• Non ci sono risultati.

Una Trinità tra Vecchio e Nuovo Testamento: analisi dell’immagine

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 62-74)

Inizieremo l’analisi dell’immagine (fig. 1) 176 , coerentemente alla centralità e ricorrenza rilevata nei titoli coevi dell’opera, dal dettaglio con la Trinità (fig. 3), che svetta, nella parte superiore. Assai peculiare è la scelta (del pittore, del committente o di chi per loro sarà un’ipotesi che affronteremo più in là) di rappresentarla attraverso la tipologia detta “del Salterio”177. In questo schema, di cui riporto alcuni esempi in appendice (figg. 74-77), compaiono le tre persone della Trinità, di cui due, il Padre e il Figlio, sono figure antropomorfe, mentre lo Spirito Santo, nel mezzo, appare in forma di colomba. Le persone del Padre e del Figlio sono spesso simili tra loro, ma distinguibili anzitutto dalla posizione: il Figlio è sempre seduto alla destra del Padre, come da indicazione del Salmo 109, che in molti casi accompagna quest’immagine nelle bibbie illustrate178.

Le due figure sono talvolta identiche tra loro (fig. 77); in altri casi solo il Padre presenta l’attributo del globo (fig. 76), oppure vengono differenziate più chiaramente attraverso la caratterizzazione del Padre come più vecchio del Figlio (figg. 74-75). Tiziano adotta quest’ultima soluzione: Cristo, seconda persona della Trinità (fig. 4) è caratterizzata come più giovane della prima, Dio Padre (fig. 5), grazie anche alla barba

176 Il confronto, per la lettura iconologica, con le interpretazioni dell’opera in auge riguardano in particolare: CROWE, CAVALCASELLE, 1877, pp. 234-236; BRAUNFELS, 1954, pp. XXXII-XXXIII; HARBISON, 1967; PANOFSKY, 2009 (1969), pp. 65-74; WETHEY, 1969-1975, II, pp. 165-167, n°149; CHECA 1994, pp. 60-67; CORDONE, 1999; BIERWIRTH, 2002, pp. 30-80; CHECA, 2005, pp. 116-118; FINALDI, 2005; CHECA, 2007; MANCINI, 2007, pp. 164-166; BOESPFLUG, 2012, pp. 297-298; GENTILI, 2012, pp. 274-278; CHECA, 2013, pp. 303-326.

177 Su questa tipologia si veda BOESPFLUG, 2012, pp. 178-186 e 297-298. Come riporta l’autore, «uno studio completo della diffusione della Trinità del Salterio non è ancora stato realizzato, così come non esiste un repertorio sistematico delle immagini corrispondenti» (p. 178). Cfr. con: RÉAU, 1955 -1959, v. 4, pp. 42-52;

più corta. Tra loro, domina la scena un triangolo luminoso da cui emerge per contrasto la sagoma della colomba dello Spirito Santo, più suggerita che dipinta, riconoscibile per il leggero contrasto cromatico che la fa risaltare dal fondo chiaro (fig. 73).

Seguendo la sintesi grafica del dipinto qui proposta (fig. 2), potremo facilmente osservare che esiste nella costruzione complessiva dell’immagine uno schema di diagonali, che tracciamo idealmente tra i vertici opposti della tela, e un gioco di piani, che useremo come linee guida.

Partendo dal basso, l’orizzonte del paesaggio si trova appena sotto il piede di uno dei protagonisti di questo dipinto, Noè, facilmente riconoscibile dall’arca dell’alleanza, sormontata da una colomba con l’ulivo della pace, che solleva verso la Trinità (fig. 61). Questo piede tocca il punto più basso, realmente e simbolicamente più vicino alla terra (fig. 62). Osserviamo quindi, anzitutto, due “dimensioni” nell’immagine: quella di in uno spazio altro, paradisiaco (da cui l’accezione al quadro anche come Paradiso o Gloria), in cui si collocano i personaggi che popolano l’immagine, e quella di un piano tutto terreno, collocato nell’estremità inferiore, in cui è possibile distinguere tre piccolissime figure (fig. 64), non ben identificate, ma per lo più riconosciute come figure di viaggiatori colpiti dalla visione celeste. Sulla scorta della lettura controriformista di Harbison179, su cui torneremo, la scena è stata talvolta riconosciuta come una citazione del soggetto della pala tizianesca perduta col Martirio di San Pietro da

Verona, di cui abbiamo testimonianza grazie all’incisione di Martino

Rota (fig. 63) e alcune copie180.

