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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1978, Anno 37, n.4, dicembre

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Academic year: 2021

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(1)

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV -10 %

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E SCIENZA DELLE FINANZE

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(E RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

DIREZIONE

GIAN ANTONIO MICHELI - EMILIO GERELLI

COMITATO SCIENTIFICO

ENRICO ALLORIO - ENZO CAPACCIOLI - CESARE COSCIANI FRANCESCO FORTE - GIANNINO PARRAVICINI - ALDO SCOTTO

SERGIO STEVE

(2)

della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma

La DIREZIONE è in Pavia, Istituto di Finanza presso l'Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

I manoscritti dei lavori giuridici devono essere inviati al prof. GIAN ANTONIO MICHELI, Via Scipione Gaetano, n. 13 - 00197 Roma.

Redattore: dott. LUIGI BERNARDI, dell'Istituto di Finanza dell'Università di Pavia.

L'AMMINISTRAZIONE è presso la casa editrice Dott. A. GIUFFRE' EDITO-R E S.p.A., 20121 Milano, Via Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2/3.

Ad essa vanno indirizzati le richieste di abbonamento (c.c. postale 721209) e di pubblicità, le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli even-tuali reclami per mancato ricevimento di fascicoli.

CONDIZIONI DI ABBONAMENTO PER IL 1979

Abbonamento annuo L- 20.000

Estero » 3 0 0 0 0

Annate arretrate senza aumento rispetto alla quota annuale. L'abbonamento decorre dal V gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri

dell'annata, compresi quelli già pubblicati.

Il nagamento può effettuarsi direttamente all'Editore, anche con versamento Ps u eonto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo m modo leggibile, nome, cognome e indirizzo dell'abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. I prezzi sopra indicati sono validi per il Pagamento a contanti; in caso di pagamento rateale verrà praticato un aumento. Il rinnovo dell'abbonamento deve essere effettuato entro U 15 marze, diOgni anno. Trascorso tale termine, l'Ammimstrazmne provvede direttamente all'incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relatne.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l'anno successivo. L ab-bonamento però non può essere disdetto se l'abbonato non e al cor-rente con i pagamenti.

I fascicoli non pervenuti all'abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell'importo.

Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dall'im-porto di L. 200 in francobolli e trasmesse con specifica comunicazione raccomandata al competente Ufficio Codificazione Clienti.

Per ogni effetto l'abbonato elegge domicilio presso l'Amministrazione della ri-vista.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Direttore responsabile: EMILIO GERELLI

i l i ) Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana

Pubblicità inferiore al 70 %

(3)

P A R T E P R I M A

ERNESTO LONGOBARDI-ROLANDO VALIANI - Imposte e salario . . . . 5 1 3

PIERO GIARDA - Procedure, vincolo dì bilancio e discrezionalità nella

ge-stione delle spese per investi/menti statali 533 ALDO M. SANDULLI - Evasioni fiscali e processo penale (profili

costitu-zionali) 576 EUCLIDE ANTONINI - Considerazioni sull'imposizione degli enti pubblici

non economici 582 FRANCO GALLO - L'IVA: verso un'ulteriore revisione 592

LEONARDO PISRRONE - Le sanzioni amministrative in materia tributaria . 637 ANTONIO F. BASCIU - Riflessioni in margine alle c.d. questioni di fatto

relative a valutazioni estimative 659 APPUNTI E RASSEGNE

GIOVANNI B. GALLI - Alcune fattispecie distorsive della neutralità dell'IVA 696 RECENSIONI

A. XAVIER - Do langamento no diretto tributario brasileiro (G. A. MICHELI) 703

F. VASSALLI-G. VISENTINI (a cura di) - Legislazione economica (G. A. MICHELI) 704

NUOVI LIBRI 705

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI 712

PARTE SECONDA

REDAZIONE - Nota a Cass., Sez. I evo., 2 luglio 1917, n. 2880 . . . . 253 REDAZIONE - Concorso di legislazione regionale con la legislazione statale

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ARNALDO CIANI - Osservazioni in tema di strumentalità degli immobili REDAZIONE - Nota a Comm. 1° Civitavecchia, ord. 11 marzo 1977 . .

SENTENZE ANNOTATE

Imposte sui redditi di R.M. - Oggetto dell'imposta - Presupposto - Plusva-lenze e sopravvenienze - Proventi di una vendita per lotti di terreno ricevuto in eredità da parte di coeredi - Confìgurabilità - Condizioni

(Cass., Sez. I civ., 2 luglio 1977, n. 28,SO) (con nota redazionale) . Imposte e tasse in genere - Regione siciliana - Potestà legislativa

concorrente Funzioni non tributarie della norma di agevolazione -Rientrano nella potestà d'imposizione tributaria.

Imposta sui fabbricati Esenzione per le case d'abitazione non di lusso -Regione siciliana - Conformità della costruzione alle norme urbani-stiche e licenza edilizia.

Imposte e tasse in genere Regione siciliana Legislazione concorrente Illegittimità costituzionale per violazione del principio di uguaglianza -Manifesta infondatezza (Cass., Sez. 1 civ., 26 ottobre 1977, n. 4648)

(con nota redazionale)

Fabbricati non strumentali posseduti da società di capitale od ente equi-parato - Accertamento del relativo reddito, ai tini Ilor, con le modalità dei redditi fondiari Fabbricati ceduti in locazione da I.A.C.P. -Non strumentalità degli stessi (Comm. II Ancona, 2 novembre 1977)

(con nota di A. CIANI)

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A N N O 1 - 1 9 7 9

Porti Mare Territorio

Rivista bimestrale di informazioni marittime, diretta da G. Legltimo e G. Merli SOMMARIO DEL FASC. N. 1 (GENNAIO-FEBBRAIO)

Editoriale

Un nuovo strumento per una nuova politica

Saggi

Vicende dell'amministrazione marittima centrale italiana, di Vito D. Flore Promozione dei trasporti marittimi e problematica portuale, di Francesco P. Sgarro

Tessili nell'ingegneria costiera e nelle costruzioni marittime ed idrauliche, di Giuseppe Matteotti

Effetti delle opere di ingegneria costiera sull'ambiente, di Ettore Messina

Interventi

Intervista al Ministro per la Marina Mercantile Tavola rotonda Sindacato-Utenza Portuale

Demanio marittimo ed assetto territoriale: recenti tendenze e proposte, di Nicola Greco

La nuova frontiera mediterranea della CEE, di Sante Corsini

L'istruzione professionale in rapporto all'automazione nel trasporto navale ed al fattore umano, di Guglielmo Petracchi

Informazioni

Regioni e porti, di Carlo Beltrame

Vitalità e problemi del porto di Savona, di Nello Cerisola Chiaroscuri su! porto di Genova, di Antonio Orlando

Iniziative e dibattiti per il porto della Spezia, di Alberto Albonetti

Il porto di Livorno: sfruttamento del successo o rischio d'involuzione?, di Paolo Roteili

La Regione Lazio ed i suoi porti, di Fosco Gironi

Piano comprensoriale di Venezia e problemi portuali, di Mario Vorano La funzione industriale del porto di Taranto

I porti della Baia di Tokio, di Raffaele Ricciardi

Documenti

La CEE e i porti

Gli Enti Portuali nella ricerca Mediobanca sulla finanza pubblica

Rassegne

Parlamento Giurisprudenza

II mercato dei noli, di Rosario Foti Indici vari

Recensioni, di Elda Turco Buigherini Stampa

Quota di abbonamento: L. 25.000 (estero L. 40.000)

322

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per l'anno 1979

Indico la forma di pagamento:

• tramite il vostro agente di zona • a mezzo c.c.p. n in data • contrassegno

• a ricevimento fattura (riservata agli enti e alle società)

• Vi prego di inviarmi un fascicolo in saggio, senza impegno

Data Firma ...

Cognome Nome Professione

Via c.a.p Località

piegare e spedire

CEDOLA DI COMMISSIONE LIBRARIA NON AFFRANCARE

affrancatura a carico del destinatario da addebitarsi sul conto di credito n. 1332 presso l'uff. post, di Milano A.D. (Aut. Dir. Prov. P.T. di Milano n. 77991 del 18-7-1957)

Alla casa editrice

Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A.

UFFICIO SVILUPPO E PROPAGANDA

Via Statuto 2

20121 MILANO

323 bis

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Quaderni di documentazione, 3

"Legislazione e Giurisprudenza Tributaria

diretta da L. PAPI

LUIGI PAPI

LA NUOVA I.V.A.

adeguata alla direttiva della C.E.E.

Commento - Decreto istitutivo - Modifiche ed

adeguamenti fino al D.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24

Leggi complementari aggiornate al 12 febbraio 1979

8°, p. VIII-304, L. 8 0 0 0

212

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I MANUALI TRIBUTARI

Raccolta di legislazione, norme amministrative e giurisprudenza, coordinata per articolo da GIUSEPPE GIULIANI

Tutto il materiale, raccolto in questi manuali, è ripartito per articoli e, ove opportuno, collegato con una serie di rinvìi.

