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L’ensemble Ida Kaminska

I. Lo spazio del teatro

4. Gli anni Trenta

4.1. L’ensemble Ida Kaminska

All’inizio degli anni Trenta Ida si trovò a dirigere per la prima volta in maniera del tutto indipendente diverse compagnie, con le quali percorse la Polonia fermandosi soprattutto in Galizia,120 terra che nel secolo precedente era stata culla del

movimento chassidico e di quello “illuminista” e che offri-

119. Michał Weichert, HaDibuk in HaBima, «Literarishe Bleter», 97, 1926, cit. in M. Bułat, Trójje˛zyczny teatr z·ydowski w Polsce „w lustrze” publicystyki Michała Wejcherta na

łamach „Literarisze Bleter”, in Z·ydzi w lustrze dramatu, teatru i krytyki teatralnej, a cura

di Eleonora Udalska e Anna Tytkowska, Wydawnictwo Uniwersytetu S´la˛skiego, Ka- towice 2004, p. 168.

120. Territorio compreso nella Confederazione polacco-lituana, poi provincia dell’Impero austro-ungarico dal 1772 (anno della prima spartizione della Polonia) al 1918, la Galizia divenne parte della neonata Repubblica Polacca dopo la Prima guerra mondiale. Comprendeva le città di Cracovia e Leopoli (yid. Lemberg) e vide fiorire la cultura ebraica, dando i natali a scrittori come Bruno Schulz e Jo- seph Roth e accogliendo il giovane Martin Buber.

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va agli attori un pubblico più assimilato ma, in media, an- che più acculturato. Nel 1936 sposò l’attore galiziano Meir

Melman,121 da anni collega di scena e suo compagno per il

resto della vita. Nello stesso periodo tornò anche a Vilnius, città in cui la comunità ebraica la festeggiò organizzando le celebrazioni per i vent’anni dal suo debutto teatrale.

Nel paese, intanto, il clima si stava facendo sempre più oppressivo: la crisi economica e la morte del capo di stato Piłsudski avevano favorito l’affermazione di partiti estremisti di destra e, nel 1934, la firma del patto di non aggressione con la Germania di Hitler aveva condizionato l’atteggiamen- to del governo nei confronti dei cittadini ebrei, virandolo su posizioni chiaramente antisemite. L’estrema destra pretende- va l’emarginazione degli ebrei dalla vita pubblica e la confisca delle loro proprietà e metteva in atto i propri programmi con campagne di boicottaggio degli esercizi gestiti da ebrei, aggressioni e cacce all’uomo che coinvolsero anche il mondo universitario (l’infame “ghetto dei banchi”) con l’effetto di ridurre drasticamente il numero degli studenti di origine ebraica. A metà del decennio l’esecutivo che teneva le redini del paese, composto in gran parte da militari e presieduto dal colonnello Kazimierz S´witalski, fu invaso da un’esaltazio- ne nazionalista condita da una fobia antiebraica che spinse la classe dirigente a concepire il piano di un’emigrazione di massa della popolazione, accusata di essere all’origine di tutti i mali del paese, in Madagascar.122 In questo contesto, le

121. Meir/Majer (nei documenti polacchi Marian) Melman (1900-1978): attore, regista e organizzatore teatrale. Nel 1919 avrebbe voluto iscriversi all’università di Leopoli, che quell’anno però non accettava studenti ebrei. Si trasferì allora a Cracovia, dove trovò lavoro come impiegato presso uno studio legale. Nel 1921 si iscrisse all’Università di Cracovia nel corso di laurea in filosofia, indirizzo letteratu- ra polacca, e al contempo prese a frequentare i corsi di arte drammatica condotti dal regista Marian Jednowski. Nel 1924 si recò a Vienna per completare la forma- zione teatrale e raccogliere materiali per gli studi di dottorato sul drammaturgo polacco Ta deusz Rittner. Dal 1923 mosse i primi passi nel mondo teatrale yiddish, legandosi dapprima alla Vilner Trupe e al teatro Gimpel di Leopoli, diretto dal figlio del celebre attore Yankev Ber Gimpel, e dal 1926 al vykt. A partire dal 1934 fece parte stabilmente di tutte le compagnie guidate da Ida Kaminska, che divenne poi sua moglie. Nello stesso anno completò gli studi universitari ottenendo la lau- rea in legge. Autodichiarazione, cart. personale di Meir Melman, Instytut Tea tral ny im. Zbigniewa Raszewskiego, Varsavia.

