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CAPITOLO I. LA VITA E LE OPERE DI BERNARD PALISSY, TRA CERTEZZE E INTERROGAZIONI

I.I. Bernard Palissy: fonti per una ricostruzione biografica

I.3. a Un fenomeno sfuggente

Come si può desumere dalla situazione critica appena esposta, la maggior parte dei commentatori si è interessata piuttosto ai tratti drammatici della biografia del ceramista di Saintes, o al suo contributo alla storia della scienza e della religione, concentrandosi in 129 Cf. ROTSCHILD 1952, p. 15. 130 Cf. KRIS 1926 [2005]. 131 Cf. SMITH 2002; 2004; 2007. 132 Cf. MOREL

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primis sui testi palissiani tralasciandone però lo stretto legame con le sue stesse realizzazioni materiali. Quando invece si sono rivolti alla sua produzione ceramica, i critici dell’opera palissiana hanno mantenuto un giudizio ambiguo nei confronti di una produzione effettivamente difficile da definire: le rustiques figulines suscitarono varie reazioni, dal disprezzo per ciò che veniva considerato bizzarria o incidente di percorso, alla generica classificazione come manifestazione del gusto manieristico europeo, categoria che appiattisce l’originalità di quella produzione piuttosto che qualificarla. Il disagio della critica nel commentare le rustiques figulines si concentrò sulla loro iconografia rustica, caratteristica essenziale dei manufatti palissiani, che presenteremo in modo dettagliato nel corpus, e poi nel corso del lavoro. Durante la prima parte della sua carriera, Palissy elaborò un’iconografia precisa e ricorrente per le sue ceramiche. L’artista scelse di rappresentare la fauna, la flora e i minerali che poteva osservare nella sua regione, cioè un ambiente paludoso ed oceanico: sono serpenti, lucertole, rane, pesci, granchi e gamberi, pietre di diversi tipi con una predilezione per i fossili, alcune piante locali. Oltre a queste rappresentazioni, Palissy inventò delle grotte popolate da erme che si disgregano su sfondi naturalistici molto simili al vasellame, ambienti in cui la mano umana tende a scomparire per lasciar dominare la Natura. Un’iconografia che egli stesso definì “rustica” in modo insistente, come viene illustrato esplicitamente dal termine che egli coniò ad hoc per qualificare le sue creazioni, le rustiques figulines.

Proprio l’evidenza del carattere rustico sta alla base della critica espressa dalla maggior parte degli osservatori sia per i soggetti rappresentati da Palissy, tutti appartenenti alla categoria più bassa nella scala del mondo vivente, sia per il modo estremamente illusionistico con cui l’artista diede vita a tali figurazioni. Le ceramiche naturalistiche hanno suscitato un sentimento d’insofferenza, perché giudicate esemplari di un “gusto” ritenuto “just intolerable” secondo Georg Swarzenski134, oppure di scarso valore artistico per Ernest Dupuy, erudito che per altri versi non fa parsimonia d’encomi nel lodare il genio di Palissy:

Quelque originale qu'elle fût, la décoration rustique n'avait pas assez de mérite pour prévaloir contre le goût raffiné de l'époque, et, le premier engouement passé,

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Cf. O.C., p. 7.

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le discrédit serait vite venu, si Bernard Palissy n'avait pas mis beaucoup d'habileté à réduire peu à peu le rôle de l'élément naturel, s'il n'avait pas réussi, avec la promptitude d'assimilation qui est la marque de son génie, à relever le réalisme un peu trop mécanique de ses premières inventions par les formules et les procédés d'un art quelquefois accompli135.

Come si vede da questa citazione, alle ceramiche palissiane venne criticata proprio la loro iconografia, significativamente chiamata da Dupuy “decorazione”, cioè la rappresentazione esclusiva della Natura, mentre l’evoluzione del suo stile, che una volta a corte riprese stilemi della propaganda reale136, fu interpretata dal biografo come il desiderio di “correggere” gli errori del suo periodo saintongeais.

