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CAPITOLO III. L’ESTETICA RUSTICA DELLE GROTTE UN PROCESSO DI “DECIVILIZZAZIONE”

III.3. a Grotte precedenti in Italia e in Francia

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I testi di Palissy rivelano due tendenze quasi contraddittorie: da una parte il desiderio di mostrarsi alla punta della moda nell’ambito dell’architettura e dell’arte dei giardini, chiaramente dimostrato dalle numerose similitudini con opere conosciute – l’Hypnerotomachia Poliphili, le grotte italiane ecc - nonché della letteratura artistica, e dall’altra un desiderio di smarcarsi da questi modelli criticandoli, per proporre qualcosa di nuovo, un’invenzione che non solo supererebbe tutto ciò fatto in precedenza per qualità e virtuosismo, ma anche per il messaggio che intende veicolare.

A proposito delle grotte palissiane si fa sempre riferimento ai modelli italiani, in particolare Pratolino e Castello. E’ innegabile che la moda delle grotte si sia prima diffusa in Italia e che le loro caratteristiche provengano da modelli della penisola, trasmesse poi in tutta Europa. Tra i modelli realizzati prima del 1563 che avrebbero potuto ispirare Palissy, numerosi esempi toscani e romani potevano essere conosciuti dal Nostro indirettamente, grazie ai suoi contatti con letterati e potenti. A Firenze, patria di Caterina dei Medici, nei giardini di Boboli, prima ancora della Grotta Grande, realizzata attorno agli anni Ottanta del Cinquecento, era stata costruita negli anni 1553-1555 una grotta chiamata poi “grotticina”, ad opera di Davide Fortini, destinata alla moglie di Cosimo, con una fontana ornata da una capra e un ariete, una chiara allusione al segno zodiacale dell’Arciduca.

Nel giardino della villa medicea di Castello, sempre nei pressi di Firenze, fu costruita la famosa Grotta degli animali, probabilmente già prevista con tale programma iconografico nel progetto di Tribolo nel 1538631, ma realizzata solo a partire dal 1565. Benché Castello sia spesso citato come fonte di Palissy, la possibilità che il Nostro se ne sia ispirato al momento della scrittura è a mio avviso molto compromessa, innanzitutto per una questione cronologica. E’ un dato di fatto che Palissy poteva aver conoscenza di questo giardino, ad esempio tramite la descrizione presente nell’opera di Pierre Belon Remonstrances sur le default du labour pubblicata nel 1558, che dedica l’ultima Remonstrance alla “grande bellezza” di tale giardino, lodando in particolare gli alberi sempreverdi e le fontane632. In Belon e Palissy troviamo numerose preoccupazioni simili per quanto riguarda l’importanza degli alberi, la conoscenza della varietà di essi, e per quanto riguarda la descrizione di Castello, esistono altre similitudini che vedremo a

631

Cf. LAPI BALLERINI 1999.

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proposito del giardino della Recepte. Invece non è questione in Belon delle grotte che saranno realizzate più tardi, per cui il riferimento al grande naturalista è legittimo solo per quanto riguarda il giardino, e non può essere una fonte d’ispirazione per le grotte. Per quanto riguarda Pratolino, la grotta di Cupido, molto vicina all’estetica descritta da Palissy per il suo esterno particolarmente rustico, mimetico con la natura circostante (fig 72-73) fu realizzata da Bernardo Buontalenti attorno al 1577, una datazione ancora una volta posteriore alla grotta palissiana. Nel Lazio gli esempi precoci della prima metà del Cinquecento, sono numerosi : uno dei primi è il ninfeo Colonna di Genezzano633, primo edificio interamente costruito seguendo un ordine toscano rustico attorno al 1520; la grotta di Villa Madama e quella di Villa Gaddi, descritta da Annibal Caro nel 1538 che comprendeva delle concrezioni minerali634; il ninfeo della villa Giulia a Roma, costruito tra 1551 e 1552, documentato dalla lettera dell’Ammanati e da numerosi disegni (fig. 74). Il ninfeo non è una tipologia identica a quella della grotta, ma all’epoca le terminologie erano meno precise di oggi, e spesso un termine sostituiva l’altro : in effetti nelle grotte erano sempre previste fonti d’acqua come nei ninfei, e le loro caratteristiche stilistiche sono simili635. Sempre a Roma, di particolare interesse per noi è il cantiere intrapreso dal cardinale Ippolito II d’Este per i giardini del Quirinale, realizzato da Girolamo da Carpi e Tommaso Ghinucci era articolato in viali, padiglioni e aiuole. Nel cosiddetto “giardino d’abbasso”, si trovava un ninfeo con statue di Apollo e le Muse, la cosiddetta “Fontana grande” estense, che fu trasformata alla fine del Cinquecento nella Fontana dell’organo, tuttora esistente, che declinava un programma iconografico sul tema del Parnasso e di storie mitologiche. Nella parte del giardino chiamato “Boschetto” venne allestita invece una Fontana rustica che fa eco alla grotta di Palissy: composta da materiali naturali, rocce e muschi, si arricchiva da alcune statue classicheggianti e da un mosaico a terra.

