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Trinità e antitrinitarismo: cenni di storia del dogma 33

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 95-99)

Ciò che Harbison “liquida” in una frase, «the doctrine of the consubstanciality of the first two persons of the Godhead»34, sintetizza con un errore la complessissima dottrina delle relazioni che sta alla base della formulazione agostiniana. Con essa ammutolisce oltre un millennio di dibattiti e di apporti patristici e scolastici sui rapporti tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; sull’origine e la sostanza del Verbo; sul filioque; sul credo; sull’Incarnazione; sull’umanità di Cristo e sulla sua divinità. C’è dietro l’intera questione cristologica, che ha creato una miriade di posizioni, oltre a quella ariana, sulla natura di Cristo; che ha interessato i concili di Nicea, di Costantinopoli, di Calcedonia e altri concili minori; che ha implicato nientemeno che lo Scisma d’Oriente ed Occidente. E da quale altro dibattito se non quello trinitario e cristologico avrebbe origine il controverso tema protestante della

giustificazione, discusso al Concilio di Trento, se non dagli sviluppi di

Lutero sulle riflessioni agostiniane circa la congiunta divinità ed

umanità di Cristo? È la dottrina delle relazioni agostiniana nel suo

nesso con la cristologia che costituisce la precisa ragione dello scontro tra le diverse posizioni in merito alla Trinità che riemergono, non a caso, nel Cinquecento: si ha la netta sensazione, insomma, che la questione sia più complessa35.

33 Ho indagato prima questo tema di fondo soprattutto nella mia tesi di laurea all’Università di Venezia, L’assenza trinitaria. Sant’Agostino, l’Antitrinitarismo e la

Gloria di Tiziano, Venezia, 2013, che costituisce la premessa all’indagine di dottorato

e agli esiti che vengono qui esposti. Questo sotto-capitolo costituisce la sintesi, l’aggiornamento e il riadattamento di quelle prime riflessioni sui nessi storici tra Trinità e Antitrinitarismo alla luce dell’apporto della storia ereticale, dell’Inquisizione e del dogma: vedasi lì, in particolare pp. 6-31.

34 HARBISON, 1967, p. 244.

35 Per un inquadramento su questi temi si veda in primis: BATAILLON, 1937, pp. 243-299.

La Trinità, concetto cardine della Cristianità, così come concepito prima delle formulazioni di S. Agostino, non prevedeva un’annessa

dottrina delle relazioni36. Il tema della consustanzialità, perno della

concezione trinitaria agostiniana, sostenuta dal criterio della relazione, si fondava sull’idea della comune sostanza divina delle tre persone. Essere cristiani prima di Agostino significava credere in una Trinità e in un unico Dio, senza porsi il problema di definire il rapporto tra l’una e l’altra concezione e tra le tre persone divine; dopo, sarebbe equivalso a credere che Dio e Trinità coincidono, e che la fede nell’illogicità di una somma in cui 1+1+1 non fa 3, ma fa sempre 1.

Tale connotazione, senza la quale ci sarebbe oggi assai difficile discutere di Trinità in senso più o meno dogmatico, all’epoca di Agostino era tutt’altro che unanimemente condivisa. Essa tagliava corto sulle dipendenze gerarchiche del Figlio e dello Spirito Santo rispetto al Padre e, con esse, tagliava corto su ciò che anche negli scritti di molti Padri della Chiesa costituiva l’unico modo in cui la nuova fede nella Trinità cristiana non entrasse in contrasto con l’antico credo in un unico Dio. La consustanzialità entrava in conflitto anche, e soprattutto, con la questione dell’umanità di Cristo, centrale per la formazione del cristiano secondo il modello dell’exemplo Christi, giacché prevede che Cristo, in quanto fatto della stessa sostanza di Dio, sia un essere divino37, spiegando la resurrezione ma in qualche modo

36 TURMEL, 1931-1933, p. 21: «On peut étudier collectivement la Trinité à partir de saint Augustin. Avant ce docteur, la seule chose possible est de prendre l'un après l'autre chacun des membres du divin collège et de raconter ses origines». Non sarà necessario, fino a Sant’Agostino, occuparsi della Trinità come compenetrazione tra tre persone divine: l’unità generica non prevedeva una dimostrazione “matematica” o “logica” dei suoi elementi, pertanto il problema principale, prima, fu definire la na-tura di Cristo e dello Spirito Santo, senza discutere sulla dipendenza gerarchica dal Padre, e i rapporti di interconnessione tra i tre.

