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CAPITOLO I. LA VITA E LE OPERE DI BERNARD PALISSY, TRA CERTEZZE E INTERROGAZIONI

I.I. Bernard Palissy: fonti per una ricostruzione biografica

I.3. b Le rustiques figulines : opere d’arte?

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I manufatti palissiani giunti fino ai giorni nostri sono solo ed esclusivamente ceramiche, oltretutto pezzi di vasellame, ovvero un tipo di produzione estraneo al concetto di “belle arti” canonizzato dai rappresentanti delle accademie europee a partire dal Seicento148. Il fatto di continuare a considerare anche ai giorni nostri “minore” o “decorativo” tutto ciò che non si può forzatamente inserire nelle teoriche categorie di Pittura, Scultura e Architettura, denota il persistere di una concezione artistica derivata dagli scritti di Leon Battista Alberti149 e Giorgio Vasari150, e giunta a noi pressoché intatta, passando attraverso gli esponenti della critica ottocentesca, che introdussero secondo Philippe Morel a proposito delle grottesche, “une opposition très nette […] entre l’ornement et le programme, qu’il soit d’ordre narratif ou d’ordre allégorique”151.

Se è innegabile che manufatti come le rustiques figulines non possano essere letti con le stesse modalità interpretative e metodologiche con cui ci avviciniamo a un dipinto dall’iconografia riconoscibile - riferibile a fonti letterarie o a un preciso programma concettuale - rifiutare di analizzare un manufatto in termini iconologici perché appartenente alle cosiddette arti minori significherebbe negare ogni dimensione simbolica alla maggior parte delle opere prodotte durante il Cinquecento, in Francia e non solo.

Allo scarso interesse critico rivolto alla produzione artistica di Palissy si deve aggiungere la difficoltà di ricostituire un corpus partendo da materiali di attribuzione ancora piuttosto incerta, soprattutto per quanto riguarda il vasellame conservato nei musei, nella maggior parte dei casi ridotto allo stato di frammento. In questo senso sarà inutile ribadire l’incertezza di ogni tentativo volto a stilare un catalogo palissiano: del resto, considerata la numerosità dei frammenti ritrovati durante gli scavi del Louvre, è più che probabile che un vero e proprio catalogo non potrà mai essere realizzato.

Ad oggi, negli studi prettamente dedicati alla ceramica, si possono distinguere due filoni: da una parte quelli di carattere iconografico e contestuale di Leonard N. Amico152, Thierry

148 La questione della gerarchia instaurata dalla teoria artistica vale non solo per i mezzi ma anche per i

soggetti rappresentati, e si pone in particolare con la nascita della cosiddetta “pittura di genere”. Sull’argomento segnalo la recente pubblicazione a cura di B. Aikema e C. Corsato. Cf. AIKEMA 2013. Per una riflessione generale sulla nascita della accademie in Europa, si veda PEVSNER [1940]1982; sulle accademie e l’umanesimo DERAMAIX 2008; sulle accademie e la questione del canone artistico PERRY 1999.

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Mi riferisco ovviamente alla trilogia albertiana del De pictura (1435), De re aedificatoria (1450), De statua (1462 ca).

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Cf.Le Vite di Giorgio Vasari, pubblicate nel 1550 e poi 1568 nell’edizione aumentata.

151

Cf. MOREL 1997, p. 3.

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Crépin-Leblond153 e Neil Kamil154, e dall’altra quelli tecnici svolti da Isabelle Perrin155, Juliette Jacqmin156, Anne Bouquillon e Françoise Barbe157.