122. Nel 1935 il ministro degli Affari esteri Józef Beck aveva incaricato una com- missione speciale di studiare un piano di emigrazione di massa degli ebrei dalla Polonia e l’anno successivo interpellò il Presidente del consiglio francese Léon Blum a proposito dell’eventualità di destinare a tale scopo le colonie francesi.

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celebrazioni a favore di Ida Kaminska assunsero una portata ben più ampia, configurandosi come un gesto di solidarietà con la popolazione ebraica e di protesta contro la barbarie antisemita. L’anno successivo Ida salutò il fratello Yosef, che in seguito ad attacchi da parte di giornali antisemiti aveva deciso di emigrare con la propria famiglia in Palestina per unirsi alla nascente Orchestra Filarmonica Palestinese.

A dispetto dell’atmosfera sempre più minacciosa – in cui le aggressioni dei giovani dell’onr (Obóz Narodowo Radykal- ny, Campo Nazional-Radicale) restavano impunite mentre ai teatri yiddish venivano revocate molte licenze e imposte re- strizioni sempre più coercitive – la Varsavia degli anni Trenta restava uno dei centri più fecondi della diaspora e della cul- tura yiddish, nella sua versione laica e moderna. Un modello di cultura autonoma che non aveva precedenti nella storia ebraica moderna e, come gli eventi avrebbero purtroppo di- mostrato, non avrebbe avuto neppure successori. In quegli anni il teatro yiddish in Polonia era percorso da un ardore creativo che portava a risultati di grande livello e a episodi di collaborazione tra l’ambiente teatrale ebraico e polacco.123

Senza dimenticare che, generalmente, l’opinione pubblica polacca si interessava poco al teatro ebraico, in questo perio- do nacquero interessanti scambi tra gli artisti: lo spettacolo

Blum si tenne su posizioni prudenti ma per opportunità politiche accettò di pren- dere in considerazione un insediamento ebraico in Madagascar e consultò a tale proposito il Congresso ebraico mondiale e le organizzazioni ebraiche polacche, che non si mostrarono del tutto contrarie. A protestare vigorosamente contro la politica filonazista polacca e il progetto di espulsione furono il partito democrati- co popolare folkista e il Bund socialista; i sionisti-revisionisti, invece, appoggiavano l’idea dell’emigrazione, ma solo verso la Palestina. Per approfondire cfr. Carla To- nini, Operazione Madagascar. La questione ebraica in Polonia 1918-1968, Clueb, Bolo- gna 1999.

123. Ad esempio Michał Weichert, che negli anni 1929-1933 diresse lo Studio Teatrale Ebraico, racconta che Aleksander Zelwerowicz e Leon Schiller, a capo dell’Istituto Statale d’Arte Teatrale, erano molto interessati alle tecniche di dizione insegnate nella scuola ebraica e che per questo assistevano spesso alle lezioni e gli chiesero di fare parte della commissione d’esame che doveva valutare gli allievi polacchi. Cfr. Michał Weichert, Studio Teatralne i Jung Teater. Fragment wspomnien´, in

Teatr z·ydowski w Polsce do 1939 cit., pp. 295-312. Provò a opporsi alla generale indif-

ferenza nei confronti del teatro ebraico anche lo scrittore Ta deusz Boy Z·elen´ski, uno dei pochi autori polacchi a recensire gli spettacoli yiddish. Ida era una grande ammiratrice di Z·elen´ski, che ebbe modo di incontrare a Leopoli nel 1940, in oc- casione di una serata di celebrazioni in memoria di Adam Mickiewicz: dopo avere letto in yiddish alcuni frammenti del Signor Ta deusz, l’attrice fu avvicinata dal noto critico, che si complimentò per l’eccellente resa del testo.

