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Gestione integrata degli infestant

Trattamenti disinfestanti contro gli artropodi Marianna Adamo, Massimo Cristofaro

Capitolo 5 Gestione integrata degli infestant

Capitolo 5

Gestione integrata degli infestanti

Dario Capizzi, Ubaldo Cesareo, Luciano Santini, Pasquale Trematerra

Negli ambienti di conservazione dei beni archivistici e librari, il solo intervento di di- sinfestazione non è quasi mai risolutivo poiché consegue risultati di breve durata carat- terizzandosi spesso come una semplice reazione ad una singola infestazione. Occorre, viceversa, mettere in campo un insieme di strategie che, integrando più metodi e disci- pline per il controllo degli infestanti rendano l’ambiente di conservazione il meno pos- sibile adatto allo sviluppo degli stessi (Kingsley & Pinniger, 2001; Pinniger, 2001; Tre- materra & Pinniger, 2014). Un simile olistico metodo di lotta è conosciuto a livello in- ternazionale come “programma di gestione integrata” (Integrated Pest Management - IPM). Tale approccio ha visto il primo impiego nel settore agricolo e nella conservazione delle derrate alimentari, successivamente è stato esteso al comparto ospedaliero e, in- fine, applicato al settore della conservazione dei beni culturali.

È opportuno quindi mettere in pratica una serie di interventi atti in primo luogo a evi- tare le possibili infestazioni ma anche, quando presenti, a riconoscere i biodeteriogeni responsabili nei tempi più brevi per poi intervenire in modo mirato ed efficace. A tale proposito il monitoraggio costituisce uno strumento importante per operare una cor- retta conservazione e lo scopo è quello di accertare l’eventuale presenza di organismi dannosi. Oltre alla valutazione dell’utilità o meno degli interventi, vanno presi in con- siderazione fattori quali l’efficacia (anche a lungo termine) dell’intervento stesso, la si- curezza per i beni, per l’uomo e per l’ambiente ed infine i costi. Inoltre non deve essere trascurato l’aggiornamento e l’organizzazione degli operatori coinvolti nel programma stesso.

Tale sistema di gestione integrata a sua volta rientra in un più ampio programma di conservazione di cui sono stati delineati gli aspetti principali nel capitolo 3.

5.1 Il controllo degli artropodi

Ubaldo Cesareo, Pasquale Trematerra

5.1.1 Le tecniche di monitoraggio

Per avere conoscenza delle specie presenti, eventualmente dannose, e della loro distri- buzione all’interno di una struttura, è necessario realizzare un programma di monito- raggio che preveda un complesso di interventi conoscitivi. L’insieme di tali operazioni può essere impostato in modo differente a seconda della situazione da indagare, e nor- malmente costituisce la base di partenza per la programmazione di strategie contro le infestazioni. Le stesse metodologie di controllo rendono verificabili nel tempo anche gli esiti delle azioni intraprese per una migliore gestione delle emergenze riscontrate (Pinniger, 1994).

Le attività di monitoraggio generalmente prevedono sia l’impiego di trappole, che forni- scono dati qualitativi e quantitativi riguardanti il grado di presenza degli infestanti, sia le ispezioni visive, con le quali si ottengono informazioni qualitative o semi-quanti- tative sul livello di infestazione presente (Kingsley & Pinniger, 2001; Trematerra &

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Süss, 2007; Smith & Appel, 2008). Più le “letture” delle trappole e le ispezioni visive sono frequenti, maggiori sono le indicazioni che si possono ricavare per pianificare azioni tempestive di prevenzione e di lotta diretta. Il monitoraggio entomologico si può ritenere efficace se consente di individuare sia il problema sia la sua esatta colloca- zione; i risultati migliori si ottengono se tale attività viene inquadrata in un pro- gramma di IPM che permette una gestione globale e integrata degli organismi infe- stanti (Pinniger et al., 2001; Trematerra, 2012) (fig. 5.1).