Isabelle Perrin, in particolare, ha approfondito l’analisi del materiale con un approccio tecnico-conservativo, in una tesi di dottorato che, non essendo stata pubblicata, ha trovato scarsa diffusione. La ricerca di Perrin è però uno studio fondamentale poiché fa il punto sulle complesse vicende degli scavi delle Tuileries proponendo fra l’altro un nuovo sistema di indagine basato sul processo tecnico di realizzazione dei manufatti. Parallelamente alla tesi di Isabelle Perrin sono stati pubblicati alcuni articoli – di cui daremo conto in seguito – che chiariscono alcuni nodi sulla tecnica impiegata dal Nostro. Sono il frutto di un progetto del Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France, a cura di Françoise Barbe, avviato già negli anni Ottanta con una ricerca intitolata «Les céramiques de Bernard Palissy et ses continuateurs», che ha permesso di definire con maggior certezza la tecnica di vetrificazione impiegata da Palissy, facendo così luce su alcuni reperti in quanto al luogo e alla data di produzione158.

Il nostro studio metterà da parte la questione prettamente attribuzionistica, una metodologia sempre di più messa in questione davanti all’evidenza che le opere del sedicesimo secolo erano nella maggior parte dei casi un lavoro corale all’interno delle botteghe159. Basandosi sui risultati raggiunti dagli studi summenzionati, che hanno comunque contribuito a definire un potenziale corpus palissiano, ci si concentrerà piuttosto sui manufatti nel loro contesto di fabbricazione, mantenendo un approccio per il quale il lavoro di riferimento rimane quello di Amico, che ha gettato le basi per una riflessione moderna sui manufatti. Pur riconoscendo il pregio di questo lavoro, possiamo seguire Timothy Wilson quando scrive nella sua recensione «some readers will feel that more space might have been devoted to how Palissy's difficult cosmological ideas are reflected in the work and to the iconographical sources of the figural pottery. There remains more to be done in interpretative research and it is still difficult to grasp all

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T. Crépin-Leblond ha approfondito il rapporto tra Palissy e la ceramica di Saint-Porchaire. Cf. CREPIN- LEBLOND 1997. 154 Cf. KAMIL 2005. 155 Cf. PERRIN 1998. 156 Cf. JACQMIN 2005. 157 Cf. BOUQUILLON 2010. 158

Si vedano PERRIN 1997 e 1998; BOUQUILLON 2004 e 2010; JACQMIN 2005; BARBE 2010.

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L’attenzione della storia dell’arte è sempre di più rivolta verso la bottega degli artisti. Si veda a questo proposito l’indagine sulle botteghe di Tiziano : TAGLIAFERRO 2009.

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aspects of the man as a whole»160. L’unico altro testo che approfondisce la questione del significato delle rustiques figulines è quello di Neil Kamil, di cui abbiamo già evocato pregi e diffetti.

Di certo, i contributi di Amico e Kamil non esauriscono le domande relative alle realizzazioni e ai progetti di Palissy, di cui restano ignoti l’originaria funzione e l’effettiva ricezione da parte del pubblico, o quanto meno dei committenti. Inoltre, domanda cui ancora non è stata trovata risposta è se davvero le peculiarità di tali oggetti possano incontrare i propositi di un’arte “riformata”, che corrisponderebbe al credo del vasaio di Saintes.

Per proporre un’analisi complessiva dello stile rustico di Palissy è necessario ricorrere a strumenti adeguati, vale a dire a criteri e metodi di una storia dell’arte contestuale, aperta e interdisciplinare. Con questa convinzione, la presente ricerca dovrà necessariamente andare oltre la storia dell’arte tradizionale – che pure sarà il perno della tesi – per spaziare nel campo della storia della scienza e della religione, prendendo talvolta spunto dalla cosiddetta Visual culture sviluppatasi in America negli ultimi anni del Novecento. I manufatti palissiani saranno dunque considerati sulla scia della riflessione di Michael Baxandall, al pari di un documento storico: “An old picture is a record of visual activity. One has to learn to read it, just as one has to learn to read a text from a different culture”161.

