Carlo V da Oriente a Occidente: l’utopia della Monarchia Universalis
3.2 L’Europa divisa sotto un’unica croce: Lutero e l’ascesa di Carlo V (1517-1521)25
La Riforma nel XVI secolo fu certamente e «sopra ogni cosa», come ebbe a scrivere Delio Cantimori, «un risveglio religioso», in cui l’afflato di devozione, misticismo, profetismo e messianismo la ricorda come «l’ultima grande espressione della religiosità medievale»26. Tuttavia, una tale catarsi dello spirito collettivo non fu privo di implicazioni politiche di rilievo. Se l’inizio della Riforma si fa convenzionalmente risalire all’affissione delle tesi di Lutero sul portale della cattedrale di Wittenberg nel 1517, fu nell’estate del 1520 con la pubblicazione de La
España, in MILLÁN, 2000, I, pp. 28-32. Si veda per un confronto su questi temi
vedasi almeno SCHILLING, 1999.
23 Pax inter christianos, bellum contra paganos è un lemma tradizionalmente legato a Carlo V e alla storia religiosa degli Asburgo (vedasi FERNÁNDO COLLADO, 2007, pp. 87-159 e in particolare p. 107).
24 Sul passaggio dal paradigma “cattolico ispano” a quello “cattolico romano” vedasi MILLÁN, 2008. Una metamorfosi storica importante, in questo contesto, è anche quella che riguarda il precedente passaggio dall’umanesimo carolino al successivo confessionalismo filippino: MILLÁN, 2001b. Sul rapporto tra Filippo II e l’Inquisizione: MILLÁN, 1995.
25 I contenuti di questa parte costituiscono una revisione e riadattamento di quanto scritto nelle prime indagini della mia tesi di laurea, nella parte dedicata all’inquadramento dell’antitrinitarismo cinquecentesco: L’assenza trinitaria.
Sant’Agostino, l’Antitrinitarismo e la Gloria di Tiziano, pp. 62-68.
cattività babilonese che Erasmo decretò la rottura irrimediabile con la Chiesa romana, prevedendo gli esiti scismatici che sarebbero avvenuti più tardi.
Le ragioni della rottura definitiva della Riforma, più che religiose, sono legate alla convenienza politica. Per la Santa Sede l’elezione di Carlo V non era una buona notizia: il candidato preferito da Leone X era l’elettore Federico di Sassonia, detto Il Saggio, che fu grande protettore di Martin Lutero e Melantone. E perché, ci si chiederà, il Papa avrebbe preferito appoggiare un luterano alla guida del Sacro Romano Impero anziché il cristianissimo Carlo Asburgo? La risposta è evidentemente politica: la Riforma, in sé e per sé, portava avanti la lunga tradizione polemica ed “eterodossa” (secondo la prospettiva occidentale) della cristianità orientale – tema che affronteremo meglio tra poco – e il mantenimento di questa alterità costituiva una garanzia di sopravvivenza del primato della Chiesa romana nei suoi territori di pertinenza e non, paradossalmente, una minaccia.
In altri termini, con l’elezione di Federico il Saggio la Riforma era destinata a rimanere un problema geograficamente e politicamente lontano da Roma, una semplice prosecuzione dello storico antagonismo tra Papato e Impero; con l’elezione di Carlo V invece il problema si faceva serio e molto vicino. Fu infatti solo nel 1520, dopo l’assestamento di questa situazione politicamente pericolosa per Roma, che Papa Leone X emise la bolla Exsurge Domine, in cui veniva imposto a Lutero un atto di sottomissione, e che il monaco agostiniano, il 10 dicembre 1520, avrebbe dato alle fiamme27. Le trattative per convocare Lutero ad un’udienza alla dieta di Worms del neoeletto Carlo V avevano previsto proprio l’intermediazione del suo protettore Federico il Saggio. La dieta e il confronto con Lutero sarebbe avvenuta prima in sessione ristretta il 17 aprile 1521, per poi riaprirsi in una
sessione più affollata il giorno seguente. Quando gli si chiese di ripudiare i contenuti de La cattività babilonese e di altri scritti, Lutero rifiutò, usando tra gli altri l’argomento principe dell'individualismo protestante: «Il papa, - disse, - non è arbitro in materia pertinente alla parola di Dio e alla fede. Il cristiano deve esaminare e giudicare per sé»28. Le rivendicazioni di Lutero erano destinate a farsi portavoce di un sentimento antipapale diffuso.