La messa a punto di una rete di trappole risulta essere il metodo più idoneo per il con- trollo in continuo degli insetti all’interno delle strutture (Pinniger, 1994) in cui vengono conservati i materiali fotografici. Agendo in tal modo, infatti, risulta possibile:

- catturare l’eventuale entomofauna presente;

- seguire l’attività degli insetti nel tempo e valutare la consistenza delle popolazioni; - individuare i focolai delle infestazioni;

- valutare la distribuzione spaziale delle specie infestanti.

A tale proposito i congegni di cattura in commercio sono di varia tipologia, con forme, meccanismi di richiamo e intrappolamento differenti, e devono essere scelti in funzione degli ambienti nonché delle specie da monitorare (fig. 5.2).

Fig. 5.1 - Rappresentazione schematica dei princi- pali componenti dell’Integrated Pest Management

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Di seguito vengono presentati i principali tipi di trappole entomologiche utilizzabili dando particolare rilievo a quelle adesive prive di attrattivi (che sono tra le più ricor- renti e adatte per monitoraggi generalizzati in ambiente di conservazione di materiali archivistici e librari). È fondamentale che l’esame analitico del contenuto delle trappole venga affidato ad esperti nel settore entomologico.

Le trappole alimentari per “insetti striscianti” vengono innescate con sostanze partico- larmente appetibili che riescono a stimolare la curiosità di numerose specie infestanti: soprattutto Blattoidei e più raramente Coleotteri, Psocotteri e larve di Lepidotteri. La cattura avviene attirando e trattenendo gli esemplari direttamente nell’esca alimen- tare, oppure invischiandoli su superfici collose o in oli alimentari. Talvolta l’azione at- trattiva delle trappole viene potenziata mediante l’aggiunta di feromoni sintetici. Le trappole alimentari per “insetti volatori” sono invece utilizzate generalmente per il mo- nitoraggio di Ditteri (mosche, mosconi e moscerini), ma anche per gli adulti di coleotteri o di lepidotteri. Gli insetti vengono adescati con sostanze alimentari e gli esemplari re- stano bloccati come per le trappole per insetti striscianti. Anche l’azione attrattiva di questo tipo di trappole può essere potenziata con inneschi contenenti feromoni di sin- tesi.

Per quanto riguarda le trappole a feromoni si ricorre al potere di richiamo di alcuni composti chimici di sintesi che riproducono l’azione adescante di sostanze naturali emesse dagli insetti con effetto su altri membri della stessa specie. In natura ne esi- stono diverse tipologie; da un punto di vista applicativo, i feromoni commerciali che trovano maggiore impiego riproducono essenzialmente i feromoni sessuali e quelli di aggregazione. Nel primo caso si tratta di sostanze contenute nei richiami volatili pro- dotti di solito dalle femmine al fine di attirare i maschi per l’accoppiamento. Tali fero- moni sono basilari nella biologia delle specie i cui individui adulti vivono per breve tempo (a volte addirittura senza alimentarsi) come ad esempio avviene nei Lepidotteri e nei Coleotteri Anobidi. Gli attrattivi sessuali in commercio nella gran parte dei casi sono specifici e attirano esclusivamente i maschi target, hanno un raggio d’azione ab- bastanza ampio e le trappole possono essere posizionate distanti tra loro anche 10-15 m (Trematerra, 2012). I feromoni sintetici di aggregazione, invece, riproducono i messaggi che servono per attirare individui conspecifici generalmente verso una risorsa alimen- tare. Di solito sono prodotti da insetti che allo stadio di adulto vivono e si riproducono per un periodo prolungato di tempo, come ad esempio i Blattoidei e numerosi Coleot- teri. In questo caso le trappole in commercio attirano sia i maschi sia le femmine, ma hanno un raggio d’azione più contenuto rispetto agli attrattivi sessuali; per tale motivo i congegni andrebbero installati ad una interdistanza massima di circa 5 m.

