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b L’apice del naturalismo: le architetture vegetali

CAPITOLO III. L’ESTETICA RUSTICA DELLE GROTTE UN PROCESSO DI “DECIVILIZZAZIONE”

III.2. b L’apice del naturalismo: le architetture vegetali

Nella descrizione del giardino il crescendo naturalistico già presente nell’Architecture si ritrova nella presentazione dei nove gabinetti, e lascia intendere che Palissy prevedeva un percorso alla scoperta delle sue strutture con una “regressione” – o progressione? – verso uno stato primitivo rappresentato dalla sparizione del lavoro e dell’umana presenza. Il tema della ripresa del “primitivismo” in Età moderna è estremamente ricco ed è stato studiato nelle sue diverse implicazioni, religiose, politiche, scientifiche578. Nel caso della descrizione del giardino, il processo di ritorno alle origini si manifesta in due modi: il primo, che abbiamo già esposto, viene illustrato dalla “distruzione” dell’architettura, cioè dalla costruzione di ambienti che sembrano cadere a pezzi, scomparire progressivamente sotto la flora e la fauna. Il secondo processo usato è quello di un ritorno alle origini dell’architettura, mediante l’impiego di costruzioni vegetali presenti unicamente nel giardino progettato nella Recepte, descritte con il nome di

575 Cf. O.C., p. 75. 576 Idem, p. 164. 577 Idem, p.166.

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cabinets verts. Sono quattro, situati alle estremità delle braccia del viale cruciforme579, fatti esternamente con dei vegetali ma contenenti internamente una roccia che appartiene allo stesso linguaggio descrittivo delle grotte. Poi Palissy passa agli edifici collocati alle estremità del viale cruciforme del giardino, che chiama “cabinets verts”, il cui nome deriva ovviamente dalla loro composizione vegetale. Il primo, situato a Nord, è costituito da olmi che formano una copertura vegetale, sotto la quale viene collocata una fontana all’apparenze di una roccia, fatta di ceramica e incastonata dentro la muraglia del recinto del giardino. Questa creazione è un ibrido tra l’opera topiaria, allora molto in voga nei giardini francesi, e la grotta artificiale, sul modello di quella del Connestabile, poiché la roccia è ornata in modo molto simile alla grotta, con gli stessi animali e una vasca. La destinazione d’uso di tale spazio è il diletto, come dimostra il fatto che Palissy preveda una tavola e una sorta di credenza, ove mettere il vasellame necessario a servire rinfreschi per gli ospiti. Costruzioni simili sono evocate nel Polifilo, come nel capitolo X, con la descrizione del ”berceau ou tourelle ronde, en forme de treille […] et tout à l’entour étaient ployées des branches de rosiers fleuris, couverte de feuilles verdoyantes, mêlées de roses blanches […]. Sous cette treille avait des sièges continués selon le rond, faits d’un fin jaspe vermeil.»580 (fig.46). O, ancora, nel capitolo XXIV, con la fontana coperta da una struttura vegetale che potrebbe aver ispirato l’invenzione di Palissy. Sono numerose, nel Polifilo, soprattutto alla fine del primo libro, le architetture vegetali e le creazioni topiarie che hanno alimentato l’immaginazione non solo di Palissy ma di tutta l’architettura e l’arte del giardino europeo581. Nelle rappresentazioni di giardini cinquecenteschi possiamo osservare esemplari paragonabili a quelli di Palissy. Possiamo citare ad esempio, il famoso disegno del giardino della villa d’Este a Tivoli, un’opera di Etienne Dupérac (fig. 47) che riporta perfettamente la presenza di pergole e padiglioni vegetali. Grazie ai disegni di Giovanni Guerra eseguiti attorno al 1604582, disponiamo di fonti iconografiche che testimoniano della presenza a Pratolino di padiglioni costruiti con elementi vegetali, come quello della casa-albero che deriva da una descrizione di Plinio

578 Sul primitivismo nell’Antichità e in Età moderna, si veda LOVEJOY 1935, LEVIN 1969; a proposito di Piero

di Cosimo si veda PANOFSKY 1938 e GERONIMUS 2006 pp. 123-164.

