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CAPITOLO II. LA GENESI DELLE RUSTIQUES FIGULINES

II.1. b L’ immagine sacra nel pensiero calvinista

Le critiche rivolte all’immagine sacra

Nella prima metà del Cinquecento, l'Europa fu scossa da una scissione che avrà definitive conseguenze sull'assetto politico e religioso del continente, quella che divise il mondo cristiano sotto l’impulso delle vive critiche rivolte alla Chiesa romana dai riformatori tedeschi, svizzeri e francesi, dando luce a varie correnti riformiste, designate poi sotto la denominazione generica di “riforma protestante” o Riforma. Numerosi sono i temi di opposizione alla religione cattolica sollevati dai primi riformatori riguardo all'allontanamento della Chiesa Romana dai precetti evangelici, tra i quali emerse anche la questione della funzione dell’arte sacra. Diventò presto uno dei temi essenziali del dibattito teologico, al punto di generare dei cambiamenti profondi non solo nell'iconografia dell'arte dei paesi toccati dalla Riforma, ma anche nei paesi rimasti

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cattolici. Il Concilio di Trento (1545-1563) dettò rigorosi precetti riguardo alla raffigurazione di episodi sacri, che avranno un impatto decisivo sugli sviluppi del linguaggio artistico dei paesi cattolici. Dalla parte protestante l’arte sacra diventò oggetto di rifiuto da parte di alcuni riformatori: se come vedremo Martin Lutero dimostrò una certa tolleranza nell’uso di immagini religiose, Andreas Bodenstein von Karlstadt, Ulrich Zwingli e Giovanni Calvino ci si opposerò in modo radicale. Il dibattito sollevò diffatti delle problematiche fondamentali rispetto alle pratiche devozionali: non solo l'interpretazione della Scrittura ossia il ruolo conferito all'arte nella Bibbia, ma anche lo statuto delle opere umane, il rapporto della Chiesa con il lusso, il rischio dell'idolatria, la superstizione, il culto dei santi e delle reliquie.

Com’è noto, queste critiche all'arte sacra non sono nate con la riforma protestante, ma segnano la storia del Cristianesimo, e provengono dalle difficoltà esegetiche dei testi sacri. Ad un primo livello, esiste una confusione di carattere terminologico, poiché la Bibbia usa in modo intercambiabile i termini “idolo” e “immagine”, portando ad un'identificazione tra i due. Sono dunque spesso confuse e l’immagine associata all'idolatria e ai rischi connessi ad essa, ovvero il confondere la raffigurazione della divinità con la divinità stessa e adorare la materialità del manufatto d'arte invece dello spirito santo.

Ad un secondo livello, la lettura della Bibbia pone un problema dogmatico nel passo chiave del Decalogo:

[…] Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio. (Esodo, 20, 4;5)

Questo passo che si trova in seconda posizione dei Dieci Comandamenti, è stato considerato da Calvino e Karlstadt come un comandamento a pieno titolo, il secondo, conferendogli quindi un valore altamente rilevante, in contrasto con la lettura cattolica, ma anche luterana e zwingliana, che considerano l'interdetto come un esempio illustrativo del divieto di politeismo “Non avrai altri dei all'infuori di me”295. Invece se inteso come un comandamento a pieno titolo, equivale ad un divieto di ogni immagine,

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una presa di posizione contro l'arte in generale che poteva generare una diffidenza nei confronti delle immagini non solo sacre, ma anche profane.

In ogni modo, il dibattito sull'immagine e l'arte, anche nell'interpretazione più moderata di Lutero costituì una svolta determinante nella storia dell'arte europea, perché rigettare l'immagine sacra significava rigettare la maggior parte della produzione artistica dell'epoca, poiché nel Cinquecento le storie bibliche e la rappresentazione della divinità erano ancora i temi più richiesti dai committenti, anche laici. Ma soprattutto, negare all'immagine la capacità di trasmettere il messaggio biblico e di svegliare la pietà nel cuore dei credenti grazie alla bellezza e al suo potere comunicativo, significava allora rimettere in questione la funzione stessa dell’arte e una storia millennaria296. Se la corrente luterana portò avanti una riflessione dalla quale emerse un linguaggio artistico in accordo con i precetti riformati, invece le posizioni più radicali di Karlstadt, Zwingli e Giovanni Calvino generarono violenti episodi di iconoclastia, in Germania, Svizzera, nei Paesi Bassi e in Francia a partire dagli anni 1520 - con un apice per la Francia durante la prima guerra di religione nel 1562.297