Le disposizioni richiamate (del codice civile, del codice penale...) sono riportate in nota per facilitarne la consultazione.

Ogni manuale è provvisto di:

— Indice-repertorio alfabetico, che consente di reperire immediata-mente la norma cercata e di avere un primo approccio con la di-sciplina dell'argomento.

— Indice cronologico, unico per legislazione, norme di attuazione, disposizioni amministrative, giurisprudenza e interrogazioni parla-mentari, per facilitare la ricerca più di quanto consentano indici cronologici frazionati.

— Indice sistematico, che offre la visione panoramica di tutto il lavoro. MANUALE DEL BOLLO

8°. p. VII-544, con addenda di aggiornamento al 1977, L. 10.000 MANUALE DELLE IMPOSTE DIRETTE

(in corso di stampa la 2a ediz. aggiornata al febbraio 1979)

MANUALE DELL'IVA 1979 (in preparazione)

MANUALE DEL REGISTRO

aggiornato con la legge 21 febbraio 1977, n. 36 8°, p. VI-564, L. 14.000

MANUALE DELLE SUCCESSIONI E DELLE DONAZIONI aggiornato con il D . P . R . 6 dicembre 1977, n. 914 (G.U. n. 348 del

22 dicembre 1977) 8°, p. VIII-584, L. 15.000

MANUALE DELLA FINANZA LOCALE aggiornato con la L. 21 luglio 1978, n. 416 8°, p. VIII-1018, L. 22.000

MANUALE DELLA PROCEDURA TRIBUTARIA (in preparazione)

206

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COMPENDIO DELL'IVA

GIUSEPPI: GIULIANI

L'enorme proliferazione delle norme sull'IVA, non sempre coerente e ordinata, ha contribuito ad alimentare la confusione in una materia che necessiterebbe di ordine, semplicità e chiarezza, ed ha reso difficile l'orientamento anche agli « addetti ai lavori ».

Questo « Compendio » si propone di ovviare a tale situazione espo-nendo, con un linguaggio semplice e chiaro, le istituzioni del tributo allo scopo di rendere accessibili i non sempre facili collegamenti tra i vari articoli della legge e tra questi ed i decreti ministeriali di at-tuazione.

A differenza del « Manuale dell'IVA », precedentemente edito, che ripartisce la materia per articoli al fine di reperire le norme specifiche che interessano i casi da decidere, quest'opera è strutturata per argo-menti e, per ciascuno di essi, ne raggruppa tutte le disposizioni relative e tutte le sue correlazioni con le altre parti della normativa.

Inoltre, alla fine di ogni capitolo è inserita una « Rubrica dei casi decisi » nella quale sono sintetizzate le più importanti circolari e riso-luzioni ministeriali.

Il volume è integrato da un'Appendice, con sistema a colonne, nella quale è riportata l'evoluzione legislativa in materia dalle origini ad oggi e destinata ad accogliere le future variazioni che il lettore stesso potrà inserire, così da avere un testo sempre aggiornato.

Infine, al libro è allegato un Poster che riproduce, in quadri sinottici, una sintesi organica di tutta la vasta materia.

Originale, semplice e pratico nell'impostazione, nella struttura e an-che nella veste tipografica, questo « Compendio » costituisce un agite e al tempo stesso completo strumento di consultazione in grado di coadiuvare efficacemente ogni operatore nella pratica quotidiana.

Volume in 8°, p. VIII-520, con poster, L. 12.000

207

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L'ORDINAMENTO

TRIBUTARIO ITALIANO

collana, diretta da

Gian Antonio MICHELI e Augusto FANTOZZI

Questa nuova collana, intitolata al rinnovato ordinamento tributario, intende offrire agli studiosi — così come agli ope-ratori pratici — strumenti adeguati all'opera di divulga-zione degli studi del diritto tributario in Italia, presentando opere che costituiscono i frutti delle più varie esperienze tecniche e professionali.

Lo scopo è, oltre quello di illustrare sotto il profilo teo-rico-pratico i tributi nuovi o riformati, di cogliere soprat-tutto i caratteri di novità, che la riforma ha introdotto rispetto all'ordinamento precedente.

I volumi, che verranno via via pubblicati (dedicati sia a singoli tributi che a diversi istituti, settori economici o problemi specifici), offriranno al lettore un panorama il più possibile completo della materia trattata, esponendo la di-sciplina legislativa e amministrativa e facendo seguire os-servazioni critiche e ricostruttive, utili sia a risolvere i di-versi problemi concreti che a consentire una prima siste-mazione scientifica dei diversi argomenti.

(11)

G A E T A N O N A N U L A

LA RIVALUTAZIONE MONETARIA

DEI CESPITI PATRIMONIALI

DELLE IMPRESE

Aspetti civili, fiscali, contabili ed economico-finanziari

Questo volume, frutto dell'esperienza di un profondo conoscitore della materia, un tenente colonnello della Guardia di Finanza, affronta sotto il profilo tecnico-giuridico tutta la problematica relativa al provvedimento di rivalutazione dei cespiti aziendali (L. 2 dicembre 1975, n. 576), che viene studiato soprattutto in relazione ai suoi riflessi sul bilancio e sull'imposizione diretta, in un quadro assai ampio, sensibile da un lato agli agganci con i problemi di politica econo-mica-finanziaria e dall'altro agli aspetti concreti della applicazione della legge.

8°, p. V m - 4 5 0 , L, 1 2 . 0 0 0

M A R I O M A C C A R O N E

TEORIA E TECNICA

DELLE IMPOSTE SUI REDDITI

Voi. I : L'imposta sul reddito delle persone fisiche (1RPEF)

V o i . II : L'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) L'imposta locale sui redditi (ILOR)

L'opera espone, in una visione unitaria, la struttura e i criteri tecnici di ap-plicazione delle imposte sul reddito, sulla base degli originari decreti delegati e dei successivi provvedimenti legislativi, e alla luce degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali più significativi e delle risoluzioni ministeriali.

Il lavoro è corredato di un'appendice, che riporta la tabella dei coefficienti di ammortamento e le risoluzioni ministeriali successive, e di indice sistematico e analitico-alfabetico.

aggiornamento al maggio 1 9 7 8

8°, p. X X - 1 1 0 0 , L. 2 7 . 0 0 0 i d u e volumi

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C. MASSIMO BIANCA

DIRITTO CIVILE

L'opera, che si comporrà di cinque volumi, si propone di offrire una trattazione completa, sistematica e approfondita del diritto civile, at-traverso una chiara esposizione degli istituti civilistici, della loro di-sciplina legislativa e della loro nozione teorica, accompagnata da ampie citazioni di dottrina e di giurisprudenza.

volume primo

LA NORMA GIURIDICA -1 SOGGETTI

Questo primo volume contiene una sintetica ma esauriente introduzione sugli orientamenti della scienza giuridica. Se-guono le parti dedicate alla norma giuridica (fonti del diritto, interpretazione, applicazione della legge nel tempo), alla persona fìsica e alle persone giuridiche, che non man-cano di informare sui mezzi utili per compiere ricerche di legislazione, dottrina e giurisprudenza.

8°, p. VTI-397, ril., L. 11.000

258

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ENRICO POTITO

L'ORDINAMENTO

TRIBUTARIO

ITALIANO

Nella sua evoluzione travagliata ed incerta la riforma tri-butaria ha accentuato l'esigenza di trattazioni che, aggior-nate sulla base delle più recenti disposizioni normative, ade-riscano ai princìpi cui si informa la nuova disciplina. Il presente volume, che offre una organica sistemazione della materia tributaria nei vari profili dell'imposizione di-retta e indidi-retta e del contenzioso, è destinata a suscitare, per la serietà dell'impostazione e per la semplicità del lin-guaggio, l'interesse sia degli studiosi del diritto tributario sia di chi si accosta per la prima volta alla materia fiscale. In calce a ciascun capitolo sono riportate ampie note biblio-grafiche che rappresentano una guida preziosa per l'appro-fondimento dei singoli argomenti.

Sommario:

Considerazioni introduttive Le imposte dirette

Le imposte indirette e le « tasse »

Le entrate tributarie della Regione e degli enti locali Il contenzioso tributario

8°, p. 776, L. 16.000

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PAOLO M. TABELLINI

L'IMPOSTA

SUL REDDITO

DELLE PERSONE

GIURIDICHE

Parte I:

PRESUPPOSTI E FONDAMENTI DELL'IMPOSIZIONE SUL RED-DITO DELLE PERSONE GIURIDICHE

Premesse - L'introduzione dell'imposta sul reddito delle persone giu-ridiche nel nostro ordinamento. La riforma tributaria.

Parte II:

IL REDDITO IMPONIBILE - I SOGGETTI PASSIVI

Il presupposto d'imposta e la classificazione dei redditi in catego-rie - I redditi fondiari - I redditi di capitale - La nozione tributaria di impresa commerciale. Il reddito d'impresa - I redditi di lavoro (auto-nomo) - Redditi diversi - I soggetti passivi - Territorialità dei redditi. Periodo d'imposta. Aliquote d'imposta.

