CAPITOLO I. LA VITA E LE OPERE DI BERNARD PALISSY, TRA CERTEZZE E INTERROGAZIONI
I.I. Bernard Palissy: fonti per una ricostruzione biografica
I.2. Palissy e i suoi storiografi dal Settecento ad oggi
Nel secolo successivo alla sua morte Bernard Palissy sembra essere stato dimenticato dai letterati, come testimoniò Charles Sorel che a riguardo del nostro artista nella sua Bibliothèque françoise (1667) scrisse che egli fu un “homme rare, mais peu connu que parmy les très curieux”98. Nel 1636, un libraio aveva tuttavia pubblicato in due volumi le opere palissane, e con un obiettivo chiaramente speculativo, cambiato il titolo rendendolo più appettibile: Le Moyen de devenir riche et la manière Véritable par laquelle tous les hommes de la France pourront apprendre à multiplier leurs thresors et possessions, ecc.99 Malgrado questo tentativo pubblicitario, il libro non riscontrò successo, ma fu all’origine di un fraintendimento sulle intenzioni del’autore, che fece affermare un secolo dopo a Voltaire che il ceramista non era altro che un ciarlatano, probabilmente sulla base del titolo summenzionato, piuttosto che dopo averlo letto attentamente100.
Accanto alle critiche del filosofo, il diciottesimo secolo vide la riabilitazione della sua figura, anzitutto come filosofo naturale, ad opera di scienziati come Georges Cuvier, Geoffroy Saint-Hilaire e Georges-Louis Buffon, il quale qualificò il Nostro d’ “aussy grand physicien que la Nature seule puisse en former”101. Sulla scia di questo rinnovato interesse fu pubblicata per la prima volta un’edizione critica delle opere nel 1777, a cura di Barthélémy Faujas de Saint-Fond, geologo e amministratore del museo di Scienze Naturali di Parigi, e Nicolas Gobet mineralogista nonché autore dello studio storico Les Anciens minéralogistes (1779)102.
Nell’Ottocento, parallelamente alla consacrazione di Bernard Palissy, si venne creando una sorta di mito attorno alla sua figura. La sensibilità romantica si appropriò la vita del
97 Due articoli, il primo di Anne-Marie Lecoq nel numero speciale della Revue de l’art dedicato a Bernard
Palissy97 e il secondo di Jean Glenisson nel catalogo della mostra Bernard Palissy mythe et réalité hanno proposto delle buone sintesi sull’evoluzione della figura di Palissy nella storiografia francese. Di queste opere richiameremo i punti salienti tentando di completare questi due saggi con le pubblicazioni apparse da allora.
98
Cit. in ARMOGATHE 1990, p. 22.
99 Pubblicato a Parigi, da Robert Fouet, rue S. Jacques, MDCXXXVI, con privilegio del Re. 100
Voltaire scrisse : “il tint à Paris une école, où il fit afficher qu’il rendrait l’argent à ceux qui lui
prouveraient la fausseté de ses opinions. Cette espèce de charlatanerie décrédita ses coquilles jusqu’au temps où elles furent remise en honneur par un académicien célèbre […]». Passo tratto da Des singularités de la Nature (1768). Cf. VOLTAIRE [1817], tomo VI, p. 606.
101
Cf le Preuves de la Théorie de la terre ( 1772). Cf. GLENISSON 1990, p. 97-98.
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Nostro per farne un eroe della Patria: la ricerca tenace dello smalto, la sua fine eroica e la sua fede eterodossa attirarono l’attenzione di storici e scrittori. Jules Michelet lo evocò a proposito della Saint-Barthélémy103; Honoré de Balzac desiderava dedicargli un romanzo e conferì alcuni tratti della sua personalità a due dei suoi protagonisti, Balthasar Claës di La Recherche de l’absolu, e David Séchard delle Illusions perdues104. Parallelamente a queste menzioni letterarie fu pubblicata nel 1844 un’edizione critica delle opere del ceramista saintongeais, a cura di Paul-Antoine Cap, farmacologo e naturalista, che dedicò le opere al direttore della Manifattura di Sèvres, Alexandre Brongniart, al fine di “riunire due nomi cari alle scienze e alle belle arti”105. Nell’introduzione alle opere, Cap insistette sulla portata scientifica degli scritti, concentrandosi giustamente sui Discours Admirables, raccolta delle sue conferenze di filosofia naturale.
L’entusiasmo nei confronti di Palissy fu ulteriormente incoraggiato dalle scoperte emerse dai vari scavi condotti al Louvre tra il 1855 e il 1883, che portarono in luce un gran numero di ceramiche, per lo più ridotte a frammenti. Tali scoperte consentirono di localizzare l’atelier dell’artista durante il suo impiego a corte, e di conoscerne meglio la produzione106.