La geometria delle trappole può essere molto varia, a seconda dell’infestante e degli ambienti da monitorare (ad esempio a forma di pagoda, a delta, ad imbuto, a pannello). I feromoni vengono rilasciati lentamente mediante dispenser in polietilene (oppure al- tro materiale) o tramite supporti in gomma. In alcuni tipi di trappole, determinati fe- romoni possono essere abbinati ad attrattivi alimentari per sfruttare l’effetto sinergico delle diverse fonti. È da considerare, comunque, che i feromoni sono piuttosto costosi e non sempre disponibili in commercio per tutte le specie che possono frequentare gli ambienti di conservazione dei beni. Tuttavia tale tipo di trappole è particolarmente in- dicato qualora si rendesse necessario un monitoraggio approfondito per una determi- nata entità o, ad esempio, per controllare gli esiti di un intervento di disinfestazione (Pinniger et al., 2001). La specificità e i costi di questo tipo di congegni ne limitano l’impiego e li rendono meno utilizzabili per attività di monitoraggio ad ampio spettro. L’attività delle trappole luminose si basa sul potere di attrazione di determinate lun- ghezze d’onda (come ad esempio quelle appartenenti all’ultravioletto, al blu o al verde) su numerose specie di Ditteri, Lepidotteri, Coleotteri ecc. (Belmain et al., 2000).

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Moltissimi insetti volatori sono fototropici positivi e rispondono significativamente a tali stimoli luminosi anche a distanze di 6-7 m (Florian, 1997).

In termini generali sarebbe opportuno posizionare le trappole ad un’altezza di circa 2,5 m da terra, evitando di collocarle vicino a porte o finestre per non favorire accessi dall’esterno al momento dell’apertura delle stesse; inoltre è importante impedire per quanto possibile la competizione delle trappole con altre fonti di luce sistemandole lon- tano da correnti d’aria che potrebbero condizionare gli spostamenti degli insetti vola- tori. Nel valutare l’uso di questo tipo di trappole vanno considerati i rischi legati alla sicurezza e la possibilità che attirino i biodeteriogeni verso il materiale conservato. Non è consigliabile utilizzare le trappole luminose negli ambienti di conservazione poiché il loro sistema elettrico può rappresentare un pericolo di incendio (ma sul mercato si tro- vano anche trappole alimentate con batterie ricaricabili) e le radiazioni elettromagneti- che (in particolare gli ultravioletti) prodotte possono costituire fonte di danno ai mate- riali conservati. In ogni caso andrebbero evitate le trappole munite di griglia elettrica e invece preferite quelle con pannelli collanti su cui gli esemplari restano invischiati, avendo, in ogni caso, l’accortezza di posizionarle a distanza adeguata dai beni da salva- guardare.

Le trappole cromotropiche sfruttano il potere di attrazione di determinati colori bril- lanti (soprattutto il giallo) nei confronti di varie specie di insetti (vedi capitolo 3). Sono di solito costituite da pannelli di plastica, ricoperti con una sostanza collante; conside- rando i biodeteriogeni presenti in ambienti di conservazione tali trappole non risultano particolarmente utili.

Le trappole adesive prive di attrattivi sono realizzate in cartoncino e hanno una super- ficie collosa su cui rimangono attaccati gli insetti che vi si posano. Come già accennato, queste trappole sono di gran lunga le più utilizzate in ambienti archivistici e librari in quanto risultano efficaci, ad ampio spettro e allo stesso tempo sicure e poco costose. Se ne impiegano generalmente di due tipi: quelle per insetti striscianti e quelle per insetti volatori (fig. 5.3) (Cesareo et al., 2006). Le trappole a pannello orizzontale per stri- scianti vengono posizionate a terra, sugli arredi, su contenitori di beni conservati ecc.; sono indicate per catturare gli individui atteri e gli stadi giovanili atteri di quelli alati, ma possono anche catturare insetti volatori (se pur in modo molto meno efficace ri- spetto a quelle verticali). Le trappole a pannello verticale per insetti volatori, partico- larmente idonee in ambienti confinati, vengono preferibilmente collocate in prossimità di fonti luminose quali finestre o lampade in modo da sfruttare l’effetto attrattivo eser- citato dalla luce verso alcuni tipi di insetti (fototropismo positivo).

Fig. 5.3 - Trappola adesiva, chiusa ed aperta, priva di attrattivi per insetti volatori, realizzata per il monitoraggio in ambienti archivistici, permette

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Tab. 5.1 - Utilizzo di trappole adesive per insetti striscianti e volatori