono valutate le performance individuali.

Diversi sono gli accordi di rilievo nati in seno all’Ocse a supporto delle attività di esportazione e assicurazione dei crediti: tra questi il Consensus divenuto normativa-quadro di riferimento nel campo del sostegno alle esportazioni; poi, più specificatamente riguardo a strumenti di assicurazione dei crediti, va citato l’accordo entrato in vigore il 1° aprile del 1999 che ha riguardato l’armonizzazione dei premi assicurativi, provvedendo ad articolare la classificazione dei Paesi in diverse categorie di rischio ed ha previsto la definizione dei premi minimi (benchmarks) applicabili da tutte le agenzie di assicurazione del credito all’esportazione per la copertura del rischio politico a

medio e lungo termine10.

2.1.1 Il Consensus

Per i governi nazionali l’adozione di forme agevolative di credito all’esportazione è uno degli strumenti fondamentali per il sostegno all’internazionalizzazione. Tali strumenti assumono solitamente la forma di agevolazione creditizia e dell’assicurazione pubblica e vengono regolati su base internazionale da due normative che coordinano e uniformano le diverse legislazioni internazionali: parliamo delle raccomandazioni dell’Unione di Berna ed il Consensus in ambito Ocse.

10

L. Mercuri, S. Nenci; L’assicurazione del credito all’esportazione: un’analisi comparata a livello europeo, Rapporto ICE 2000/01, Cit. p. 447

(27)

26

L’Unione di Berna oggi denominata International Union of Credit and Investment

Insurers nasce nel 1934 ed è il primo esempio di intesa tra Paesi europei per

promuovere l’armonizzazione delle procedure e lo scambio di informazioni e competenze in materia di assicurazione dei crediti all’esportazione.

L’Arrangement on Guidelines for Official Supported Export Credits è il termine con cui di norma si indica il Consensus, accordo concluso in sede Ocse ed entrato in vigore nel 1978; rappresenta la normativa-quadro più rilevante in ambito internazionale e le sue disposizioni si applicano esclusivamente al rischio di credito per operazioni con periodo di rimborso pari o superiore a due anni. Sono esclusi dall’ambito di applicabilità dell’accordo le forniture militari e i prodotti agricoli, mentre sono previsti quattro accordi settoriali che regolano le condizioni di offerta di specifici contratti di mercato quali quello navale, dell’energia nucleare, aeronautico e delle energie rinnovabili.

Il Consensus nasce con lo specifico scopo di contenere le sovvenzioni degli Stati aderenti ed evitare nel contempo, che i sistemi di sostegno dei singoli Stati potessero generare forme di concorrenza sleale fra le imprese esportatrici appartenenti a Paesi diversi.

Più concretamente il fine è quello di annullare il maggior vantaggio competitivo che imprese residenti in alcuni Paesi membri potevano godere in virtù di condizioni di tasso di interesse più agevolati.

L’accordo è stato revisionato varie volte, ma l’obiettivo è rimasto quello di offrire un quadro istituzionale di riferimento ed eliminare eventuali pratiche non concorrenziali fra gli Stati membri, incoraggiando una concorrenza tra gli esportatori fondata su qualità e prezzo dei beni o dei servizi esportati, piuttosto che sull’ottenimento di condizioni più favorevoli.

Il Consensus prevede “linee direttrici in materia di credito all’esportazione” e condizioni uniformi che i paesi membri sono tenuti ad applicare alle operazioni di export credit, tra cui:

(28)

27

 quota anticipata (non inferiore al 15% del valore contrattuale

dell’operazione);

 dilazione da 2 a 10 anni (salvo casi particolari per cui si ammettono

durate più lunghe);

 prima categoria (Consensus) che include Paesi con reddito pro-capite

eccedente i US$ 5,345 (dilazione fino a 5 anni);

 seconda categoria (Consensus) che include Paesi con reddito pro-capite

inferiore a US$ 5,345 (dilazione fino a 10 anni);

 rimborsi del credito in rate con cadenza massima semestrale e quota

capitale di uguale importo e quota interessi decrescente (deroghe previste per il project finance);

 la data di scadenza della prima rata non può superare i sei mesi dalla

data di accettazione provvisoria;

 tassi di interesse minimi applicabili sono i cosiddetti CIRR (tassi di

interesse di riferimento commerciale); variano mensilmente e sono comunicati dall’Ocse;

 premi assicurativi-premi minimi (dal 99);

 classificazione dei Paesi in 8 categorie (da 0 a 7);

 premi minimi dalla categoria 1 alla 7 per coperture di rischi sovrani

(minimum premium rates) al di sotto della quale ciascuna ECA11 è

impegnata a non scendere.