Salendo nella ricostruzione grafica (fig. 2) verso il Dio uno e trino, riconosciamo l’esistenza di un secondo piano o livello, fino circa alla

179 HARBISON, 1967.

metà dell’altezza dell’opera. In questo piano Tiziano colloca, nell’idea di una visione dal basso verso l’alto, i personaggi di dimensioni maggiori in assoluto, nonché gli unici chiaramente accompagnati da attributi che ne consentano il riconoscimento. A destra David, vestito col manto d’ermellino blu (fig. 47), è riconoscibile soprattutto dalla cetra che stringe nella mano sinistra e che sembra suonare o accordare con la destra (fig. 46). Su questa cetra, o salterio, vale la pena di soffermare l’attenzione, proprio per il nesso, tanto evidente quanto puntualmente trascurato, con la tipologia iconologica di Trinità scelta, appunto, “del Salterio”. David è l’autore di molti dei salmi penitenziali, tra cui il Salmo 109 del Figlio seduto alla destra del Padre, da cui dipende la Trinità che svetta nella parte superiore dell'immagine. Si tratta di un collegamento fondamentale, su cui torneremo nel quarto capitolo, che riconosciamo per ora e più chiaramente, per la prima volta, sia sul piano visivo (si noti ad esempio la scelta non casuale di raccordo tra il blu delle vesti del Padre, del Figlio e di Maria e della veste d’ermellino di David), sia sul piano contenutistico e iconologico (nel nesso tra la scelta di una Trinità “del salterio” e la figura e la funzione di David). Al centro torniamo a soffermarci su Noè (fig. 61), che sembra quasi appoggiarsi alla vicina figura, connotata come Mosè. È chiaramente riconoscibile dalla tavola della legge che regge sulla sua gamba sinistra e la seconda che afferra con la mano destra, in uno sbilanciamento (fig. 65) che ha fatto supporre un debito iconografico col Gallo caduto181. Il suo luminosissimo profilo (fig. 67) viene connotato dalle caratteristiche “corna” di luce che connotano questo personaggio, come anche, ad esempio, il Mosè michelangiolesco di San Pietro in Vincoli (fig. 67)182. Assai peculiare è il fatto che egli regga una delle due tavole dividendola

181 PANOFSKY, 1969, p. 65.

182 Ringrazio Isidro Bango Torviso per avermi fatto notare in un colloquio questo importante dettaglio iconologico.

col personaggio con turbante (fig. 68) nell’estremità sinistra, che sormonta un’aquila e che regge il cartiglio con la firma di Tiziano (fig. 69). È stato lungamente dibattuto se si tratti di Ezechiele, come da suggerimento di Panofsky183, o di San Giovanni Evangelista. La presenza di Ezechiele in questo punto era stata proposta dall’iconologo tedesco sulla base di una maggiore coerenza al resto dei personaggi “sovradimensionati”, per lo più chiaramente veterotestamentari, e il riconoscimento dell'aquila (Ezechiele, 17:3), del rotolo (Ezechiele, 2:8) e soprattutto del turbante come possibili attributi del profeta; altri, da ultimo Bierwirth, hanno invece proposto di attenersi alla chiarezza dell’associazione dell’aquila con Giovanni Evangelista184.

Ancora più dubbia è l’identificazione dell’ultima figura di grandi dimensioni in questo livello, la donna inginocchiata di spalle e vestita di verde, accanto a David, la cui peculiarità è certamente il gesto con cui si spinge verso l’alto, allungando il braccio destro (fig. 57). Si tratta della figura che Sigüenza definiva la donzella hermosa, e che riconosceva come personificazione della Chiesa185, ma per cui sono

183 PANOFSKY, 1969, p. 65. Questa lettura è stata confermata recentemente anche da GENTILI, 2012, p. 274.

184 BIERWIRTH, 2002, pp. 36-48 dedica ampio spazio alla questione, sostenendo che l’aquila, in ogni caso, non compare mai come attributo di Ezechiele e che l’associazione al profeta è quindi infondata.

