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A RTROPODI E P ROBLEMI S ANITARI C ORRELAT

Trattamenti disinfestanti contro gli artropodi Marianna Adamo, Massimo Cristofaro

A RTROPODI E P ROBLEMI S ANITARI C ORRELAT

STRATEGIE DI CONSERVAZIONE PREVENTIVA METODI DI LOTTA1E MISURE PREVENTIVE FONDAMENTALI Psocotteri

Eruzioni cutanee, allergie ed asma.

Mantenimento di idonei valori termoi- grometrici (in particolare bassa umidità). Depolveratura periodica dei locali e degli alloggiamenti.

Igiene dei locali.

Ispezione e quarantena dei materiali in entrata.

Monitoraggi periodici (ispezioni e posi- zionamento di trappole) nei locali di con- servazione.

Esami delle polveri nei locali.

Atmosfere

modificate/controllate sul materiale (in caso di grave infestazione).

Depolveratura del materiale infestato.

Deumidificazione dei locali. Igiene dei locali.

Blattoidei

Allergie ed asma. Possibili portatori di orga- nismi patogeni.

Mantenimento di idonei valori termoi- grometrici (in particolare bassa umidità). Verifica dell’assenza (eventuale elimi- nazione) di possibili luoghi di accesso e/o rifugio.

Igiene dei locali (soprattutto evitare il consumo di alimenti).

Monitoraggi periodici (ispezioni e posi- zionamento di trappole) nei locali di con- servazione.

Insetticidi a basso impatto am- bientale e lunga persistenza. Ri- sanamento ambientale. Igiene dei locali.

Coleotteri Dermestidi

Fenomeni irritativi e allergici della pelle, degli occhi e delle vie respiratorie (dermatiti, orticaria, congiuntiviti, riniti, asma ecc.).

Sistemazione di dispositivi anti-ingresso. Ispezione e quarantena dei materiali in entrata.

Igiene dei locali (soprattutto evitare di consumare alimenti).

Monitoraggi periodici (ispezioni e posi- zionamento di trappole) nei locali di con- servazione.

Atmosfere

modificate/controllate sul materiale.

Igiene dei locali.

Imenotteri Betilidi2

(Sclerodermus spp., Cephalonomia gallicola, Allepyris ruficrus)

Parassitoidi di insetti dannosi (Coleotteri Anobidi). Punture (possono provocare ponfi, forti pruriti, dermatiti e molto più raramente gonfiori diffusi e febbre).

Accertamento dell’assenza di Anobidi nei locali e in caso contrario applicazione tempestiva di opportuni metodi di lotta. Igiene dei locali.

Ispezioni e quarantena dei materiali in ingresso.

Monitoraggi periodici (ispezioni e posizionamento di trappole) nei locali di conservazione per Betilidi e/o Anobidi. Esami delle polveri nei locali.

Atmosfere

modificate/controllate sul materiale infestato dai Betilidi e dai loro ospiti (Coleotteri Anobidi).

Igiene dei locali.

Afanitteri2

Parassiti di roditori e di altri mammiferi.

Punture, possibili vettori di organismi patogeni.

Accertamento dell’assenza di roditori nei locali.

Verifica dell’assenza (eventuale elimina- zione) di possibili luoghi di accesso e/o rifugio.

Igiene dei locali. Monitoraggi periodici.

Eliminazione delle infestazioni da roditori con idonei dispositivi e metodi di lotta.

Disinfestazione (con insetticidi) dei locali.

Igiene dei locali.

Acari2

Pyemotes spp. del

“gruppo ventricosus”

Parassita di insetti dannosi (ad es. Coleotteri Anobidi).

Accertamento dell’assenza di Anobidi nei locali e in caso contrario applicazione tem- pestiva di opportuni metodi di lotta. Igiene dei locali.

Atmosfere

modificate/controllate sul materiale infestato da Pyemotes e dai suoi ospiti (Anobidi).

