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A capo della scena yiddish del dopoguerra

I. Lo spazio del teatro

6. Verso la creazione di un Teatro Statale Yiddish in Polonia

6.2. A capo della scena yiddish del dopoguerra

Dal momento in cui assume la direzione del teatro di Łódz´ appare evidente che Ida si è presa carico dell’esistenza e della qualità artistica non soltanto di quella compagnia, ma dell’intero sistema teatrale yiddish in Polonia. In qualità di direttrice, l’artista intraprese diverse manovre volte a stabiliz- zare la condizione del teatro e a garantirgli un futuro sotto gli auspici dello stato e non più dipendente dalle ristrette risorse delle organizzazioni ebraiche; seguì inoltre in prima persona la ristrutturazione della sala di via Jaracz 2, resa pos- sibile dalle donazioni di due semplici cittadini, e la inaugurò il 21 novembre del 1948 (in corrispondenza con la festività di Rosh Hashana) con un’opera dall’immutata valenza sim-

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bolica: Glikl di Hameln.176 Un giovane spettatore del tempo

ricorda così l’impatto che quello spettacolo ebbe su di lui e sui compagni di scuola:

Ho visto per la prima volta il Teatro Yiddish e Ida Ka- minska nella Łódz´ del dopoguerra, in un locale rozzo, che veniva chiamato “pollaio” perché ci si sedeva sulle panche di legno come su un posatoio. Al tempo, lo spettacolo che produsse in me l’emozione più forte fu Glikl fun Hammeln fodert gerechtikajt, ossia Glikl di Hameln chiede giustizia. Tutti i miei compagni della scuola ebraica furono molto commossi da quell’opera, perché tutti noi chiedevamo giustizia e an- davamo al teatro yiddish come in sinagoga, anzi al posto di andare in sinagoga.177

Nei mesi precedenti l’apertura ufficiale alla presenza delle autorità, l’artista propose però al pubblico L’avvocatessa e La

sparatoria di via Długa, due opere estranee al repertorio yid-

dish tradizionale che suggerivano il profilo artistico assun- to dal nuovo teatro. Dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, Ida era infatti ancora più convinta che la scena yiddish non dovesse confinarsi in un ghetto di temi ebraici, solleticando il vagheggiamento nostalgico o il semplice in- trattenimento, ma dovesse ambire a confrontarsi con ogni aspetto della contemporaneità.

Questa convinzione la spinse ad aprire il teatro a un pub- blico non ebraico anche attraverso la redazione di program- mi in lingua polacca, che raccontavano nel dettaglio la trama dello spettacolo. Grazie a questa innovazione il teatro attirò un pubblico nuovo178 – in grado di riempire le poltrone la-

176. Lo spettacolo rinnova il grande successo del periodo prebellico in un perio- do segnato dal pogrom di Kielce e da nuovi attacchi antisemiti: a Łódz´ le repliche durano due mesi, poi proseguono con immutata popolarità a Cracovia, Leopoli e Varsavia.

177. Intervista dell’autrice a Henryk Grynberg, 5 maggio-10 giugno 2015, corri- spondenza via email.

178. Come si legge nel resoconto dell’attività dell’anno 1950, indirizzato all’Asso- ciazione socio-culturale degli ebrei in Polonia: «Il Teatro Statale Yiddish, in quanto prosecutore di ottant’anni di tradizione teatrale ebraica, di un teatro che è sempre stato popolare, è oggi al servizio dell’operaio ebreo e dell’intellighenzia lavoratri- ce. La riduzione del contingente di spettatori ebrei in seguito all’emigrazione […] ha influenzato il mancato sfruttamento del piano di servizi previsto per la seconda metà dell’anno. La maggioranza della popolazione ebraica, e soprattutto la sua parte produttiva, è tuttavia rimasta nel paese ed esprime il proprio rapporto con il Teatro Yiddish richiedendo spettacoli in ogni cittadina. Un fenomeno particolar- mente positivo […] è l’affluenza del pubblico polacco. A Płock il nostro spettacolo