185 Da SIGÜENZA, 1605, deriva anche la lettura settecentesca della figura come Chiesa di Acisclo Antonio Palomino (1655-1726), autore del trattato El museo

pictórico y escala óptica (1715-1724), di cui esistono vari esemplari conservati al

Museo del Prado e nella BNE (uno anche in BDH < http://bdh-rd.bne.es/viewer.vm?id=0000047461&page=1 >, consultato il 23 dicembre 2016. Per il passaggio sulla Trinità tizianesca, PALOMINO (Ceán y Bermúdez), 1988, p. 68: «En el Real Monasterio de San Lorenzo del Escorial hay también muchas, y en especial aquel célebre cuadro de la Gloria, que está en la Aulica, y es como de tres varas de alto, y dos de ancho, y en él está la Trinidad Santísima, y la Virgen a la mano derecha, algo más abajo, y en medio del cuadro la Iglesia en figura de doncella hermosa, que está ofreciendo a Dios los héroes del Viejo, y del Nuevo Testamento, y entre ellos muchos de la imperial Casa de Austria [...]». Un più tardo riconoscimento della figura femminile in primo piano come Chiesa compare anche nella lettura di VON EINEM, 1960, p. 30.

state proposte altre identificazioni: Maria Maddalena186 o Sibilla Eritrea187. Accanto a lei, pur meno visibile, rientra in questo gruppo, per dimensioni e posizione, anche il personaggio sulla destra, sopra David, l’unico che distoglie lo sguardo dalla visione trinitaria: la mancanza di attributi non consente un’identificazione, ma è stata proposta una possibile attinenza di Daniele188.

Sulla sinistra invece, alla stessa altezza, ma chiaramente di dimensioni più piccole, un anziano barbuto è intento nella lettura di un testo sacro: anche in questo caso, l’identificazione non è supportata dalla presenza di attributi chiari. Per la sua fisionomia e, soprattutto, per la vicinanza di Carlo V all’ordine girolamino, che determinerà la sua scelta di Yuste per il ritiro contemplativo nei suoi ultimi anni, è stato proposto il suo riconoscimento come San Girolamo189.

Prima di passare al livello successivo, si dovrà evidenziare un altro elemento in primo piano nell’immagine: la convergenza degli assi diagonali e della linea mediana dell’opera sull’arca dell’alleanza e la colomba dello Spirito Santo (fig. 2). Nei termini della logica essenziale dell’immagine delineata nella sintesi grafica, pare evidente che l’intera struttura dell’opera porti l’osservatore a percorrere con lo sguardo una

186 CROWE, CAVALCASELLE, 1877, pp. 235 (con un punto interrogativo accanto all’identificazione come Maddalena); WETHEY, 1969-1975, II, p. 165; BIERWIRTH, 2002, pp. 54-59.

187 HARBISON, 1967, p. 245; PANOFSKY, 1969, p. 65; CHECA, 1994, p. 63; GENTILI, 2012, p. 215; CHECA 2013, p. 315.

188 GENTILI, 2012, p. 276.

189 BIERWIRTH, 2002, p. 46; CHECA, 2013, p. 316. Quest’ultimo dà di questa presenza una lettura controriformistica: «Inmediatamente por encima de las manos juntas de Mosés e San Juan, es fácilmente identificable San Jerónimo. Nada más sencillo que explicar su presencia. Los jerónimos eran la orden que regentaba el convento de Yuste; el padre de la Iglesia es, junto a San Agustín, el que en mayor medida contribuyó a asentar la ortodoxia en los primeros tiempos, y su versión latina, Vulgatam fue adoptada como oficial por la misma Iglesia. Es muy natural, por tanto, su aparición en este momento de discusión entre protestantes y romanos, y que lo haga situándose encima de las figuras, unidas por las manos, de Moisés (Ley Antigua y Antiguo Testamento), que confluyen en la ortodoxa Vulgata de San Jerónimo».