Problemi sanitari per gli addetti al settore

Dermatiti (eruzione urticarioide con maculo papule e prurito intenso) spesso accompagnate da febbre.

Ispezioni e quarantena dei materiali in ingresso.

Monitoraggi periodici (ispezioni e posizionamento di trappole) nei locali di conservazione per evidenziare la presenza di Anobidi.

Esami delle polveri nei locali.

Deumidificazione dei locali. Igiene dei locali.

Argas reflexus

Parassita di uccelli (piccioni). Reazioni flogistico/ tossiche e allergiche.

Possibile vettore di agenti patogeni.

Accertamento della presenza di piccioni mediante ispezioni; eventuale adozione di misure dissuasive anti-sosta, di chiusura di cavità nido e di spazi sosta con reti o altri mezzi.

Verifica assenza ed eventuale eliminazione di crepe o altri punti di rifugio per Argas. Igiene dei locali.

Monitoraggi periodici.

Eliminazione delle infestazioni da piccioni (chiusura cavità nido, utilizzo dissuasori ecc.). Disinfestazione dei locali. Igiene dei locali.

Acarus siro e

Glycyphagus domesticus

Allergie (causa anche di asma bronchiale), patologie cutanee (dermatiti e falsa scabbia).

Mantenimento di idonei valori termoigrometrici (in particolare bassa umidità).

Depolveratura periodica del materiale. Igiene dei locali.

Ispezioni e quarantena dei materiali in entrata.

Monitoraggi periodici. Esami delle polveri nei locali.

Atmosfere

modificate/controllate sul materiale.

Disinfestazione con acaricidi. Igiene dei locali.

Deumidificazione dei locali.

1 Metodi più utilizzati in situ in caso di infestazioni sono le atmosfere modificate/controllate e gli insetticidi. La soluzione deve essere valutata di volta in volta a seconda del bene e dell’infestante.

2 Artropodi non dannosi per il materiale fotografico.

6.3 Il rischio da insetticidi

Marianna Adamo

L’applicazione di un biocida, in una qualsiasi sua formulazione, lascerà residui della sostanza chimica o dei suoi prodotti di degradazione sul bene trattato e/o nell’ambiente ove è avvenuto l’intervento. L’esposizione a tali sostanze, che può avvenire per contatto, inalazione o ingestione, potrebbe determinare conseguenze negative sulla salute umana. È noto infatti che i pesticidi possono avere effetti carcinogenici e allergici, de- terminare sterilità, difetti alla nascita, possono agire sul sistema nervoso centrale ecc. (Thacker, 2002). Sebbene la tendenza generale sia quella di formulare biocidi ecososte- nibili e non pericolosi per l’uomo, tale preoccupazione riguarda soprattutto quei pro- dotti, ora banditi o non più in uso (DDT, aldrin, clordano ecc.), molto persistenti e i cui residui potrebbero essere presenti ancora sui beni trattati anni addietro, dato che ogni oggetto è in grado di assorbire sostanze e vapori e trattenerli per tempi lunghissimi. Purtroppo, nell’ambito dei beni cartacei, la documentazione disponibile relativa all’uso di sostanze chimiche biocide risulta scarsa e in alcuni casi addirittura inesistente, quindi la manipolazione così come la consultazione di beni antichi potrebbe rappresen- tare un rischio a tutti gli effetti. La presenza di polveri, cristalli, colorazioni anomale o comunque di alterazioni non identificabili impongono la massima cautela nella mani- polazione di beni sospetti ricorrendo anche all’uso di dispositivi di protezione indivi- duale e all’aiuto di esperti in medicina del lavoro che stabiliscono le prospettive di ri- schio e pericolo in una data situazione lavorativa. In maniera marginale il problema potrebbe coinvolgere anche i fruitori a causa di contatti occasionali.

SULLE FOTOGRAFIE DANNEGGIATE

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Poiché il rischio da esposizione è strettamente correlato alla tossicità e alla concentra- zione del biocida, alla durata e alla frequenza di esposizione, sarebbe utile identificare gli oggetti potenzialmente pericolosi in quanto, accertando la natura chimica del resi- duo e/o dei prodotti di degradazione del biocida, si potrebbe determinare la significati- vità del pericolo stesso.