Parallelamente a queste scoperte nacque un vero revival dell’arte palissiana rappresentato da tre generazioni di ceramisti internazionali, chiamati i “Palissystes”, che presero per modello delle loro creazioni le rustiques figulines107. Questa moda fu incoraggiata in primis dal già citato Alexandre Brongniart, che per la sua formazione di naturalista conosceva bene Palissy, e ebbe l’idea di commissionare ai ceramisti della manifattura di Sèvres alcuni pezzi ad imitazione del maestro saintongeais. Il primo di questi palissystes fu Jean-Charles Avisseau108, capofila della cosiddetta Scuola di Tours, il cui successo superò i confini della Francia per riscontrare un grande interesse in Inghilterra. La vena romantica favorì il vero e proprio culto del Nostro in questo paese, come ne testimoniano i dipinti che lo prendono come tragico protagonista. (fig), e la produzione locale di manufatti alla Palissy, ad opera di un artista come Georges Pull109. Le rustiques figulines raggiunsero all’epoca l’apice della loro notorietà, apprezzate dal 103 Cf. MICHELET 1856, p. 486-487. 104 Cf. GLENISSON 1990, p. 99. 105 Cf. PALISSY 1563-1580 [1844]. 106
Sull’iter degli scavi ottocenteschi si veda DUFAY 1987, 1990 e PERRIN 1998, cap. II.
107
Su di loro si veda lo studio di AMICO 1996, pp. 189-217.
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pubblico e da collezionisti come Alexandre-Charles Sauvageot110 (ill.1), il barone di Bezeval111, Horace Walpole o Andrew Fountaine.112
L’Ottocento corrispose anche ad una vera “corsa ai documenti” da parte degli eruditi locali, al cui impegno dobbiamo la maggior parte delle scoperte archivistiche citate a proposito della biografia dell’artista, che hanno permesso di fare chiarezza sulla vita dell’autore delle rustiques figulines. Furono in gran parte pubblicati sul bollettino della Società della storia del protestantesimo francese, ad opera di storici riformati desiderosi di riabilitare la figura dei loro antenati correligionari e predecessori. Sulla base di queste scoperte furono scritte tre biografie. Quella di Louis Audiat, pubblicata nel 1868, fu la prima a poter essere qualificata scientifica in quanto basata sui documenti d’archivio emersi negli stessi anni. A questo lavoro seguirono i contributi di Anatole France (1880) e di Ernest Dupuy (1894). Quest’ultimo, in particolare, continua ancora oggi a rappresentare un riferimento, per le sue qualità investigative: Dupuy ebbe il merito di aver cercato di rendere conto dell’attività di Palissy nella sua pluralità, argomentando le sue affermazioni documenti alla mano. Grazie a queste biografie Palissy entrò nella storiografia francese, e tra la fine del diciannovesimo secolo e i primi decenni del Novecento ne divenne uno dei principali protagonisti, richiamato nei manuali di storia quale modello della neonata scuola laica e repubblicana.
Con l’eccezione della pubblicazione di Louis Dimier sulla grotta delle Tuileries nel 1934113, la prima metà del ‘900 risentì della semplificazione a scopo pedagogico dell’uomo e della sua vita. Il “mito Palissy” cominciò ad essere messo in discussione solo a partire degli Ottanta del XX sec., con le pubblicazioni legate alla campagna di scavi nel giardino delle Tuileries degli anni 1984-85 che portarono alla luce la bottega palissiana. La prima è il numero speciale della Revue de l’Art che dedicò sei articoli non solo ai risultati archeologici bensì ad una visione aggiornata della vita e delle opere del Nostro114. Nel
109
Sui “palyssistes” si veda AMICO 1996, pp. 186-218.
110 Alexandre-Charles Sauvageot (Paris, 1781-1860) conservatore onorario dei musei imperiali, ha donato la
sua ricca collezione di oggetti medievali e rinascimentali al Louvre in due tranche, prima nel 1856 e poi nel 1860.
111 Il barone di Bezeval era collezionista e proprietario di una fabbrica di ceramica. È in quest’ultima a
Beaumont-les-autels che vide per la prima volta un’opera di Palissy, che segnerà la sua carriera. Cf. AMICO 1996, p. 193.
112 Walpole e Fountaine sono i più grandi collezionisti inglesi di ceramiche di stile palissiane del’Ottocento.
Cf. AMICO 1996 p. 208 ; su Fountaine si veda MOORE 1988, FORD 1985, CHRISTIE 1884.
113
Cf. DIMIER 1934.