traiettoria dal basso verso l’alto, e a focalizzarsi, nel centro geometrico pressoché esatto della scena, sulla bianca colomba di pace sorretta dall’arca e da Noè. Tale centralità è confermata inoltre dal chiaro parallelismo (compositivo, prima che iconologico) tra questa colomba, bianca e “reale” (fig. 118) e quella, “incolore” o “indipinta”, “assente” e simbolica che svetta in alto in asse, giusto sopra alla prima (fig. 114). Una conferma di quest’analisi compositiva e figurativa e della centralità del rapporto tra le due colombe, quella «dello Spirito» e quella «dell’alleanza», mi pare riscontrabile anche dal confronto tra i due dettagli nel dipinto e nell’incisione di Cornelis Cort (figg. 116-117), realizzata oltre dieci anni dopo, in cui pare tutt’altro che casuale la scelta di eliminare la colomba reale che prima poggiava sull’arca, facendola ora svettare in alto, tra Padre e Figlio, in tutta la sua corporalità. Nel quadro riconosciamo: la posizione perfettamente centrale e l'asse simmetrico tra le due colombe, la contrapposizione tra la resa dettagliata dell’una e la stilizzazione dell’altra; nell’incisione: la scomparsa della colomba sull’arca e, contemporaneamente, la definizione della colomba dello Spirito come unica, centrale e verosimile.

Nel livello successivo, dopo il primo del paesaggio terreno (fig. 64) e quello successivo con i grandi profeti veterotestamentari (fig. 34), possiamo distinguere chiaramente, per funzione e caratterizzazione, il gruppo di destra da quello di sinistra. Superato l’asse centrale su cui svetta la colomba (fig. 2), si apre anche lo scorcio di cielo in cui un’imponente nube segna contemporaneamente la distanza e il collegamento del gruppo trinitario con altri personaggi: più in alto tra tutte, sulla sinistra, è collocata la figura di Maria (fig. 7). Coperta da una lunga veste che le copre il capo dello stesso blu del Padre e del Figlio, è ad essi direttamente collegata, come mediatrice del regno dei

cieli190. Maria non guarda alla Trinità, ma ne sembra, piuttosto, una parte, come rievocato simbolicamente dalla scelta di risaltarne la figura con gli stessi colori usati per le due figure antropomorfe del gruppo trinitario.

Accanto a lei, leggermente più in basso sulla sinistra, è riconoscibile San Giovanni Battista191 (fig. 6), più per la posizione che per la presenza di attributi, giacché non indossa la pelliccia che normalmente lo caratterizza, sostituita da una tunica bianca che gli copre la parte inferiore del corpo. Il Battista in piedi o in ginocchio in contemplazione della Trinità allarga le braccia verso il basso, con il palmo della mano destra aperto, come nell’atto di accogliere la luce divina emanata dal Dio uno e trino. È questo un gesto d’apertura che apre la via a Maria: la sua coerenza in questo punto pare evidente, come «ultimo profeta del vecchio mondo e primo del nuovo»192.

Non sono riconoscibili altrettanto facilmente, invece, i personaggi più in basso rispetto al Battista rappresentati in questo gruppo (fig. 70): nell’estremità sinistra riconosciamo un martire, che ostenta la palma del martirio, non meglio identificabile; accanto a lui, ripete il gesto con le braccia tese il personaggio con il turbante a torso nudo. Assai diverso è l’atteggiamento degli altri due: quello seduto, coperto in parte da una tunica bianca e giallo ocra, che poggia la testa sul braccio sinistro, lasciandosi cadere su una lunga tavola; e, dietro di lui, il personaggio barbuto che sembra osservare il martire, aprendo il suo braccio sinistro quasi a impedire il passaggio oltre, creando una cesura visiva tra il piano in cui si collocano Maria e il Battista e quella in cui si

190 Su questa funzione d’intermediazione e intercessione concordano pressoché tutti gli studiosi, sin dal pionieristico studio su Tiziano di CROWE, CAVALCASELLE, 1877, pp. 234-235.