Sebbene sia noto già da tempo che l’uso di pesticidi è correlabile al rischio chimico, sol- tanto negli ultimi anni la questione dei loro residui è diventata oggetto di discussione e di ricerca. Maggiore interesse hanno dato a questo argomento le decisioni prese negli Stati Uniti d’America con il “National Museum of the American Indian Act” del 1989 e il “The Native American Graves Protection and Repatriation Act” del 1990. Secondo tali statuti la restituzione del patrimonio culturale delle rispettive tribù ai Nativi Ame- ricani deve essere accompagnata da documentazione informativa circa qualsiasi trat- tamento di bonifica “effettuato con pesticidi, preservanti o altre sostanze che possano costituire pericolo agli oggetti o alle persone che li manipolano” [43 Code of Federal Re- gulations, 10.10 (4) c]. La necessità di rispettare la legislazione e la preoccupazione per i pericoli che tali sostanze potrebbero comportare hanno dato nuovo impulso a pro- grammi di ricerca finalizzati all’identificazione del pesticida e alla gestione del poten- ziale rischio per la salute degli operatori così come dei visitatori (Madden et al., 2010). La registrazione di eventuali trattamenti eseguiti in passato può aiutare alla determi- nazione di quali composti dovranno essere ricercati; in tale ambito notevole preoccupa- zione desta il campionamento perché molte volte risulta distruttivo e non rappresenta- tivo. Indagini diagnostiche per verificare la presenza di elementi chimici con numero atomico uguale o maggiore di 20 possono essere eseguite senza campionamento utiliz- zando uno spettrometro portatile a fluorescenza (XRF). Per la maggior parte dei pesti- cidi inorganici, risultati di tipo quantitativo sono possibili per arsenico, mercurio o composti del piombo utilizzando la spettrometria ad assorbimento atomico (AAS), la spettrometria ad accoppiamento induttivo plasma-emissione atomica (ICP-AES) o la spettrometria a fluorescenza a raggi X (XRF). I residui di pesticidi organici sono rileva- bili mediante gascromatografia/spettrometria di massa (GC-MS), mentre polveri scono- sciute e residui eventualmente presenti sulla superficie dell’oggetto sono analizzati mediante spettroscopia infrarosso con trasformata di Fourier (FTIR), microscopia a luce polarizzata (PLM) o diffrazione dei raggi X (XRD). Le varie tecniche disponibili dif- feriscono non solo per la sostanza da indagare, ma anche per la soglia minima di rile- vamento, per i costi da affrontare e per le modalità di campionamento. Non esiste al momento una metodica unica che consenta l’identificazione di tutti i pesticidi (Sirois & Sansoucy, 2001).

Una delle tecniche spesso usate per il riconoscimento dei residui organici e inorganici è lo “spot test”; con tale kit è possibile determinare la presenza di arsenico, composti or- ganofosfati, carbammati e residui di pesticidi borati, purtroppo però si tratta di un test distruttivo (Sirois et al., 2008). Con tale tipo di indagini non è possibile stabilire la concentrazione totale del contaminante presente in un oggetto ma solo quella ritrovata nel campione. Inoltre poiché il pesticida può essere stato applicato in formulazione li- quida, secca o gassosa, la sua deposizione sul bene risulterà disomogenea e anche ana- lizzando numerosi campioni è praticamente impossibile ottenere risultati concordanti. La mancanza di dati correlabili rende difficile, se non impossibile, stabilire il corretto livello di rischio.