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1990 invece ebbe luogo una mostra itinerante tra Saintes, Niort e Agen per celebrare il quarto centenario del ceramista. In quest’occasione venne esposta parte dei frammenti dell’atelier, nell’intento di documentare la tecnica in atto nella bottega di Parigi, con un catalogo che offrì la pubblicazione di un materiale iconografico inedito115, studiato poi in dettaglio da Isabelle Perrin116. Sempre nel 1990 si tenne un convegno, primo e ancora ad oggi unico ad essere interamente dedicato al ceramista, che impresse un nuovo dinamismo alla ricerca sulle opere di Palissy grazie ai contributi di specialisti di diverse discipline. L’obiettivo era quello di collocare l’opera dell’artista nel suo tempo – démarche alquanto importante se si pensa che sino a quel momento la produzione palissiana era sempre stata considerata in modo isolato con uno scopo celebrativo – evidenziando tra altre le relazioni con l’alchimia e la Riforma, le affinità con l’opera di Francesco Colonna e di Olivier de Serres, e riflettendo sul materiale archeologico del Louvre117.
Nel 1996, la collaborazione tra specialisti in diverse discipline sotto la direzione di Marie- Madeleine Fragonard ha dato luce ad una nuova edizione critica dell’opera completa di Palissy, materiale che venne riedito in una versione aggiornata nel 2010 in occasione del cinque centenario della nascita del Nostro118. Questa ricca edizione ha permesso di contestualizzare la produzione scritta dell’artista, evidenziandone le fonti e gli aspetti originali e fornendo delle chiavi di lettura per alcuni passi più oscuri. Da questa edizione è possibile desumere la pluralità di toni e argomenti presenti nei testi palissiani, a volte argomentazioni di carattere tecnico-scientifico, altre volte descrizioni artistiche, o narrazioni autobiografiche e storiche, con alcune pagine che confinano perfino con il genere satirico. Per la sua acutezza e erudizione tale edizione costituisce ancora oggi un prezioso strumento per ulteriori ricerche sul ceramista di Caterina de’ Medici.
Dal punto di vista strettamente storico-artistico invece, bisogna guardare oltre oceano, dove lo studio di Leonard N. Amico rappresenta l’unica monografia moderna di riferimento per l’opera figurativa di Palissy nel suo complesso119. Lo studioso americano rese conto degli esami condotti su alcuni frammenti degli scavi delle Tuileries che comportavano confronti stilistici e indagini scientifiche (termoluminescenza e attivazione neutronica) per valutare la loro datazione, che permisero di confermare le attribuzioni di 115 Cf. ARMOGATHE 1990. 116 Cf. PERRIN 1998. 117 Cf. LESTRINGANT 1992 [2010]. 118 Abbreviato qui in O. C..
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alcuni reperti custoditi al Louvre, al Musée des Beaux-arts di Lione, e al Getty Museum di Los Angeles. Queste ricerche, che stanno alla base della monografia, hanno portato Amico a riprendere l’insieme dell’opera palissiana, dai reperti concreti a quelli contenuti nei suoi scritti, per tentare una contestualizzazione che aprì numerose porte alle indagini successive. La seconda parte del suo volume si interessa invece ai seguaci del Nostro, artisti della scuola di Tours, e ceramisti inglesi e parigini. Dopo Amico, diversi studiosi hanno analizzato il giardino con un approccio letterario, da Gilles Polizzi per il suo rapporto con il Sogno di Polifilo120, a Danièle Duport che dedicò diverse pagine al progetto palissiano nel suo volume dedicato al tema del giardino nella letteratura rinascimentale121.
Per quanto riguarda le scienze, alla metà del Novecento Pierre Duhem si attinse ad attaccare la notorietà del contributo scientifico del Nostro accusandolo di aver plagiato l’opera di Girolamo Cardano, che dimostrò essere stato a sua volta imitatore di Leonardo da Vinci122. Solo negli anni Ottanta del secolo scorso, lo storico della scienza François Ellenberger fece chiarezza sul carattere precursore di alcune affermazioni palissiane nell’ambito dei fossili, con alcune pagine esplicitamente intitolate “La vraie pensée de Palissy”, evitando così la deriva encomiastica ottocentesca ma anche quella troppo critica di Duhem123. Questo contributo è stato poi aggiornato da Jean-Claude Plaziat in occasione del cinque centenario124. In ambito religioso, il contributo di alcuni studiosi, come Keith Cameron125, Catharine Randall126 e Neil Kamil127, ha permesso, con approcci molto diversi, di meglio comprendere l’impegno nella diffusione del credo protestante nonché il valore della sua testimonianza sulla nascita della Riforma saintongeaise. Il primo curò un’edizione critica della Recepte veritable e collaborò a quella delle opere complete del 1986 e la versione aggiornata del 2010; la seconda propose di definire un’architettura calvinista attraverso le opere di Palissy, Androuet du Cerceau e Philibert de l’Orme seguendo la tesi che le loro opere fossero portatrici di un linguaggio codificato e 119 Cf. AMICO 1996. 120 Cf. POLIZZI 1992 [2010], 2011; LESTRINGANT 1999. 121 Cf. DUPORT 2002. 122 Cf. DUHEM 1955. 123 Cf. ELLENBERGER 1988, pp. 137-148. 124 Cf. PLAZIAT 2010. 125 Cf. CAMERON 1988. 126 Cf. RANDALL 1999. 127 Cf. KAMIL 2005.