Parte

IIL-LA DETERMINAZIONE DEI REDDITI

La determinazione del reddito dominicale dei terreni e del reddito agrario - La determinazione del reddito dei fabbricati - La determi-nazione dei redditi di capitale - La determidetermi-nazione dei redditi di la-voro autonomo. I redditi derivanti da prestazioni artistiche e profes-sionali - La determinazione dei redditi diversi - La determinazione del reddito d'impresa.

Parte IV:

IL REDDITO COMPLESSIVO

Nozione di reddito complessivo netto - La determinazione del red-dito complessivo netto.

Parte V: APPENDICI

Rivalutazione monetaria dei beni d'impresa. Documentazione. Ta-bella dei coefficienti di ammortamento.

Indice degli autori e analitico-alfabetico.

1977, volume in 8° p. XXIII-766, L. 18.000

(15)

BENEDETTO COCIVERA ROLANDO MERLINO

L'IMPOSTA

SUL REDDITO

DELLE PERSONE

FISICHE

È IN CORSO DI STAMPA LA SECONDA EDIZIONE AMPLIATA E AGGIORNATA 409

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GIURISPRUDENZA

COMMERCIALE

SOCIETÀ E FALLIMENTO

direttore responsabile G. Castellano bimestrale fondata nel 1974 Abbonamento annuo 1979: Italia L. 30.000; estero L. 45.000 GIURISPRUDENZA C O M M E R C I A L E SOCIETÀ E FALLIMENTO . ]

CASA EDITRICE GÌUFFRÉ

La rivista intende offrire un panorama completo e costantemente aggiornato la giurisprudenza, della legislazione e del-la « prassi » nelle materie del fallimento e delie società (per azioni e altre so cietà di capitali, cooperative, di persone). Gli articoli originali sono brevi ed hanno prevalente riferimento a questioni di im-mediata rilevanza professionale. Nelle materie di competenza della rivista si è mirato ad offrire un panorama non settoriale, con attenzione agli aspetti so-stanziali, processuali, tributari e pena-listici.

Vengono fornite al lettore notizie e com-menti aggiornati sulle « novità » legisla-tive e giurisprudenziali.

Il materiale giurisprudenziale viene sele-zionato non solo sotto il profilo dell'at-tualità ma anche dell'importanza, con no-te di richiamo ampie ed esaurienti. Ai lettori è offerto un servizio a domi-cilio per le sentenze non pubblicate.

452

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"Legislazione e Giurisprudenza Tributaria,,

diretta da L. PAPI ANTONIO CASERTANO NICOLO' POLLARI

LA NUOVA DISCIPLINA

DELL'ANAGRAFE

TRIBUTARIA

E DEL CODICE FISCALE

DEI CONTRIBUENTI

Testo integrato con il D.P.R. 23 dicembre 1977, n. 955 ed annotato articolo per articolo

Dopo le note di commento ai singoli articoli, l'opera propone una sche-matizzazione degli argomenti di maggior interesse, quali, ad esempio, il prospetto degli atti sui quali deve essere indicato il numero di codice fiscale e le sanzioni.

L'opera è inoltre corredata di un'appendice che riporta a partire dal D.P.R. 2 novembre 1976, n. 784, i vari testi di legge dei decreti mini-steriali successivi sino al recente D.P.R. 23 dicembre 1977, n. 953.

8°, p. 160, L. 4.000

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COLLANA DI GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

diretta da Gabriele Pescatore

IL TESTO UNICO

DELLE DISPOSIZIONI

LEGISLATIVE

IN MATERIA DOGANALE

a cura di VITTORIO SBORDONE

Ad alcuni anni dall'emanazione del testo unico delle di-sposizioni legislative in tema doganale approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 il presente volume si pro-pone di offrire un'ampia panoramica degli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza in relazione ai pro-blemi interpretativi suscitati dalla disciplina dei tributi do-ganali.

Il volume, che espone organicamente la complessa materia per articoli, è corredato di indici analitici, cronologici e sistematici che ne rendono particolarmente agevole la con-sultazione.

8°, p. 408, L. 10.000

450

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1. In tutti i paesi industrializzati ad economia mista l'imposi-zione del salario, nelle forme dell'imposta personale, del prelievo con-tributivo per i finanziamenti della previdenza sociale, e nella forma dell'imposizione indiretta sui beni acquistati dai salari, è oggetto di crescente attenzione sia nella contrattazione fra le parti sociali sia nella definizione delle politiche economiche.

Riguardo all'imposizione indiretta, poiché l'intento legislativo è che essa sia trasferita sui consumatori, l'atteggiamento prevalente è di considerarla a carico del potere di acquisto dei salari. 11 dibat-tito si sviluppa, quindi, sull'opportunità della copertura automa-tica dei salari reali dal trasferimento delle imposte nei prezzi. Nella stessa logica si valuta la convenienza di differenziazioni di aliquote in funzione del peso relativo dei singoli beni e servizi nei bilanci dei lavoratori a diversi livelli di reddito. Anche per l'imposizione di-retta sui salari e per i contributi sociali formalmente a carico dei la-voratori, si assume generalmente che l'onere di tali tributi gravi eco-nomicamente, e non solo legalmente, sui salari (i salari ne subiscono l'incidenza). Sulla base di tale assunzione, infatti, si esprimono giu-dizi, anche facendo raffronti internazionali, in merito all'altezza delle aliquote sui salari, in merito ai livelli delle connesse esenzioni e de-trazioni, in merito alle implicazioni distributive delle proposte di politica tributaria, ad esempio ai fini di stabilizzazione. I contributi formalmente a carico dei datori di lavoro sono frequentemente assi-milati a quelli formalmente dovuti dai lavoratori, cosicché l'onere dell'intero prelievo parafiscale è imputato al salario. Analogamente, nel confrontare la distribuzione dei carichi fiscali e parafiscali tra categorie di redditi, di regola si considerano soltanto le basi

impo-(*) Questo articolo riproduce, con qualche ampliamento, la comunicazione su « Imposte e salario » tenuta alla Società Italiana degli Economisti nel no-vembre 1978. I paragrafi 1 e 8, 9, 10, 11 sono dovuti a R. Valiani; i paragrafi 2, 3, 4 5, 6, 7 a E. Longobardi.

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nibili legali; pertanto si presume che gli aumenti dell'imposizione diretta sugli altri redditi, o attraverso la riduzione dell'evasione o attraverso aumenti di aliquote, non sono trasferibili sui redditi da lavoro dipendente.

È lecito chiedersi se nello studio dell'imposizione del salario è sempre realistica l'ipotesi che la percussione del tributo coincide con la sua incidenza economica.

La corrispondenza nel breve periodo tra percussione ed incidenza economica di un'imposta- -sulla remunerazione del lavoro è dimostrata nell'ambito degli schemi neo-classici di statica comparata, dove di-scende dall'ipotesi che il salario lordo uguaglia la produttività mar-ginale del fattore ; con la precisazione che se l'elasticità dell'offerta, di lavoro è abbastanza elevata, una parte dell'imposta sarà trasfe-rita sui redditi da capitale (1). In schemi alternativi di distribuzione del reddito, l'incidenza sul salario delle imposte commisurate ad esso dipende nel breve periodo dall'assunzione che gli investimenti in ter-mini reali siano dati da decisioni esogene al modello che analizza gli effetti delle imposte. Le decisioni di investimento, date le propen-sioni al risparmio delle diverse categorie di redditieri, determinano il volume richiesto dei profìtti, e quindi l'onere dell'imposta rimane sul fattore lavoro (2).

L'analisi dell'incidenza dei tributi mediante il raffronto tra si-tuazioni di equilibrio di breve periodo presuppone però comporta-menti predeterminati delle categorie che si ripartiscono il reddito na-zionale. Tali schemi possono offrire indicazioni utili quando nella realtà le reazioni all'imposta da, parte dei salariati e degli altri gruppi sono date e la distribuzione del reddito tende a mantenersi stabile. Ma quando nella realtà la distribuzione del reddito è instabile nel breve periodo, essendo oggetto di conflitto tra le parti sociali, l'inci-denza delle imposte non può essere predeterminata sulla base di sche-mi analitici ; anzi l'aumento stesso dell'imposizione diviene occasione del riaccendersi del conflitto distributivo, le parti tentando di scari-carsi vicendevolmente, attraverso l'aumento dei loro redditi lordi, l'onere delle imposte. Invero è un aspetto saliente dell'evoluzione eco-nomico-sociale degli ultimi anni nella generalità dei paesi industria-lizzati la crescente acquisizione da parte dei salariati, oltre che delle

(1) Cfr., per tutti, K. A. Mtr SGRAVE, P. B. MUSGRAVE, Public Finanee in Theory and Practice, 2nd. ed., London, 1976.

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altre categorie, della consapevolezza che può essere possibile ricu-sare l'imposta attraverso la contrattazione delle remunerazioni nette, anche quando il legislatore l'ha addossata giuridicamente al sala-rio (3).