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sciate sempre più vuote dagli spettatori ebrei, che in que- gli anni emigravano in massa (circa centomila persone solo nel 1946) – ma anche l’attenzione della critica, che da quel momento cominciò a seguire le produzioni in yiddish. Alla rinascita della cultura yiddish contribuì attivamente anche la stampa ebraica in lingua polacca, rappresentata dai giornali «Opinia» (Opinione), «Nasze Słowo» (La nostra parola) e «Mosty» (Ponti), che coordinò i primi tentativi spontanei di fare risorgere una vita teatrale, tra l’altro organizzando e supportando economicamente la ricostruzione del teatro di Łódz´. Un ruolo importante giocarono in questi primi anni del dopoguerra le recensioni, attraverso le quali si discute- vano le idee proposte in scena e l’immagine della società ebraica rappresentata, ma anche il lavoro degli attori, di cui veniva evidenziata in modo particolare la natura collettiva.179

Il periodo postbellico fu dunque segnato da profondi con- trasti: da una parte proseguiva l’emorragia della popolazione ebraica, che sempre più spesso decideva di abbandonare la Polonia per recarsi in Israe le e veniva incoraggiata nel pro- prio intento dai comunisti, che in tal modo contrastavano l’imperialismo britannico, loro principale nemico dopo il crollo dei fascismi; dall’altra chi sceglieva di rimanere, co- me Ida Kaminska, o di tornare come Luba Stolarska e Sylik Shternfeld, allievi dell’Istituto Teatrale moscovita intitolato a Michoels, o i coniugi Chevel e Riva Buzgan, era deciso a battersi affinché la cultura yiddish fosse riconosciuta come parte integrante della “nuova realtà”. Il prezzo da pagare per questa integrazione fu, però, l’ingerenza del nuovo governo. Dopo avere beneficiato di regolari sovvenzioni, nel marzo del 1949 la direttrice del Teatro Yiddish di Łódz´ ricevette, come tutti gli altri teatri sotto l’egida del Ministero della Cultura e dell’Arte, un documento nel quale erano indicati gli obiettivi che la struttura avrebbe dovuto raggiungere per rientrare nel Piano Economico Nazionale dell’anno: nove

ha radunato tutta la cittadinanza ebraica (80 persone) e 800 /!/ lavoratori polac- chi. […] Tale nobile internazionalismo è uno dei nostri inconfutabili successi», Archivio del Towarzystwo Społeczno-Kulturalne Z·ydów w Polsce, atti istituzionali del Pan´stwowy Teatr Z·ydowski di Wrocław, 325, Z·ydowski Instytut Historyczny, Var- savia.

179. Cfr. Mirosława M. Bułat, Trójje˛zyczny teatr z·ydowski w Polsce „w lustrze” publicystyki

Michała Weicherta…, in Z·ydzi w lustrze dramatu, teatru i krytyki teatralnej cit., pp. 269-

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debutti, ottanta rappresentazioni in sede e quarantacin- que in tournée, «al servizio» di quarantamila spettatori.180

Inoltre, dalla fine degli anni Quaranta il Ministero iniziò a intromettersi sempre più nelle decisioni sul repertorio, sug- gerendo l’introduzione di opere dalla pronuncia progressi- sta in linea con la dottrina del realismo socialista, imposta ufficialmente a tutti i teatri polacchi nel giugno del 1949 con l’Assemblea Teatrale Nazionale di Obory. In quell’occasione, il viceministro alla cultura e all’arte Włodzimierz Sokorski si fece portavoce delle attese del Partito Operaio Unifica- to Polacco nei confronti degli artisti, che furono accusati di non impegnarsi a sufficienza nell’allestimento di opere contemporanee, capaci cioè di trasformare la coscienza del- la società attraverso temi di chiara ispirazione socialista. La nuova drammaturgia avrebbe dovuto ritrarre i conflitti di classe, l’uomo della rivoluzione e il suo nemico, individuato nell’intellettuale cosmopolita e reazionario o nella gerar- chia ecclesiastica e imperialistica. Il mondo teatrale avreb- be dovuto essere rivoluzionato non attraverso allestimenti innovativi, ma grazie a nuovi contenuti politici, in grado di