Se oggi, quarant’anni dopo il testo dello storico dell’arte britannico l’oggetto d’arte è sempre di più considerato quale fonte per la ricerca storica, un altro imperativo è quello di non trattarlo nello stesso modo di un documento d’archivio, proprio per il suo plus valore o aura, argomento sul quale David Freedberg volle riflettere nel suo studio intitolato The Power of Images162. Il magistrale contributo di Freedberg sottolineava la necessità di tornare a considerare le immagini in quanto tali, rendendosi consapevoli dell’impatto esercitato sul pubblico contemporaneo in termini di emozioni, esperienze e ricordi: sensazioni che vanno ben oltre l’obiettività dei documenti d’archivio. Studiare oggetti del passato implica dunque il dovere di tenere conto dell’impatto che gli stessi potevano avere sull’osservatore, andando oltre il divario tra pittura e scultura da una parte e arti minori dall’altra, come asserì Hans Belting nella sua Antropologia delle

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Cf. WILSON 1997, pp. 410-411.

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immagini163. Queste premesse valgono in pieno nel caso delle ceramiche rustiche di Palissy, il cui impatto fu alquanto variato nei secoli, e merita di essere indagato per tentare di coglierne lo spirito originario.

Questo lavoro si pone, modestamente, sulla scia di questi studi essenziali, l’obiettivo di avvicinarsi alle opere di ceramica, considerate sia per il loro valore artistico sia per gli eventuali caratteri documentari delle stesse e guardando alla loro iconografia come significante, malgrado il “preconcetto universalmente diffuso [che] considera la rappresentazione delle figure […] come la più alta espressione artistica”164.

Vale inoltre la pena di aggiungere che il momento sembra propizio allo studio delle “arti minori”, che oggi figurano tra i più dinamici e promettenti campi di indagine, in particolare grazie all’impulso di studi relativi alle collezioni di meraviglie rinascimentali, le cosiddette Kunst-und-Wunderkammern, e ai cerimoniali di corte. A testimoniare questo interesse sono le mostre e i contributi dedicati all’argomento che si sono moltiplicati in questi anni. Ricorderemo in particolare la bella rassegna sulle arti suntuarie allestita a Mantova pochi anni fa165, o, per restare vicino a Palissy, le interessanti rassegne del museo del Rinascimento di Écouen, che dedica periodicamente mostre agli oggetti d’arte, o ancora, le esposizioni organizzate proprio in questi mesi in Francia e in Italia sul tema dell’arte della tavola166.

Nell’ambito di questo diffuso interesse per il collezionismo in Età moderna, negli ultimi anni i manufatti palissiani sono spesso stati citati, non tanto da studi di carattere storico- artistico, bensì dagli studiosi di storia della scienza interessati alla nascita della Rivoluzione scientifica per la quale il collezionismo di reperti naturali giocò un ruolo essenziale167. Questo rinnovato sguardo verso le rustiques figulines permette di collocarle in una rete di scambi di reperti naturali e artistici internazionali, e di analizzare la loro iconografia alla luce della cultura scientifica dell’epoca.

162

Cf. FREEDBERG 1991.

163

Si veda in particolare l’introduzione di BELTING 2011.

164 Cf. RIEGL 1901-1923 [1959](3° ed.), p.10. 165

“Il cammeo Gonzaga, arti preziose alla corte di Mantova” si è svolta a Mantova nelle fruttiere di Palazzo Te dal 12 ottobre 2008 al 11 gennaio 2009.

166 A Blois dal 7 luglio al 21 ottobre 2012 si è tenuta la mostra “Festins de la Renaissance. Cuisine et arts de

la table à la Renaissance” mentre alla villa d’Este a Tivoli si è svolta la mostra Magnificenze a tavola, le arti del banchetto rinascimentale dal 15 giugno al 4 novembre 2012. Si veda al proposito DI SCHINO 2012. 167 Cf. FINDLEN 2001; SMITH 2004.