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simbolo di questa virtuosa compenetrazione fu La tempesta di Shakespeare della compagnia yiddish Folks un Yugnt-Teater, andato in scena nel 1938 in una Łódz´ già avvelenata dalla propaganda nazista, e diretto dal noto regista polacco Leon Schiller.124 Il principale sostenitore della necessità di dialo-

go tra le due culture teatrali continuava però a essere Mark Arnshteyn, amico del drammaturgo Stanisław Przybyszewski e promotore dell’adattamento alle scene polacche di classici del teatro yiddish come Il dibbuk e Il golem, quest’ultimo alle- stito in collaborazione con lo scenografo Andrzej Pronaszko. Le proposte di Arnshteyn dovettero tuttavia scontrarsi con i rimproveri della stampa ebraica, che lo accusava di spingere gli ebrei all’assimilazione e di svigorire la natura del teatro yiddish. Anche Ida, dal canto suo, si attirò gli strali della criti- ca quando, ancora ai tempi del vykt, attinse l’ispirazione dal- la ricca tradizione drammaturgica polacca e portò in scena Il

signor Jowialski, una delle commedie più amate di Aleksander

Fredro. Un’opera che avrebbe poi ripreso nel dopoguerra, traducendola in yiddish e pubblicandola presso la casa edi- trice Idish Buch.

Nel frattempo, però, nel 1935 Ida si vide costretta a so- spendere l’attività della propria compagnia, che aveva sede presso il Teatr Kaminski, perché l’edificio (di cui era com- proprietaria) era stato messo in vendita e trasformato in un garage con annessa officina e stazione di benzina. Nel corso della Seconda guerra mondiale la struttura sarebbe stata quasi interamente distrutta. L’unica parte dell’edificio rimasta integra, la sezione inferiore della muratura, sarebbe stata adibita a magazzino del vicino Teatr Polski nel 1955 e successivamente lasciata in uno stato di abbandono: oggi restano a testimonianza di uno dei luoghi cruciali della vita teatrale yiddish nella capitale soltanto rovine abbandonate e in attesa di una nuova assegnazione.

Dopo anni di instabilità, nel 1938 l’attrice riuscì a pren- dere in affitto il Teatr Nowos´ci diventando così, insieme alla collega Klara Segalowicz, l’unica donna responsabile della direzione di un teatro yiddish. Il Nowos´ci era uno dei più grandi e raffinati teatri di Varsavia e si trovava nel centro della città, in via Bielan´ska 5, a pochi passi dal più importan-

124. In proposito cfr. Jerzy Timoszewicz, «Burza» Szekspira w Folks Un Jugnt-Teater.

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te teatro della capitale, il Narodowy, e dall’ambizioso Teatr Kameralny. Alla fine del 1938 la popolazione di Varsavia con- tava circa un milione e trecentomila abitanti e seguiva con passione le proposte artistiche di diciannove sale e di una ventina di compagnie, che cambiavano repertorio ogni me- se, a testimonianza di un interesse sempre vivo dei cittadini per l’arte teatrale.125 Oltre ai teatri in lingua polacca, la ca-

pitale annoverava uno studio drammatico russo e tre scene ebraiche, la cui programmazione veniva annunciata anche sulla stampa in lingua polacca: il Nowos´ci, appunto; il Teatro Scala, che soddisfaceva il bisogno di divertimento e risate e contava tra gli artisti residenti Dzigan e Shumacher e tra gli ospiti il duo americano formato da Lilian Lux e Pesach

Burstein;126 e il teatro da camera di Jonas Turkow e Diana

Blumenfeld, che sul piccolo palco della biblioteca di giudai- stica di via Tłomackie presentavano all’intellighenzia ebraica la nuova drammaturgia polacca (Cwojdzin´ski, Nałkowska) e straniera in traduzione yiddish.127

Assumendo la direzione della scena yiddish più rappre- sentativa di Varsavia, Ida si trovò a ricoprire un ruolo di pre- stigio e grande responsabilità. Scelse pertanto di inaugurare la stagione con Glikl di Hameln128 di Max Baumann, un dram-