cancellare «il morboso psicologismo e l’esistenzialismo»181

fino ad allora prevalenti. Da quel momento, per tutte le com- pagnie teatrali diventò urgente stornare in ogni modo dalle proprie scelte drammaturgiche l’accusa di apoliticità e di autonomia culturale.

Alla fine del 1949 le istanze di Ida a favore della naziona- lizzazione del teatro yiddish – condivise peraltro con buona parte dell’ambiente teatrale polacco, che desiderava lo stesso per le proprie scene – furono coronate da successo. Lo stesso destino toccò a quasi tutti i teatri professionali della Polonia popolare. Con questo processo lo Stato diventava l’unico datore di lavoro di artisti, personale tecnico e amministrati- vo, e si arrogava il diritto di interferire nelle scelte artistiche ed economiche per allinearle agli interessi della dirigenza del partito comunista. Dopo avere inglobato l’Unione de- gli Artisti delle Scene Ebraiche nell’Unione dei Lavoratori

180. Archiwum Pan´stwowe w Łodzi, Zarza˛d Miejski w Łodzi, Wydział Kultury i Sztuki, segn. 48, Rozporza˛dzenia i okólniki, cit. in Małgorzata Leyko, Ida Kamin´ska i

Łódzki Teatr Z·ydowski, in Łódzkie sceny z·ydowskie cit., p. 165.

181. Włodzimierz Sokorski, Zadania twórczych konferencji polskiego s´wiata artystyczne-

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della Cultura e dell’Arte, equiparando così i diritti di attori ebrei e polacchi, il Ministero provvide a nazionalizzare i due teatri yiddish di Łódz´ e Wrocław, che prima agivano come cooperative, unificandoli sotto il nome di Pan´stwowe Teatry Z·ydowskie (Teatri Statali Yiddish, qualche mese dopo con- vertito al singolare). Dapprima Wrocław fu scelta come sede unica del nuovo ente, ma dopo pochi mesi le fu preferita Łódz´. Meir Melman – che (molto probabilmente) per de- siderio della moglie era diventato membro del partito – fu nominato direttore amministrativo, mentre Ida assunse l’in- carico di direttore artistico e Jakub Rotbaum quello di regista principale. Rotbaum, che amava definirsi allievo di Michoels e che era stato legato alla Vilner Trupe e in seguito aveva contribuito allo sviluppo del teatro yiddish in Francia e negli Stati Uniti, era stato richiamato in Polonia proprio da Ida, affinché collaborasse alla ricostruzione del teatro yiddish. In un primo momento le due compagnie lavorarono in maniera indipendente, firmando ognuna le proprie creazioni e por- tandole in scena nelle due sedi.

I fratelli Rotbaum

I “fratelli d’arte” Sara, Jakub e Lia Rotbaum (Rotboym) si distinse- ro, rispettivamente, nel campo della recitazione, della regia teatrale e dell’opera e furono amici e confidenti della famiglia Kaminski per tutta la vita. La maggiore, Sara Rotbaum (1899-1970), si era formata presso l’Istituto d’Arte Drammatica di Varsavia e la scuola di Max Reinhardt a Berlino e aveva mosso i primi passi con la Vilner Trupe. Nel 1921 si unì al Teatro Statale Yiddish di Mosca e vi rimase fino alla chiusura nel 1949. Nel 1935 fu insignita del titolo di Artista d’Onore della Repubblica Socialista Sovietica. Fu universalmente considerata una delle migliori attrici del Goset e negli anni tra il 1934 e il 1949 divenne anche responsabile dell’insegnamento di fonetica e dizione, attraverso il quale si puntava a uniformare la parlata yiddish degli allievi attori. A metà degli anni Cinquanta si trasferì in Polonia e per un paio di anni fece parte dell’ensemble del teatro yiddish di Varsavia: la incontreremo ancora nel primo allestimento di Madre Courage diretto da Ida Kaminska.