191 Questa indicazione non compare in CROWE, CAVALCASELLE, 1877, pp. 234-236, ma è condivisa da molti autori: si vedano, tra gli altri citati, BIERWIRTH, 2002, p. 50; GENTILI, 2012, p. 276; CHECA, 2013, p. 313.

trovano il martire e i santi. In questo gruppo dovremmo osservare anche, lì accanto, la figura ritagliata nell’estremità sinistra, a mani giunte, di cui emerge il timido profilo. Il primo personaggio non ha attributi ma viene definito visivamente come melanconico, e potrebbe quindi plausibilmente essere riconosciuto come Geremia, qualora si confrontasse la caratterizzazione del profeta nel Giudizio sistino (fig. 72)193. Il secondo, per lo stesso motivo, potrebbe coincidere forse con Isaia (fig. 71)194.

Spicca sul lato destro, parallelo a questo gruppo, la fisionomia del personaggio di profilo, che viene da tempo riconosciuto, senza dubbio, come un autoritratto di Tiziano (fig. 38). Seminudo, coperto solo da una bianca tunica, il pittore si ritrae nelle vesti del penitente spoglio, inginocchiato in adorazione della Trinità. Sorprende, nel confronto con l’incisione, l’opposta caratterizzazione di Tiziano, qui riccamente vestito (fig. 36).

Un discorso a parte merita la figura a lui vicina, che a partire dalla proposta di Crowe e Cavalcaselle195 viene spesso riconosciuta come il plausibile ritratto di Francisco de Vargas (fig. 35), l’ambasciatore che fece da tramite per l’esecuzione e la consegna di questo dipinto196. La presenza di Vargas nella Trinità dipende dal fatto che egli chiese a Tiziano di inserirvi la propria effige, come testimoniato dalla lettera autografa del pittore a Carlo V del 10 settembre 1554(doc. 15). Un’altra

193 Questa osservazione coincide con la proposta di GENTILI, 2012, p. 215, che pare più convincente di quella di BIERWIRTH, 2002, p. 48, che riconosce solo genericamente in questa figura un profeta tra i quattro maggiori e ipotizza senza troppi argomenti che si potrebbe pensare al primo, Isaia.

194Lo propone GENTILI, 2012, p. 215 e seppur non esplicito credo che tale riconoscimento sia dovuto al confronto con i profeti sistini.

195 CROWE, CAVALCASELLE, 1877, II, p. 232.

ipotesi, proposta da Wethey197 e ripresa recentemente198, è che il ritratto dell’ambasciatore sia riconoscibile nel volto dell’uomo con la barba scura rivolto verso di noi nel lato sinistro, accanto a Maria (fig. 70). Il personaggio vicino a Tiziano – Giobbe, secondo Von Einem, Cloulas e Panofsky199 - sarebbe invece riconoscibile quindi, secondo Wethey, come Adamo200, associato alla vicina figura femminile, proposta come Eva. In questo Giobbe/Adamo sarebbe riconoscibile invece, secondo alcuni, un altro ritratto: quello di Pietro Aretino201. Dato che non esistono ritratti di Francisco Vargas che consentano un’identificazione, è plausibile anche che il ritratto originale nel dipinto sia stato coperto202. Egli potrebbe essere riconoscibile, quindi, nelle sembianze del personaggio di profilo, nella medesima posizione, che compare nell’incisione di Cornelis Cort (fig. 36) e che fu probabilmente eseguito in una fase precedente rispetto alla versione definitiva del quadro, come si può osservare nel confronto con la radiografia (fig. 19)203, in cui compare un profilo del tutto simile. Dai confronti, la proposta che mi sembra più plausibileè quella di Von Einem, secondo la quale il ritratto di Francisco de Vargas è quello coperto, in corrispondenza della figura dipinta accanto a Tiziano. L’ipotesi comunque resta tale, per la mancanza di confronti. Mi sembra invece improbabile che in questo personaggio sia riconoscibile Pietro Aretino,