Una simile ambiguità nel considerare l’opera del ceramista ricorre anche nella biografia ad opera del poeta Alphonse de Lamartine, che nel suo encomio all’artista propone una lunga descrizione delle rustiques, di cui viene lodato il virtuosismo illusionistico, per concludere tuttavia con queste parole:

C'est par son exemple plus que par ses œuvres, qu'il a influence sur la civilisation, et qu'il mérite une place à part parmi les hommes dont le nom a grandi l'humanité. Qu'il fût resté inconnu et routinier dans la tuilerie de son père à pétrir ses tuiles; qu'il n'eût jamais purifié, façonné, émaillé sa poignée de boue; que ses groupes naïfs, ses reptiles rampants, ses limaçons baveux, ses grenouilles humides, ses lézard éveillés, ses herbes et ses mousses trempées de pluie n'eussent jamais décoré les fonds ou les bords de ces plats, de ces aiguières, de ces salières, ornements aussi bizarres que minutieux des tables et dressoirs du seizième siècle; certes, rien n'aurait manqué à l'art de Phidias, de Michel-Ange, à la porcelaine de Sèvres, de la Chine, de Florence ou du Japon; mais sa vie aurait manqué à l'admiration de l'homme de métier137.

Questo passo evidenzia l’opposizione tra l’artista e l’uomo, quasi che la sua opera non fosse all’altezza dell’esemplarità della sua condotta. Del resto, come abbiamo visto in

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Cf. DUPUY, p. 121. Corsivo mio.

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precedenza, fin dal Cinquecento, e poi ancora nel secolo scorso, le testimonianze riportate su Palissy hanno posto l’accento sulla moralità della sua condotta, compiacendosi di narrare la tragica ma nobile fine ed elogiando la sua libertà nei confronti delle autorità. Scarseggiano invece le fonti che consentano di capire come fossero recepite le sue creazioni dai contemporanei. Con questo scopo in mente possiamo però rivolgerci alle poesie che accompagnano le sue pubblicazioni, ovvero il secondo sonetto anonimo che conclude l’Architecture et Ordonnance de la grotte rustique, e il poema posto in appendice alla Recepte véritable, firmato da Pierre Sanxay, pastore a Saintes dal 1570 al 1576138. Entrambi i testi lodano le opere palissiane proprio per il virtuosismo con il quale esse creano l’illusione della natura vivente, seguendo il topos antico della superatio della natura da parte dell’arte, esemplificata dal famoso aneddoto tramandato da Plinio a proposito di Zeusi e Parrasio139, a dimostrazione comunque che il valore dato dai contemporanei alle opere del Nostro risiedeva proprio nel loro grande naturalismo.

Malgrado il revival ottocentesco delle ceramiche palissiane in Francia e in Inghilterra, nel ventesimo secolo la moda “Palissy” si era già spenta e il vasellame naturalistico, quando non semplicemente ignorato, tornò ad ispirare più critiche che lodi. Anne-Marie Lecoq aveva sottolineato nel 1987 quanto le inconsuete iconografie di Palissy avessero rappresentato un fattore penalizzante nella valutazione dell’artista:

[…] il ne pouvait se dégager qu’une impression générale de monotonie et pour tout dire, de mauvais goût. Un kitsch du XVIe siècle en somme. […] L’absence de toute étude française récente et sérieuse sur les œuvres figuratives résume assez bien cette situation140.

Tale affermazione, precedente allo studio di Leonard N. Amico che ha permesso di colmare in parte questa lacuna, metteva in relazione la carenza di studi delle opere figurative e i soggetti rappresentati dalle ceramiche. Per capire meglio come si colloca

137

Idem, p. 252-253. Corsivo mio.

138

Cf. O.C., p. 237, nota 587. Il poema si trova qui in appendice.

139 Cf. PLINIO, Naturalis historia, libro XXXV. Questo topos è ripreso dallo stesso Palissy a proposito della

grotta. Cf. O.C., p. 165 e 169. Sul ruolo giocato dalla Storia Naturale di Plinio nell’arte rinascimentale segnalo l’importante testo di BLAKE McHAM 2013.