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Presenteremo in modo analitico il progetto di giardino nel capitolo dedicato ad esso.

580 Cf. COLONNA [1546] 1994, p. 125. 581

Sulla ricezione dell’opera di Francesco Colonna nell’architettura francese si veda in particolare DUPORT 2002 e POLIZZI 2011.

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del Nidium di Caligula583. Il filosofo Francesco de Vieri, nella sua descrizione del giardino (1586), interpretava tali costruzioni come espressioni dell’ «antica rozzezza de’ primi, che viveano di ghiande, cioè di cibi senza arte disposti.»584, espressioni cioè della rusticità originaria dei primi uomini585. Ma ancora prima della Recepte, il naturalista Pierre Belon pubblicò nel 1558 le sue Remonstrances sur le défault du labour et culture des plantes una descrizione di Castello che menziona la casa albero, che potrebbe aver ispirato Palissy nell’immaginare i suoi padiglioni vegetali: « Il y a pareillement un arbre mousse estroissé, qui est dessus entourné & couvert de Lyerre, et au milieu d’iceluy, est une table, ou l’eau de la fontaine y vient, conduicte par tuyaux. »586 Queste costruzioni hanno un significato ben diverso dalle raffinate creazioni topiarie molto diffuse in Francia, testimoniate dai disegni di Jacques Androuet du Cerceau, e dallo stesso Palissy che a tale proposito scrive: “N’as-tu point considéré tant de beaux jardins, qui sont en France, ausquels les jardiniers ont tondu les romarins, lizos, et plusieurs autres espèces d’herbes, les unes auront la forme d’une grue, les autres la forme d’un coq, les autres la forme d’une oye, et consequemment de plusieurs autres especes d’animaux»587.

Sebbene le architetture topiarie ideate da Palissy si iscrivano in una tradizione ormai ben consolidata in Francia, è fondamentale sottolineare che le sue invenzioni non intendono imitare forme fantasiose o meravigliose, bensì rispondono ai criteri dell’architettura vitruviana, sicché i tronchi sono le colonne, i rami formano l’architrave, il fregio, la cornice, il timpano e il frontespizio. E’ chiaro che l’intento di Palissy si avvicina maggiormente allo spirito di Pratolino e Castello che all’arte topiaria “tradizionale” che crea forme raffinate ad imitazione di esseri viventi od oggetti. Ma l’intento di Palissy, oltre a evocare la primitività dell’uomo, è anche quello di rivaleggiare con le architetture di pietra: idea che scatena una reazione di rifiuto da parte dell’interlocutore del narratore, che ribadisce la follia di voler dare agli alberi l’apparenza dell’architettura, proprio perché essi crescendo senza sosta e in modo irregolare non possono mantenere fisse le proporzioni volute dalle regole dell’architettura. Il “portavoce” di Palissy intraprende allora l’apologia dell’albero come modello primario dell’architettura, basando inizialmente la sua argomentazione sugli antichi che nei loro trattati hanno preso come

583 Cf. LAZZARO 1990, p. 55. 584

Cf. VIERI 1586, p. 47.Citato da LAZZARO 1990, p.56.

585

Sul primitivismo a Pratolino si veda BRUNON 2002, pp. 701-708.