Jakub (Yankev) Rotbaum (1901-1994) fu invece regista, scenografo, costumista e pittore. Studiò a Varsavia presso la Scuola di arti deco- rative, l’Accademia di belle arti e la Scuola di cinema e intraprese la carriera di direttore delle scene yiddish nel 1925, collaborando in qualità di assistente alla regia con l’Azazel di Varsavia. Nel 1926 diresse una versione in ebraico dell’Ufficio postale di Rabindranath

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101 Tagore al Teatr Elizeum. In quello stesso periodo strinse amicizia con lo scrittore e fotografo Alter Kacyzne, che gli consigliò di prose- guire la formazione a Mosca, dove già si trovava la sorella maggiore: il giovane vi si trasferì e divenne allievo di Stanislavskij, Mejerchol’d e Solomon Michoels, che considerava il proprio mentore. Jakub tornò in Polonia affascinato dalla cultura teatrale russa e con l’o- biettivo di distogliere il teatro yiddish dal folklore, orientandolo verso temi sociali e politici. Nel 1929 fu invitato a lavorare presso la Vilner Trupe, di cui divenne direttore artistico e principale regista, debuttando con Il ghetto nero, un adattamento di Tutti i figli di Dio hanno le ali di Eugene O’Neill. Nel 1938 si trasferì a Parigi, dove collaborò con la compagnia d’avanguardia Piat (Parizer Yidisher Arbeter-Teater), curando la regia del Sordo di Bergelson e di È diffi- cile essere ebreo di Aleichem. All’epoca del soggiorno parigino rimase fortemente colpito e influenzato da Charles Dullin, Gaston Baty e Louis Jouvet; apprezzò inoltre il talento di Jean-Louis Barrault, che vide nel Processo di Kafka, nell’Amleto e in Fame di Hamsun. Nel 1940 ricevette l’invito di Maurice Schwartz a lavorare presso lo Yiddish Art Theater di New York: qui diresse, tra gli altri, Sender Blank di Aleichem, Zio Mosè di Asch e Vogliamo vivere di Bergelson. Nel 1942 a Detroit portò in scena la prima versione di Sogno su Goldfaden, opera che avrebbe allestito in tutto il mondo per il resto della vita. Durante l’esperienza americana trasse alcuni utili insegnamenti dal mondo del cinema, che a suo avviso coniugava l’artigianato attoria- le con un’attenta organizzazione e disciplina. Tornò in Polonia nel 1949 anche per rispondere all’invito di Ida Kaminska a ricostruire il teatro yiddish, cui si dedicò per qualche anno. Dal 1951 al 1962 fu direttore del Teatr Polski di Wrocław, dove mise in scena opere di Shakespeare, Gogol, Wyspian´ski e Brecht. Dal 1968 fu costretto a limitare la propria attività alla sola scena yiddish, sia in Polonia sia nel resto del mondo. Nei prossimi capitoli vedremo più da vicino le peculiarità della sua direzione teatrale, applicata alla drammaturgia yiddish e internazionale, e in che relazione fosse la sua poetica con quella kaminskiana.