L'acquisizione della consapevolezza che è possibile contrattare i redditi netti da imposta non significa però che la traslazione sia per i lavoratori conveniente sempre e in misura piena. Nei giudizi di con-venienza sulla traslazione dei tributi a carico dei salari assumono ri-lievo anche gli effetti economici e distributivi dei processi inflazioni-stici innescati dalla traslazione e gli effetti di lungo periodo sul tasso di accumulazione.

2. Da quando l'onere delle imposte sui salari è diventato oggetto di contrattazione tra le parti sociali risulta limitata la possibilità di impiegare lo strumento tributario in funzione di stabilizzazione, se-condo gli schemi tradizionali della politica fiscale. Gli aumenti d'im-posta, operati al fine di ridurre il ritmo di aumento della domanda globale, possono provocare una spinta non facilmente controllabile al rialzo delle retribuzioni lorde, e di conseguenza alimentare, anziché ridurre, la pressione inflazionistica. È vero che il processo inflazio-nistico ha bisogno della liquidità che lo finanzia, ma ad esso prov-vedono nella maggior parte dei paesi i continui disavanzi pubblici.

Il pericolo di effetti inflazionistici è stato avvertito da tempo in relazione alle imposte indirette, i cui aumenti hanno un impatto im-mediato sul costo della vita e possono quindi trasmettersi ai salari monetari. Nel nostro paese un certo incremento delle retribuzioni è automatico nel caso le imposte colpiscano beni da cui dipendono le variazioni di scala mobile, e si è pertanto considerata l'opportunità di escludere dal calcolo degli scatti gli aumenti dei prezzi di origine fiscale. Si intenderebbe così restituire al legislatore la piena facoltà di stabilire l'incidenza iniziale delle imposte indirette, che sono poste a carico del consumatore

Tuttavia, se i salari non fossero automaticamente protetti dal-l'effetto della tassazione indiretta sul costo della vita, le misure con-giunturali potrebbero provocare la riapertura delle vertenze, soprat-tutto a livello aziendale, e gli aumenti delle imposte indirette essere

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recuperati con costi maggiori, in termini di effetto sullo stato delle relazioni industriali, di quanto avviene con la scala mobile. Inoltre, in questo caso, il costo della stabilizzazione sarebbe sopportato pre-valentemente dalle categorie sindacalmente più deboli del lavoro di-pendente, che non riuscirebbero a trasferire le imposte in virtù della sola forza contrattuale. Anche se al riguardo va ricordato che la pro-tezione dalle imposte indirette, assicurata dalla scala mobile, au-menta la discriminazione a carico di quelle categorie che non godono, affatto, o in parte, dell'indicizzazione dei loro redditi.

Una manovra selettiva delle imposte indirette, condotta in modo da colpire solo i beni che meno incidono sul potere d'acquisto del sa-lario, avrebbe in linea di principio maggiore probabilità di successo nel ridurre le controspinte inflazionistiche (4). Ma anche in questo caso, date le attuali condizioni del mercato del lavoro, si potrebbero manifestare resistenze sindacali a difesa dei livelli retributivi e oc-cupazionali dei settori colpiti (5). Si osservi inoltre che si tratte-rebbe di escludere dagli aumenti di aliquota una larga fascia di con-sumi, per cui la ristrettezza della base imponibile potrebbe ostaco-lare il raggiungimento di determinati effetti deflazionistici (6).

3. La difficoltà a trovare sul piano tecnico soluzioni che consen-tano di recuperare alla politica di stabilizzazione lo strumento delle imposte indirette è riconducibile al fatto che il problema non sorge tanto a causa delle particolari caratteristiche di questi tributi, ma ha portata più generale. Esso riguarda oggi anche l'imposta sul reddito, che solo fino a pochi anni fa era considerata, per la presunta as-senza di effetti diretti sul salario, lo strumento privilegiato della ma-novra tributaria restrittiva, soprattutto quando il processo inflazio-nistico fosse alimentato dal lato dei costi. Se i salariati tentano di recuperare non solo la diminuzione del reddito reale determinata da-gli incrementi dell'imposizione indiretta trasferiti nei prezzi, ma an-che la diminuzione del reddito disponibile provocata dalla tassazione diretta, un aumento dell'aliquota dell'imposta sul reddito produce una spinta inflattiva dal lato dei costi del tutto analoga a quella

del-(4) Per un'analisi dell'impiego della tassazione indiretta selettiva a fini di stabilizzazione si veda F. FORTE, Inflazione e imposizione indiretta, in E. GERELLI (a cura di), Imposte e inflazione, Milano, 1976.

( 5 ) G f r . G. PALMERIO, R . VALIANI, op. cit., p. 89.

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l'imposta sul consumo, fatta naturalmente salva la possibilità che i due tipi di tributo abbiano diversi effetti moltiplicativi dal lato della domanda (7).

Anzi, gli effetti inflazionistici dell'imposta sul reddito possono manifestarsi indipendentemente da variazioni di natura discrezionale dell'aliquota, perché, se l'imposta è progressiva, per mantenere lo stesso potere d'acquisto i salari devono crescere ad un tasso, non eguale, ma superiore a quello d'inflazione. In particolare la costanza del salario reale netto è garantita da un tasso di aumento in ter-mini monetari lordi pari al tasso di inflazione moltiplicato per il rap-porto , dove ta e tm sono rispettivamente l'aliquota media

1 - « »

e marginale dell'imposta sul reddito. Tale rapporto è maggiore del-l'unità se l'imposta è progressiva e può raggiungere, come era avve-nuto secondo Lindbeck in Svezia all'inizio degli anni settanta (8), va-lori tali che con un tasso di inflazione del 10 % la retribuzione del salariato medio dovrebbe crescere a quello del 16-17 % per mantenere invariato il potere d'acquisto.

In queste condizioni diventa assai difficile che i lavoratori pos-sano ottenere incrementi delle retribuzioni in termini reali e ai netto delle imposte. Se il salario reale lordo cresce per esempio allo stesso tasso di aumento della produttività, e se questo non è molto elevato (6-7 % nell'esempio), il livello del salario reale netto diminuisce pro-gressivamente. È la possibile reazione dei salariati a questo fenomeno che produce la spirale salario-imposta o inflazione da imposta cui ora la letteratura dedica ampia attenzione.

Il problema fu esposto, con un anticipo sorprendente rispetto al suo concreto manifestarsi nella realtà delle economia industriali, dal-l'economista svedese Erik Lundberg nel 1953 in una teoria del mol-tiplicatore del salario (9), ed è stato riconsiderato all'inizio degli anni '70 soprattutto in seguito ad uno studio empirico di F. Wilkinson e H.A. Turner (10), che documentava la rilevanza della spirale

sala-(7) L'equivalenza degli effetti inflazionistici va intesa pertanto non a parità di gettito, ma a parità di impatto deflazionistico sulla domanda globale. Cfr. E. LONGOBARDI, On the Equivalenee of the Inflationary Impact of Con-sumptìon and Incorna Taxes, in questa Rivista, settembre 1978.

(8) A. LINDBECK, Swedish Economie Policy, London, 1975, p. 149.

(9) E. LUNDBERG, Business C'ycles and Economie Policy, London, 1957 (ed. svedese, 1953), pp. 241-45.

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rio-isposta nel Regno Unito. La tesi dell'inflazione da imposta ha poi trovato un certo credito nell'OCSE (11), negli ambienti del Fondo Monetario internazionale (12), ed è stata sottoposta alle prime veri-fiche econometriche, che limitate in un primo tempo al Regno Unito, agli Stati Uniti e al Canada (13), sono ora state estese da uno stu-dio dell'OC SE ad un numero rilevante di paesi membri : per molti di essi i risultati sono compatibili con l'ipotesi che le imposte dirette provochino un aumento delle retribuzioni lorde (14).

Kaldor ha invece sostenuto che la tesi dell'inflazione da imposta non ha generalità sufficiente per spiegare la simultanea- accelerazione del processo inflazionistico nei paesi industrializzati (15). A nostro avviso, il giudizio deve tener conto che il fenomeno della contratta-zione dei redditi netti non è circoscritto al lavoro salariato, ma- è piut-tosto riconducibile all'affermarsi nelle società industriali di una ten-denza di carattere generale a valutare i risultati distributivi in ter-mini di potere d'acquisto sul mercato dei beni privati : in presenza di tale fenomeno, la crescita della spesa pubblica, da finanziare con le imposte, rende più acuti i conflitti sulla distribuzione del reddito e tende a produrre inflazione (16).

(11) Si veda, per es., OECD, Sooially Responsible Wage Policy and In-flation, Paris, 1975; e OODE, Kvolution Des Dépenses Publiques, Paris, 1978.

(12) Per es., H. J. WITTEVEEN, Inflation and the International Monetary Situation, in Amerioan Economie Review P. é P., 1975.