Il cardinale d’Este, appassionato di giardini, fu anche il promotore tra 1560 e 1572 di un complesso e raffinato sistema di fontane per la sua villa d’Este di Tivoli, con il chiaro intento di richiamarsi ai fasti dell’Antichità636. Ippolito II d’Este proveniva di Ferrara, a Nord della Penisola, una regione che ci interessa particolarmente perché come detto, il primo protettore del ceramista, Antoine de Pons aveva passato diversi anni alla corte

633 Cf.FROMMEL 1969. 634

Cf. CARO [1957], LIX, pp. 113-116.

635

Su questo problema lessicale si veda BENETIERE 2000.

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estense di Renata di Francia, dal 1533 al 1545. Il territorio di Ferrara contava allora un numero cospicuo di “delizie” - residenze suburbane per la corte637- costruite durante il Quattrocento638, dove i giardini giocavano un ruolo di prim’importanza. Sebbene Ercole II Este, marito di Renata, non intrattenne la stessa passione di suo padre per le delizie, egli curò molto il Belvedere, affidandone il riordino a Girolamo da Carpi a partire dal 1528. Dal 1538 venne realizzata la palazzina della montagna di San Giorgio – probabilmente su progetto di Terzo Terzi639 -, un raffinato padiglione costruito nei pressi della altura artificiale, sul bastione omonimo. Era costituito da un cortile quadrato con porticati rustici su due lati, con sofisticati impianti idraulici per i Bagni ducali. Girolamo da Carpi fa i disegni per gli spazi ipogei nel vivo dell’altura vicina e probabilmente anche quelli per i giardini spiraliformi, di derivazione serliana, con al centro una fontana, detta “della lumaca” che ne ornavano i pendici640. Si accedeva a questi spazi tramite un percorso in barca, che immetteva nell’ampio spiazzo a giardino labirintico che portava alla salita dei terrapieni della “Montagna”, costruita su due ambienti a volta, il più interno dei quali era lavorato a mosaico e a grottesche.

Questi grandi lavori dedicati ai giardini della corte furono realizzati proprio durante la permanenza di Antoine de Pons a Ferrara : di tutti gli esempi citati fin’ora come modelli italiani possibili, credo che questo sia il più plausibile proprio per i legami indiretti che Palissy intratteneva con il duca. la dedica del suo terzo libro, i Discours Admirables, le è proprio indirizzata, ed evoca delle conversazioni dotte intrattenute con esso: “j’eusse bon tesmoignage de l’excellence de vostre esprit, des le temps que vous retournastes de Ferrare, en vostre chateau de Ponts, si est-ce que en ces derniers jours ausquels il vous pleut me parler de sciences diverses asçavoir de la Philosophie, Astrologie,& autres arts tirez des Mathematiques.”641 Il personaggio non è ben documentato, ed è difficile stabilire con chiarezza quale rapporto ebbe con il ceramista. Tuttavia, una testimonianza tale fa pensare che i due protagonisti, benché appartenenti a due ceti sociali lontani, ebbero un rapporto abbastanza stretto, nell’ambito della ricerca scientifica e soprattutto per la loro comune appartenenza alla religione riformata.

637

Cf. CECCARELLI 2009.

