• Non ci sono risultati.

Copia, abbozzo o ricordo? Una lezione di filologia visiva da un vecchio articolo di Sir Charles Holmes

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 78-85)

1.8 La Trinità e le sue “immagini satellite”: radiografia, disegno, incisione

1.8.1 Copia, abbozzo o ricordo? Una lezione di filologia visiva da un vecchio articolo di Sir Charles Holmes

Nel febbraio del 1927, Charles Holmes scriveva nel Burlington

Maga-zine224 a proposito di un dipinto che la National Gallery di Londra aveva recentemente acquisito dalla collezione di Samuel Rogers (fig. 14)225: una versione preparatoria, scrive, della Trinità.

Holmes, poliedrico e raffinato conoscitore dell’arte italiana del Rinasci-mento, nel suo articolo difende la paternità tizianesca di questa tela, contro il giudizio di Crowe e Cavalcaselle226, secondo i quali si trattava, senza ombra di dubbio, di una copia, peraltro di datazione incerta e probabilmente tarda. Ragioni stilistiche e storiche hanno portato la cri-tica successiva ad accettare l’ipotesi dei due studiosi di Tiziano, e a bollare la lettura di Sir Holmes, e chi prima di lui, come strumentale, per diversi motivi: si tratta di un dipinto forse troppo piccolo rispetto all’originale (1,31 x 1 m, contro i 3,46 x 2,40 della Trinità del Prado), di scarsa qualità, che certamente ha colori sporchi e “melmosi”227; so-prattutto, c’è il sospetto legittimo che Holmes, che dirigeva in quegli anni il museo londinese, avesse tutte le ragioni di convenienza per ri-conoscere la mano del maestro nella sua recente acquisizione. Il di-pinto è ora conservato nel deposito della National Gallery, come copia anonima da Tiziano, probabilmente tardo seicentesca.

studi. Rimando all’articolo di MANCINI, 2008 e alla recente monografia di LÜDEMANN, 2016.

224 HOLMES, 1927. Menziona questo tema PANOFSKY, 1969, p. 63 (nota 17).

225 N° inv. NG4222. Il dipinto è conservato nel deposito della National Gallery di Londra: ringrazio Matthias Wivel per la risposta alla mia richiesta di poter vedere di persona l’opera. La riproduzione è disponibile nel sito della NG:

<https://www.nationalgallery.org.uk/paintings/after-titian-the-trinity-la-gloria>, consultato il 23 dicembre 2016.

226 CROWE, CAVALCASELLE, 1877, II, p. 237.

227 HOLMES, 1927, p. 53 scrive che il dipinto era coperto da una “thick dirty varnish”.

La questione parrebbe quindi ampiamente risolta, eppure rileggendo senza pregiudizi quel vecchio articolo di Holmes e confrontando ogni singola argomentazione con le tre immagini di riferimento - l’originale del Prado(fig. 1), la presunta copia di Londra(fig. 14), e l’incisione di Cornelis Cort(fig. 12) – e comparando le sue deduzioni con quanto oggi visibile dalla radiografia (fig. 13), vien da chiedersi se il conto sia stato veramente chiuso; anzitutto, perché Holmes fu il primo ad aver dedotto correttamente, proprio sulla base dell’esistenza di quest’opera, che le varianti iconologiche dell’incisione fossero precedenti, e non succes-sive, all’orginale, nonostante la stampa di Cort risalga al 1566 e la

Tri-nità al 1551-54.

Holmes non dubitava dell’autorevolezza dell’expertise di Crowe e Ca-valcaselle, ma si limitava a rilevare nei pentimenti quanto prima di quel momento era impossibile vedere con chiarezza. Solo dopo la pulizia che seguì l'acquisizione della pittura da parte de museo londinese, era stato infatti possibile disporre dell’immagine “liberata” dagli accumuli di ver-nice sporca che ne limitavano la lettura. Le ragioni dell’autore, secondo cui era stato il cattivo stato di conservazione del dipinto ad indurre i due studiosi ad escludere l’autografia tizianesca, sembrerebbero in ef-fetti reggere il confronto tra le figure. Ripercorriamo quindi la lettura comparata dei pentimenti nelle tre immagini, così come indicati nell’ar-ticolo del Burlington Magazine, invitando a partecipare, con sguardo attento e mente sgombra, all’esemplare lezione di filologia visiva di Sir Charles Holmes.

