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I. Lo spazio del teatro

99. Natan Gross, Film z·ydowski cit., p 32.

3.3. Il secondo vykt

Il Varshever Yidisher Kunst-teater riprese le attività alla fine del 1926 negli spazi restaurati del Teatr Kaminski. L’ensem- ble debuttò il 19 ottobre con un allestimento di Non desidera-

re, o il decimo comandamento di Goldfaden, dramma scelto per

celebrare il cinquantesimo anniversario di nascita del teatro yiddish. L’opera narra la storia di Ludwig, ebreo tedesco pro- gressista che cede alle tentazioni del diavolo e abbandona la

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moglie Matilda per sedurre la pia Frume. A sua volta Peretz, ebreo polacco di buon cuore e marito di Frume, in un mo- mento di debolezza intreccia una relazione con Matilda. Alla fine lo Spirito Buono (interpretato da Ida Kaminska) istitu- isce un processo grazie al quale viene restaurato l’ordine. Lo spettacolo si fondava su un’interessante rielaborazione testuale, che interpolava l’originale commedia moralizzatri- ce di Goldfaden con versi del poeta Moyshe Broderzon che alludevano alla contemporaneità e alla politica del tempo.

Il critico Jakub Appenszlak salutò il ritorno del vykt come una nobile manifestazione della cultura nazionale e giudicò di grande interesse l’allestimento di Turkow, il quale aveva collocato questo dramma naïf a carattere allegorico in un’at- mosfera che richiamava i misteri medievali e in un ambiente scenografico composto da impalcature concentriche (opera di Józef S´liwniak), che tradivano l’influenza del supremati- smo russo e delle composizioni geometriche utilizzate già da qualche anno dal Goset, il Teatro Statale Yiddish di Mo- sca. Le innovazioni scenografiche di Turkow/S´liwniak – in linea con gli allestimenti goldfadeniani presentati dal Goset (I due Kuni-Leml) e dallo Yiddish Art Theatre newyorchese di Maurice Schwartz (La strega) – costituivano una novità per il teatro yiddish polacco e implicavano anche una mutata rela- zione spaziale tra gli attori. Appenszlak osservava inoltre che la compagnia aveva raggiunto una cura dei costumi e delle luci fino a quel momento mai vista sulle scene yiddish.105

Il debutto fu seguito da I fratelli Karamazov di Dostoevskij, adattamento di Ida diretto da Zygmunt, e dalla tragedia I lupi (24 novembre 1926) di Romain Rolland, autore al tempo assai popolare in Polonia, il cui dramma era incentrato sul celebre affare Dreyfus e sulla questione dei diritti umani. In entrambi i casi la critica si complimentò per la qualità “euro- pea” del lavoro, elogiando le invenzioni illuminotecniche e scenografiche di Władysław (Khayim Volf) Weintraub e l’or- ganicità ed espressività delle scene corali.

105. Anche il giudizio sul lavoro d’attore fu positivo: «Guidato dal regista Turkow l’ensemble ha assolto alla perfezione al proprio dovere. La signora Ida Kamin´ska nei panni dello “Spirito-Buono” esprimeva una grazia serafica e ha interpretato una delle canzoni con grande finezza». Jakub Appenszlak, Z·ydowski teatr artystyczny:

Dziesia˛te przykazanie (Łoy sachmojd), «Nasz Przegla˛d», 288, 21 ottobre 1926, cit. in

Edward Krasin´ski, Teatry z·ydowskie w Warszawie mie˛dzy wojnami, in Aa. Vv., Teatr

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La compagnia allestì poi drammi yiddish contemporanei come Il tesoro di Dovid Pinski, una commedia amara e satirica sull’avidità umana con personaggi grotteschi e una lingua

ruvida,106 ed europei come Morfina di Ludwig Herzer, che

Appenszlak commentò con calore:

Dal punto di vista della creazione attoriale e registica, lo spettacolo si inscrive tra i maggiori successi dell’attuale stagione teatrale varsaviana. Gli amanti della lingua yid- dish troveranno in questo spettacolo un’ulteriore confer- ma del fatto che si tratta di una lingua letteraria, in grado di rendere tutte le sfumature di un dialogo ricercato. La regia e la recitazione fanno onore alla sig.ra Ida Kamin´ska. Kamin´ska è indubbiamente l’artista yiddish dotata di mag- giore cultura: la sua capacità di penetrare nell’ambiente è dimostrata da una regia raffinata, che trasforma l’opera di Herzer in un autentico “notturno”, con sfumature di profondo lirismo.107

Concludendo la recensione, il critico non poté trattenersi dallo stigmatizzare la scarsa partecipazione della comunità ebraica a un progetto ambizioso come quello del vykt: pro- getto che, a suo avviso, in qualunque altra società sarebbe stato stimato e tutelato, mentre a Varsavia la cassa del teatro era rimasta quasi vuota.

A complicare i bilanci contribuiva il fatto che nella sua seconda incarnazione il Varshever Yidisher Kunst-teater aveva voluto sbarazzarsi del vecchio sistema di retribuzione fonda- to sul principio dell’khaveyrim-trupe (troupe di compagni), in cui il guadagno degli artisti dipendeva dalle entrate del botteghino, sostituendolo con un salario garantito per ogni membro della compagnia, indipendentemente dal succes- so economico dell’opera. Nonostante la seconda metà de- gli anni Venti fosse caratterizzata da una notevole crescita artistica dell’ensemble e dalla risposta positiva della critica e del pubblico, il vykt si trovò nuovamente in ristrettezze economiche: nel 1928, dopo essersi rivolto senza successo a organizzazioni come il Joint Distribution Committee, alle

106. Opera che aveva attratto anche Max Reinhardt, il quale ne aveva allestito una versione in tedesco nel 1910, e che nel 1923 era andata in scena a Broadway. 107. Jakub Appenszlak, «Nasz Przegla˛d», 53, 22 febbraio 1927, cit. in E. Krasin´ski,

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comunità ebraiche (kehilah) e dopo avere girato la Polonia e la Romania, fu costretto a sciogliersi.

Qualche mese più tardi Zygmunt, ancora segnato dall’e- sperienza del Voto, decise di studiare regia cinematografica a Mosca con Sergej Ejzenštejn. Quando la possibilità gli fu negata si recò a Berlino, dove compì l’apprendistato pres- so l’Ufa in qualità di assistente volontario del regista russo Vladimir Striževskij. Tornato in Polonia, tradusse il dramma per due personaggi Il signor Lamberthier di Louis Verneuil e convinse Ida a interrompere il lavoro con la compagnia riu- nitasi dopo il fallimento del vykt per intraprendere con lui una tournée. Al termine delle repliche la coppia scelse di divorziare, pur continuando a condividere la vita quotidiana e la vita di scena ancora per qualche anno, in Polonia e in giro per i teatri ebraici di Bruxelles, Antwerp, Parigi e Berlino (stagione 1931/1932).