Questi episodi violenti marcarono in modo talmente forte le menti che ancora oggi il protestantesimo è spesso considerato come una religione ostile all'arte e incapace di apprezzare la bellezza. Tuttavia se la volontà di trasformare radicalmente la Chiesa, di ritornare ad una religione primitiva considerata “pura”, più vicina agli insegnamenti del Vangelo si traduceva nelle menti dei primi riformati solo con l'annientamento delle immagini di figure sacre, generando la distruzione massiva di opere d'arte religiose ( dipinti, sculture ma anche oggetti liturgici, organi o abiti sacerdotali … ), gli eccessi perpetrati dalla popolazione erano il frutto di una rivolta che non rifletteva affatto la diversità delle posizioni dei riformatori, in particolare Lutero e Calvino, come vorrei adesso ricordare.

La posizione di Lutero

Fin dagli esordi del movimento riformatore tedesco il tema dell’immagine sacra generò

296 Per una riflessione sul ruolo dell’immagine nella devozione, il suo potere e la violenza che ha scaturito

nella storia del mondo cristiano si veda FREEDBERG 1990.

297

Sull'iconoclastia in Germania si veda in particolareWARNKE 1973, CHRISTENSEN 1979, DUPEUX 2001, RECHT 2002.

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una scissione tra Martin Lutero e Karlstadt. La polemica scoppiò nella città di Wittenberg nel 1521, allorché movimenti di cittadini al seguito di Karlstadt e Garbiel Zwilling298 si opposero al culto cattolico, a volte con la forza. Le celebrazioni liturgiche vennero impedite, cominciarono ad essere celebrate messe “evangeliche” senza i sacramenti, mentre atti di iconoclastia furono perpetrati nelle chiese. Il 24 gennaio del 1522, il Consiglio della città emanò un'ordinanza richiedendo la rimozione delle immagini nei luoghi di culto, e tre giorni dopo, il 27 gennaio, Karlstadt pubblicò un pamphlet intitolato Vom Abtuhung der Bilder (Sulla rimozione delle immagini)299 nel quale esortava il popolo a togliere tutte le immagini dai luoghi di culto, e ne negava ogni ruolo didattico300. Tale posizione generò una diffidenza verso qualsiasi produzione artistica, anche profana, e provocò un divieto completo di creare immagini per gli artisti che seguivano la dottrina di Karlstadt.

Informato dagli eventi violenti di Wittenberg, Lutero allora in esilio al castello di Wartburg, rientrò nel marzo del 1522 per impedire al movimento radicale di estendersi. In tale occasione, tenne otto predicazioni che avranno un grande impatto, chiamate i Sermoni dell'Invocavit, riprese poi nel trattato del 1525 intitolato Contro i profeti celesti301, indirizzato in particolare contro Karlstadt. In quest'ultima opera Lutero espose la sua condanna dell'iconoclastia e la sua opinione sull'uso delle immagini sacre. Affermò che la lotta andava condotta non tanto contro le immagini esteriori ma contro gli idoli interiori, “nei cuori” dei credenti, distruggendoli in modo spirituale e non materiale. In accordo con la dottrina sulla giustificazione per sola fede, affermò che il pericolo non era tanto quello di adorare le immagini ma di desiderare la salvezza tramite il loro culto, e condannò il comportamento dei fedeli, che credevano di poter accedere al regno celeste tramite le indulgenze e le buone opere quando solo la fede le poteva salvare. La Scrittura secondo lui non vietava quindi le immagini sacre, se il loro uso era legittimo, anzi

[…] Le immagini a ricordo e testimonianza, come il crocefisso o le immagini dei santi, abbiamo dimostrato sopra anche sulla base di Mosè, che devono essere senz'altro tollerate, anche nella legge; e non semplicemente tollerate ma, siccome in esse perdura la memoria e

298

Su Gabriel Zwilling, (1487 – 1558) riformatore vicino a Lutero, si vedaPALLAS 1912, METZ 1998.

299 Libello pubblicato il 27 gennaio 1522, tre giorni dopo il decreto del Consiglio della città che imponeva la

rimozione delle immagini dalle chiese di Wittenberg.

300

Sul pensiero di Gregorio Magno si vedaCREMASCOLI 2001.