Seppur il Consensus sia stato in origine un Gentlemen’s Agreement, quindi non giuridicamente vincolante per gli Stati sottoscrittori, è stato successivamente recepito con Decisione del Consiglio Europeo ed è quindi direttamente vincolante per i Paesi appartenenti all’UE.

11

Le agenzie di credito all’esportazione sono imprese governative, semi-governative o private che si occupano di valutazione dei rischi, erogazione di prodotti finanziari, assicurativi e servizi.

(29)

28

2.2 Il contesto normativo comunitario

Fino al primo conflitto mondiale non esistevano restrizioni agli scambi internazionali ma negli anni successivi alla guerra, e poi con la crisi del 1929, la stragrande maggioranza dei Paesi dovette sospendere la convertibilità delle monete ed applicare misure restrittive all’importazione.

Per non pregiudicare la bilancia dei pagamenti furono stipulate intese bilaterali che con il passare degli anni si rivelarono estremamente limitative.

Dopo il secondo conflitto mondiale l’urgenza della ripresa economica fece sì che il commercio internazionale si orientasse su un sistema di scambi multilaterali che favorirono l’ampliamento della cooperazione e l’economia di mercato.

Per perseguire tali scopi in ambito comunitario viene istituita già nel 1957 con il Trattato di Roma, la Comunità Economica Europea, che sancisce l’abolizione dei dazi doganali e avvia la realizzazione di un mercato unico attraverso il quale è possibile la libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali per tutti i Paesi aderenti.

Riguardo invece al commercio con Paesi terzi, successivamente l’Atto Unico Europeo e il Trattato sull’Unione Europea definiscono e sanciscono l’esistenza di una politica commerciale comune che prevede la fissazione di tariffe doganali comuni, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, la politica di esportazione nonché le misure di difesa commerciali, tra cui quelle da adottare

in caso di dumping12 e di sovvenzioni.

L’Unione Europea quindi, costituitasi nel 1992, ha riaffermato e consolidato i principi già presenti nel Trattato istitutivo, emanando regolamenti e direttive a sostegno della cooperazione, dell’import/export, sottoscrivendo accordi con Paesi extra-Ue, favorendo l’armonizzazione di procedure e pratiche assicurative dei crediti derivanti da rapporti commerciali tra partner.

12

E’ una pratica attraverso la quale viene collocato un prodotto in un mercato estero ad un prezzo più basso rispetto al valore dello stesso prodotto nel mercato di origine.

(30)

29

Con riferimento a queste ultime, dopo la Comunicazione della Commissione europea del settembre 1998 sul credito all’esportazione a breve termine, che ha vietato l’assicurazione e riassicurazione pubblica dei rischi commerciali per operazioni di credito all’esportazione di durata compresa entro 24 mesi, nei confronti dei Paesi dell’UE e di alcuni altri Paesi dell’Ocse, nel 1999 è entrata in vigore la Direttiva 98/29/CE del 7 maggio 1998 sull’armonizzazione delle

pratiche assicurative di export credit a medio/lungo termine13; recepita in Italia

con Decreto Legislativo n.95 del 200014.

Tale Direttiva mira a ridurre le distorsioni della concorrenza tra le imprese dei paesi membri dell’Unione, esistenti per differenze nei sistemi di assicurazione pubblica dei crediti all’esportazione, attraverso l’armonizzazione di un quadro metodologico di riferimento per tutte le agenzie assicurative.

La Direttiva che si applica alle coperture assicurative delle transazioni relative alle esportazioni di beni e/o servizi prodotti nei Paesi UE, definisce i concetti di “credito acquirente” (buyer’s credit), “credito fornitore” (supplier’s credit), definisce gli ambiti delle operazioni assumibili in copertura ed elementi generatori di sinistro; quindi individua le principali tipologie di rischio, definisce le procedure per il pagamento degli indennizzi, stabilisce i criteri relativi ai premi e alle politiche di copertura per paese.