Il primo dettaglio tra quelli presi in esame si trova nella Trinità, nella parte superiore centrale del dipinto (fig. 3), rappresentata secondo lo schema medievale di Padre e Figlio in trono – in questo caso un trono di angeli – separati dalla colomba dello spirito. Nell’attributo del globo di Cristo, seduto alla destra del Padre (quindi a sinistra, per l'osserva-tore) è ravvisabile il primo pentimento indicato dall’autore: se

nell’inci-sione il globo poggia sul ginocchio destro (fig. 12), nella vernell’inci-sione defi-nitiva del Prado, poggia invece sul ginocchio sinistro (fig. 3). Nel dipinto della National Gallery, è stato dipinto prima sul ginocchio destro e poi spostato sul sinistro, in modo tanto evidente, scrive Holmes, che sem-bra che i globi siano due (fig. 16).

Il secondo pentimento si trova nella figura femminile in primo piano, nella parte inferiore destra del dipinto, che Holmes identifica come Maddalena228, e che rivolge lo sguardo e il gesto verso Dio Padre. Nell’incisione di Cort sfiora con la mano destra la veste di Carlo V (fig. 12), in ginocchio nella parte in alto a destra, mentre nella versione de-finitiva viene spostata leggermente a sinistra (fig. 57), perfezionando la chiarezza compositiva. Anche in questo caso, nel dipinto della National Gallery è visibile lo slittamento da destra a sinistra, tanto che la mano «appears to have six or more fingers»229 (fig. 17).

Con questa sequenza chiara nella mente, risulteranno più comprensi-bili gli altri pentimenti, proposti da Holmes come indizi coerenti che porterebbero alla decodificazione di uno stesso processo esecutivo. Ne riscontra un altro nel dettaglio dell’angelo che supporta e abbraccia la figura di Isabella, l’imperatrice morta anni prima, nel 1539. Nell’inci-sione di Cort (fig. 12), come nel dipinto della National Gallery (fig. 18) e diversamente dalla versione definitiva del Prado (fig. 23), lo sguardo dell’angelo è rivolto verso l’imperatrice, rivelando nell’intimità della prossemica la sua funzione originale di attributo distintivo della de-funta dai viventi.

Osservando la radiografia del dipinto del Prado (fig. 13), parrebbe in effetti ravvisabile un’ulteriore prova della legittimità dell’interpreta-zione di Holmes su questo punto, poiché anche sotto lo strato pittorico

228 HOLMES, 1927, p. 53.

della Trinità è visibile il pentimento sulla posizione del volto. Simil-mente a quanto descritto per il globo di Cristo e le dita della figura femminile di spalle, la bocca dell’angelo sembra raddoppiata sulla de-stra, a testimonianza di uno spostamento del volto verso sinistra. Altra riprova del medesimo processo pare infine riscontrabile nel per-sonaggio barbuto collocato nella parte intermedia, nel lato destro del dipinto, che abbiamo visto corrispondere, secondo Panofsky e altri, al ritratto di Francisco de Vargas. Abbiamo notato che nell’incisione lo stesso personaggio, indicato da Holmes come Lazzaro o Giobbe, ma la cui identificazione iconografica resta incerta, ha una fisionomia evi-dentemente diversa (fig. 36), come distinte sono anche la posizione e la caratterizzazione fisionomica.

Anche in quest’ultimo caso Holmes sembra aver visto anzitempo ciò che oggi possiamo confermare grazie ad immagini ad alta definizione e radiografie: con un semplice zoom sul dettaglio nella foto del dipinto della National Gallery (fig. 20)230, possiamo osservare come siano visi-bili entrambe le figure contemporaneamente. Il primo volto di profilo, meno visibile perché corrispondente ad un primo stadio, appare nella stessa posizione in cui si trova nell’incisione, impegnato nella conver-sazione con Tiziano; l’altro, corrispondente all’ultimo stadio, parrebbe qui appena abbozzato ed è riconoscibile come tale per analogia con l’originale, nell’atto di volgere lo sguardo all’apparizione della Trinità. Nella radiografia, nel medesimo punto, appare lo stesso “personaggio bicefalo”, che non è altro che la traccia del pentimento del pittore, do-vuto forse alla richiesta di Vargas di essere ritratto nel dipinto e quindi alla necessità di un aggiustamento. Aveva quindi ragione Holmes? Se così fosse, potremmo allora considerare il ritratto attualmente visibile nell’originale del Prado come l’effettivo ritratto di Vargas.

La corrispondenza tra le due immagini in questo punto è così evidente, che parrebbe che il nostro copista abbia dedotto la sua “sintesi”, più che da un adattamento dall’incisione all’originale, direttamente dalla radiografia: cosa impossibile, evidentemente, quanto invece pare pro-babile, da questi confronti, che il piccolo e malmesso dipinto possa corrispondere, come sosteneva Holmes, ad un bozzetto intermedio tra il disegno preparatorio da cui è tratta l’incisione e la versione definitiva del Prado.