638 Sulla genesi delle delizie estensi si veda CECCARELLI 2004, pp. 73-84, e CECCARELLI 2009. 639

Cf. CECCARELLI pp. 73-84.

640

Al proposito si veda CECCARELLI 2004, pp. 76-77; CECCARELLI 2009.

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Da questi dati si può pensare che Palissy abbia potuto conoscere tramite Antoine de Pons le descrizioni dei giardini estensi, e delle loro grotte, e probabilmente anche le realizzazioni di Ippolito d’Este, a Ferrara ma anche forse a Roma. Anche guardando solo in Francia, il legame con Ferrara è sempre possibile tramite queste potente mecenate642, committente del Portale del Grand Ferrare che non è altro che il primo esempio di architettura rustica in Francia.

Se guardiamo adesso in Francia, varie grotte potevano essere conosciute dal ceramista, e sotto varie forme, dall’ornamento delle dimore private alle celebrazioni effimere. Nelle Entrées Triomphales dei Valois il motivo del monte o della grotta conobbe un grande successo, ad esempio nell’Entrée di Carlo IX del 1571 a Parigi, costituito da un arco trionfale di ordine toscano «d’une mode qui n’avait jamais été vue» con un’apertura di più di tre metri di larghezza e sei di altezza, e la parte inferiore fino all’architrave fatta con delle rocce dove figuravano conchiglie, chiocciole, erbe «come si devono sui bordi dei fiumi »643. Nelle Entrées di Enrico II e Caterina de’Medici a Rouen nel 1550 fu usata una roccia monumentale, il cosiddetto « Massis du Roch » (fig. 75) dove la grotta posta su un portale a bugnato rustico evocava il Monte Olimpo.644 La similitudine tra queste opere e lo stile del Nostro testimonia del gusto per l’estetica rustica da parte dei potenti, un segno che l’arte di Palissy si poneva in perfetta linea con lo spirito del tempo, reinterpretando pero queste tematiche senza usare i riferimenti mitologici che invece pervadono tutti gli esempi che vedremo adesso.

Per quanto riguarda gli antri presenti nelle dimore private, a parte la Grotta dei Pini e la Bastie d’Urfé, di cui abbiamo già parlato il ceramista e il suo committente non potevano ignorare la grotta del Cardinale di Lorrena a Medone, il modello più prestigioso di quegli anni. Charles de Guise, grande rivale di Montmorency, fervente difensore della Chiesa Cattolica Romana contro la religione riformata, fu un personaggio di grande rilievo

642 Sulle realizzazioni francesi del Cardinale si veda FROMMEL 2009b, pp. 387-417. 643

« (…) le bas jusqu’à la hauteur de l’architrave fait de rochers parmi lesquels étaient mêlés des coquilles de limaces et herbages tels qu’on les voit aux bords des rivières […]A’ l’endroit de laquelle eau répandue, étaient force petits arbrisseaux et quantité de mousse entremélée avec plusieurs petits Lézards et Limaces gravissant.» Cf. Simon Bouquet, Bref et sommaire recueil de ce qui a été fait… à la joyeuse et triomphante entrée de très puissant… Prince Charles IX…, Paris, Olivier Codoré, 1572, f. 33. Si veda Devis et marchés passés par la ville de Paris pour l’Entrée solennelle de Charles IX en 1571, Douet-d’Arcq Louis-Claude [Paris : Impr. Crapelet, s.d.j., 61 p. 2 pl. in Revue Archéologique, Ve année, 15 octobre 15 mars 1848. Per un commento a questo testo si veda ad esempio GRAHAM 1974.

