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Infestanti e problematiche di restauro conservativo Federica Delìa

È noto che gli insetti e i roditori, in particolare quelle specie che sono solite infestare le collezioni archivistiche e librarie, sono attratti tanto dalla carta quanto da adesivi e collanti: alcuni prediligono, infatti, la cellulosa e dunque i materiali che ne sono ricchi, (quali legno, carta e cartone), altri, invece, si nutrono di proteine. Quindi ricercano pre- valentemente pelle, pergamena, adesivi come l’amido e la gelatina, ma si possono ci- bare anche delle emulsioni fotografiche, molto spesso costituite da materiali proteici (albume d’uovo, gelatina ecc.) (Story, 1985; Pinniger, 1994; Florian, 1997).

Il danno avviene quando gli insetti e/o i roditori si rintanano tra i materiali o quando ne traggono risorse di alimentazione e accrescimento spendendovi l’intero ciclo di vita e trovandovi la morte. Le conseguenze sui beni sono spesso devastanti e irreversibili, specialmente in ambienti poco controllati o poco frequentati dove tali organismi pos- sono agire indisturbati: abrasioni, macchie, gore, fori e perdite di materiale, sono solo alcuni dei danni che si possono riscontrare a seguito di un attacco entomologico o dell’azione di roditori. Le fotografie non sono danneggiate solo dal punto di vista della loro composizione fisico-chimica e strutturale, ma anche e soprattutto nella loro este- tica, spesso senza rimedio.

Un danno è qualcosa che ha effetto sul nostro livello di percezione o gradimento, o qualcosa che causa un peggioramento delle condizioni e della durata di vita di un og- getto. Esso può essere determinato paragonando due stati: quello corrente a seguito di un’azione indebita e lo stato iniziale in cui il danno non era ancora avvenuto (Ashley- Smith, 1995).

Compito del restauro sarà tentare di arginare gli effetti del deterioramento che hanno portato ad un’alterazione del materiale originale, principalmente operando una puli- tura, ripristinando la struttura e le caratteristiche di robustezza e resistenza dei sup- porti e preservando quanto più possibile il valore storico-estetico del materiale fotogra- fico. Infatti, come definito da Cesare Brandi: “Il restauro costituisce il momento meto- dologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro” (Brandi, 1977). Un restauro ben eseguito, perciò, non può prescindere dal tenere in considera- zione entrambi gli aspetti, storico ed estetico, e dall’intervenire con rispetto sulla mate- ria dell’opera, cercando di modificarla il meno possibile.

Solo in tempi molto recenti la fotografia è entrata a pieno titolo a far parte dei beni cul- turali ed ha acquisito valore storico-artistico, come solo ultimamente il restauro della fotografia sta diventando una disciplina sempre più autonoma e definita, da inserire come settore nuovo e distinto accanto alle più tradizionali discipline di conservazione e restauro di altri materiali, quali i dipinti o la carta, da cui trae le proprie basi deontolo- giche. Sebbene il restauro fotografico sia quindi sempre più valutato e considerato nella sua specificità e sebbene all’estero sia una disciplina regolamentata da valide linee guida, in Italia si vede spesso accorpato senza una debita distinzione al settore del re- stauro dei beni archivistici e librari (Petrillo, 2010). E tuttavia, molto si distingue dall’arte pittorica o dal disegno l’oggetto fotografico, che va considerato nella sua du- plice forma di negativo e positivo, matrice e stampa, pezzo unico o riproducibile in mol-

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teplici copie, prodotto artigianalmente o a tiratura industriale, generato da procedi- menti chimici o fotomeccanici, verniciato, mascherato, ritoccato ecc.; tutti elementi che concorrono ad aumentarne la complessità e a far sorgere dubbi e incertezze in fase di conservazione e restauro.

Nonostante la storia della fotografia non arrivi a coprire nemmeno un arco temporale di un paio di secoli, l’estrema deperibilità dei materiali fotografici, la loro sensibilità verso gli agenti atmosferici e i biodeteriogeni e la scarsa considerazione nel passato in ambito conservativo, oggi impongono interventi urgenti di restauro e ricondiziona- mento, spesso legati proprio alla necessità di trattare materiali danneggiati da infe- stanti, poiché collocati in ambienti non idonei che ne hanno favorito la proliferazione. Un primo approccio al materiale danneggiato sarà quello di individuare la tipologia, nonché la natura e la composizione dell’immagine fotografica, identificandone il proce- dimento. Tale identificazione funge a diversi scopi: potrebbe essere necessaria per da- tare una fotografia o il suo soggetto, autenticare la sua provenienza, ma in particolare risulta determinante nella scelta del trattamento di restauro da operare.

