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Il rischio correlato ad artropodi di interesse

Trattamenti disinfestanti contro gli artropodi Marianna Adamo, Massimo Cristofaro

Capitolo 6 Problemi sanitari per gli addetti al settore

6.2 Il rischio correlato ad artropodi di interesse

Marianna Adamo, Ubaldo Cesareo

Come anticipato all’inizio del capitolo, oltre ai microrganismi, anche alcuni artropodi o parti di essi rappresentano un rischio sanitario da non sottovalutare in quanto è risa- puto che tutti i contaminanti, presenti nell’aria, sui beni o al loro interno, sono in grado di arrivare all’uomo principalmente per inalazione, contatto e ingestione causando

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danni a vari livelli (INAIL, 2010). Infatti, quando si prende in esame l’entomofauna presente nei locali di conservazione, oltre a considerare il grave rischio di deteriora- mento che certe specie rappresentano per i materiali conservati, va ricordato che al- cune di esse sono la causa di problemi sanitari per le persone che frequentano i locali (Ruschioni et al., 2005, 2007). Ad esempio taluni insetti (o altri artropodi) possono cau- sare punture, fenomeni irritativi o allergici per contatto con gli insetti stessi o con loro parti o escrezioni, oppure essere vettori di patogeni.

Negli archivi fotografici, così come in tutti gli ambienti di conservazione (e in modo par- ticolare se non vengono rispettate le basilari norme di conservazione), può essere pre- sente un’entomofauna legata ai documenti e una cosiddetta occasionale. Alla prima ap- partengono gli insetti dannosi ai beni conservati e i loro nemici naturali, mentre della seconda fanno parte, invece, quelli entrati casualmente (come ad esempio Ditteri, Emitteri e certi Imenotteri).

Nel presente contributo vengono presi in considerazione soltanto i principali insetti, e altri artropodi, direttamente legati all’ambiente di conservazione che possono rappre- sentare un problema sanitario per gli operatori del settore e per i fruitori degli archivi fotografici. In particolare, per gli insetti si fa riferimento a Psocotteri, Blattoidei, Co- leotteri Dermestidi, Imenotteri Betilidi (principalmente del genere Scleroderma) e Afanitteri; per gli aracnidi alle zecche (in particolare Argas reflexus), agli Acari Pro- stigmati del genere Pyemotes e ad alcuni Acari Astigmati quali Acarus siro e Gly-

cyphagus domesticus. Non sono trattati, invece, artropodi occasionali come ad esempio i

Ditteri (principalmente mosche, zanzare e flebotomi) che, sebbene possano rappresen- tare un problema sanitario per l’uomo, non sono riconosciuti come infestanti legati ai materiali fotografici o ai loro luoghi di conservazione.

L’unica strategia preventiva inerente i problemi sanitari causati è evitare o eliminare le infestazioni (vedi capitoli 3 e 4). Gli Psocotteri (fig. 6.1) possono causare eruzioni cu- tanee (eritemato-ponfoidi o papulo-eritematose) accompagnate da forte prurito. Ancora non è noto se la causa di queste manifestazioni cliniche sia il morso di tali insetti o, più probabilmente, il contatto con la pelle di sostanze rilasciate dal loro schiacciamento (Magliano, 2003). Sono capaci di procurare, inoltre, reazioni allergiche cutanee (anche di forte intensità) ed è possibile sviluppare sensibilizzazione a seguito di ripetuti con- tatti. Inoltre gli Psocotteri (come ad esempio Liposcelis bostrichophila) possono provo- care asma di natura allergica (Fukutomi et al., 2012). A questo proposito si ricorda che sono insetti di piccolissime dimensioni (generalmente 2-3 mm di lunghezza) e individui interi e/o loro parti possono essere componenti della polvere indoor e venire dispersi nell’aria comportandosi da allergeni.

I Blattoidei sono stati riconosciuti come causa diretta di allergie ed asma (Mazzotti & Pampiglione, 1999; Chiappini et al., 2001). Gli allergeni sebbene si trovino nelle feci, nelle secrezioni e sul corpo di questi insetti, con la movimentazione della polvere si di- sperdono diventando volatili e quindi ubiquitari. Tali insetti vengono considerati, inoltre, come possibile veicolo di vari agenti patogeni quali batteri, virus, protozoi, el- minti e microfunghi (Mazzotti & Pampiglione, 1999); possono ad esempio veicolare Streptococchi, Stafilococchi, Escherichia coli, Clostridi, virus dell’epatite virale ecc. L’importanza sanitaria dei Dermestidi è principalmente dovuta alle larve (fig. 6.2) che rilasciano nell’ambiente circostante setole, peli ed esuvie (figg. 6.3 e 6.4); tali elementi risultano urticanti e possono provocare fenomeni irritativi alle persone con cui vengono in contatto scatenando, in alcuni casi, delle vere e proprie allergie (Chiappini et al., 2001; Feo Brito et al., 2002). Peli, setole ed esuvie, a causa delle loro piccole dimensioni, si trovano dispersi nell’aria e provocano orticaria, dermatiti, congiuntiviti e, se inalati, irritazioni e altri disturbi alle vie respiratorie (riniti, asma, dispnea ecc.).