Alla luce di questa direttiva gli stati membri provvedono affinchè gli enti che forniscono una copertura sotto forma di assicurazione, o di garanzie, o di rifinanziamento del credito all’esportazione per conto o con il sostegno dello stato membro, coprano le operazioni relative alle esportazioni in base a quanto disposto nell’allegato alla suddetta normativa (particolarmente per operazioni

13

L. Mercuri, S. Nenci; L’assicurazione del credito all’esportazione: un’analisi comparata a livello europeo, Rapporto ICE 2000/01, Cit. p. 447

14 D.Lgs. n.95/2000; Art.1 Campo di applicazione: il presente decreto si applica alle garanzie assicurative

e fideiussorie concesse direttamente o indirettamente per conto o con il sostegno dello Stato, per operazioni relative all'esportazione di merci o servizi di origine dello Stato, quando siano destinate a Paesi fuori dall'Unione europea e finanziate con crediti acquirente o con crediti fornitore oppure regolate in contanti, che implichino un periodo di rischio totale di durata pari o superiore a due anni, vale a dire il periodo di rimborso compresa la durata di fabbricazione.

(31)

30

destinate a paesi extra UE) e finanziate con i citati buyer’s credit e supplier’s

credit.

2.3 Il contesto normativo nazionale

Al fine di dare un adeguato supporto pubblico alle esportazioni, il governo italiano è intervenuto su diversi fronti, emanando leggi e decreti, creando appositi organi ed introducendo procedure mirate.

La prima forma di supporto all’esportazione è stata la legge del 24 maggio 1977 n.227 detta anche “legge Ossola”, che è stata poi sostituita dal D.L. 143 del 31 marzo 1998; tuttavia la “legge Ossola” ha istituito un importante organo politico, il “Cipes” Comitato interministeriale per la programmazione economica

estera, successivamente sostituito dal “Cipe”; ha istituito un organo tecnico e

operativo come la SACE, ed ha stabilito infine la semplificazione delle procedure per lo smobilizzo del credito all’estero per l’esportatore e l’ampliamento dei soggetti abilitati ad accedere al MedioCredito Centrale.

Il Cipes veniva investito del compito di coordinare e stabilire le linee della politica del commercio estero, dell’assicurazione dei crediti all’export, della politica relativa alla cooperazione internazionale, particolarmente con Paesi in via di sviluppo, oltre che degli approvvigionamenti e di ogni altra attività economica italiana con l’estero.

Ma la successiva legge n.573 del 24 dicembre 1993, che comportò la soppressione di numerosi comitati interministeriali, pose fine alle attività del Cipes, che vennero assunte in parte dal Comitato interministeriale per la politica economica, Cipe, ed in parte dal Ministero del Commercio con l’Estero, oggi Ministero dello Sviluppo Economico, grazie al Dpr n.373 del 20 aprile 1994. Più precisamente il Cipe assunse le funzioni in materia di commercio con l’estero e di definizione delle linee politiche di collaborazione con i Paesi

(32)

31

dell’Europa orientale, esercitandole dietro proposta del Ministro del Commercio con l’Estero.

Tale Ministro invece, assunse il compito di emanare direttive agli enti operanti nel settore dell’assicurazione e del finanziamento dei crediti all’esportazione. La Sezione speciale per l’assicurazione del credito all’esportazione, SACE, tramite la legge n.277 era stata posta sotto la sorveglianza del Ministero del Tesoro e sottoposta al controllo della Corte dei Conti, assumendo anche una propria

autonomia patrimoniale e gestionale15.

La SACE e le sue funzioni saranno trattate dettagliatamente in specifico capitolo. Il MedioCredito Centrale gestiva per conto dello Stato il finanziamento agevolato di crediti all’esportazione, ed erano beneficiari dei finanziamenti, attraverso un credito fornitore o un credito acquirente, gli esportatori che esercitavano le seguenti attività:

 esportazione di merci;

 prestazione di servizi, studi e progettazioni;

 esecuzione all’estero di opere provvisionali;

 locazioni finanziarie di macchinari;

 concessioni di crediti di aiuto in Paesi in via di sviluppo;

 programmi di penetrazione commerciale.

In riferimento a tali programmi di penetrazione commerciale fu istituito, sempre presso il MedioCredito Centrale, un Fondo rotativo.