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la testimonianza, sono lodevoli e onorevoli, come la stele di Giosuè e Samuele.302

Lutero difese anche quanto fosse “naturale” cioè parte della natura umana l'usare immagini per ricordare. Il formarsi delle immagini mentali per lui non poteva essere considerato un peccato, contrariamente alle affermazioni di Karlstadt.

[…] E' inoltre fuor' di dubbio che Dio vuole che le sue opere siano lette e udite, in particolare la passione di Cristo. Ma se le ascolto o rifletto su di esse, mi sarà impossibile non farmene delle immagini nel cuore; (...) se dunque non è peccato ma, al contrario cosa buona che io abbia nel cuore l'immagine di Cristo, perché dovrebbe essere peccato averla negli occhi?303

In questo senso il ruolo più importante assegnato da Lutero alle immagini era quello dell'insegnamento. Nei suoi catechismi ribadisse le virtù positive dell'immagine, il suo potere di persuasione che colpisce la fantasia e aiuta la memoria. La gente semplice e i bambini, scrisse Lutero, sono più atti a ricordare le storie semplici quando sono insegnate da immagini e dalle parabole, che non quando sono insegnate da discorsi e istruzioni304. Mentre tre anni prima nelle Invocavit considerava le immagini come adiaphora (dal greco ἀδιάφορα "cose indifferenti") cioè che non riguardano la fede, nel 1534 affermava invece la loro utilità a proposito delle immagini incise della Bibbia Germanica:

Le immagini di questi libri dovremmo dipingerli sui muri per aiutare la memoria e per una migliore comprensione. Sarebbe di sicuro meglio dipingere delle immagini sui muri di come Dio creò, come Noah costruì l’arca, e ogni possibile buona storia piuttosto di dipingere cose terrene senza vergogna.305

Il passo citato dimostra una certa tolleranza da parte del riformatore che esorta a rappresentare i sacramenti nelle chiese, mentre in ambito privato privilegiare le rappresentazioni sacre piuttosto di “cose terrene”. Questa posizione diede luogo ad una vera iconografia luterana, dove gli stessi riformatori sono rappresentati, come per esempio nella pala d’altare di Wittenberg (fig.31) di Lukas Cranach il Vecchio,

302 Idem, parte prima, 74. 303

Idem, 83.

304

Idem, p.84.

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emblematico per la definizione di un'arte luterana. Al centro del polittico è rappresentata l’Ultima Cena mentre i dipinti secondari narrano scene della vita di Lutero: la messa in scena della predicazione di Lutero serviva a mostrare il ruolo fondamentale della chiesa per i luterani, in quanto luogo dove la Parola veniva predicata e i sacramenti erano amministrati secondo la Scrittura. L'accento è messo sulla presenza dei bambini, per simboleggiare la loro integrazione nella chiesa grazie al catechismo e la rinnovazione della fede per le generazioni future. Le scene sacre con la presenza di bambini diventano un tema chiave dell'iconografia sviluppata da Cranach: Cristo riceve i bambini, o Cristo battezza i bambini erano molto rari nel medioevo e diventano caratteristiche dell'arte luterana306. La concezione riformata dell'immagine sacra è perfettamente illustrata dall'opera di questo pittore307. Cranach, concittadino e amico di Lutero, diventò un fervente sostenitore della Riforma e mette il suo talento al servizio di essa, realizzando illustrazioni, dipinti e libelli per lui. Ne nacque una forma d'arte ben specifica, con un'estetica legata alla dottrina luterana: i ritratti di Cranach, per esempio, hanno una tipologia scevra da ogni tentativo di idealizzazione o ornamento nella rappresentazione umana. I personaggi rappresentati dal pittore sono generalmente posti su un fondo austero uniformemente colorato, e i tratti dei visi sono realisti, ben riconoscibili, senza nessuna ricerca di bellezza. Quest'austerità deriva direttamente dalla concezione luterana dell'arte, che egli esprese a proposito di Albrecht Dürer nei Discorsi a tavola308

Dottor Lutero disse una volta che Dürer affermava " Mi piacciono le immagini tanto semplice quanto il possibile. " Nello stesso modo vorrei fare il sermone più semplice possibile perché tutti lo possano capire.309

Il parallelo evocato in questo passo tra arte e scrittura è fondamentale nelle religione riformata. Per i primi protestanti la Scrittura era il fondamento della fede: ciascun credente doveva essere in grado di leggere la Bibbia in modo autonomo, evitando così ogni tipo di intermediario tra sé stesso e Dio. Si opponevano alla forte gerarchia cattolica

306Cf. MICHALSKI 1993, pp. 56-57. 307

Su questo aspetto della carriera di Lucas Cranach il vecchio si vedano KOERNER 2008, NOBLE 2009, SCHLIE 2010, OZMENT 2011.