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Fig. 6.1 - Psocottero su trappola collata

Fig. 6.2 - Larva di Attagenus sp. su trappola collata

Fig. 6.3 - Larva di Anthrenus sp. su trappola collata Fig. 6.4 - Residui larvali di Anthrenus sp. su trappola collata

Infine, si segnala che molti Dermestidi (ad es. Anthrenus, Attagenus e Dermestes), nu- trendosi di carogne e altro materiale di origine animale infetto, possono essere un pos- sibile veicolo di agenti patogeni. Tuttavia negli ambienti di conservazione la possibilità che i dermestidi rappresentino un pericolo come diffusori di patogeni appare piuttosto remota.

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Gli Imenotteri appartenenti alla famiglia dei Betilidi costituiscono un problema sanita- rio in strutture infestate da coleotteri di cui sono parassitoidi. In particolare infesta- zioni da Coleotteri Anobidi (i comuni tarli) possono rappresentare un rischio oltre che per i beni conservati e le strutture lignee, anche indirettamente per la salute umana dato che nei luoghi frequentati da questi insetti è possibile subire delle punture dolo- rose da parte di Betilidi appartenenti al genere Sclerodermus (= Scleroderma) piccoli insetti nerastri (2-3 mm di lunghezza), spesso confusi con le formiche (fig. 6.5). In am- bienti di conservazione sono generalmente segnalate le specie Sclerodermus domesticus (= Scleroderma domesticum) e Sclerodermus brevicornis (= Scleroderma brevicorne). In Italia la presenza di S. domesticus viene osservata fin dagli anni ’30, dopo diverse de- scrizioni di lesioni da punture che si erano verificate in Africa tra gli anni ’20 e ’40; la biologia di questo insetto viene studiata negli anni ’40 (Saccà, 1940b) e negli anni ’50 si arriva a un riconoscimento dell’interesse medico nei confronti del microimenottero e delle punture che esso arreca.

Le femmine di scleroderma si insinuano nelle gallerie scavate nel legno dalle larve de- gli anobidi e, iniettando una sorta di veleno mediante un aculeo, le immobilizzano uti- lizzandole poi come alimento (succhiando l’emolinfa che fuoriesce dalle ferite provocate con le mandibole) e come substrato su cui verranno deposte le uova. Le larve di sclero- derma, dopo la schiusa, si nutriranno anch’esse delle larve immobilizzate dei tarli. In assenza di maschi, la femmina che ha vita molto lunga, depone uova non fecondate da cui si origineranno individui di sesso maschile con i quali essa potrà accoppiarsi gene- rando progenie femminile (che quindi deriva da uova fecondate) (Saccà, 1941). Sono proprio le femmine di Sclerodermus (i maschi sono sprovvisti di aculeo) a provocare le punture sull’uomo; tali punture molto dolorose e pruriginose, generalmente provocano ponfi di vasta superficie e di lunga durata. Sono stati segnalati anche casi accompa- gnati da forti pruriti, gonfiori diffusi o addirittura febbre (Saccà, 1973; Principato & Polidori, 1995; Principato, 2000; Chiappini et al., 2001).

La presenza di scleroderma non è da sottovalutare in quanto questi insetti possono ri- prodursi indisturbati all’interno degli ambienti e il controllo è strettamente connesso alla lotta ai tarli e alla prevenzione della loro presenza. Eliminando, infatti, la popola- zione di tarli si risolverà anche l’infestazione dei parassitoidi venendo a mancare le condizioni idonee per il loro sviluppo.

Negli ultimi anni è stata rilevata la presenza indoor sempre più frequente di un altro Betilide: Cephalonomia gallicola. Un piccolissimo imenottero (2 mm di lunghezza) dal colore marrone chiaro rossiccio, ectoparassitoide di larve di coleotteri (come ad esempio

Lasioderma serricorne e Stegobium paniceum), le cui femmine attere sono in grado di

provocare dolorose punture e dermatiti nell’uomo (Lim et al., 2007; Fiorente, 2011).