Tuttavia, l’identificazione dei processi fotografici a volte è scoraggiante: nel corso dei secoli XIX e XX, infatti, furono inventate numerose tecniche differenti e molte passa- rono rapidamente di moda, pertanto può essere anche estremamente difficile la loro in- dividuazione. I metodi per il riconoscimento sono vari: alcuni è bene che siano adottati solo da esperti, ma generalmente le fotografie storiche possono essere accertate “ad occhio nudo”, o con strumenti a basso potere di ingrandimento, come lenti contafili, o attraverso microscopi ottici. Di aiuto possono essere anche validi testi di riferimento sull’argomento (Eastman Kodak Company, 1985; Reilly & McCabe 1986; Nadeau, 1989; Scaramella, 1999; Lavédrine, 2009) e certamente l’esperienza garantisce un’analisi sempre più efficace e corretta.

Contestualmente all’identificazione della tecnica fotografica, sarà cura del restauratore annotare in una scheda di restauro tutti i dati descrittivi per ciascun esemplare da sot- toporre ad intervento, quali autore, titolo, soggetto, datazione, dimensioni e/o formato, riferimento al numero di inventario, eventuali montaggi o elementi di particolare ri- lievo (timbri, note, ritocchi ecc.). La scheda dovrà contenere una sezione in cui riportare i vari danni riscontrati e prevedere dei campi in cui poter inserire eventuali note di descrizione dello stato di conservazione. Scopo della scheda, affiancata a una detta- gliata documentazione fotografica dello stato in cui si presenta l’opera prima e dopo il restauro, è di registrare le condizioni a seguito del danno e fornire una testimonianza degli effetti dell’intervento e di eventuali modifiche che esso possa aver comportato sul bene fotografico. In tal modo è possibile lasciare una traccia di ciò che è stato svolto at- traverso la descrizione dei trattamenti effettuati e dei materiali, adesivi e solventi uti- lizzati.

9.1 Trattamenti sui supporti

Un progetto di restauro, e dunque l’ipotesi dei trattamenti da effettuare, dovrà tenere in considerazione prima di tutto la natura del supporto della fotografia, che può variare dal metallo al vetro, alla carta, materiali dalle caratteristiche di duttilità, malleabilità, resistenza, durabilità nel tempo molto diverse.

Queste stesse proprietà non solo condizionano drasticamente la fattibilità delle opera- zioni di restauro, ma sono determinanti anche nella diversificazione della tipologia di danno prodotta da insetti e roditori. Infatti, mentre una stampa fotografica risulta spesso quasi interamente costituita da materiali organici, dal legante dello strato im-

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magine (albume, gelatina ecc.) al supporto primario, all’eventuale supporto secondario e relativo adesivo (amido, colla di farina, gelatina ecc.), costituendo valida fonte di nu- trimento in ogni sua parte, i procedimenti unici quali dagherrotipi, ambrotipi e ferro- tipi, e i negativi su vetro o su pellicola in genere sono interessati da danni più circo- scritti al solo strato dell’emulsione.

Le proprietà meccaniche e le caratteristiche fisico-chimiche della carta, se da un lato sono indice di una maggiore vulnerabilità dei positivi fotografici all’attacco entomolo- gico o di roditori, e spesso comportano danni maggiormente estesi, dall’altro lato si ri- velano un vantaggio in fase di trattamento di restauro, poiché i supporti cartacei pos- sono essere ricostruiti, rinforzati e consolidati con maggiore efficacia e l’intervento di risarcimento, se eseguito correttamente, è totalmente reversibile. Al contrario, le pro- prietà fisiche e meccaniche di materiali come il ferro o il rame, le pellicole e il vetro, co- stringono il restauratore a un approccio più limitato.

9.1.1 Pulitura a secco e a umido

Nella maggior parte dei casi la prima fase di un intervento di restauro che interessa beni danneggiati da insetti o roditori, consisterà in una minuziosa depolveratura a pennello o con microaspiratore che elimini qualsiasi deposito di rosume, polvere e/o sporcizia, nonché in una delicata pulitura a secco con l’ausilio di bisturi, spatole, gomme, pompette ad aria, per asportare eventuali concrezioni e/o residui organici, avendo cura di non abradere o incidere le superfici (figg. 9.1, 9.1a e 9.2). A proposito delle gomme possono essere adoperate con le dovute distinzioni sul verso dei supporti cartacei (Wishab, Smoke-off sponge ecc.), solo ove possibile anche sul lato dell’emulsione (Pentel ZF-11). In nessun caso sono da utilizzarsi nella pulitura di pro- cedimenti fotografici unici o di negativi su lastra di vetro o pellicola (Cattaneo, 2013).

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Fig. 9.1a - Dettaglio delle macchie sulla stampa

all’albumina di fig. 9.1, prima dell’intervento di pulitura Fig. 9.2 - Dettaglio delle macchie dopo la pulitura

Un ulteriore ostacolo all’operabilità del restauro è costituito dal fatto che le fotografie sono oggetti polimaterici complessi e che i materiali di cui esse sono composte reagi- scono e rispondono molto diversamente ai vari trattamenti.