L’azione riformatrice del Protestantesimo, sin dal 1517, viaggiava sul doppio binario della riformulazione dottrinale e della riorganizzazione istituzionale. Le 95 tesi di Wittenberg, ufficialmente accusate di eresia, sembravano essere per molti, in quegli anni, il segno tangibile di un cambiamento, finalmente non solo vaneggiato nell’eterna polemica della sovrapposizione tra il potere temporale e quello spirituale dello Stato Pontificio, ma attuato attraverso un vero e proprio scisma dalla Chiesa di Roma. La promessa implicita alle tesi di Lutero era la costruzione collettiva di una nuova Chiesa, libera dai vizi di gerarchie ecclesiastiche secolari ed oscurantiste, interessate principalmente al mantenimento del proprio potere e all’accrescimento dei propri privilegi29. Attraverso l’Exemplum Christi delle Scritture, il movimento protestante dimostrava l’inconciliabilità esistente tra Chiesa romana e Cristianità, nei termini di un distaccamento anomalo della forma dal contenuto, del significante dal significato, ovvero, la dissociazione del corpo cristiano dal suo spirito. Il suo carattere interventistico si giocava sulla promessa ambivalente di rinnovare il corpo e depurare lo spirito della Cristianità, attraverso un’azione catartica mossa sul piano politico delle alleanze, quanto sul piano teologico delle tesi dottrinali.
28 BAINTON (Cantimori), 1960, p. 67.
29 Sulla convergenza di dottrina e politica in Lutero, si vedano, tra una bibliografia assai vasta, alcuni classici: FEBVRE, 1928 (da cui l’edizione italiana FEBVRE, 2003); BAINTON (Cantimori), 1960; CANTIMORI, 1965. Per un approfondimento sul tema da una prospettiva storico-filosofica vedasi anche COTTA, 2002.
Secondo la bolla papale del 1521, l’eresia luterana consisteva in un’attualizzazione delle tesi di Jan Hus30, il predicatore boemo messo al rogo dal Concilio di Costanza nel 1415, che un secolo prima predicava l’incongruità delle guerre sante, della vendita delle indulgenze e della condotta delle gerarchie ecclesiastiche con il messaggio e l’esempio di Cristo. L’accusa, per quanto strumentale, non era priva di fondamento: l’idea della giustificazione per fede, baluardo del Protestantesimo, così come l’utopia di una chiesa di stampo universalistico, in cui i fedeli e le loro guide fossero parimenti depositari della verità divina, erano state teorizzate da Hus, un secolo prima, nel suo De ecclesia del 1414, in cui indicava alcuni segni della cattiva condotta ecclesiastica che ogni buon cristiano avrebbe saputo e dovuto rigettare. Oltre alla contiguità ideologica tra Lutero ed Hus, esiste una comune discendenza, sul piano teologico, dalla filosofia di Sant’Agostino, similmente rievocata dall’“eretico” del quattrocento e dal “riformatore” del cinquecento, come base teoretica un approccio individualistico e razionalistico alla fede31. È evidente che la stessa scelta di eleggere Carlo V a Sacro Romano Imperatore è strettamente legata ai fatti della Riforma luterana: contestualmente all’aspetto territoriale, esisteva un interesse assai chiaro sul piano di una potenziale autolegittimazione spirituale per l’Asburgo, che passava per l’autorità religiosa del Sacro Romano Impero e quindi della Chiesa Imperiale, e che si prestava ad essere l’unica alternativa reale di una “nuova Cristianità”32.
30 Jan Hus (1371?-1415), su cui si veda in particolare il recente studio di COMI, 2007.
31 L’apporto dell’eresia hussita va letto entro il più ampio quadro della devotio
moderna: cfr. cap. 2, nota 77.
32 Vedasi la sintesi fondamentale di GUI, 2003. L’autore vi espone una serie di considerazioni del tutto condivisibili, che consentono di individuare, nel quadro storico precedente la convocazione del Concilio, non tanto un «bipolarismo ortodossia romana – eresia protestante», quanto una «tripolarità sostanziale», in cui il “terzo gruppo”, tra papisti e luterani, è rappresentato dalla Monarchia Spagnola, che con