Quest’ultimo aveva lo scopo di finanziare a tasso agevolato quei programmi il cui obiettivo era la penetrazione in Paesi non appartenenti all’Unione europea

(33)

32

ed i destinatari di questi finanziamenti erano prioritariamente piccole e medie imprese; consorzi e società prevalentemente a capitale pubblico che si battevano per la commercializzazione aldilà dei confini nazionali di prodotti di piccole e medie imprese del Mezzogiorno.

Oggi il MedioCredito Centrale dopo diversi step e trasformazioni è Banca del Mezzogiorno MedioCredito Centrale S.p.A., con socio unico Invitalia S.p.A., ed opera nell’esercizio del credito e nella gestione delle agevolazioni pubbliche e dei servizi.

(34)

33

3. LE EXPORT CREDIT AGENCIES E LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

PAESE

3.1 Il ruolo e le funzioni delle Export Credit Agencies

Lo sviluppo delle Export Credit Agencies è da collocarsi negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, favorito dalla ripresa economica e dall’evoluzione del sistema di libero mercato.

I governi di molti Paesi istituiscono ciascuno la propria agenzia di assicurazione dei crediti export con lo scopo originario di facilitare l’internazionalizzazione delle imprese, sostenere le attività di esportazione, promuovere l’intervento pubblico nelle attività di finanziamento al commercio estero.

Tuttavia i progressivi profondi mutamenti degli scenari dei mercati orientati ad una maggiore integrazione, e un processo di internazionalizzazione più attivo e complesso (outsourcing, offshoring) hanno dettato la necessità di una evoluzione delle ECA e del loro ruolo.

In un contesto mutato, mutano anche i rischi da assumere e, se permane fondamentale l’obiettivo di sostenere l’export mediante l’erogazione di finanziamenti o supportando gli operatori con strumenti di copertura del rischio di credito all’estero, bisogna tuttavia rispondere alle esigenze più ampie e complesse di internazionalizzazione da parte di aziende che continuamente impattano con vincoli normativi, aspetti di carattere fiscale e si misurano con un rischio paese che condiziona decisioni e strategie in ordine alla gestione dei rischi finanziari.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto le ECA conducono costantemente analisi molto approfondite ed affinano le metodologie di classificazione dei paesi per meglio garantire le transazioni commerciali dei loro clienti.

(35)

34

Quindi le ECA sono diventate soggetti di riferimento che hanno allargato il loro perimetro d’intervento, modificato in molti casi la struttura proprietaria e l’organizzazione, ampliato l’offerta di prodotti a supporto dei programmi aziendali di internazionalizzazione, diventando dei veri e propri global market

player16: è il caso della francese COFACE, la tedesca Euler-Hermes, la canadese

EDC, la giapponese NEXI. In Italia opera la SACE.

Le ECA, agenzie governative, o miste per l’ingresso dei privati o interamente private pur continuando a beneficiare della garanzia statale sugli impegni assunti, operano per proprio conto attraverso forme giuridiche che garantiscono loro autonomia decisionale rispetto allo Stato.

Di recente alcune ECA sono state aperte all’ingresso di privati, come nel caso di EDC; per tale motivo nel corso degli ultimi anni si è vista una maggiore attenzione delle ECA alla gestione dei rischi in portafoglio e alla definizione dei possibili limiti assuntivi.

La sfida quindi nella gestione di questo nuovo modello di ECA consiste nel conciliare due obiettivi: il ruolo di sostegno pubblico alle imprese e la generazione di profitti e mantenimento del capitale.

3.2 Il rischio paese: criteri e analisi della ECA italiana SACE

Le analisi e le valutazioni del rischio paese richiedono approcci multidimensionali che tengano conto delle peculiarità dei soggetti che si internazionalizzano e dei diversi rischi cui possono essere esposti operando all’estero.

Sintetizzare informazioni qualitative e quantitative non sempre tra loro comparabili potrebbe fornire indicazioni non attendibili e non coerenti, e

16

R. Ascari, G. Dal Magro, L. Giglio, L. Passariello, A. Terzulli, P. Valerio; Il paradigma della nuova internazionalizzazione in Italia. Il ruolo di Sace, Working Paper SACE, 2013, Cit. p. 26

(36)

35

pertanto si cerca di affinare il più possibile le metodologie di misurazione del rischio.