125. Tomasz Mos´cicki, Teatry Warszawy 1939, Kronika, Bellona, Warszawa 2009, p. 11.

126. A proposito del vaudeville proposto dagli attori americani cfr. Ivi pp. 95-97. Il 30 aprile 1939 Dzigan e Shumacher presentarono invece la rivista satirica Prendi e

non piangere, che il critico Appenszlak commentò così: «Nello specchio distorto di

questo spettacolo si sono riflesse tutte le tematiche attuali della nostra realtà, tutti i problemi e le difficoltà sono stati trasposti in una sfera di allegria e umorismo, di quel particolare umorismo ebraico che costituisce una forma di autodifesa. I due arcicomici ebrei si completano alla perfezione: Dzigan è nervoso, abile, fulmineo nell’agire, infallibile…, Shumacher è uno scettico flemmatico, dall’imperturbabi- le serenità d’animo. […] Oltre all’umorismo, lo spettacolo coniuga la poesia del canto popolare stilizzato, reminiscenza variopinta e bella delle vecchie canzoni di successo cantate dalle compagnie itineranti, con la modernità della rivista», A. [J. Appenszlak], «Nasz Przegla˛d», 131, 1939, p. 13, cit. ivi, pp. 219-220.

127. Gli spettacoli di solito avevano luogo dal sabato al lunedì. Tra le proposte di Blumenfeld e Turkow figurarono La teoria freudiana dei sogni di Antoni Cwojdzin´ski, andata in scena nel gennaio del 1939 dopo il successo ottenuto dalla versione po- lacca diretta da Edmund Wiercin´ski due anni prima al Teatr Mały, e «l’arciallegra» commedia in tre atti La carriera di Laszlo Fodor, con Diana Blumenfeld, Miriam Orleska, Herman Halpern, Leon Lerner e Jonas Turkow, del giugno 1939. Ivi, pp. 62-64; p. 284.

128. Lo spettacolo, composto da quattro atti, un prologo e un epilogo, includeva gli attori Yitzhok Grudberg, Natan Meisler, Ruth Turkow, Izrael Kamaj, Joel Berg- man, Leon Herbst, Adam Domb, Sonia Altbaum, Meir Melman. Grazie all’eccel-

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ma ispirato alla prima autobiografia in lingua yiddish conser- vatasi fino ai nostri giorni (risalente al xvii-xviii secolo)129

e interpretato con forti allusioni alla coeva politica nazista. L’opera narra la vicenda di una ricca ebrea di Amburgo che si divide tra l’educazione dei figli e la battaglia condotta in tribunale affinché l’assassino del marito – giovane rampollo di una famiglia assai in vista – sia punito. Nello spettacolo diretto e interpretato da Ida, «la richiesta di giustizia rivolta dall’eroina al sindaco di Amburgo risuonò come un appello degli ebrei di tutto il mondo, in particolar modo di quelli stretti nell’orbita di Hitler».130 L’artista invitò a collaborare

all’opera lo scenografo polacco Iwo Gall,131 il quale accet-

tò con l’intento di offrire, attraverso il proprio lavoro, un tributo al teatro yiddish. Lo spettacolo raggiunse un’ampia popolarità e Ida dovette considerarlo una tappa importante nel proprio percorso artistico, visto che decise di riallestirlo spesso nei decenni successivi.

Incoraggiata dalla reazione entusiasta del pubblico e dal progetto di un sovvenzionamento comunitario che avrebbe consentito alla compagnia l’indipendenza sul piano artistico, l’attrice maturò la convinzione che si fosse conclusa l’epoca del nomadismo e che fosse possibile una rinascita del teatro

lente interpretazione, Ida ottenne uno speciale sussidio dall’Unione degli Artisti delle Scene Ebraiche.

129. Delle memorie esiste anche una traduzione in italiano, curata da Vanna Lu- cattini Vogelmann: Memorie di Glückel Hameln (1646-1724), Giuntina, Firenze 1984. 130. I. Kaminska, My life cit., p. 79.

131. Iwo Gall (1890-1959): scenografo, regista e direttore. Si formò presso l’Acca- demia di Belle Arti di Cracovia e collaborò con il teatro cabaret Zielony Balonik. Durante la Prima guerra mondiale debuttò come scenografo presso il Teatr Polski a Vienna; dal 1923 al 1929 collaborò con Reduta, dapprima a Varsavia e poi a Vilnius, creando le scenografie per gli spettacoli di Leon Schiller, Juliusz Osterwa ed Edmund Wiercin´ski e misurandosi come regista ne I giudici (1927). Alla fine degli anni Venti lavorò anche presso lo Studio Drammatico Ebraico di Vilnius. In seguito, e fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale, si recò all’estero per approfondire gli studi teatrali e lavorò con diverse scene drammatiche polacche. In questo stesso periodo elaborò una teoria dell’arte scenografica, che a suo avviso avrebbe dovuto essere sempre sottomessa all’attore e a un teatro “poetico” che avrebbe fatto a meno della scatola scenica. Nel 1941, insieme alla moglie Halina Gallowa, fondò a Varsavia una scena teatrale clandestina e nel 1945, a Cracovia, uno studio drammatico che formò alcuni ottimi attori. Successivamente fondò a Danzica, insieme ai propri allievi, il Teatr Wybrzez·e, un centro teatrale assai inno- vativo che ebbe tuttavia vita breve. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta si dedicò alla regia di opere shake spea riane nei teatri di Łódz´ e Cracovia. Nel 1958 creò la sua ultima scenografia per lo spettacolo L’opera dell’ebreo diretto da Ida Kaminska.