(13) Per il Regno Unito : J. JOHNSTON, M. TIMBRELL, Empirical Tests of a Bargaining Theory of Wage Determination, in The Manchester Sohool, 1973; S. G. B. HENRY, M. CI SAWYER, P. SMITH, Models of Inflation in the United Kìngdom, in National Institute Economie Review, 1976. Per il Canada: L. D. TAYLOR. S. J. TURNOVSKY, T. A. WILSON, The Inflationary Process in North American Manufacturing, Ottawa, 1973 (alcuni risultati di questo lavoro sono riportati in T. A. WILSON, Taxes and Inflation, in Report of the Twenty-Fourtli Tax Conference 1972, Canadian Tax Foundation, 1972) ; I). A. L. AULO, The Impact of Taxes on Wages and Prices, in National Tax Journal, 1974; O. J. BRUCE, The Wage-Tax Spirai: Canada 1953-1970, in The Economìe Journal, 1974. Per gli Stati Uniti: R. J. GORDON, Inflation in Recession and Recovery, in Brookings Papcrs on Economie Actwity, 1971; R. J. GORDON, Wage Price Controls and the Shifting Phillips Curve, in Brookings Papers on Eoorwmlc Activity, 1972. I risultati di tutti questi studi sono compatibili con la tesi che la tassazione diretta dia luogo ad un aumento dei salari lordi. Ritengono in-vece che la tesi non abbia sufficiente sostegno empirico M. PARKIN, M. SUMNER, R. WARD, The Effeots of Excess Detnand, Generalized Expectations and Wage-price Controls on Wage Inflation in the U.K., in Journal of Monetary Econo-mics, 1976 (Supplement Aprii). Una breve rassegna di alcuni di questi studi si trova in D. A. L. AULD, Taxation and Inflation: A Survey of Reeent Theory and Empirical Evidence, in Public Finance Quarterly, 1977.

(14) OCDE, Bvolution, cit.

(15) N. KALDOR, Inflation and Recession in The World Economy, in The Economie Journal, 1976, p. 710.

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4. Il timore per lo svilupparsi di spirali imposta-retribuzioni-prezzi ha condotto molti paesi industrializzati ad adottare correttivi di carattere automatico (indicizzazione dell'imposta) o discrezionale (rivalutazioni discontinue delle esenzioni, detrazioni, limiti degli sca-glioni di imponibile) (17). In effetti tali misure sono state motivate anche da altre esigenze : in primo luogo quella di neutralizzare gli effetti di distorsione dell'inflazione sulla distribuzione del carico fi-scale voluta dal legislatore ; ed anche quella di frenare la spinta ad espandere la quota della spesa pubblica sul reddito nazionale per adattamento alle maggiori entrate procurate dall'inflazione in regi-me di progressività.

La possibilità concreta di indicizzare l'imposizione del reddito dipende dall'ammontare dei disavanzi pubblici : nel nostro paese è arduo pensare di poter procedere al di là di periodiche riconsidera-zioni dei parametri dell'imposta.

5. La possibilità che le imposte dirette passino nei prezzi ha notevoli implicazioni per la teoria e la politica finanziaria. Come si è già accennato, essa rende assai dubbia la tesi tradizionale, che pare ancora assai diffusa ed influente sulle prescrizioni per la politica tributaria, che le imposte dirette abbiano proprietà antinflazionisti-che diverse rispetto alle imposte indirette, e antinflazionisti-che sia quindi possibile assegnare con precisione e certezza l'uno o l'altro tipo d'imposta al-l'obiettivo del controllo delle tensioni inflazionistiche a seconda che queste siano originate dalla pressione della domanda oppure dei costi. Sarebbero inoltre forse da rivedere i modelli econometrici che nelle equazioni dei salari e dei prezzi tengono conto solo dei contri-buti sociali e delle imposte indirette, ma non delle imposte sul red-dito, che entrano nelle sole equazioni di domanda. La differenza di trattamento riservato ai contributi sociali rispetto a quello riservato all'imposta progressiva sul reddito non sembra giustificata, perché, come si è visto, è proprio la progressività ad esercitare la maggior pressione sui salari.

Ad avvalorare i dubbi intorno alle differenti proprietà antinfla-zionistiche di diversi tipi di tributo si può osservare che mentre nel nostro paese da parte di molti si considera antinflazionistica la

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in Svezia sempre a fini antinflazionistici si è finanziata più volte la riduzione delle imposte dirette con un aumento dei contributi so-ciali.

6. Mentre i lavoratori cercano, attraverso la contrattazione e la scala mobile, di conseguire risultati che valutano in termini di sa-lari reali netti, le imprese cercano di opporre nella contrattazione il costo monetario del lavoro, al lordo delle imposte dirette e dei con-tributi sociali, corrispondente al salario netto in busta paga. Inol-tre, la risposta delle imprese verso le richieste sindacali di contrat-tare il salario al netto dei tributi dipende, in ogni situazione, dalle loro valutazioni sulla possibilità e convenienza di trasferire i mag-giori costi salariali nei prezzi di vendita, in relazione alle condizioni della liquidità e del credito, in relazione alla elasticità della domanda dei loro prodotti, ed in particolare in relazione ai prezzi della con-correnza estera, tenuto conto del tasso di cambio. Poiché il costo del lavoro è dato dal rapporto tra salario lordo e produttività, e questa è ormai anch'essa oggetto di contrattazione quanto alla flessibilità e intensità dell'impiego del fattore lavoro, le imprese considerano con-giuntamente il costo monetario delle richieste sindacali e le loro pro-poste che toccano la produttività.

Ma non si può dimenticare che gli atteggiamenti delle parti so-ciali nella contrattazione sull'incidenza fiscale sono anche il prodotto del quadro economico e sociale in cui esse operano. Quindi la poli-tica governativa contribuisce in ogni caso a determinare l'incidenza delle imposte. Si tratta di vedere se i governi tengono sufficiente-mente conto di questo fatto nel definire le loro politiche e se esplici-tano proposte in merito, o se invece si arresesplici-tano a constatare l'inci-denza legale dei tributi che essi impongono. Se guardiamo a taluni aspetti della situazione italiana, e cioè: l'altezza raggiunta dai cari-chi legali, per oneri sociali e tributi sul salario e sui beni che essi acquistano; il meccanismo di scala mobile che assicura copertura ele-vata ai salari medi ; la spinta dalla base operaia a contrattazioni sa-lariali vigorose per ottenere incrementi retributivi reali e netti ; la continua immissione di nuova liquidità nel sistema attraverso i di-savanzi pubblici, che permettono di finanziare i processi

inflazioni-( 1 8 ) P e r e s e m p i o , eia F . MODIGLIANI. T . PADOA SCIIIOPPA, La politica

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stici, e per contro i giustificati timori che azioni compensative di re-strizione creditizia aggravino la crisi occupazionale ; ed infine l'op-portunità offerta dalla svalutazione del cambio di rendere compati-bili i più alti tassi di inflazione interna con la competitività dei no-stri prodotti sui mercati internazionali; se guardiamo a questi aspetti che incoraggiano la contrattazione dei salari al netto e i fenomeni di traslazione, sembrano esservi fondati motivi per non arrestare la con-siderazione dei tributi al momento della loro incidenza legale.

Si deve ancora sottolineare che l'incidenza dei tributi diretti e indiretti sui salari non è questione che riguarda soltanto i lavoratori protetti dagli istituti contrattuali da un lato, e le imprese dall'altro: nel nostro paese in particolare, quando i lavoratori regolari ricusano parte dei carichi tributari e parafiscali attraverso aumenti delle re-tribuzioni lorde, e le imprese innalzano i prezzi per proteggere i loro profìtti, il processo inflazionistico salari lordi-prezzi trasferisce parte dell'onere dei tributi sulle categorie che hanno minore potere contrat-tuale, sui lavoratori irregolari e i sottoccupati (19). Interventi go-vernativi per bloccare tali processi, attraverso gli strumenti della po-litica economica e attraverso accordi politici con i sindacati e le imprese, traggono motivo anche dalla preoccupazione delle forze po-litiche verso le condizioni assolute e relative delle categorie sociali che maggiormente subiscono i costi dell'inflazione.

I sindacati stessi si dichiarano sensibili a tali preoccupazioni. Sarebbe quindi un errore assumere che vi è un tasso di aumento del salario reale netto che essi si propongono comunque di ottenere e che costituisce un dato per la politica economica : è la politica eco-nomica stessa che può indurre il sindacato ad una politica salariale di tipo flessibile,ed infine può guidare i processi che determinano l'in-cidenza dell'imposizione.

