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Tali imprecisioni sono state messe in rilievo dalla studiosa Joanna Krakowska, che nel 1995 ha tradotto in polacco l’autobiografia, pubblicandola in un’edizione

rivista e preceduta da un’introduzione di Jan Kott: Ida Kamin´ska, Moje z·ycie, mój

XXX Indomita yidishe mame. Ida Kaminska e la sua famiglia teatrale

rale degli ebrei in Polonia custoditi presso l’Istituto Stori- co Ebraico; i documenti inerenti l’attività del Teatro Statale Yiddish a Łódz´, Wrocław e nella capitale conservati presso l’Archivio degli Atti Nuovi; l’imponente mole di documenti sulla famiglia Kaminski prodotti dal governo comunista dal 1945 al 1975 e oggi raccolti presso l’Istituto per la memoria nazionale. Per quanto concerne quest’ultimo archivio, oltre ai passaporti temporanei rilasciati dal governo per oltrepas- sare i confini del paese, gran parte del materiale è costituito da relazioni fornite alla polizia segreta da informatori vici- ni all’attrice o da spie della polizia segreta comunista che, attraverso corposi dossier, registravano ciò che avveniva nel teatro di Varsavia durante le prove e vigilavano su ogni spo- stamento, ogni colloquio e incontro realizzato in occasione delle tournée all’estero, producendo una quantità ingente di «annotazioni di servizio» circa presunte attività politiche e sospette posizioni anti-governative. Questi materiali, che ignorano del tutto l’evento artistico, sono utili tuttavia per rendersi conto dell’atmosfera di diffidenza, censura e inge- renza in cui il Teatro Statale Yiddish si trovò a operare.

Per quanto riguarda gli archivi dello Yidisher Visnshaf- tlekher Institut (yivo), l’Istituto storico ebraico che ha sede a New York, ho preso in esame tre collezioni: la rg 26, che documenta l’attività dell’Unione degli Artisti Yiddish in Po- lonia negli anni tra il 1919 e il 1939; la rg 994, che raccoglie tutti i materiali inerenti la carriera teatrale di Ida Kaminska in America e il lascito della famiglia alla morte dell’artista, e la rg 8, che conserva tutto ciò che si è salvato dalla furia nazista dell’eredità del fondo museale dedicato a Ester Rokhl Kaminska nella Vilnius degli anni Venti.

Come anticipato, ho privilegiato la documentazione au- diovisiva, che nell’ottica della mia ricerca costituisce il corpus più prezioso, attingendo agli archivi del National Center for Jewish Film della Brandeis University, cui si deve il restauro, la sottotitolazione e la distribuzione di molte opere cinemato- grafiche yiddish; della Cineteca Nazionale di Varsavia e della casa di produzione televisiva indipendente John McGreevy Productions. In questo modo ho potuto analizzare tutte le testimonianze cinematografiche e televisive della recitazio- ne di Ida Kaminska conservate fino a oggi, per un totale di quattro produzioni cinematografiche (Tkies kaf, Polonia/usa 1924/1933; On a heym, Polonia 1939; Obchod na korze, Ceco-

Premessa. Abitare Yiddishland

XXXI

slovacchia 1965; The Angel Levine, usa 1970), tre televisive (Poz·egnanie z Maria˛, 1966; Czarna suknia, 1967; Mandelstam’s

Witness, 1975) e un documentario Jej teatr (Polonia 1967), che

riprende i frammenti dei seguenti spettacoli teatrali: Baruch

fun Amsterdam, Sure Sheindl, Meir Ezofowicz, Los árboles mueren de pie, Muter Kuraj un ire kinder e Mirele Efros. Un ulteriore

supporto all’indagine e alla ricostruzione degli spettacoli è stato offerto dalle registrazioni audio di alcuni monologhi e dialoghi pubblicate dalla casa discografica Muza Polskie Nagrania nel 1957, realizzate però probabilmente in studio, e dalle fotografie di scena, che hanno il vantaggio di fornire informazioni sulle scenografie e i costumi, la composizione scenica e la prossemica.