197 WETHEY, 1969-1975, II, p. 206, n° L-34.

198 FALOMIR, 2003, p. 220.

199 VON EINEM, 1960, p. 90; CLOULAS, 1967, p. 244, nota 5; PANOFSKY, 1969, p. 66, nota 21.

200 WETHEY, 1969-1975, II, p. 206, n° L-34; ripreso in FALOMIR, 2003, p. 220.

201 Quest’ipotesi si trova da ultimo in FALOMIR, 2003, p. 220.

202 Questa proposta si trova prima in VON EINEM, 1960, p. 90, poi avallata da CLOULAS, 1967, p. 244, nota 5.

203 La consecutio temporum di questa coincidenza tra incisione (1566) e radiografia (che ci mostra una scelta originale ma precedente a quella che conosciamo oggi) dipende dal fatto che la matrice per la stampa fu eseguita, con ogni probabilità, sulla base di un disegno preparatorio, come indicato dallo stesso Tiziano. Cfr. doc. 30.

la cui fisionomia è ben nota (fig. 50): c’è una vaga somiglianza, e la presenza di un ritratto di Pietro Aretino nel dipinto è assai plausibile, ma non è a mio avviso nel Giobbe/Adamo/Vargas accanto all’autoritratto di Tiziano che lo si riconosce.

Giungiamo ora, in questa ascesa verso la Trinità sul lato destro, ad osservare il gruppo con i membri della famiglia imperiale (fig. 23). Carlo V è chiaramente riconoscibile dal confronto, tra altri possibili, con i suoi ritratti tizianeschi (ad esempio, fig. 28). L’imperatore viene qui rappresentato in un bianco sudario, senza corona, inginocchiato e in preghiera verso la Trinità. Accanto a lui Isabella, altrettanto facilmente riconoscibile grazie al ritratto tizianesco del Prado (fig. 29), anch’ella coperta da un manto bianco, ma accompagnata da un angelo, che ci segnala che era già morta204, a differenza degli altri componenti della famiglia imperiale presenti.

Se, come è emerso dallo studio dei documenti, i contenuti del codicillo di Carlo V hanno suggerito che il dipinto dovesse accompagnare la sepoltura dell’imperatore, ciò è dipeso soprattutto dalla coincidenza della descrizione dei ritratti dei due sovrani, lì contenuta, con il dipinto. Vi si accennava al:

«[...]bulto de la Emperatriz y el mío, questemos de rudillas con las cabeças descubiertas y los pies descalços cubiertos los cuerpos como con sendas sábanas del mismo relieve de los bultos con las manos juntas».205

Egli però desiderava queste effigi per una custodia di marmo o alabastro, dove i due apparissero inginocchiati e ricoperti da «sábanas», letteralmente «lenzuola», ovvero panni bianchi: come nella Trinità, quindi, ma per una custodia funebre in marmo. Esempi analoghi alla

204 Segnala MANCINI, 2007, p. 164 che il gesto dell’angelo corrisponde alla postura tradizionale utilizzata nell’iconologia veneziana per il santo eponimo che accompagna il suo protetto.

sepoltura desiderata da Carlo V si potrebbero riconoscere nel Sepolcro

di Juan de Padilla per il Monastero di Fres de Val, oggi conservato nel

Museo di Burgos (fig. 26), dove l’effigiato è similmente rappresentato inginocchiato, in preghiera, o il Sepolcro di Giovanni II e Isabella del

Portogallo nella Certosa di Miraflores (fig. 26), per la presenza dei due

consorti, che dovremmo immaginare in questo caso scolpiti in ginocchio, secondo gli adattamenti specifici richiesti. Ma soprattutto, il desiderio di Carlo V per la sua sepoltura sarebbe stato realizzato da Pompeo Leoni, tra il 1592 e il 1598, nel gruppo bronzeo del Cenotafio dell’Escorial206.

Sulla destra, anche la presenza di Filippo II è facilmente riconoscibile dal confronto con i suoi ritratti tizianeschi del Museo del Prado (figg. 31, 33). Dal confronto con la radiografia (fig. 32a) e con l’incisione (fig. 12), in cui compare di profilo, e soprattutto osservando l’incredibile sproporzione tra le dimensioni del volto e quelle delle mani nella Trinità (fig. 32), mi pare plausibile ipotizzare, tuttavia, che questo dettaglio

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 62-74)

Documenti correlati