Tanto più che, si è già visto, conseguire incrementi predetermi-nati di potere d'acquisto esclusivamente mediante aumenti del sala-rio monetasala-rio diventa assai arduo se ad elevati tassi di inflazione si accompagnano aliquote marginali d'imposta sensibilmente superiori all'aliquota media. Soprattutto tramite l'imposta progressiva, il fi-sco assolve in misura crescente una funzione di correzione della di-stribuzione del reddito tra salari e profitti, una volta affidata esclu-sivamente all'inflazione : parte degli aumenti salariali ritenuti ec-cessivi dal punto di vista dell'equilibrio macroeconomico e

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prese nelle varie forme di sostegno pubblico all'attività economica. Un altro aspetto della spirale salari-prezzi-imposta è che essa favorisce il passaggio di risorse al settore pubblico, e quindi accresce la quota del salario che non può essere spesa sul mercato dei beni privati. Diventa allora molto importante la valutazione, da parte del sindacato, di cosa e quanto acquista la parte del salario che è prele-vata dalla tassazione. Il concetto di social wage, elaborato nel mo-vimento sindacale britannico, esprime l'esigenza di impostare la po-litica salariale tenendo conto che il tenore di vita non dipende solo dal consumo privato, ma anche, e in misura crescente, dal volume e qualità dei servizi sociali che sono forniti dal settore pubblico. Natu-ralmente, oltre certi limiti, l'operatività del concetto di salario so-ciale diminuisce perché la sostituzione di consumi pubblici a consumi privati incontra un limite, peraltro variabile con la struttura sociale. Infine, l'esperienza più recente, non solo italiana, dimostra che la politica sindacale diventa tanto pili flessibile in materia salariale, quanto più il sindacato pone tra i suoi obiettivi anche quello dei li-velli di occupazione e del tasso di investimenti.

Se il sindacato ha obiettivi molteplici (salario, perequazione dei redditi, investimenti e occupazione, livello e composizione della spesa pubblica) ed è consapevole dell'esistenza di relazioni di trade-off, quale quella tra salario reale e investimenti, o quella tra salario pri-vato e salario sociale, l'accettazione dell'onere delle imposte diventa funzione del giudizio sull'uso delle risorse prelevate, sia negli impie-ghi diretti pubblici, sia negli impieimpie-ghi delle imprese finanziate dal settore pubblico.

7. Un tipo di intervento di politica tributaria finalizzato al con-trollo della dinamica dei redditi è rappresentato da forme d'imposi-zione che dovrebbero penalizzare le imprese e i lavoratori in caso di aumenti dei prezzi e dei salari superiori a limiti predeterminati (20). L'idea fu già presente nel dibattito che si svolse in Svezia tra la fine degli anni '40 e l'inizio degli anni '50, quando Bent Hansen propose di usare l'imposta sul reddito per controllare la dinamica dei sala-ri (21). Secondo una proposta più recente il controllo fiscale dei sa

(20) Una buona presentazione di alcune proposte di questo tipo è quella di M. FOGARTY, Fiscal Measures and Wage Settlements, in OEOD, Wage De-terminai ion, Paris, 1974.

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Econo-lari dovrebbe invece essere realizzato colpendo con una sovrimpo-sta sui profitti le imprese che concedano in media aumenti delle re tribuzioni superiori ad una percentuale prestabilita (22). Sia detto per inciso che un meccanismo di questo genere opera da alcuni anni in Ungheria, dove però l'imposta è applicata, nel caso di aumenti sa-lariali superiori alla norma, ai profìtti destinati alla distribuzione ai lavoratori, i cui redditi risultano quindi colpiti in modo di-retto (23) (24).

Politiche di questo tipo possono avere successo solo in un conte-sto di vaconte-sto consenso sociale, altrimenti non c'è a nostro avviso cer-tezza alcuna che queste imposte, che dovrebbero rafforzare la capa-cità di persuasione del governo in merito alla necessità del controllo

dei redditi, non finiscano invece a loro volta per essere trasferite in più alte retribuzioni lorde e nei prezzi. Anzi, se è vero quanto detto sopra sugli effetti dei tributi nel periodo breve, le imposte stesse po-trebbero inasprire il conflitto distributivo, che romperebbe allora gli argini delle misure fiscali di contenimento della dinamica dei red-diti, così come spesso ha rotto gli argini delle politiche dei redditi tradizionali.

Nei paesi dove, di fronte alla crisi di queste ultime, si è ricorso negli ultimi anni allo strumento fiscale in connessione con le politi-che di controllo dei redditi, ciò è avvenuto non secondo spoliti-chemi ri gidi, in cui a particolari tipi di tributo è affidata la funzione di disin-centivare gli aumenti dei prezzi e dei salari, ma in una logica di con-trattazione tra il governo e le parti sociali sul costo del lavoro da una parte e il reddito disponibile dei lavoratori dal'altra. Nel Regno Unito dal 1976 il governo laburista ha condizionato la manovra delle aliquote fiscali al comportamento dei sindacati e della base operaia in materia salariale (25), ed iniziative analoghe sono state prese dal

mio Papera, n. 1, 1951, e B. HANSEN, The Economie Theory of Fiscal Policy, London, 1958, p. 353 ss. Cfr. anche A. LINDBECK, op. cit., pp. 46-49.

(22) S. WEINTRAUB, An Incomes Policy to Stop Inflation, in Lloyds Bank Review, 1970; H. C. WALLICH, S. WEINTRAUB, A Tax-Based Incomes Policy, in Journal of Economie Issues, 1971.

( 2 3 ) C f r . M . FOGARTY, op. cit..

(24) Tra le altre forme di imposte di questo genere va ricordato il pre-lievo congiunturale commisurato agli incrementi di valore aggiunto non attri-buibili ad aumenti di produttività o al maggior impiego di capitale e di lavoro, che è stato sperimentato in Francia.

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1973 in Svezia, come pure nei Paesi Bassi, in Norvegia e in altri paesi europei. Da ultimo anche negli Stati Uniti l'amministrazione Carter, con il piano antinflazionistico presentato a fine ottobre, ha deciso di ricorrere a misure fiscali per stimolare l'adesione delle parti al programma di contenimento di prezzi e salari (26).

E difficile giudicare in astratto l'efficacia di tale impostazione della politica tributaria perché essa dipende in larga misura dalle condizioni specifiche a ciascun paese, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di relazioni industriali, il grado di centralizzazione della contrattazione, i rapporti tra partiti al governo e organizzazioni sin-dacali, ed infine la struttura del sistema tributario, in particolare in quanto agli oneri effettivamente posti a carico dei redditi non sala-riali.

8. La rilevanza assunta in molti paesi industrializzati dal feno-meno della contrattazione dei salari reali e netti dai carichi tribu-tari desta preoccupazioni oltre che per gli immediati effetti inflazio-nistici anche e soprattutto per gli effetti di lungo periodo sul tasso di accumulazione del capitale e quindi sulle prospettive occupazionali. Che l'obiettivo di realizzare il tasso di accumulazione necessario a mantenere lo sviluppo costante con pieno impiego ponga vincoli alla possibilità per i salari di trasferire sui profitti gli oneri fiscali, sem-brerebbe potersi desumere dai modelli di crescita in equilibrio. Nei modelli neo-classici di sviluppo le condizioni di equilibrio richiedono che i salari sopportino l'incidenza delle proprie imposte, e persino parte delle imposte sui profitti, se l'offerta di capitale è elastica al saggio di rendimento netto, e/o se la propensione al risparmio sui red-diti da capitale è più alta di quella sui redred-diti da lavoro (27).

Nei modelli di sviluppo fondati sulla teoria della distribuzione neo keynesiana (incluso l'apporto di Kalecki), la quota dei profitti nel prodotto nazionale deve essere tale da finanziare la quota degli inve-stimenti che assicura lo sviluppo equilibrato in piena occupazione. Per-tanto, date le propensioni al risparmio, la quota degli investimenti

de-(26) Con il piano si propone ai lavoratori di contenere gli aumenti dei guadagni nel limite del 7 % ; se il tasso di inflazione dovesse risultare supe-riore essi sarebbero compensati per la differenza con una diminuzione delle imposte dirette. Si prevede inoltre di non concedere commesse pubbliche di valore superiore ad un certo livello alle imprese che aumentino i prezzi oltre il limite indicato dal piano.

( 2 7 ) C f r . p e r t u t t i : R . A . M I r SGRAVE, P . B . MUSGRAVE, op. oit,. p p . 4 0 4 - 4 1 3

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termina la quota dei profitti netti, e ogni imposta deve essere assor-bita dal fattore lavoro. Tale conclusione presuppone che i margini di profìtto lordo delle imprese siano variabili, cioè che le imprese ab-biano sempre la forza contrattuale per innalzare i margini di profitto lordo nella misura necessaria a mantenere invariati i profìtti netti. E possibile tuttavia modificare il modello introducendo l'ipotesi che i margini di profitto lordo delle imprese siano costanti (indipen-denti dal saggio di imposizione) : in questa ipotesi — che potrebbe es-sere riferita ai comportamenti di altri soggetti, sindacati, consuma-tori, autorità, concorrenza esterna — i profitti pagano le loro imposte.

Perché la diminuzione dei profitti netti risulti compatibile con le condizioni di equilibrio di lungo periodo occorre assumere che le im-prese finanzino mediante l'indebitamento esterno, in questo caso me-diante apporti del settore pubblico, la parte degli investimenti di equilibrio non coperta dall'autofinanziamento (dai profitti netti ; com-menteremo più sotto le implicazioni di questa assunzione).