Purtroppo non si dispone ancora di protocolli standard per effettuare il riconoscimento, la rimozione, la quantificazione del residuo così come non si conoscono i valori soglia ol- tre i quali si è certi del rischio per l’uomo mentre sono in continuo sviluppo tecniche che sembrano promettere il completo recupero degli oggetti incriminati. Ovviamente il mo- nitoraggio dell’esposizione per gli operatori e la valutazione dei pericoli sanitari effet-

Problemi sanitari per gli addetti al settore

tuata da personale qualificato sono la chiave per stabilire la gestione del rischio biolo- gico in qualsiasi contesto lavorativo (Madden et al., 2010).

Un esempio di rischio da contaminazione biocida è l’esperienza citata da Victoria Pu- rewal riguardo l’erbario del National Museums and Galleries of Wales (Purewal, 2001a, 2001b). Analisi di campioni hanno evidenziato la presenza di alte concentrazioni di mercurio, arsenico e bario risalenti all’ultimo trattamento insetticida effettuato settanta anni prima. La concentrazione di mercurio in alcuni casi era di 1000 ppm, livello tale da creare seri problemi di salute e sicurezza agli addetti alle collezioni, in quanto il mercurio così come l’arsenico sono metalli altamente tossici e possono accumularsi nell’organismo generando sintomi acuti seri e cronici.

Altri esempi provengono dal Museo Nazionale Danese e dal Museo Danese di Armi e Uniformi ove le analisi effettuate con gascromatografia hanno rivelato, nella maggior parte degli oggetti, la presenza di pesticidi risalenti a trattamenti effettuati moltissimi anni prima (Glastrup, 2001). Lo stesso Museo Nazionale ha sviluppato procedure per l’identificazione, la rimozione degli insetticidi pericolosi a seguito del ritrovamento di residui di DDT, in varie concentrazioni, in tutti i manufatti che dovevano essere trasfe- riti in Groenlandia (Schmidt, 2001).

6.4 Il rischio da roditori

Dario Capizzi, Luciano Santini

L’importanza dei roditori come responsabili della trasmissione di importanti malattie all’uomo e agli animali domestici, perché vettori di pericolosi patogeni, è ben nota fin dall’antichità. Basti ricordare le devastanti epidemie di peste che si sono susseguite per secoli, mietendo un numero incalcolabile di vittime. Infatti il Ratto dei tetti è il princi- pale ospite della pulce Xenopsylla cheopis, vettore del batterio Yersinia pestis, agente eziologico della peste. I roditori mantengono un ruolo importante come serbatoi e vet- tori di malattie soprattutto nei paesi più poveri e sprovvisti di efficienti sistemi sani- tari.

Rimanendo al contesto degli archivi la problematica riveste un’importanza marginale. In generale, le zoonosi associate ai roditori assumono rilevanza solo in particolari locali molto degradati, situazioni assai difficilmente riscontrabili in ambienti di conserva- zione. Tuttavia, qualora ci si trovi in presenza di abbondanti popolazioni di roditori, ciò può costituire un fattore di rischio per le persone che vi svolgono attività lavorative e la natura del rischio varia in funzione delle diverse vie con cui i patogeni si diffondono. La trasmissione del patogeno può avvenire per inoculazione, ingestione, inalazione o per contatto. Nel caso di inoculazione l’infezione è mediata da un vettore, soprattutto zec- che e pulci. Il patogeno può essere trasmesso anche tramite l’inalazione di aerosol, per contatto degli escreti con l’epidermide o tramite ingestione di cibi o liquidi contaminati. Nell’ambito degli archivi le zoonosi che, almeno in linea teorica, potrebbero rivestire importanza sono soprattutto quelle che prevedono il contatto con escreti. Nel caso della leptospirosi, i cui batteri possono penetrare attraverso microlesioni della cute, la re- sponsabile della trasmissione della malattia è proprio l’urina dei roditori. Altre malat- tie, quali ad esempio le sindromi da hantavirus, si trasmettono mediante aerosol in- fetto. Le malattie trasmesse vengono generalmente classificate in base all’agente pato- geno che le causa (virus, batterio, protozoo o macroparassita ecc.). Per un quadro com- pleto sulle principali zoonosi veicolate dai roditori si consulti il testo di Capizzi & Santini (2007).