Documenti di questo genere, per quanto frammentari e segnati dall’interferenza di altri autori (il regista, il fotogra- fo), si rivelano utili allo studio sull’attore perché consentono di intravedere e fare emergere il barlume di vita di un’arte che si compie sempre dal vivo. È ciò che accade, ad esempio, se si osserva il breve frammento dello spettacolo Sure Sheindl inserito nel documentario Jej teatr (Il suo teatro). In questa commedia musicale, che Ida Kaminska adatta a partire da un vecchio melodramma della fine del xix secolo, si ritrovano tutti i motivi ricorrenti del genere: i contrasti tra le generazio- ni e i diversi membri della comunità ebraica, l’amore ostaco- lato tra due giovani, l’intervento di un ricco zio proveniente dall’America, infine la lieta risoluzione delle peripezie, spes- so coronata dalla celebrazione di un matrimonio. La vicenda è però presentata in una coloritura delicatamente ironica e illustrata da un personaggio che introduce gli spettatori alle tradizioni di quell’Atlantide antica ed esotica. Eppure,

la scena immortalata nel documentario25 dimostra che tale

ironia non va nella direzione di un commento distaccato, ma è anzitutto ironia su di sé, ricca di un sentimento che non sca- de mai in sentimentalismo, vivificata dal canto e dalla danza. La cerimonia di fidanzamento dei due giovani innamorati si intreccia con le celebrazioni per la festa di Purim: Ida Ka- minska canta e danza in primo piano, accompagnata dagli

25. Jej teatr (Il suo teatro, 1967). Regia: Władysław Forbert. Testo: Erwin Axer. Lettore: Ta deusz Łomnicki. Musica: Adam Wiernik. Suono: Jan Kalisz. Montag- gio: Ludmiła Godiaszwili. Direttore di produzione: Michał Horowic. Produzione: Wytwórnia Filmów Dokumentalnych (Varsavia). Durata: 19’.

Indomita yidishe mame. Ida Kaminska e la sua famiglia teatrale

altri interpreti dello spettacolo, schierati alle sue spalle, e la differenza tra la presenza dell’attrice e quella dei compagni produce un’impressione potente, che trascende la debolezza della drammaturgia e il filtro della macchina da presa. Men- tre la recitazione degli attori sullo sfondo (perlopiù molto più giovani) appare monodimensionale, irrigidita in sorrisi finti, occhi spalancati e mani che applaudono artificiosamen- te, Ida “fa sul serio”: la postura forte e gioiosa e lo sguardo vivo fanno dimenticare l’ingombro di costumi e parrucche, la nostra distanza da una lingua poco comprensibile e testimo- niano una presenza capace di suscitare senso, una scintilla di verità depositata nella riproduzione video. Ritratto di un’at- trice luminosa, immersa in una grande solitudine.

Parte prima. La vita

Indomita idishe mame. Ida Kaminska e la sua famiglia teatrale 3 1. Educazione teatrale

La storia della famiglia Kaminski è eccezionale perché ab- braccia lo sforzo che più generazioni hanno compiuto attra- verso quasi un secolo e tre continenti per mantenere vivo il teatro yiddish, e perché Ida, esponente luminosa della se- conda discendenza, è stata tra i pochi artisti a fare da pon- te tra la prima e la seconda metà del xx secolo, lottando per ricostruire la cultura teatrale yiddish dopo il suo feroce sradicamento. Per comprendere appieno l’operato di Ida Kaminska è indispensabile inquadrare anche il lavoro dei genitori, di cui essa raccolse la vocazione formativa e l’aspi- razione a un’arte orgogliosamente ebraica ma innervata da interrogativi universali. Pionieri della scena yiddish, Ester Rokhl Halpern e Avrom Kaminski unirono i propri sogni e le proprie vite dando principio a una dinastia femminile che, se è vero che ospitò al suo interno anche uomini di talento, trovò soprattutto nelle donne le testimoni più coerenti di una ricerca teatrale rigorosa e popolare. Il percorso intrapreso da queste donne e uomini del teatro alla fine del xix secolo nella Polonia zarista si concluse a New York negli anni Ottan- ta, quando Ruth, figlia di Ida e ultima rappresentante della stirpe, dopo avere trascorso gran parte della vita recitando al