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Palissy nella storiografia artistica degli ultimi due decenni, ho cercato nelle due sintesi di riferimento per quanto riguarda l’arte francese rinascimentale, l’Art français di André Chastel141 e L’Art de la Renaissance en France di Henri Zerner142, compendi in cui viene proposta una riflessione che tiene conto della pluralità dei mezzi artistici utilizzati nel XVI sec. - vetrate, stampe, arazzi, ecc. – con anche una menzione del “fenomeno” Palissy. In entrambe le opere, peraltro di grande finezza nei giudizi e erudizione nelle analisi, l’intento era quello di cogliere le specificità dell’arte francese per sfatare la concezione fino ad allora vigente di una cultura completamente imbevuta di arte italiana, modello di cui gli artisti d’oltralpe avrebbero cominciato a disfarsi solo a partire dal ‘600. Chastel, la cui indagine copre oltre due secoli, non manca di accennare al ceramista evocando la qualità della tecnica e dell’iconografia e il carattere “sorprendente” della sua produzione143. Zerner, accingendosi a prendere in considerazione la produzione artistica di un momento di svolta per il Rinascimento francese, quello del ventennio 1540-1560, evoca Palissy come una «étrange figure aux limites de notre enquête»144. Sorprendente ed strano: questi aggettivi riferiti all’operato del Nostro sono rappresentative della posizione marginale nella quale la sua opera viene ancora oggi tenuta. Nel caso dell’indagine di Zerner, peraltro esplicitamente intitolata L'art de la Renaissance en France : l'invention du classicisme, - anche se il testo è in realtà più articolato di quanto lascerebbe intendere il titolo145 - si tentava di cogliere in nuce le premesse della predominanza del canone classico nel linguaggio artistico francese. Le creazioni rustiche del Nostro non potevano che urtare la concezione del classicismo fondata sull’equilibrio, la proporzione e la nobiltà dei soggetti come la definì Jacob Burckhardt, la cui concezione di Rinascimento permea ancora oggi la nostra visione di quell’epoca146.

In questo quadro teorico l’estetica rustica declinata in modo esclusivo da Palissy si contrappone all’ideale che dovrebbe caratterizzare non solo lo stile francese, ma il canone anticheggiante rivendicato dai primi teorici dell’arte in Età moderna. In realtà tale lettura univoca della produzione artistica rinascimentale ha cominciato ad essere messa in questione già negli anni Sessanta con la proposta provocatoria di Eugenio Battisti di 141 Cf. CHASTEL 1994 [2000]. 142 Cf. ZERNER 1996. 143 Cf. CHASTEL 1994 [2000], p. 131. 144 Cf. ZERNER 1996, p.288. 145

Si veda al proposito la recensione di Jean Guillaume, GUILLAUME 1998.

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opporre al Rinascimento burckhardtiano un “Antirinascimento” costituito di fenomeni fino ad allora considerati marginali, tra i quali l’opera di Palissy poteva finalmente collocarsi147. Senza entrare nel merito dei problemi sollevati da questo studio fondatore, oggi l’approccio di Battisti è stato pienamente recepito e ha permesso di prendere in conto nuovi fenomeni nella ricerca storico-artistica, quali l’illustrazione scientifica o le grotte artificiali. Invece per quanto riguarda il ceramista di Saintes, che venne evocato nell’Antirinascimento, a parte la già citata monografia di Leonard N. Amico vent’anni or sono e il più recente studio storico-culturale di Neil Kamil, nessuno studio dell’opera è stato pubblicato che interroghi le opere artistiche, che siano i reperti custoditi nei musei o le descrizioni contenute nei suoi scritti, in relazione con le problematiche religiose relative all’arte, i dibattiti in corso nell’ambito delle scienze naturali, la ricchezza di significati che si esprimeva nei giardini, e il cosiddetto stile rustico che conosceva attorno agli anni Quaranta del Cinquecento un grande successo in Francia.

Per questa ragione il presente lavoro intende cercare anzitutto di porre alcune domande che emergono dall’esame dei reperti palissiani, per cercare di dare, non tanto delle risposte ma delle proposte interpretative, sempre seguendo un principio di cautela imprescindibile quando si considerano oggetti così lontani dal contesto nel quale scriviamo. Non si tratterà mai di dare una lettura univoca delle creazioni rustiche del Nostro, bensì di offrire alcuni elementi che possono arricchire la loro comprensione. Soprattutto si vuole andare oltre il solito trattamento che a loro viene offerto, cioè o considerarle bizzarrie prive di significato che non sia la mera imitazione della Natura, oppure fermarsi a qualificarle frutti del “Manierismo europeo” che dispiegò le sue forme fito e zoomorfe in innumerevoli declinazioni. Quest’ultimo giudizio ha diffatti per conseguenza di evitare di interrogarci davanti ad oggetti che rimangono comunque unici nella produzione ceramica europea, sia per le loro iconografie sia per il fatto di disporre anche della trattazione teorica del loro autore, aspetti ai quali si aggiungono altre caratteristiche che vedremo nel corso di questa tesi.