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yiddish in un luogo stabile. Decise pertanto di innalzare il prestigio del teatro da lei diretto con due produzioni, collo- cate in apertura e in chiusura della stagione 1938/1939, nelle quali investì grandi energie e denaro: Sure Sheindl di Yehupetz, una «mascherata di Purim» basata sulla popolarissima com- media L’anima perduta132 di Yosef Lateiner,133 ma arricchita di

inserti musicali a cura di Moyshe Broderzon e della stessa Ka- minska, e Fuente ovejuna di Lope De Vega, storia di una coppia di giovani innamorati (Kaminska e Melman) che a metà del xv secolo riescono a guidare gli abitanti di un villaggio nella rivolta contro un tirannico comandante dell’Ordine di Ca- latrava. Quest’ultimo monumentale allestimento coinvolse alcuni tra i più raffinati artisti polacchi ed ebrei – Iwo Gall ancora alle scenografie, il poeta Alter Kacyzne, il compositore Israel Szajewicz, la coreografa Judyta Berg (già collaboratrice del Dibbuk di Waszyn´ski) – e un cast di settanta persone, tra attori e comparse. Nel montaggio dello spettacolo, Ida mise particolarmente in rilievo gli elementi musicali, coreografici e operettistici, creando una «sinfonia teatrale spagnola»134

armonica e sontuosa che al debutto, il 2 marzo 1939, registrò il tutto esaurito.

Alla fine di aprile la compagnia di Ida replicò per l’ulti- ma volta Fuente ovejuna e organizzò una serata di celebrazio- ni in occasione dell’80° anniversario di nascita di Sholem Aleichem presentando l’atto unico Gli uomini, un racconto umoristico interpretato da Yosef Tunkel, considerato un ere- de dell’arte aleichemiana, e una danza intitolata Menachem

Mendl a cura di Judyta Berg. La stagione del Nowos´ci si chiuse

con La tempesta diretta da Schiller, che alcuni considerano la migliore creazione di tutta la storia del teatro yiddish in Po-

132. Per le vicende relative all’adattamento e alla fortuna europea di quest’opera cfr. Nina Warnke, Going East: The Impact of American Yiddish Plays and Players on the

Yiddish Stage in Czarist Russia, 1890-1914, «American Jewish History», 92, 1, March

2004, pp. 1-29.

133. Yosef Lateiner (1853-1935): considerato campione dello shund, cominciò a lavorare con Goldfaden in Romania, dove debuttò come drammaturgo attorno al 1878 collaborando con Yisroel Gradner. Successivamente si trasferì a New York, dove fu tra i soci fondatori del Grand Theater, primo edificio teatrale destinato ad accogliere una compagnia yiddish, e continuò a tradurre e “yiddishizzare” testi e copioni dal rumeno e dal tedesco. Compose in tutto un’ottantina di opere, nessu- na delle quali memorabile, eppure conobbe uno straordinario successo popolare. 134. J. Appenszlak, «Nasz Przegla˛d», 70, 1939, p. 11, cit. in T. Mos´cicki, Teatry

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lonia e nella quale il pubblico di Varsavia ebbe l’opportunità di ammirare il grande attore Avrom Morevski,135 interprete di

Prospero. Al termine della stagione Ida si trasferì con la com- pagnia a Łódz´, con l’intento di proseguire la tournée estiva a Vilnius e Leopoli, e affittò il teatro a Zygmunt Turkow, che era tornato nella capitale con la nuova compagnia del vykt, reduce dal successo di una tournée a Cracovia.