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politico e religioso645, nonché mecenate che per la sua proprietà di Medone vicino a Parigi commissionò una grotta a Francesco Primaticcio a partire dal 1552646. Gilles Corrozet ci informa nella sua descrizione del 1576 che la grotta era dedicata alle muse di Enrico II, inserendosi nella tradizione classica di grotta come dimora delle muse. L’opera fu fin da subito considerata la più grandiosa mai costruita in Francia647, come ne testimonia l'ammirazione di due autorevoli contemporanei: nelle Vite, Giorgio Vasari la descrive in questo modo «A Medone ha fatto il medesimo abate Primaticcio infiniti ornamenti al cardinale di Lorena, in un suo grandissimo palazzo chiamato la Grotta; ma tanto straordinario di grandezza, che a somiglianti degli antichi così fatti edifici potrebbe chiamarsi le Terme, per la infinità e grandezza delle logge, sale e camere pubbliche e private che vi sono.»648 La grotta venne anche celebrata in un sonetto di Pierre de Ronsard649, il Chant pastoral sur les noces de Monseigneur Charles Duc de Lorraine et Madame Claude Fille du Roy, pubblicato nel 1559, che insiste sulla maestà, sulla “naturalezza” e sulla rusticità dell'opera. Tre pastori, passeggiando scoprono la grotta di Meudon, che Charles de Guise “ha fatto scavare così bella per essere delle nove sorelle la dimora eterna” :

[Les] Sœurs qui en sa faveur ont mesprisé les eaux […] Pour venir habiter son bel antre esmaillé,

Une loge voûtée en un roc entaillé.

[…] Eux devots arrivez au devant de la porte, [...] Puis prenant hardiesse ils entrerent dedans Le Saint horreur de l’Antre, et comme tous ardans

[…] Ils furent esbahis de voir le partiment En un lieu si desert, d’un si beau bastiment :

Le plan, le frontispice, et les piliers rustiques,

645

Sul Cardinale si vedano gli atti del convegno a cura di Y. Bellenger. Cf.BELLENGER 1997.

646

La data si deduce dalla lettera che il Cardinale mando’ a sua cognata Anne di Este il 28 dicembre del 1552, citata da FROMMEL 2010, p. 119.

647

Sulla grotta di Medone si veda BOUREL WARDROPPER 1991 pp. 27-44, LE GUILLOUX 2006, FROMMEL 2010 pp. 119-131.

648 G. Vasari, Le Opere di Giorgio Vasari con nuove annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi, Tomo VII,

Firenze, Casa editrice Le Lettere, 1998, p. 411-412.

649

Nell’estesissima letteratura esistente su Pierre De Ronsard e il movimento letterario della Pléiade, si può rimandare in questo caso a BELLENGER 1988.

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Qui effacent l'honneur des colonnes antiques :

De voir que la nature avoit portrait les murs De grotesque si vive en des rochers si durs : De voir les cabinets, les chambres et les salles,

Les terrasses, festons, guillochis et ovales, Et l’esmail bigarré qui resemble aux couleurs Des prez quand la saison les diapre de fleurs […].650

Quest’oda al “santo orrore” costituito dall’antro di Charles de Guise dimostra che l’aspetto più apprezzato dell'architettura offerta dalla grotta era la sua rusticità, che il poeta stima superiore a quella classica, in grado di cancellarla. Qui la naturalezza della costruzione grottesca, per la sua mostruosità cioè la sua capacità a creare assieme piacere, sorpresa e spavento è capace di superare l’armonia delle colonne antiche, non tanto dal punto di vista estetico, sennò proprio dall’impatto visivo e emozionale. In realtà se si guarda alle incisioni relative alla grotta, si constata che la grotta di Primaticcio ha una facciata più classica che rustica (fig. 76). Il suo esterno testimonia l’ambizione sfrenata del committente, con un’elevazione a cinque livelli che sfrutta il pendio sul quale è costruita, un’architettura grandiosa con l’utilizzo del bugnato, di una serie di arcate nei due livelli inferiori, delle nicchie ornate da statue all’antica, e due rampe di scale che portano all’entrata della grotta. Sono presenti elementi rustici, ma l’insieme non intende imitare la natura grezza bensì proporre un sapiente gioco tra l’architettura vitruviana e le innovazioni tipiche degli anni Quaranta del Cinquecento, riappropriandosi dei più fastosi modelli italiani651.

Per quanto riguarda l’interno possiamo riferirci alla descrizione di Vasari che insiste sull’ambiente marino creato dall’artificio – statue e stucchi -, dall’inserimento di elementi naturali tali conchiglie e coralli. Era anche presente se crediamo Ronsard, una decorazione fatta di smalti, presumibilmente terracotta smaltata, come indica il suo chiamarla l’”antre esmaillé”. Sappiamo inoltre che esisteva un programma iconografico complesso, con affreschi mitologici sulla volta652. Jean Marot ha realizzato diverse piante

650L’Eclogue III o Chant pastoral viene pubblicato nel 1559. Cf. Pierre de Ronsard, Œuvres complètes, ed. J.