308I « Discorsi a tavola » (Tischreden), sono una raccolta di conversazioni compilate dai segretari di Lutero e

pubblicati per la prima volta nel 1556. Trattano di questioni teologiche ma anche di problemi più generali sulla società. Si veda l’edizione italiana a cura di L. Perini: LUTERO [1969].

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che non lasciava ai fedeli illetterati la possibilità di leggere i testi sacri proprio perché erano in latino, una lingua sconosciuta ai più. Per Lutero l'immagine doveva quindi permettere la conoscenza della Bibbia a chi non sapesse leggere, con il fine di capire meglio il senso delle prediche. Inoltre il riformatore suggeriva di ornare le case private con dipinti raffiguranti episodi sacri, invece di scene profane, che viene associata al peccato: il riformatore desiderava che l'arte fosse messa esclusivamente al servizio della religione, posizione che contrasta completamente con quella di Calvino come avremo modo di vedere. Per Lutero quindi le immagini in sé non erano né da imporre né da vietare, perché era rilevante non l’oggetto bensì l'uso che ne veniva fatto; inoltre le considerava utili per educare alla religione i bambini e i semplici, e per questa ragione ne fece largo uso nelle sue edizioni della Bibbia, per non parlare dei fogli di propaganda anti-cattolica che dispiegavano un’elaborata strategia visiva.310

Riassumendo possiamo affermare che nella concezione luterana le immagini erano apprezzate esclusivamente per il loro potenziale didattico: sono sempre sottomesse alla Scrittura, sono “ancillae theologiae”, serve della teologia, in quanto servono a rafforzare la forza di persuasione della Parola, cioè del testo biblico. Difatti le immagini dell’arte luterana sono quasi sempre accompagnate da versetti biblici: si tratta tanto di “immagini di scrittura” quanto di “scritture di immagini”. Intendiamo con questo dire che le caratteristiche sensoriali delle immagini che sono il fondamento della loro bellezza non venivano prese in considerazione da Lutero, che vede nell'arte un veicolo della religione per completare il testo sacro.311 La nozione di arte, con tutta la libertà tematica ed estetica che comincia ad essere rivendicata dagli artisti nel corso del '500, sembra totalmente assente dalla sua concezione: l'arte per lui serve solo ad illustrare la Parola, la accompagna e ci è subordinata.

La posizione di Giovanni Calvino si differenziò nettamente da quella di Lutero, ma venne troppo spesso associato ad una diffidenza drastica nei confronti dell'arte, in particolare perché gli scritti posteriori alle opere di Calvino hanno preso posizioni in realtà più severe delle sue. Qual’era la posizione di Calvino, e che precetti Bernard Palissy poteva avere in mente al momento della creazione delle sue opere?

310

Per uno studio della propaganda visiva protestante si veda SCRIBNER 1981.

87 Calvino e l’arte

Gli inizi della Riforma in Francia corrispondono alla cosiddetta ”Affaire des placards”, accaduta la notte del 18 ottobre 1534, quando alcuni partigiani di una riforma della Chiesa affissarono manifesti contro la messa e in particolare il dogma dell'Eucaristia, in diversi luoghi del territorio francese: nella residenza del re ad Amboise, a Parigi e nelle grandi città di provincia312. In seguito a questi durissimi attacchi, ebbe luogo una feroce repressione dei sospettati eretici, che spinse Giovanni Calvino a rifugiarsi in Svizzera, a Basilea, dove scrisse l'introduzione alla bibbia in francese tradotta da Pierre Robert Olivétan, bibbia destinata a diventare il riferimento dei riformati francofoni313. Suo ruolo di guida della Riforma fu confermato dalla pubblicazione dell'Istituzione della Religione Cristiana, in versione latina nel 1536 a Basilea, e in francese nel 1541 a Ginevra. L'Istituzione intendeva essere una specie di “catechismo superiore”314 nel quale il riformatore esponeva l'insegnamento cristiano riformato e cercava la protezione di Francesco I nella dedica indirizzatagli, al fine di riconciliare il potere reale con gli evangelici francesi – cioè la corrente riformista cattolica che si sviluppò tra il 1510 e il 1530 - repressi dopo l'affare dei placards.