37 L’affermazione della divinità di Cristo implicita al concetto della consustanzialità è da sempre risultata in conflitto con l’incarnazione, quindi con la tematica cristologica dell’umanità del messia tipica della religione cristiana. Da tale conflitto interno deriva, precisamente, la necessità della sua definizione dogmatica. Il paradosso cristologico

entrando in contrasto nientemeno con la “veridicità” della sua passione e morte come uomo tra gli uomini. Temi evidentemente complessi, che andavano spiegati e formulati dogmaticamente: dopo Sant’Agostino si arrivò a stabilire che Cristo doveva essere congiuntamente umano e

divino, altro tema teologicamente importante da giustificare, senza

incappare nell’idea che il messia cristiano coincidesse con una sorta di semidio greco.

La “divinizzazione” di Cristo apportata da Agostino nel De Trinitate aveva ragioni storiche e pratiche evidenti, per essere assunta a dogma, legate all’autolegittimazione del Cristianesimo. Risolveva da un lato il problema dell’accusa di triteismo implicita alla Trinità, riconducendo le tre persone ad un unico Dio; garantiva, dall’altra, il distinguo tra il Dio cristiano, specificatamente trinitario, e quello giudaico, a cui altrimenti sarebbe stato in qualche modo assoggettato nei secoli, come sua derivazione o “appendice”, scritturale e storica. Con la

consustanzialità il Dio giudaico veniva inglobato nel nuovo credo; senza,

il rapporto gerarchico sarebbe stato diametralmente rovesciato. Nel complesso tema teologico della dottrina delle relazioni è contenuto insomma, se visto da una prospettiva storica, nientemeno che il problema del distinguo tra la Vecchia e la Nuova legge, tra Ebraismo e Cristianesimo.

L’ errore di fondo nello scritto di Harbison viene confermato, oltre che nel suo (pre)concetto di dogma38, anche in quello di eresia: nel

Sermonem Arianorum non vi è la generica negazione di una Trinità di

Padre, Figlio e Spirito Santo, che risulta al contrario oggetto di

si rispecchia in questo senso nel rapporto complementare tra dogmatismo ed eresia (non solo ariana, ma anche monarchista, modalista, unitarista, gnostica) che accompagna la Trinità sin dalle sue prime formulazioni.

38 Sul dogma, l’idea della sua immutabilità storica e al contrario la sua storicizzazione e interpretabilità, vedasi DIZIONARIO T. I., 1985, I-II, pp. 851-870; FRIES, 1979, pp. 361-377.

venerazione, ma l’opposizione al tema della consustanzialità, fondata sull’ argomentazione centrale della distinta condizione di Cristo, uomo tra gli uomini, rispetto a Dio, quindi della sua inferiorità relativa. Ario non negava quindi la Trinità (giacché sarebbe stato come negare Dio), ma rifiutava l’idea che Cristo fosse della stessa essenza divina, non

umana, del Padre.

Lungi dall’esaurirsi nella polemica antiariana, e nella formalizzazione del simbolo niceno-costantinopolitano, il tema trinitario rimase a lungo sospeso negli scontri che abbracciavano l’una o l’altra tesi relativa alle

relazioni tra le persone. La processione dello Spirito Santo dal Figlio,

quale si tramanda nella liturgia cattolica del Credo, portava con sé la celebre disputa sul filioque, su cui la Chiesa ortodossa prese le distanze dalla Chiesa latina, nel processo di separazione del Grande Scisma del 1054.

Nel Cinquecento ciò che conosciamo come antitrinitarismo39 (bollato come tale, ma che non costituisce mai, come potremmo pensare, ad una negazione tout court della Trinità) è indissolubilmente legato al tema dell’umanità di Cristo. Esso torna in auge soprattutto grazie al processo di ridefinizione filologica, prima che dottrinale e dogmatica, a cui furono sottoposte le Sacre Scritture nel corso dell’ondata riformistica, e non necessariamente e solo dal versante Protestante, che sulla questione trinitaria condivideva per lo più la “soluzione” agostiniana. Indipendentemente dalla maggiore o minore strumentalizzazione delle dispute dottrinali nella definizione politica di nuovi assetti, ciò che interessa qui ricordare è che se nel cristianesimo alto medievale era comunemente accettata, diffusa e condivisa l’idea di una Trinità generica, il tema dei singoli rapporti tra le parti era al contrario tutt’altro che risolto; e se la questione trinitaria non viene

risolta all’epoca di Agostino, essa non lo è, men che meno, all’epoca di Tiziano e della Trinità per Carlo V, in cui al contrario questo tema torna ad essere oggetto di discussione.

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 95-99)

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