Céard, D. Ménager, M. Simonin, vol. II, Gallimard, Parigi, 1994, p. 182-193. Corsivo mio.

651

Cf.FROMMEL 2010, pp. 120-121.

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del palazzo e della grotta che ci danno informazioni sulle dimensioni (9,54 m. per 6,58)653 e l’allestimento composto di nicchie sulle pareti, con una nicchia più grande nel fondo che potrebbe corrispondere ad un ninfeo. Alcuni elementi di questa descrizione ricordano quella di Palissy, per le dimensioni ( 12 m. per 6 ca.), la fontana a forma di roccia situata all’estremità e le nicchie che ritmano le pareti, lo smalto ovviamente, e potrebbe essere stata una fonte di ispirazione molto verosimile.

Il confronto con il caso della Bastie d’Urfé presenta una situazione abbastanza similare. L’esterno presenta un’architettura è classica, con grandi finestre ornate da una griglia di ferro battuto con grappoli d’uva dorati, mentre all’interno la decorazione è costituita da materiali variegati riccamente colorati. Diversi tipi di sabbia colorata sono applicati sui motivi geometrici, il pavimento è fatto a mosaico con varie ciottoli e conchiglie usati per le pareti con un effetto raffinato sia nelle forme che nei materiali usati. L’insieme è impregnato dalla presenza di temi classici, rappresentati dalla statua di Bacco e dal rilievo di Nettuno, ma anche dall’onnipresenza dell’acqua, elemento simbolico per eccellenza in quanto fonte di vita ma anche agente purificatore. Questa grotta era in effetti concepita come anticamera della cappella privata del committente. L’importanza concessa all’acqua è una caratteristica comune con Palissy che intende animare l’antro rustico grazie a dei getti d’acqua o «pissures d’eau qui tombent de la gueule des poissons654», nonché da un fossato riempito di acqua e di animali di terracotta.

In modo simile a Lione, un complesso sistema idraulico con tubi di piombo permetteva all’acqua di scaturire da numerosi orifizi dal soffitto e le pareti, creando giochi o scherzi d’acqua provenienti chiaramente dai modelli italiani. L’altro elemento, che ho trattato in precedenza, sono le erme che popolano le grotte di Saintes e di Lione, e che a livello formale cercano nei due casi a creare l’illusione della natura, ma nel caso della Bastie usando riferimenti mitologici precisi e senza la creazione di un crescendo rustico. Nella Bastie sono presenti cinque ermi maschili e due femminili. Nei due casi possiamo notare la presenza di un cane: nel caso delle Bastie è un cane seduto in atto di dare la zampa al padrone, il che ha fatto supporre ad un’allusione alla fedeltà655; nel caso di Palissy il cane è invece coricato, e potrebbe corrispondere ad un frammento pervenutoci656. Nel caso 653 Cf. FROMMEL 2010, pp. 120-130. 654 Cf. O.C., p. 64. 655 Cf. GAUME 1980, p. 6. 656 Cf. AMICO 1996, p. 148.

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della grotta palissiana, la presenza dell’animale serve solo a ribadire il virtuosismo illusionistico, poiché Palissy afferma che la sua apparenza perfettamente realistica farà abbaiare i cani che entreranno nella grotta.

Tutte le grotte che abbiamo menzionate fin qui ci fanno capire quanto l’estetica sviluppata da Palissy si inserisca nell’ambito di un gusto diffuso per gli antri rustici, e abbia potuto ispirarsi a livello formale a prestigiosi modelli francesi e italiani; tuttavia il confronto con questi esempi, ben lungi dal dimostrare che Palissy abbia in qualche modo riprodotto un’estetica preesistente, fanno piuttosto apparire la sua originalità. In effetti se osserviamo le iconografie usate nelle grotte prese in considerazione, tutte hanno dei programmi iconografici molto diversi da quello proposto da Palissy.