La permeabilità del supporto è un altro fattore condizionante in fase di pulitura ad umido; mentre a contatto con il vetro o con le pellicole non si pongono particolari pro- blemi, nel caso dei metalli sarà necessario agire con maggiore accortezza laddove siano presenti graffi o imperfezioni superficiali che potrebbero provocare reazioni impreviste o il ristagno del solvente e il conseguente generarsi di microclimi nocivi. Ancor più at- tenzione va riposta nel trattamento ad umido dei supporti cartacei, dove porosità e permeabilità costituiscono un rischio anche durante l’azione sul verso della fotografia: così, ad esempio, laddove siano presenti gore sul verso di un positivo su carta, e quindi si renderebbe necessario un lavaggio in soluzione acquosa o idroalcolica per ottenerne la completa rimozione, in effetti la scelta del trattamento da eseguire sarà vincolata principalmente alle caratteristiche di solubilità del legante dell’emulsione o alla sta- bilità dell’immagine fotografica. In ogni caso l’utilizzo di solventi dovrà essere sempre dosato e controllato e frequentemente ci si potrà trovare nell’impossibilità di interve- nire ad umido a causa dell’estrema solubilità dello strato immagine.

Prove di solubilità e misure del pH dovrebbero anticipare qualsiasi operazione di puli- tura e, unitamente all’identificazione del processo fotografico, dovrebbero assicurare la possibilità di optare o meno per uno o l’altro trattamento a solvente. La misura del pH è da effettuarsi per i supporti cartacei, il cui degrado può provocare un abbassamento del pH naturale della carta; l’acidità che ne consegue può fungere da catalizzatore di reazioni di idrolisi della cellulosa. In particolare, le carte fotografiche otto-novecente- sche sono caratterizzate da composizioni molto ricche di lignina e il più delle volte ma- nifestano una forte tendenza all’ossidazione. In tali casi trattamenti di deacidificazione o di riduzione possono rendersi indispensabili per arrestare questi processi.

Di norma la scelta si orienta tra l’uso di acqua, alcool etilico o la miscela dei due in soluzioni idroalcoliche le quali possono assumere diverse percentuali di concentrazione

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a seconda del grado di penetrazione del supporto che si vuole ottenere o della velocità di evaporazione di cui si necessita.

Per l’applicazione del solvente è possibile utilizzare diversi metodi da scegliersi accuratamente e puntualmente secondo la superficie da trattare. Nei casi più delicati l’uso di un tavolo aspirante a bassa pressione, che consente un maggior controllo in fase di umidificazione e una rapida asciugatura del supporto, può rivelarsi l’unico modo di operare.

Attraverso la pulitura si potranno attenuare o eliminare del tutto le tracce del passag- gio degli infestanti sulle superfici, quali macchie e depositi superficiali, ma nel caso dei supporti cartacei ci si troverà spesso a dover procedere nell’intervento con il risarci- mento di lacune e la sutura delle lacerazioni.

9.1.2 Risarcimento delle lacune e sutura delle lacerazioni

Nel caso delle fotografie su carta è possibile ricostruire eventuali parti mancanti attra- verso l’uso di carta testata (Photographic Activity Test - PAT, ISO/DIS 18916:2007) per la conservazione o di carta giapponese ampiamente utilizzata in varie tonalità e gram- mature nel restauro.

Anche la scelta dell’adesivo non è da sottovalutare: le colle generalmente utilizzate (De Bella et al., 2005), sono la metilidrossietilcellulosa (Tylose MH 300 P2) e l’idrossipropilcellulosa (Klucel G), solubili la prima in acqua e la seconda in alcool, gli amidi modificati e più raramente gli adesivi polivinilici a pH neutro, utilizzabili a di- verse concentrazioni secondo il grado di penetrazione che si vuole ottenere. La scelta ricadrà sull’uno o sull’altro collante a seconda del potere adesivo che occorre e delle proprietà del supporto originale e della carta da restauro (Figg. 9.3, 9.3a e 9.4, 9.4a). Per la sutura delle lacerazioni si cercherà di operare sempre e solo dal verso della foto- grafia tramite l’apposizione di un velo di carta giapponese, anch’esso selezionabile tra un’ampia varietà di tipi, distinti per grammatura, dai più resistenti ai più impalpabili, tonalità e trama. L’utilizzo del velo consentirà di ottenere una superficie omogenea senza percettibili aumenti di spessore.

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Figg. 9.3, 9.3a - Stampa alla gelatina ai sali d’argento danneggiata da blattoidei, recto e verso, prima del restauro

Figg. 9.4, 9.4a - Stampa alla gelatina ai sali d’argento, recto e verso, dopo il risarcimento delle lacune

Obiettivo primario nella ricostruzione delle parti mancanti e nel rinforzo degli strappi, nel caso di una fotografia su carta o del suo supporto secondario, è quello di ridare re- golarità ai margini riducendo i rischi di strappi e ulteriori perdite di materiale soprat- tutto in fase di movimentazione e manipolazione. Colmare le lacune significa, pertanto, prevenire la possibile degenerazione del danno provocato dall’attacco di insetti e rodi- tori, a causa dell’usura o per azione dell’uomo.