La carriera di Lia (1907-1994), la più piccola dei fratelli Rotbaum, fu meno legata al teatro yiddish. Studiò pedagogia all’università di Varsavia, musica al conservatorio e danza presso la scuola diretta da Tacjanna Wysocka, entrando a fare parte della compagnia della celebre coreografa. Nel 1928 fondò insieme al fratello uno studio teatrale per operai. All’inizio degli anni Trenta viaggiò in tutta Eu- ropa per approfondire lo studio delle nuove correnti coreutiche e nel 1935 si stabilì a Mosca, dove studiò regia all’Istituto Nazionale di Arte Teatrale (gitis). Dal 1944 al 1946 lavorò come regista e coreografa presso il teatro di Stalingrado e nel 1954 fu regista di operette a Mosca. Nel 1956 fece ritorno in Polonia e divenne la

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regista principale dell’Opera di Wrocław. Al lavoro sulla scena af- fiancò l’impegno in qualità di pedagoga: le sue esperienze furono poi raccolte in un libro intitolato L’Opera e la sua forma scenica.

Nel 1949 fu avviata la campagna per la costruzione di una sede più adatta a ospitare il teatro yiddish e l’occasione fu sfrutta- ta per consolidare la comunità ebraica attorno a un intento comune. L’obiettivo fu raggiunto nel febbraio 1951, ma le au- torità cittadine decisero che la sala da oltre settecento posti di via Wie˛ckowski 15 avrebbe accolto anche la compagnia polacca del Teatr Nowy diretta da Kazimierz Dejmek. La soluzione si rivelò però insoddisfacente per la compagnia yiddish, la quale, pur amministrando l’edificio, si ritrovò con una sede che non la rappresentava: mancavano infatti del tutto le decorazioni a tema ebraico inizialmente previste e l’ensemble, obbligato a visitare anche la sede di Wrocław e le province, e legato a un pubblico necessariamente più ristretto, risultava meno presen- te e attivo dei colleghi polacchi.

Per l’inaugurazione della nuova sede del Teatro Yiddish di Łódz´, il 4 febbraio 1951, Ida scelse La famiglia di Ivan Popov, dramma di propaganda dedicato alla famiglia di Vla- dimir Il’icˇ Ul’janov. Nel portare per la prima volta in Polo- nia quest’opera, che a Mosca aveva vinto il Premio Stalin, Kaminska curò la traduzione e la regia, coinvolgendo quasi tutti i membri delle due compagnie yiddish e ritagliandosi, ancora una volta, un importante ruolo materno, quello della genitrice di Lenin. Nonostante il dramma rispondesse alle aspettative delle autorità comuniste e nei documenti ufficiali della compagnia fosse descritto come un «grande successo artistico e ideologico»,182 il pubblico al quale era destinato

lo accolse tiepidamente e dopo sole sette repliche lo spetta- colo fu archiviato. Vita ugualmente breve ebbe La dott.ssa A.

Les´na,183 dramma contemporaneo polacco ambientato in un

182. Resoconto dell’attività del 1950 del Teatro Statale Yiddish, cit.

183. La dott.ssa A. Les´na di Irena Krzywicka. Regia: Ida Kaminska. Scenografia: Aleksander Je˛drzejewski, Wiesław Lange. Cast: Ida Kaminska (dott.ssa Antonina Les´na), Marian Melman/Chonon Lewensztejn (dott. Winiarski), Chevel Buzgan (dott. Zwardon´), Fryda Szafer (Wera), Izaak Turkow (Ziembek), Natan Meisler (Socha), Luba Stolarska (Marcysia), Betty Latowicz (madre della dott.ssa Les´na), Ruth Taru-Kowalska/Sonia Szeftel (moglie del dottore). Kaminska espose le scelte registiche e anche i cambiamenti apportati alla drammaturgia nell’articolo „Dr

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ospedale di provincia, che debuttò sulle scene proprio nella regia di Kaminska e che le meritò un premio al Festival del- le Opere Polacche Contemporanee di Wrocław. Ida sfruttò sapientemente l’occasione del festival per rafforzare l’idea che il suo teatro fosse parte integrante del tessuto culturale della Polonia e, in quanto tale, necessario. Insieme a questo spettacolo presentò anche In una notte d’inverno184 di Szymon