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Oggetti d’arte o semplice vasellame, grotte dallo scopo puramente ricreativo e naturalistico o antri dalla simbologia più profonda, illustrazione scientifica o tentativo di superare la Natura, le ceramiche di Palissy dovranno essere interrogate alla luce della cultura raffinata e complessa che ha accolto e apprezzato tali pezzi, tenendo anche conto dell’artista che li ha prodotti e dei contatti esterni che hanno potuto ispirarlo.

Dal punto di vista metodologico va compiuto un passo iniziale: il riconoscimento di un corpus selettivo – per complesso che sia – da inserire successivamente nel suo contesto di produzione. Già però il primo passaggio di questo processo si rivela problematico: l’opera di Palissy è infatti costituita da un insieme di pezzi che per la maggior parte sono pervenuti allo stato frammentario oppure noti unicamente attraverso gli scritti che abbiamo evocato nel profilo biografico dell’autore, l’Architecture, la Recepte e i Discours. Il caso di Palissy dunque rovescia, per così dire, la consueta modalità investigativa rispetto ai manufatti rinascimentali, laddove in genere mancano fonti scritte relative alla realizzazione di un’opera, necessarie alla sua contestualizzazione intesa come Weltanschauung teorizzata da Riegl, ossia mentalità e cultura intrinseca alla creazione di oggetti168. Da qui la necessità di approcciare l’opera con un metodo molto aperto fondato su un’analisi formale e tecnica dei manufatti, che proceda a confronti con opere paragonabili, ma anche con gli stessi testi di Palissy, in particolare i passi relativi alla sua “teoria artistica”. Se egli non ha lasciato un vero e proprio pensiero teoretico, organizzato e unitario, ma sono sparse nei suoi testi delle affermazioni di carattere tecnico e artistico che forniscono dati sia sulla produzione sia sulla sua stessa concezione di arte.

L’approfondimento che ci proponiamo di svolgere qui riguarda tre principali aspetti dell’arte palissiana: il ruolo dell’esperienza nel suo processo creativo, la definizione di un’estetica rustica, la dimenzione spirituale presente nel suo giardino, ma anche secondo la nostra ipotesi, nell’iconografia naturalistica prediletta, che sarà confrontata con la cutura scientifica e collezionistica coeva.

Cercheremo di mostrare in che termini si espresse un pensiero riformatore che attecchì non solo a lui ma agli artigiani a lui coevi, spesso calvinisti o evangelici, autori di numerosi

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“Nelle opere d’arte egli [l’artista] crea una visione della natura che lo liberi dalla permanente inquietudine ch’egli prova. Egli tenta di portare ordine nel caos apparente. [Questa visione] riguarda il rapporto dell’uomo con tutte le cose di questo mondo, senza eccezione. Ciò che chiamiamo visione della natura non è quindi in senso stretto solo il rapporto dell’uomo con la natura non umana, ma anche il rapporto dell’uomo con gli altri uomini, rapporto che noi chiamiamo ‘visione della moralità’. Potremmo definire tutto ciò con una sola espressione: ‘visione del mondo’ (Weltanschauung)”. Cf. RIEGL 1966 [2008].

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trattati tecnici e di filosofia naturale pubblicati nel Cinquecento, sui quali si basa anche il pensiero del Nostro. Un interessante ponte sarà da stabilire con la letteratura, in particolare un insieme di opere definite da Albert-Marie Schmidt come “poesia scientifica”, riferendosi in questo caso specificamente ad autori come Guillaume de Salluste, Seigneur Du Bartas (1544-1590) o Remy Belleau (1528-1577)169. L’iconografia tanto singolare degli oggetti di Palissy andrà dunque riconsiderata alla luce della cultura enciclopedica che permette di evidenziarne il carattere sperimentale e di coglierne significati non evidenti per l’osservatore odierno.

Prima di entrare in considerazioni più ampie sarà bene stabilire su quali pezzi della produzione di Palissy intenderemo focalizzare le nostre analisi, per proporre una campionatura rappresentativa sulla quale ragionare.