In Italia, la SACE, per mezzo del suo Ufficio Studi è in grado di svolgere un’analisi ed un controllo continui e completi del rischio paese in più di 190 realtà geografiche, ed i suoi economisti controllano costantemente l’andamento di tutti i mercati mondiali ai quali si rivolgono operatori e investitori nazionali. I primi contributi teorici sul rischio paese emergono negli anni sessanta e settanta, sulla scia delle “crisi politiche” di quegli anni; l’attenzione veniva focalizzata principalmente sull’influenza che il governo del paese estero era in grado di esercitare sulle imprese straniere.

La crisi del debito degli anni ottanta e le crisi finanziarie degli anni novanta hanno contribuito a un ampliamento delle analisi, sottolineando l’importanza degli effetti delle criticità economico-finanziarie dei paesi sull’attività delle imprese internazionalizzate.

L’approccio metodologico diventa più quantitativo e basato su strumenti matematici e statistici analizzando anche il merito di credito ed effettuando previsioni sui default sovrani o sugli shock del mercato.

In maniera analoga la crisi recente ha fatto emergere nuovi aspetti, facendo risaltare come un mondo globalizzato tenda ad accentuare i meccanismi di trasmissione della crisi tra paesi ed esponendo direttamente o indirettamente al rischio di contagio tutte le economie e tutti gli attori internazionalizzati.

Ciò detto in anni recenti SACE si è riproposta di migliorare l’analisi del rischio paese adottando una nuova metodologia caratterizzata da un approccio più disaggregato rispetto al passato, che stabilisce un collegamento tra gli operatori nazionali (operatore, banca, esportatore, investitore, costruttore) e i rischi diversi in cui questi possono incorrere nelle attività all’estero.

Questo collegamento viene sintetizzato in una matrice che per ciascuna tipologia di operatore rileva il rischio o i rischi prevalenti che impattano in modo “più diretto” sul business del soggetto in esame.

(37)

36

Si passa quindi da un solo rating sintetico per paese all’individuazione di

differenti score a seconda del rischio considerato17.

La nuova metodologia sviluppata da SACE consente di identificare non più un unico rating di rischio bensì otto rating (convalori espressi in una scala da 0 a 100) corrispondenti ai rischi di credito (disaggregati per controparte) e politici (legati a eventi normativi o di violenza politica) che gli operatori possono riscontrare nella loro attività; non sono oggetto di analisi invece i rischi di mercato che di norma trovano coperture standard offerte dal mondo bancario. Queste analisi e valutazioni, come già accennato, sono caratteristiche delle Export Credit Agencies come SACE, quindi degli organismi, siano essi pubblici o privati, che in tutto il mondo assicurano le aziende che operano fuori dei confini nazionali.

Le metodologie di valutazione del rischio paese da parte delle altre compagnie, oggetto di confronto in questo elaborato, saranno singolarmente trattate in seguito.

La valutazione del rischio paese è fondamentale per la definizione del sistema dei prezzi assicurativi, cioè i cosiddetti “Premi”, che le Agenzie di Credito all’esportazione applicano successivamente ai loro potenziali clienti.

Ovviamente più grave sarà il rischio e più elevato sarà il costo della copertura assicurativa.

E’ opportuno accennare anche alla valutazione del rischio paese in ambito Ocse. Il CRAM, Country Risk Assessment Model, è il modello di classificazione del rischio paese utilizzato dalle Export Credit Agencies degli Stati che aderiscono all’Ocse.

La rilevanza degli effetti delle criticità economico-finanziarie dei Paesi hanno indotto preliminarmente ad un approccio di tipo quantitativo fondato su strumenti matematici e statistici e mirato all’analisi del merito di credito e sulla

17

I. Gioia, F. Orsini, E. Padoan, F. Pocek, T. Spataro, A. Terzulli; Country risk. Dalla teoria alla pratica, Working Paper SACE, 2012, Cit. p. 3

(38)

37

probabilità di default, cioè la probabilità che il paese non onori i debiti esteri a medio e lungo termine.

Pertanto una prima classificazione è stilata sulla base di tre gruppi di indicatori di rischio che sono la “payment experience” (esperienza di di pagamento), dati di natura economica e dati di natura finanziaria basati su indicatori IMF (richezza prodotta, indebitamento,ecc.); l’elaborazione dei punteggi derivanti dalla valutazione portano all’inserimento dei Paesi in categorie di rischio numerate da 0 a 7, dove 0 è la categoria minima di rischio e 7 indica il grado massimo di rischiosità.

