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N EGATIVO SU T RIACETATO DI C ELLULOSA

Note sulle principali tecniche fotografiche: schede di riferimento Barbara Cattaneo, Donatella Matè

N EGATIVO SU T RIACETATO DI C ELLULOSA

Supporto - diacetato (diacetato butirrato e diacetato propionato) di cellulosa. Legante - gelatina.

Sostanza fotosensibile - AgCl, AgI, AgBr.

Aspetto, texture - distinguibili il lato supporto, più lucido e il lato emulsione,

più opaco. Frequente la presenza di “specchio d'argento”. Tipica è la

degradazione denominata “sindrome dell’aceto” con deformazioni del supporto, infragilimenti, sbiadimenti e comparsa di odore di acido acetico.

Tonalità - neutra. Periodo di utilizzo

1935-1950 ca.

NEGATIVO SU TRIACETATO DI CELLULOSA

Supporto - triacetato di cellulosa. Legante - gelatina.

Sostanza fotosensibile - AgCl, AgI, AgBr.

Aspetto, texture - distinguibili il lato supporto, più lucido e il lato emulsione,

più opaco. Può essere marcato con la dicitura Safety. Frequente la presenza di “specchio d'argento” e la “sindrome dell’aceto”.

Tonalità - aranciata. Periodo di utilizzo

dal 1948 in poi.

NEGATIVO SU POLIESTERE Supporto - poliestere (P.E.T.).

Legante - gelatina.

Aspetto, texture - si distingue facilmente il lato emulsione dal lato supporto,

più lucido. Può essere marcato con la dicitura Estar o Cronar. Se osservato in luce trasmessa, ogni lato della pellicola risulta luminoso, poiché nel poliestere la luce si propaga in più direzioni; nelle pellicole in acetato, invece, un lato rimarrà scuro, in ombra. Inoltre il poliestere crea un effetto iridescente se osservato tra due filtri polarizzatori, grazie alla sua proprietà birifrangente.

Tonalità - neutra. Periodo di utilizzo

dal 1955 utilizzato quasi esclusivamente per pellicole piane e per microformati.

Note sulle principali tecniche fotografiche: schede di riferimento

8.2.1.c Positivi

Le carte salate (figg. 8.13 e 8.14) sono state le prime fotografie su carta. Venivano stampate a contatto a partire da un negativo, inizialmente realizzato in carta e in se- guito su vetro, dopo il 1850. La carta era preparata con una soluzione di cloruro di so- dio e poi sensibilizzata con nitrato d’argento. L’esposizione avveniva alla luce solare e l’immagine si formava per annerimento diretto. Il nitrato in eccesso, sale fotosensibile non ridotto, si eliminava grazie al fissaggio con tiosolfato di sodio proposto da John Herschel nel 1842. Sulle carte salate veniva spesso effettuato un trattamento di virag- gio ai sali d’oro per modificare il tono cromatico e conferire stabilità all’immagine. La stampa all’albumina (figg. 8.15-8.20) rappresenta il procedimento di stampa mag- giormente utilizzato del XIX secolo ed è sostanzialmente un’evoluzione della carta sa- lata. Il procedimento fu ottimizzato da Blanquart-Evrard che lo presentò nel maggio 1850 all’Accademia Francese delle Scienze. La carta veniva preparata con uno strato di albumina contenente cloruro di sodio o di ammonio e poi sensibilizzata con nitrato d’argento. Una volta formatasi l’immagine per annerimento diretto, la carta era fissata con tiosolfato di sodio e spesso virata all’oro. Il viraggio conferiva stabilità all’immagine e ricche tonalità bruno o bruno-porpora. Trattamenti finali potevano poi consistere nella smaltatura, coloritura o applicazione di vernici protettive, come per le carte sa- late.

Fig. 8.13 - Carta salata inglese ritoccata ad acquerello, 1843

SULLE FOTOGRAFIE DANNEGGIATE

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Fig. 8.15 Stampa all’albumina inglese colorata

all’acquarello, 17.2.1864 Fig. 8.16 Stampa all’albumina inglese colorata all’acquarello, 17.2.1864

Note sulle principali tecniche fotografiche: schede di riferimento

Figg. 8.18, 8.18a - Stampa all’albumina inglese, 1870 e particolare di figura 8.18

Fig. 8.19 - Ingrandimento al microscopio di stampa all’albumina. Sono visibili le fibre del

supporto cartaceo

Fig. 8.20 - Stampa all’albumina (formato stereoscopico - stereographs o french tissue) per visione in trasparenza, fine Ottocento

SULLE FOTOGRAFIE DANNEGGIATE

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Introdotte da Jean Laurent e José Martinez Sanchez col nome di carte leptografiche, le carte aristotipiche (figg. 8.21-8.24) ebbero successo commerciale fra gli anni Sessanta dell’Ottocento e gli anni Venti del Novecento. Si tratta di carte emulsionate alla gela- tina o al collodio sensibilizzate con cloruro d’argento e sviluppate ad annerimento di- retto. Inizialmente l’emulsione era stesa direttamente sulla carta; successivamente fu applicato il trattamento del baritaggio sul supporto in carta prima della stesa dell’emulsione. Lo strato di barite permetteva di ottenere stampe più brillanti e di iso- lare la lettura dell’immagine dal “rumore” di fondo delle fibre della carta. Gli aristotipi alla gelatina potevano essere colorati in rosa, azzurro o violetto per mezzo di coloranti aggiunti allo strato di barite, al fine di contrastarne il naturale ingiallimento. Il trat- tamento di viraggio all’oro o all’oro-platino aveva anche la capacità di rendere più sta- bili le immagini.