Nella sostanza, la caratteristica di questi modelli di sviluppo co-stante con pieno impiego è che la quota degli investimenti dell'equili-brio di lungo periodo è presa esogenamente al modello, e quindi pre-determina l'incidenza della tassazione sui salari.

In qualche modello, ad esempio il Kaldor-Mirrlees (28), si am-mette che la quota dei profitti nel prodotto nazionale determini la quota degli investimenti, e quindi utilizzando tale modello risulta pos-sibile, in certe condizioni, che le imposte incidano sui profitti, ridu cendosi il rapporto capitale/prodotto ; ma il livello del reddito totale e pro-capite risulta minore che nella situazione con più alta quota dei profitti netti (29).

L'introduzione in tali modelli di altre ipotesi che potrebbero mag-giormente avvicinarli alla realtà possono condurre a risultati incom-patibili con le condizioni di equilibrio di lungo periodo.

Potrebbe sembrare irrealistico, infatti, che i lavoratori accettino qualunque riduzione dei salari netti richiesta per finanziare una mag giore spesa pubblica, mentre i profitti netti sono preservati dalla ne-cessità di mantenere il tasso di investimenti dell'equilibrio.

(28) N. KALDOR, Y. A. MIRRLEES. A New Model of Economie Growth, in Revieic of Economie Studies, voi. 29, 1961-62.

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Se si assume che i lavoratori non siano disposti ad accettare una caduta del potere d'acquisto del loro salari sul mercato al di sotto di un certo livello, cioè se si assume che essi oppongano una « barriera inflazionistica » (30) (richiedendo più alti salari lordi) all'imposizione che farebbe scendere i salari netti sotto quel livello, allora si pone un vincolo alla capacità- del sistema di generare, per diverse dimensioni del settore pubblico, il risparmio necessario a finanziare il valore di equilibrio degli investimenti.

L'ipotesi che i lavoratori impongano il vincolo che il salario reale, al netto dei carichi fiscali, non sia inferiore ad un dato livello minimo (da essi stabilito) potrebbe essere meglio accolta in un tipo di modello che assume costante il « grado di monopolio » (inteso come margine di profitto lordo) delle imprese, perché questo tipo di modello, si è detto, prevede la possibilità che le imprese paghino con i profitti parte degli oneri fiscali, nel rispetto delle condizioni di equilibrio di lungo periodo, purché esse siano disposte a realizzare parte degli investi-menti attraverso il finanziamento esterno. In questo tipo di modello, però, apparirebbe legittimo assumere, accanto al vincolo posto dai la-voratori, un analogo vincolo posto dalle imprese: queste potrebbero pretendere un margine minimo di profitto netto per decidere di inve-stire.

In particolare, le imprese potrebbero rifiutare di finanziare gli investimenti che non trovano capienza nei profitti netti aziendali, ri-correndo a nuovi prestiti, al di sopra di un dato livello del rapporto debiti/mezzi propri (ad esempio per il principio del rischio crescente di Kalecki) (31).

Dunque, ipotesi che sembrerebbero realistiche a chi osserva il com portamento degli operatori economici, lavoratori e imprese, nei si-stemi reali, possono risultare facilmente incompatibili con le condi-zioni di equilibrio dei modelli di sviluppo costante con pieno im-piego.

Comunque, anche quando le condizioni di equilibrio siano rispet-tate, vi è da osservare che tali modelli dinamici, mentre permettono di analizzare al loro interno l'incidenza delle imposte sulle quote di distribuzione, non si prestano ad analizzare gli effetti delle imposte sul tasso di sviluppo, che essi assumono dato dall'esigenza di

assi-(30) Cfr. J. ROBINSON, The Accumulation of Capital, London, 1956, p. 48, la cui indicazione è ripresa, nel senso del testo, da R. BACON. W. ELTIS, Bri-tain's Economie Problem: Too Few Producers, London, 1976, pp. 137, 139.

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curare in equilibrio la piena occupazione. Al contrario, gli effetti delle imposte sul tasso di accumulazione sono una questione centrale nel dibattito sulle politiche della finanza pubblica, che deve confrontarsi con i sistemi reali che muovono in disequilibrio.

9. Riguardo alla questione degli effetti di lungo periodo dell'ini posizione dei salari negli attuali sistemi economici, si è andata for-mando una corrente di opinione che ritiene che la grande espansione del settore pubblico avvenuta in molti paesi industrializzati negli anni trascorsi, ed insieme la crescente opposizione manifestata dai lavora-tori ad accettare un minor tasso dei loro consumi per finanziare le ere scenti pubbliche spese, sono due cause significative dell'incapacità di questi paesi di conseguire tassi adeguati di accumulazione (32).

Secondo questa opinione, il conflitto tra salari e profitti per addos-sarsi vicendevolmente i nuovi oneri imposti dalla crescita del settore pubblico si è espresso nell'inflazione, ciascuna categoria cercando di ricusare l'imposta attraverso l'aumento dei suoi redditi lordi (salari e prezzi). D'altra parte, gli interventi delle autorità per contrastare l'inflazione, con provvedimenti di restrizione monetaria e con poli-tiche dei redditi, non permettendo la piena ripercussione sui prezzi dei maggiori salari lordi da imposte, hanno compresso i margini di profitto, e perciò hanno determinato la caduta del tasso di accumu-lazione. Le ricorrenti pressioni inflazionistiche e le conseguenti mi-sure restrittive, inoltre, hanno accresciuto l'incertezza delle prospet-tive degli imprenditori, anche per tale via scoraggiando gli investi menti.

Si osservi che tale interpretazione delle relazioni causali tra au-mento delle spese pubbliche e della pressione tributaria, inflazione, caduta del tasso degli investimenti, presuppone che la crescente spesa pubblica non è riuscita né a diminuire i bisogni di consumo privato dei lavoratori, né a diminuire il fabbisogno di profitti delle imprese per decidere e finanziare gli investimenti, né a realizzare investimenti pubblici sostitutivi dei minori investimenti privati. Questa osserva-zione dà motivi di riflessione, perché la tesi in esame è stata avan-zata anche da economisti di paesi scandinavi, della Gran Bretagna, dei Paesi Bassi, cioè di paesi che hanno una Pubblica Amministra-zione più efficiente di quella italiana, alle cui inefficienze, invece, è facile imputare l'incapacità mostrata dalla spesa pubblica di

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t uir,si al mercato nel soddisfare i bisogni del consumo e della produ zione. Una spiegazione, per paesi aventi una Pubblica Amministra-zione abbastanza efficiente, potrebbe essere che la spesa pubblica è stata largamente destinata a trasferimenti sociali (pensioni, inden-nità e altri sussidi), mentre i lavoratori in attività, che contrattano i salari, non si sarebbero riconosciuti direttamente nelle categorie dei beneficiari. Una spiegazione più semplice è che ciascuna parte so-ciale, nell'ambito di società conflittuali intorno alla distribuzione del prodotto reale, riterrebbe giusto che fossero le altre parti a soppor-tare gli oneri delle maggiori pubbliche spese (33).

L'interpretazione che abbiamo ora sintetizzato è stata posta nei termini più estremi da Bacon-Eltis (34) che la ricavano dal loro studio sull'andamento dell'economia inglese dal 1960 al 1974. Nel-l'opinione dei due economisti « il problema fondamentale » (così lo definiscono) dell'economia inglese nel periodo, è rappresentato dalla grande espansione della quota, nel prodotto nazionale, della spesa pubblica che non si traduce in beni e servizi venduti sul mercato: i lavoratori, infatti, hanno rifiutato di sopportare i costi fiscali ne-cessari al suo finanziamento. Poiché le politiche governative (del cre-dito, dei redditi, ecc.) hanno consentito solo in parte alle imprese di recuperare gli aumenti salariali nei più alti prezzi, allo scopo di con-trollare l'inflazione ed il saldo della bilancia dei pagamenfi, le im-prese hanno perciò subito in larga parte l'incidenza dei maggiori oneri fiscali a carico dei loro profìtti. Questo sarebbe, secondo i due economisti, il processo fondamentale che ha portato alla stagnazione degli investimenti, con inflazione, ed alla crescita della disoccupa-zione strutturale nel loro paese. L'indicadisoccupa-zione delle possibili vie di

(33) In alcuni paesi, ed in Italia in particolare, si è verificata nel corso degli ultimi anni una grande espansione anche della spesa pubblica per trasfe-rimenti alle imprese, sostanzialmente allo scopo di ricostituire presso le aziende le disponibilità di fondi assottigliatesi a causa del peggioramento del rapporto ricavi/costi (e spesso allo scopo di coprire perdite di gestione). Se i lavoratori dipendenti accettassero di finanziare con maggiori imposte i trasferimenti alle imprese, restituirebbero ad esse (con l'intermediazione del settore pubblico) parte degli aumenti salariali strappati con la contrattazione e la scala mobile. Se invece i lavoratori rifiutano di finanziarle, reagendo agli aggravi fiscali con la richiesta di maggiori salari lordi, incidono sui bilanci aziendali che la spesa pubblica intendeva sanare. In linea generale si può osservare che la difficoltà della copertura fiscale delle crescenti spese pubbliche, in società conflittuali in-torno alla distribuzione del prodotto reale netto, sono riflesse nel grande au-mento dei disavanzi pubblici, che forse è sembrato ai governi essere la via più facile per evitare di compiere esplicite scelte distributive, poiché gli ef-fetti distributivi del finanziamento delle spese in disavanzo non sono perce-piti con altrettanta immediatezza dai cittadini.