Il processo però consta di due step metodologici e alle valutazioni di ordine quantitativo si aggiungono aggiustamenti di ordine qualitativo.

Le categorie consentono di individuare il minimum premium rate che è il premio minimo applicabile all’assicurazione del rischio sovrano a medio/lungo termine in tutti i paesi membri.

La valutazione qualitativa è eseguita da membri Ocse esperti di rischio Paese che integrano con aspetti rischio-qualitativi quali il rischio politico, il contesto sociale, il rischio normativo e qualunque altro eventuale fattore di instabilità. Il risultato di questi aggiustamenti fa sì che valutazioni positive permettano l’upgrading di un paese, seppur limitato ad una sola categoria; esiti sfavorevoli invece producono downgrading potenzialmente illimitati.

E’ palese quindi che elementi di instabilità possano comportare importanti declassamenti di un paese anche se questo sia in grado di far fronte ai propri impegni e goda in tal senso di una buona reputazione.

In anni passati l’obiettivo primario delle analisi era quello di valutare il rischio sovrano ma in anni più recenti invece questo aspetto si è ridimensionato ed è diventata più rilevante l’attenzione verso il settore privato divenuto il cliente principale delle Export Credit Agencies.

Tuttavia è necessario precisare che l’analisi del rischio paese non è una scienza esatta, infatti nonostante si cerchi di utilizzare le migliori metodologie, è da

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38

considerarsi un tentativo continuo di interpretare ed identificare i fattori di rischio che possono condizionare l’economia dei paesi e la sua evoluzione. A tal proposito è opportuno citare la definizione dell’economista americano Meldrum che in relazione al rischio paese afferma: “si intende l’insieme dei rischi che non si sostengono se si effettuano delle transazioni nel mercato domestico, ma che emergono nel momento in cui si effettua un investimento in un paese estero.

Tali rischi sono maggiormente imputabili alle differenze di tipo politico, economico, e sociale esistenti tra il paese originario dell’investitore ed il paese

in cui viene effettuato l’investimento”18.

Per Meldrum il rischio paese è riconducibile a sei rischi specifici riassunti nella seguente tabella:

Sovrano Politico Economico Trasferimento Cambio Posizione

Capacità o volontà del debitore sovrano di onorare i propri impegni Eventi di natura non economica derivanti da conflitti, mutamenti istituzionali e atti unilaterali dei governi Fattori che influenzano la crescita quali la politica economica, il grado di apertura dell’economia, l’andamento delle ragioni di scambio del paese Restrizioni sui movimenti di capitali e sul rimpatrio di dividendi e profitti Scaturisce da fluttuazioni inaspettate delle valute oppure dalla transazione da un regime a un altro; è legato al rischio di trasferimento Effetti di contagio che possono provenire da paesi vicini o con caratteristiche simili

3.3 Il rischio d’insolvenza e l’assicurazione dei crediti export

Conoscere ed utilizzare strumenti assicurativo/finanziari è fondamentale per le imprese che intendano competere con i propri prodotti sui mercati esteri salvaguardando la bontà del business, ed i rischi connessi ad eventuali mancati

18

D. H. Meldrum; “Country Risk and Foreign Direct Investment”, Business Economics, 2000 www.elearning.sace.it/templates/sace/pdf/handbook.pdf/guida alla conoscenza del mondo SACE ultima consultazione: novembre 2017

(40)

39

pagamenti sono in grado di produrre effetti negativi per qualsiasi tipo di azienda.

I crediti commerciali possono costituire fino al 3% delle attività totali di bilancio

di un’impresa19 e rappresentano pertanto un asset di fondamentale rilevanza.

Uno studio condotto da Euler Hermes relativamente al peso di un’insolvenza sui bilanci societari delle aziende italiane ha rilevato che nel 2015 il valore medio di un mancato pagamento è stato pari a circa 17.000 euro.

Nel complesso il valore medio dei mancati pagamenti è diminuito del 19%, con un -22% relativamente al mercato domestico ed un - 9% relativamente alle transazioni export.

Naturalmente rispetto ai livelli pre-crisi necessita ancora fare molto per recuperare perchè le insolvenze aziendali restano ancora oltre il doppio rispetto al 200720.

Diventa primario quindi disporre di opportuni strumenti di protezione contro il rischio di insolvenza che proteggano l’attività sia sotto il profilo finanziario che economico.