La sequenza delle scelte di Tiziano nel processo di ideazione e defini-zione dell’iconografia della Trinità sembra ripercorribile nelle tre imma-gini e nella radiografia con chiarezza: se l’incisione di Cort (o meglio, il disegno preparatorio da cui è tratta) viene certamente prima e il dipinto del Prado è la versione finale, la piccola versione della National Gallery sembrerebbe corrispondere, effettivamente, ad uno stadio intermedio, almeno stando alla sequenza dei pentimenti.

Vi sono contenute una serie di scelte che non sembrano rispondere all’ipotesi secondo cui questo piccolo dipinto sia stato eseguito sulla base dell’incisione e poi corretto di fronte all’originale. È assai curioso, nel confronto con la radiografia, che il nostro copista corregga alcuni dettagli secondari, come la posizione della mano della figura femminile, e ne tralasci altri importanti, come l’angelo che accompagna il ritratto di Isabella; che più che correggere il volto del presunto Vargas, ne studi il modo per trasformare il primo profilo rivolto verso l’autoritratto di Tiziano, nel secondo volto di tre quarti rivolto verso la Trinità, abboz-zandolo. Pare indicativo inoltre che le radiografie abbiano confermato la tesi della peculiare consecutio temporum del rapporto tra originale e incisione, avanzata da Holmes, senza tecnologie, nel 1927. Tale idea poteva certamente sulle prime sollevare perplessità, per il semplice fatto che proporre senza fonti che un’incisione da un dipinto preceda la sua fonte (o le sue fonti) poteva e può risultare un’assurdità. Eppure

essa era destinata ad essere comprovata, successivamente, dalle ra-diografie, che mostrano chiaramente, sotto la superficie pittorica dell’originale noto, come Tiziano avesse inizialmente pensato ad una soluzione iconografica diversa da quella oggi visibile, in certi punti ana-loga a quella dell’incisione. La vocazione di un copista è in genere quella di attenersi, il più possibile, all’originale, come avviene nella co-pia di Antonio de Segura (fig. 22) e nel caso della piccola versione della

Trinità della National Gallery ci sono delle incompatibilità evidenti con

tale scopo.

La comparazione aggiornata dei dati tecnici, iconologici e storico-con-testuali sembrerebbe legittimare l’ipotesi secondo cui il dipinto della National Gallery preceda cronologicamente l’originale. Ciò corrisponde ad accettare, quanto meno, che è del tutto plausibile che si tratti di un

abbozzo eseguito tra il 1551 e il 1554, nel processo di definizione

dell'i-conologia della Trinità per Carlo V, oppure di un ricordo eseguito prima di uno dei tanti momenti in cui Tiziano sembrava a punto d’inviare l’opera.

La distinzione tra le due categorie fu messa a punto da Terisio Pignatti nel 1993, nella descrizione del caso del Diana e Atteone De Conti231: se gli abbozzi sono studi per pitture di dimensioni maggiori che Tiziano era solito tenere per sé nella sua casa a I Biri, i ricordi sono più simili a vere e proprie copie di piccole dimensioni, realizzate per tenere in bottega una memoria veloce dei dipinti inviati all’estero. Ridolfi riporta che Tiziano era solito consentire ai garzoni di eseguire copie dei suoi lavori più importanti, che collezionava e che «da lui ritocche passavano per sua mano». Si potrebbe ipotizzare quindi, per quanto visto, per le dimensioni e per le conferme riscontrate nel confronto con le radiogra-fie della Trinità del Prado, che il dipinto della National Gallery possa

essere un ricordo di bottega realizzato in uno stadio intermedio, riuti-lizzato come abbozzo per mettere a punto le modifiche per la versione definitiva per Carlo V. Ciò non corrisponderebbe affatto a rivendicarne la qualità, ma soprattutto a riscattarne la funzionalità: senza nulla to-gliere al genio Tiziano, si tratterebbe soprattutto di concederci il bene-ficio del dubbio sull’utilità dei pentimenti e sul ruolo della macchina complessa della bottega nei processi esecutivi232.

232 Un altro tema assai vasto della storiografia tizianesca che qui rientra solo marginalmente è quello del rapporto di Tiziano con la bottega. Rimando soprattutto agli studi contenuti in BOTTEGHE TIZIANO, 2009.

Capitolo 2

La Trinità come manifesto visivo della Controriforma: errori e semplificazioni storiche

2.1 Harbison e la Trinità di Tiziano come manifesto della

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 78-85)

Documenti correlati