Diamant, primo dramma yiddish scritto in Polonia dopo la guerra e incentrato sulla storia di un ragazzo e di un’anzia- na in fuga dal ghetto di Zamos´c´, che trovano rifugio presso alcuni contadini polacchi. La regista si diceva convinta che lo spettacolo avrebbe avuto vita lunga sulle scene del tea- tro yiddish polacco grazie alla ricca galleria di personaggi contadini presentati – che ritraevano i diversi atteggiamenti tenuti dai polacchi nei confronti degli ebrei (tra cui anche quelli indecisi e abietti) – e in particolare al protagonista, la cui solidarietà nei confronti degli ebrei braccati raggiungeva vette di eroismo.185

In una notte d’inverno – che era stato pubblicato con un

titolo diverso presso la casa editrice Idish Buch186 e che Ida

aveva già allestito due anni prima – fu accolto con favore per il suo «lampante significato sociale»,187 condensato nella sce-

na finale in cui «il giovane ebreo, inviato dai partigiani [che volevano testare la sua capacità di combattere] in una peri- colosa missione, torna dopo avere ucciso il soldato tedesco e, imbracciando il fucile, indica la direzione: “Via libera”. L’uno di fianco all’altro, si incamminano sulla strada i compagni d’armi: l’operaio, il contadino e l’ebreo perseguitato».188 A

questo spettacolo – che come abbiamo visto accennava a que- stioni spinose come i differenti gradi di empatia manifestati nei confronti degli ebrei e lo stereotipo negativo secondo

184. In una notte d’inverno di Szymon Diamant. Regia: Ida Kamin´ska. Scene: Aleksander Bogen. Scenografia: Edward Grajewski. Musiche: Saul Berezowski. 185. I. Kaminska, „Dr Anna Les´na” i „W noc zimowa˛” cit., p. 44.

186. Szlojme Diamant, Un ebreo tra i contadini, 1948. Per approfondire la storia del- la casa editrice Idish Buch cfr. Joanna Nalewajko-Kulikov, Kilka uwag o Idisz Buch, in Nusech Pojln. Studia z dziejów kultury jidysz w powojennej Polsce, a cura di Magdalena Ruta, Austeria, Kraków-Budapest 2008, pp. 129-164.

187. E.R., S. Diamanta „W noc zimowa˛”, […], 1949, […].

188. Ibid. L’autore non specifica se si trattasse di partigiani dell’anticomunista Armia Krajowa (Esercito nazionale) o dell’Armia Ludowa (Esercito popolare), di orientamento comunista.

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cui essi non sarebbero stati in grado di opporsi attivamen- te ai nazisti – partecipò anni dopo anche il giovane Henryk Grynberg, futuro scrittore di opere dedicate alla memoria della tragedia ebraica in Polonia, concepite come un inestri- cabile intreccio di autobiografia e finzione.

Avevo terminato gli studi in giornalismo con il proposito di non lavorare per i mezzi di informazione, che per princi- pio erano al servizio della propaganda di stato, quando seppi che Ida Kamin´ska aveva bisogno per il suo teatro segnato dall’età di qualcuno che recitasse il ruolo del giovane ebreo che fugge dall’annientamento di un villaggio e si rifugia presso alcuni contadini. […] Non era un grande ruolo, ma era centrale e potente, e conoscevo bene quella condizione per esperienza personale; in qualche misura era l’ennesima incarnazione del ragazzo ebreo della Strada di confine e dei Tedeschi.189

Ricordando il suo debutto sul palcoscenico, Grynberg lo de- finisce un atto di testimonianza:

[…] mi trascino fino a un casolare, esco sul proscenio e racconto quello che ho lasciato alle mie spalle nello shtetl an- nientato […] Non ero un attore nè dovevo esserlo. Non reci- tavo né dovevo recitare. Questa cosa recitava in me. Uscivo in direzione della ribalta, tendevo le mani verso il vuoto nero, spalancavo gli occhi e la bocca… e raccontavo. In quel vuo- to avvertivo qualche presenza. A Białystok, Lublino, Be˛dzin,