La presenza di coperture assicurative è importante sotto molteplici aspetti: consente di rafforzare i rapporti con la clientela committente fidelizzandola maggiormente, sostiene in generale la crescita commerciale aziendale, consente di trasferire il rischio ad un costo certo e definito, protegge dal rischio di default che potrebbe essere causato da un grande cliente.

Inoltre il fare ricorso a strumenti di copertura favorisce le relazioni con gli istituti di credito rendendo più agevole l’accesso a finanziamenti a condizioni favorevoli perché crediti garantiti sono maggiormente sicuri e comportano un conseguente miglioramento del cash-flow.

Peraltro l’assicurazione dei crediti può risultare economicamente più facile da gestire rispetto al tradizionale prodotto bancario della lettera di credito (credito

19 www.eulerhermes.it/assicurazioni-crediti/Pages/protect-your-business-aspx. ultima consultazione:

novembre 2017

20

www.eulerhermes.it/assicurazioni-crediti/Pages/protect-your-business-aspx. ultima consultazione: novembre 2017

(41)

40

documentario), di per sé non così agevole da ottenere perché l’emissione è soggetta ad una analisi preventiva al rilascio e soggetta a costi abbastanza onerosi.

Quindi l’assicurazione del credito può consentire di operare con maggiore libertà e probabilmente migliore tempistica a livello internazionale, e agevola le aziende che di frequente sono poste dinanzi alla scelta di perdere l’affare o decidere di vendere in mancanza di supporto assicurativo adeguato.

Il fine del fornitore, in presenza di interessi contrapposti con l’acquirente, è di poter disporre di uno strumento solido che gli permetta di ridurre i rischi e nel contempo faciliti il finanziamento della fornitura.

In questo contesto quindi l’assicuratore pubblico o privato è diventato sempre più un importante attore nel mercato del trade finance affiancandosi agli istituti finanziari, tradizionali interlocutori degli operatori economici.

La compagnia di assicurazione ha ampliato l’offerta degli strumenti a disposizione delle aziende esportatrici con prodotti che hanno la caratteristica di essere in parte di natura bancaria e in parte assicurativi, o solamente assicurativi.

Si arriva così, in ultima analisi, in presenza di operazioni prive di garanzia bancaria, a rendere maggiormente appetibile l’operazione stessa per una sua cessione per intero o in parte ad un terzo, anche nella formula pro soluto particolarmente vantaggiosa per l’esportatore.

Ma una soluzione altrettanto valida per l’azienda può essere quella di saper utilizzare correttamente strumenti che vedono coinvolti nel ruolo di partner l’istituto bancario e l’assicuratore in grado di offrire un “mix” di garanzia bancaria e assicurativa.

Per non perdere opportunità commerciali l’azienda, di qualunque dimensione essa sia, dovrà valutare gli strumenti più opportuni che le possono fornire quel vantaggio competitivo, in termini finanziari, tale da risultare determinante in alcune transazioni commerciali.

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41

Dal punto di vista meramente tecnico l’assicurazione dei crediti si rifà ai seguenti principi generali:

 la polizza deve essere stipulata dal creditore nel proprio interesse;

 la copertura assicurativa è offerta per i rischi commerciali a breve

termine;

 il rischio garantito è la perdita su crediti commerciali (certi, liquidi ed

esigibili) dovuta a insolvenza (definitiva o presunta ai sensi di polizza) di un cliente garantito;

 la copertura riguarda tutti i crediti commerciali dell’assicurato secondo il

principio di globalità , vincolante sul mercato domestico ma che può

essere mitigato eseguendo partizioni basate su elementi oggettivi (globalità relativa).

Non è vincolante all’esportazione (rischi singoli);

la polizza deve prevedere in ogni caso uno scoperto obbligatorio a carico

dell’assicurato, che può essere espresso sia come percentuale di copertura, sia come franchigia, sia in abbinamento.

Trattando del rischio d’insolvenza in relazione a crediti da incassare alcune considerazioni vanno fatte circa i comportamenti di pagamento che si riflettono nei giorni d’incasso di un credito.

Di recente Euler Hermes, Export Credit Agency tra le più prestigiose ed una dei leader mondiali nel settore dell’assicurazione dei crediti, ha condotto un’analisi dei bilanci di oltre 27.000 aziende quotate in 36 Paesi, prendendo in considerazione ben 20 settori merceologici al fine di rilevare i tempi medi di incasso di un credito.

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