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riferimento per le colonne i tronchi degli alberi. Difende il suo progetto da un punto di vista tecnico, spiegando come si possa ottenere un’architettura vegetale che duri e che rispetti le regole dell’architettura588. Per mantenere la forma scolpita sarà necessario il lavoro costante di un giardiniere, per tagliare i rami in modo tale che il tronco sia spoglio, e procedere ad intagli perché il legno cresca al posto del capitello e della base, in modo da ottenere una forma di colonna all’antica. Poi rivela la vera ragione della superiorità dell’albero: le piante sono opera del “Souverain et premier edificateur”, per cui sono per essenza superiori alle creazioni degli “edificateurs humains” e devono “estre en plus grand honneur”589. In effetti, sono semplici copie degli originali, delle “contrefactures” che per essenza sono inferiori al modello originale590. Il riferimento implicito di questo passo di Palissy è ovviamente la “Capanna rustica” descritta nel Libro IV dell’Architettura di Vitruvio, uno degli autori prediletti del Nostro (fig.48). Tuttavia se paragoniamo il concetto palissiano del pavillon vert con quello vitruviano, troviamo somiglianze ma anche una sostanziale differenza. Per Vitruvio, le grotte sono state i primi habitat naturali degli uomini, migliorate grazie alla costruzione di capanne vegetali che seguivano il modello dei nidi d’uccello:

[…] aucuns de celle troupe se meirent a faire des logettes de ramee: les autres fouyr a des Cavernes aux piedz des montaignes. Plusieurs imitans la facon des nidz des Arondelles, feirent leurs bastimens de fange et de branchettes passees l'une pardedans l'autre, quasi en maniere de clayes, et se logerent en ce poinct.591

Nella concezione vitruviana l’architettura è il superamento di tale modello originario verso una sempre maggior solidità e bellezza, grazie all’ingegno dell’uomo. Il carattere antropocentrico dell’architettura vitruviana è ben illustrato dalla descrizione delle colonne dai tre ordini (dorico, ionico e corinzio), che prendono rispettivamente a modello l’uomo, la donna e la fanciulla592. Il ricordo dell’architettura primitiva e il gioco con 587 Cf. O.C., p. 171. 588 Cf. O.C., p. 176-177. 589 Idem, p. 170. 590

Appare qui il problema della concezione dell’imitazione e della riproduzione per Palissy, che fonda la sua arte proprio su questa pratica, ma esprime severissime critiche al riguardo in vari passi dei suoi testi. Dedicherò una riflessione a questa interessante problematica in una parte successiva del mio lavoro.

591

Ibidem, Libro II.

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l’imitazione della natura sono motivi ricorrenti dell’architettura medievale e rinascimentale in Francia. Dai meravigliosi modelli romanici dei capitelli tardo medievali, frequenti proprio in Saintonge593 dove Palissy ha potuto conoscerli, ad esempi più rari come il monumentale soffitto della Torre Jean Sans Peur a Parigi (1409-1411) (fig. 49). Durante il Rinascimento il raffinato gioco che consiste nell’imitare con la pietra le forme vegetali si è sviluppato in numerose realizzazioni italiane, una fra tutte le colonne di Bramante nel chiostro di Sant’Ambrogio a Milano (1498 ca) (fig.50); ma anche in Francia in modelli più vicini al Nostro, ad esempio le invenzioni proposte da Philibert De l’Orme, in particolare la colonna scolpita a forma di albero (fig. 51), con le venature ad imitazione dei rami, immaginata nel Settimo libro del primo tomo della sua Architecture594. Tuttavia Palissy va oltre il riferimento all’origine lignea dell’architettura proposta da Vitruvio: secondo la sua concezione, l’architettura fatta dall’uomo è infinitamente inferiore a quella naturale, selvaggia, che è di origine divina. Egli riprende il mito vitruviano per rovesciarlo e fissarlo come ideale ritorno alle origini. Si tratta per il Nostro di creare un giardino che faccia tornare il visitatore alle proprie origini, tramite uno stile rustico che prende un valore moraleggiante oltre ad estetico. Il processo di de-civilizzazione, inteso come purificazione del visitatore, è esplicitamente svelato dalle iscrizioni che popolano il giardino, che non sono altro che versetti moralistici tratti dai Libri sapienziali. Le lettere delle frasi saranno fatte con dei rametti, sicché è l’albero stesso che dà l’insegnamento a chi lo guarda. Non intendo soffermarmi ora sull’analisi dell’insegnamento declinato nel giardino perché esula dall’analisi formale delle creazioni palissiane, ma ci tornerò nel prossimo capitolo, a proposito del significato spirituale dell’estetica rustica.