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sovversivo che compensava la repressione religiosa. Questo studio avanza interessanti ipotesi ma fa un uso a nostro avviso un po’ fuorviante dei testi palissiani, con alcune interpretazioni alle quali alluderemo nel corso del lavoro, che non ci risultano convincenti. Lo studio di Neil Kamil si inserisce su una linea similare: pubblicato nel 2005 si tratta di una monumentale storia della colonia di artigiani protestanti proveniente della Saintonge e emigrata a New-York fra i Sei e Settecento, nella quale un ampio spazio è dedicato alla figura di Palissy, figura chiave secondo l’autore della cultura ugonotta del sud-ovest della Francia. Kamil difese la tesi che gli artigiani che aderirono tra i primi alla Riforma espressero nei loro manufatti un elaborato linguaggio codificato che tradurrebbe la loro strategia di sopravvivenza. Secondo l’argomentazione dello storico, Palissy giocò un ruolo centrale per aver sviluppato per primo, nella sua descrizione della città fortificata contenuta nella Recepte, ciò che l’autore chiama l’"artisanal security"128, cioè l’opinione che gli ugonotti potevano acquisire sicurezza non scontrandosi con i cattolici, bensì esprimendo la loro spiritualità nelle loro creazioni. Questo libro rappresenta senz’altro lo studio più approfondito sul contesto storico sociale e intellettuale nel quale videro la luce le rustiques figulines del Nostro, ma contiene diverse problematicità, dovute principalmente al carattere prevalentemente speculativo delle affermazioni. Ad esempio non si conosce l’effettiva diffusione degli scritti di Palissy tra gli artigiani, una lacuna che rende difficile affermare un impatto reale del pensiero dell’artigiano sui suoi correligionari; oppure l’interpretazione delle ceramiche in termini esoterici, pur basata su dotti ragionamenti, rimane impossibile da verificare, e manca di confronti di carattere storico-artistico con altri manufatti. Riconoscendo dunque il valore di tale testo, adotteremo un metodo di analisi diverso, che pur essendo interdisciplinare, cercherà di rimanere il più vicino possibile alle opere, come spiegheremo nel corso delle prossime pagine.
Infine, con il nuovo millennio si è aperta una strada molto promettente, quella che considera Palissy per il suo sapere artigianale e per la sua rivendicazione dell’esperienza pratica, in opposizione all’approccio teorico a quei tempi predominante nelle scienze. Per la sua tecnica ceramica, acquisita da autodidatta, per anni la produzione palissiana fu confinata in un ruolo di secondaria importanza, di lunga inferiore rispetto ai modelli italiani. Nel 1952 Serge Grandjean scriveva nel volume su Palissy e la sua scuola “En
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somme, l’ensemble de l’œuvre de Bernard Palissy procède, comme matière e comme fabrication, des tardives poteries médiévales”129. Tale giudizio non prendeva probabilmente in conto le giuste considerazioni di Ernst Kris nel suo Der Stil Rustique, un’opera di cui parleremo estesamente nel corso di questo lavoro, che offrì un’analisi storico-artistica di riferimento sulla tecnica del calco secondo natura. Solo nel 2004 questa fondamentale pubblicazione venne tradotta in francese, accompagnata dal brillante saggio di Patricia Falguières130. Parallelamente Palissy venne considerato dalla studiosa americana Pamela H. Smith131 nell’ambito della cultura artigianale del tempo, le cui conoscenze pratiche giocarono un ruolo essenziale nello sviluppo della scienza. Tale lettura, che si inserisce nel campo recente dello studio delle pratiche artigianali in Età moderna, interpretò la tecnica del ceramista come un riflesso della rivendicazione da parte dei “pratici” del tempo della sperimentazione diretta della materia e dei fenomeni chimici osservabili in natura. Un approccio simile, assieme scientifico e artistico, è quello di Philippe Morel che dedicò diverse pagine alle grotte palissiane nel suo volume sulle grotte manieriste francesi e italiane, evidenziando i rapporti tra Palissy e le teorie scientifiche del suo tempo e il fascino esercitato dai reperti mineralogici nell’arte132. Il presente studio fa tesoro di questi ultimi studi per cercare di portare nuovi elementi di riflessione sull’opera palissiana, in particolare sulla sua dimensione spirituale, cogliendo l’augurio di Marie-Madeleine Fragonard che nell’introduzione alla nuova edizione delle opere complete evocava il “ travail immense qui reste à parcourir” e esprimeva il desiderio che la ricerca sull’artista saintongeais proseguisse nel Ventunesimo secolo.133