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In Italia, sono stati segnalati anche casi di dermatiti causate da Allepyris ruficrus imenottero (di 3-5 mm) parassita larvale di coleotteri infestanti appartenenti agli Anobidi (ad es. Anobium e Stegobium) e ai Dermestidi (ad es. Anthrenus e Attagenus) e quindi potenzialmente presente anche in ambienti di conservazione. Le dermatiti pro- vocate da A. ruficrus sono caratterizzate da elementi eritemato-papulosi, a tratti con vescicolazione centrale ed accompagnate da intenso prurito (Principato & Lapomarda, 2005).

Si fa anche un accenno agli Afanitteri insetti ematofagi noti col nome comune di pulci, strettamente correlati alla presenza di roditori (ratti e topi). Afanitteri che parassitano i roditori (come ad esempio la pulce dei ratti Xenopsylla cheopis), oltre a recare fastidi alle persone con le loro punture, possono essere portatori di varie malattie come la peste (provocata dal batterio Yersinia pestis) o la febbre petecchiale murina (causata da

Rickettsia typhi che può anche essere trasmessa alla prole per via transovarica) (vedi

paragrafo 6.4). Le pulci, infine, possono essere ospiti intermedi di parassiti, come i cestodi del genere Hymenolepis, in grado di parassitizzare anche l’uomo (Bortoletti, 1973; De Carneri, 1997).

Altri Artropodi, in grado di arrecare danno alla salute umana sono gli Acari; questi ap- partengono agli aracnidi che comprendono oltre ai comuni acari, generalmente piccoli o piccolissimi, anche le Zecche di dimensioni maggiori. Negli ambienti di conservazione infestati da Coleotteri Anobidi possono essere presenti gli Acari del genere Pyemotes, difficilmente visibili a occhio nudo in quanto di dimensioni variabili da 0,2 a 1 mm. In particolare le specie del gruppo ventricosus, parassiti di anobidi e di altri insetti, pos- sono pungere l’uomo e provocare dermatiti caratterizzate da rash eritematoso associato a prurito intenso con maculopapule accompagnate generalmente da vescicola centrale. Al momento della puntura non si avverte dolore e gli effetti possono manifestarsi anche dopo 12-16 ore (Principato, 1998). Oltre alle macule “classiche” sono anche state de- scritte macule associate con tratti lineari definite da alcuni Autori “segni a cometa” (Del Giudice et al., 2008) e, in certi casi, si può arrivare alla presenza di pustole. Inoltre non è rara la comparsa di febbre (Meinieri, 1973; Taddei et al., 2005), cefalee, dolori alle giunture, vomito e perdita di appetito (Castagnoli, 1987; Corazza et al., 2014). Sono stati segnalati altresì casi di asma bronchiale di tipo allergico a seguito della sensibiliz- zazione della mucosa a P. ventricosus (Levi Luxardo & Nazzaro, 1973).

Altri acari legati ad infestanti sono le zecche (Ixodida); in particolare la zecca molle Ar-

gas reflexus (5-8 mm), parassita dei piccioni, si può ritrovare nei locali da loro infestati.

La zecca può pungere l’uomo e, oltre a determinare reazioni flogistico/tossiche e allergi- che (pure severe), è capace di trasmettere malattie anche gravi quali ad esempio la feb- bre Q e l’encefalite (Domenichini & Crovetti, 1989; Principato, 1998; Ruschioni, 2002). Infine, sono segnalati come possibili infestanti in ambienti di conservazione gli Acari Astigmati Acarus siro e Glycyphagus domesticus (Pinniger, 2001). Questi possono es- sere causa di patologie cutanee e di reazioni allergiche anche forti. In particolare Aca-

rus siro può provocare dermatiti con eruzioni microvescicolari, micropustolose o erite-

mato-papulose e in certi casi si può arrivare a una “falsa scabbia”, inoltre può essere coinvolto nell’asma bronchiale (Principato, 1998). Glycyphagus domesticus è fortemente allergizzante e può essere legato all’asma bronchiale; questo acaro è in grado inoltre di determinare prurito diffuso e insistente, eruzioni microvescicolari e pustolose e non di rado lesioni che simulano perfettamente la scabbia (Principato, 1998).

Nella tabella 6.1 sono riassunti i principali problemi sanitari dovuti agli artropodi trat- tati, le strategie di conservazione preventiva (vedi capitolo 3), gli specifici metodi di lotta (trattamenti disinfestanti maggiormente utilizzati) (vedi paragrafi 4.1.3 e 4.2.1). Sono schematizzate anche le strategie relative alla fauna ornitica (vedi paragrafo 5.2).

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Tabella 6.1 - Artropodi infestanti e principali problemi sanitari correlati, strategie preventive e metodi di lotta

ARTROPODI E PROBLEMI