Nel 1536, da Basilea Giovanni Calvino si trasferì a Ginevra, dove l'apparato della devozione medievale era già stato quasi interamente smantellato: i monasteri chiusi, le immagini distrutte, la messa abolita, una situazione iconoclastica che non necessitava una presa di posizione al riguardo della funzione dell’arte315. Invece negli anni 1561-1562 il riformatore dovette esprimersi di fronte ai saccheggi di diverse chiese francesi: si dichiarò allora favorevole alla rimozione delle immagini dai luoghi di culto, ma condannò le azioni disordinate del movimento popolare, perché la rimozione delle immagini doveva essere eseguita dalle autorità. Esprese il suo pensiero sull'iconoclastia nel 1561, nella lettera inviata al concistoro della chiesa di Sauve, che aveva incoraggiato atti iconoclasti: “Mai Dio ha ordinato di abbattere gli idoli, se non a ciascuno a casa sua, e in pubblico a coloro

312

Sull’affaire des placards segnalo lo studio di Gabrielle Berthoud sul principale protagonista dell’affissione polemica Antoine Marcourt: BERTHOUD 1973.

313 Prima edizione il 4 giugno 1535 da Pierre de Wingle a Serrières, e seconda lo stesso anno a Neufchâtel

con il titolo La Bible Qui est toute la Saincte scripture, con una prefazione di Giovanni Calvino.

314

Cf. MILLET 2008, p. 42.

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che egli ha armato di autorità.”316 Più severa era la sua posizione nell'Istituzione rispetto alle immagini usate nei luoghi di culto, che le valsero una fama di nemico di ogni tipo di arte317. Tuttavia a ben leggere il testo dell'Istituzione, Calvino ne critica una forma ben specifica, e definisce quali tipi di opere corrispondono invece ai suoi precetti. Innanzitutto il riformatore afferma che l'arte è un dono di Dio, che deve quindi essere conforme alla volontà divina esattamente come in tutti gli altri ambiti dell'attività umana : “Dato che l'arte di dipingere e scolpire è un dono di Dio, io domando solo che l'esercizio ne sia mantenuto puro e legittimo”318. Calvino segue quindi una concezione etica e spirituale che considera l'arte come parte dei valori morali. La legittimità dell’arte significa innanzitutto il rispetto dell'interdetto del Decalogo, che vieta ogni rappresentazione della divinità stessa:

Ecco come argomenta San Paolo: “Poiché siamo progenie di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita, o a qualche altra creazione umana.” (Act., XVII; 29) Possiamo concludere che tutte le statue scolpite o le immagini dipinte per raffigurare Dio, gli dispiacciono appunto perché sviliscono la sua maestà.319

Dio non è rappresentabile perché l'immagine, di per sua natura fisica, materiale e dunque imperfetta non può raggiungere in nessun modo l’essenza spirituale della divinità. Troviamo questo concetto esplicitamente espresso nel Catechismo di Ginevra, dove alla domanda del maestro “[…] Perché non è lecito rappresentare Dio in modo visibile?”, il catecumeno risponde “Perché non c'è nessuna convenienza tra lui che è Spirito Eterno, incomprensibile, e una materia corporea, morta, corruttibile e visibile.”320 Questo argomento viene sviluppato dal riformatore indirizzando l'accusa direttamente contro le immagini usate dalla Chiesa cattolica, che considerava fonti di ogni vizio per il loro carattere osceno. Calvino si riferisce in particolare all'indecenza delle rappresentazioni della Vergine: “Le prostitute nei loro bordelli sono vestite più modestamente delle immagini della Vergine nei templi dei papisti”321-, e prive di ogni valore didattico perché

316

Citato in PERROT 1989, p. 134.

317

Si veda la raccolta di saggi sulla cultura figurativa in ambito calvinistaCORBY FINNEY 1999.

318 Cf. CALVINO1559 [1971] Libro I, cap XI, 12. 319

Idem,Libro I, cap. XI, 2.

320

Cf. JOBY 2007, tratto da Corpus Riformatorum XXXIV.

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“irragionevoli”. Alla stregua delle posizioni di Karlstadt e Zwingli, Calvino rigettò quindi con forza l'argomento secolare usato dalla Chiesa del valore didattico delle immagini, facendo