(35)

uscita, per innalzare il tasso di accumulazione e riassorbire la disoc-cupazione strutturale, mantenendo sotto controllo i prezzi ed i conti con l'estero, è coerente con la diagnosi. Se si vuole mantenere una economia sostanzialmente di mercato, o il Governo deve ridurre la quota della spesa pubblica (« non di mercato »), oppure i lavoratori debbono accettare l'incidenza dei maggiori oneri fiscali a carico dei loro salari. Altrimenti, ci si dovrebbe allontanare dall'economia di mercato, e porre in atto sistemi estesi di controllo e intervento pub-blico sulle imprese, sui flussi finanziari, sui prezzi, sul commercio con l'estero; ed interventi per distogliere risorse da impieghi ritenuti non prioritari, in particolare dai servizi privati, e convogliarle alle attività produttive e a quelle pubbliche (35).

Bacon-Eltis osservano, inoltre, che la compressione dei profitti netti (dipendente dalla crescita delle spese pubbliche e dalla contrat-tazione dei salari netti da imposte) e la conseguente caduta del tasso di accumulazione del capitale produttivo potrebbe essere compatibile — entro certi limiti —- con il saggio desiderato di sviluppo del pro-dotto nazionale, se diminuisse il rapporto capitale/propro-dotto. Occor rerebbe, allo scopo, che il progresso tecnico assumesse natura « ca-pital-saving » ; ma non è facile piegare la natura del progresso tec-nico in tale direzione (Marx prediceva che il progresso tectec-nico avrebbe richiesto, al contrario, l'aumento del rapporto capitale/prodotto).

Il rapporto capitale/prodotto dipende, peraltro, anche dai com-portamenti dei lavoratori, degli imprenditori, dei dirigenti, che do-vrebbero a tal fine concentrare i loro sforzi per ottenere un più effi ciente utilizzo degli impianti.

10. La tesi che le organizzazioni sindacali da alcuni anni cer cano di contrattare i salari reali e netti dai carichi fiscali e parafi-scali, e che perciò innestano processi inflazionistici da costi ed in fine provocano la compressione dei margini di profitto, è sostenuta an-che da Lindbeck, nel suo studio sulla politica economica della Sve-zia (36). L'autore, oltre ad avvertire delle conseguenze negative sul tasso degli investimenti, richiama l'attenzione sugli effetti negativi che la tassazione progressiva ed i trasferimenti sociali

esercitereb-(35) R. BACON, W. ELTIS, eit., definiscono questa la « soluzione di sini-stra » e avvertono che essa si fonda sulla speranza dell'appoggio dei lavoratori a politiche anche austere in cambio di una maggiore presenza loro nei processi decisionali.

( 3 6 ) A . LINDBECK, o p . eit.

(36)

bero sugli incentivi all'attività economica. Tuttavia egli si mantiene piuttosto cauto nelle conclusioni : « Una questione importante sorta dall'esperienza svedese è quante imposte, assicurazioni sociali e com-pressioni di profìtto un sistema economico basato su incentivi econo-mici può sostenere... Attualmente non conosciamo l'importanza quan-titativa di questi problemi. È perciò ancora una questione aperta fino a che punto questi problemi degli incentivi siano responsabili del più lento tasso di crescita in Svezia all'inizio degli anni settanta e dell'aumento della disoccupazione connesso» (37). La cautela di que-sta conclusione sulle prospettive degli anni '70 è giustificata dal ri-conoscimento dell'autore stesso al successo ottenuto dai governi sve-desi del dopo-guerra fino agli anni '60, nello spostare la ripartizione delle risorse dai consumi privati ai consumi e investimenti pubblici ; avvertendo, d'altra parte, che la debolezza più evidente di tale poli-tica economica è apparsa nelle difficoltà a combattere l'inflazione.

Peraltro, Lindbeck ha fatto parte del « gruppo Me Cracken », il cui rapporto (38) diretto alla generalità dei paesi industrializzati, af-ferma esplicitamente che l'espansione dei bilanci pubblici e le riven-dicazioni salariali in termini di reddito netto dai carichi fiscali sono cause dell'inflazione, e quindi (richiedendo interventi restrittivi) delia-compressi one dei profitti e della caduta del tasso degli investimenti. Il rapporto (redatto nel 1977) sostiene che l'aumento del saggio netto del profitto è ormai pressocché ovunque necessario se si pone l'obiet-tivo dell'aumento del tasso di accumulazione; e ribadisce che ol-tre certi livelli del rapporto indebitamento/mezzi propri le imprese non considerano i finanziamenti esterni sostituibili all'autofinanzia-mento degli investimenti. Si sottolinea, inoltre, che il problema del finanziamento della spesa pubblica tende ad aggravarsi progressiva-mente, perché il conseguente abbassamento del tasso di sviluppo ri-duce le possibilità di soddisfare le attese dei lavoratori per migliora-menti del loro tenore di vita, e quindi li spinge ancora più a cercare di liberarsi degli oneri fiscali trasferendoli sui profitti. Opinioni ana-loghe si ritrovano, e con maggiore enfasi, nel « seminario padronale » sulle politiche dell'occupazione, dei redditi e della crescita a medio termine tenuto presso l'OCSE lo scorso anno (39).

( 3 7 ) A . LINDBECK, op. oit., p . 238.

(37)

11. Ma altri economisti, e la maggior parte delle organizza-zioni sindacali dei paesi europei, respingono la tesi che le elevate dimensioni raggiunte, in molti paesi, dal settore pubblico, ed insie-me il rifiuto dei salariati di sopportarne gli oneri prevalenti, sono causa necessaria dei processi inflazionistici, e della compressione dei profitti, e che questa determina la caduta del tasso di accumulazione e l'aumento della disoccupazione strutturale. La « tesi sindacale » è che la crescita del settore pubblico e del potere di acquisto dei sa-lari sul mercato (cioè al netto di ogni tributo) è ancora compatibile, nei paesi industrializzati, con un aumento del tasso degli investimenti. Anzi, per conseguire l'obiettivo di riassorbire la disoccupazione strut-turale, i sindacati — che su questo punto hanno molto insistito nel loro seminario presso l'OGSE (40) — chiedono io sviluppo del settore dei servizi (pubblici e di taluni privati), e perciò si oppongono in li-nea di principio a politiche di riduzione delle dimensioni relative del settore pubblico. Questo dovrebbe invece assorbire, nella loro propo-sta, consistenti aliquote della forza lavoro nei prossimi anni.

I sindacati si oppongono altresì alle richieste di vincolare la po-litica salariale in modo che subisca gli oneri imposti per il finanzia-mento della spesa pubblica (cioè di astenersi dal contrattare i salari al netto dei carichi tributari). Alle preoccupazioni espresse, ad esem-pio, da Lindbeck, che insufficienti margini di profitto netto provo-chino ristagno degli investimenti e disoccupazione strutturale, un altro economista svedese, Rehn, che è stato co-presidente del semi-nario sindacale citato (41) oppone che è opportuno porre sotto pres-sione i margini di profitto delle imprese, perché così si stimolano le imprese ad aumentare la propria efficienza, a ricercare aumenti della produttività e quindi ad investire, e si costringe il sistema a com-piere modifiche strutturali per rimuovere strozzature, rendite, inef-ficienze (42)

(40) OCDE, Les politiques de l'emploi, les révenus et la oroissanee à mo-yen terme. Séminaire syndacal, Paris, 1977.

(41) OCDE, Les politiques de l'emploi, cit.

(38)

Questa impostazione, riconoscono i suoi sostenitori, implica mag-giori interventi anche selettivi degli organi pubblici per dirigere gli impieghi delle risorse e politiche attive del lavoro ; implica controlli dei prezzi, valutari e degli scambi con l'estero; implica circuiti finan-ziari capaci di collegare a bassi costi i risparmi agli investimenti; essa suppone, inoltre, possibile superare gli eventuali ostacoli dal lato degli incentivi al risparmio ed all'intrapresa economica (43).

Quale delle due tesi indica la via meglio praticabile allo sviluppo ed alla piena occupazione? Ci sembra che il dubbio è espresso dalla natura stessa di « economia mista » che sono andati assumendo alcuni paesi industrializzati, in cui la spesa pubblica è pervenuta a livelli vicini alla metà del prodotto nazionale.

E R N E S T O LONGOBARDI R O L A N D O V A L I A N I

Istituto di Scienza delle Finanze Libera Università Internazionale Facoltà di Economia e Commercio degli Studi Sociali

Università di Roma Roma

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