Fig. 8.21 - Stampa alla gelatina ad annerimento diretto (aristotipia) francese, fine Ottocento

Figg. 8.22, 8.22a - Stampa al collodio matt italiana, primi Novecento. Nel particolare (fig. 8.22a) si evidenzia la finitura opaca tipica di questa tecnica

Note sulle principali tecniche fotografiche: schede di riferimento

Figg. 8.23, 8.23a - Stampa al collodio matt austriaca, primi Novecento. Sul verso della stampa (fig. 8.23a) si evidenziano i marchi che identificavano

i “prodotti” del fotografo e dell’editore (nome, località e indirizzo) e lo stemma della Reale Casa

Fig. 8.24 - Stampa al collodio matt italiana (formato stereoscopico), 1919

Le carte alla gelatina a sviluppo (figg. 8.25-8.29) furono prodotte negli ultimi anni dell’Ottocento. La carta esposta veniva immersa nella soluzione di sviluppo nella quale avveniva la rivelazione, cioè la formazione dell’immagine per riduzione dell’alogenuro d’argento ad argento metallico. Il processo terminava con il consueto fissaggio a base di una soluzione di sodio tiosolfato e un eventuale viraggio.

Dopo il 1960 furono introdotte in commercio carte politenate (dette anche RC, resin

coated), carte con supporto plastificato, che consistono in pacchetti complessi, multi-

strato, dove solo a volte permane un’anima in carta e dove lo strato di barite viene so- stituito da polietilene microforato, oppure da un polimero addizionato con bianco di zinco o titanio per ottenere una base omogenea. Le emulsioni, con coloranti di varia na- tura, restano sempre a base di gelatina e bromuro d’argento.

SULLE FOTOGRAFIE DANNEGGIATE

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Figg. 8.25, 8.25a - Stampa alla gelatina italiana, autovirante, primi Novecento. Nell’ingrandimento (fig. 8.25a) si evidenzia la trama della carta

usata come supporto

Figg. 8.26, 8.26a - Stampa alla gelatina (formato cartolina), italiana, anni ’30. Nell’ingrandimento (fig. 26a) si evidenziano i colori

(probabilmente all’anilina) applicati manualmente

Fig. 8.27 - Stampa alla gelatina (formato cartolina), italiana, anni ’40

Note sulle principali tecniche fotografiche: schede di riferimento

Figg. 8.28, 8.28a - Stampa alla gelatina cloruro d’argento francese Velox, 1931. Sul verso dell’immagine è visibile il marchio del tipo di carta prodotta

dalla Eastman Kodak

SULLE FOTOGRAFIE DANNEGGIATE

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CARTA SALATA Supporto - carta con grammatura elevata. Possibili aggiunte di amido, di ca-

seina e di gelatina nella pre-collatura della carta di supporto o nella collatura addizionale (bagno di salatura durante la preparazione delle carte salate).

Legante - assente.

Sostanza fotosensibile - AgCl.

Aspetto, texture - superficie opaca con immagine che appare immersa nelle

fibre della carta. Una collatura (all’amido o alla gelatina) eseguita insieme al bagno di salatura, la rendeva più lucida e intensa. Le carte salate non virate presentano sbiadimenti con perdita di dettagli. Questa alterazione è tipica dell’argento fotolitico (dalle ridotte dimensioni e dalla forma tondeggiante).

Tonalità - calda, dal rosso-marrone (stampe non virate) al bruno porpora

(stampe virate all’oro).

Periodo di utilizzo

1840-1910 ca.

CARTA ALL’ALBUMINA Supporto - carta sottile di qualità (grammatura minore rispetto alle carte

salate).

Legante - albumina. Possibili aggiunte di amido o caseina. Sostanza fotosensibile - AgCl.

Aspetto, texture - superficie satinata con immagine che appare sospesa sulle

fibre della carta. Se trattata con vernici, la superficie è brillante.

Le albumine non virate presentano sbiadimenti con perdita di dettagli: altera- zione tipica dell’argento fotolitico.

Tonalità - calda, dal rosso-marrone (stampe non virate) al bruno porpora

(stampe virate all’oro).

Periodo di utilizzo 1847-1920 ca., procedimento dominante tra il 1850 e il 1885. CARTA AD ANNERIMENTO DIRETTO AL COLLODIO E ALLA GELATINA O ARISTOTIPO

Supporto - carta, carta baritata. Legante - collodio e gelatina. Sostanza fotosensibile - AgCl.

Aspetto, texture - superficie liscia e generalmente lucida, tranne per collodio

matt.La superficie liscia e brillante consentiva una maggiore definizione (usata anche per fotografia documentaria).

I citrati si deteriorano per solfurazione, con perdita di dettaglio e sbiadimenti; le celloidine conservano perfettamente le immagini con ricchezza di dettaglio. Le carte al collodio matt furono usate per ritratti di alta qualità. La finitura opaca si otteneva con l’aggiunta di amido, silice o resine all’emulsione.

Tonalità - calda, dal rosso-marrone al porpora grazie a viraggi all’oro o oro-

platino.

Carta celloidina (al collodio) Periodo di utilizzo

1865-1920.

Collodio matt Periodo di utilizzo

1894-1920.

Carta al citrato (alla gelatina) Periodo di utilizzo

1885-1920 ca.