2.5 Malo me siento: fonti e immagini a confronto dalle cronache su Carlo V nel Monastero di Yuste
2.5.2 La collocazione nel Monastero di Yuste: chiesa o stanza privata?
È stato giustamente sottolineato che gli oggetti presenti o meno nella chiesa di Yuste non possono essere verificati, poiché i documenti originali sono stati distrutti 127. Bierwirth segnala poi che nelle cronache superstiti sull’altare maggiore non ci sono riferimenti a una
Trinità, Paradiso, Giudizio o Gloria o più generalmente a un dipinto,128 così come manca qualsiasi riferimento all’opera anche nei progetti di adattamento del monastero del 1554-1555. Ciò che si sa è che Carlo V aveva scelto di avere accesso e vista diretta dalla propria camera da letto all’altare della chiesa129, ma che il dipinto originale di Tiziano
127 BIERWIRTH, 2002, p. 140 (nota 174); sulla distruzione dei documenti: SÁNCHEZ LORO, 1957/58, vol.2, pp. 621-634; ALBORAYA, 1906, pp. 329-347.
128 BIERWIRTH, 2002, p. 140 (nota 174); SÁNCHEZ LORO, 1957/58, vol.2, pp. 632, 255.
fosse collocato, anche prima della morte di Carlo V, nella stessa posizione in cui è oggi collocata la copia di Antonio de Segura è un dato tutt’altro che accertato, né verificabile.
Comparando le fonti e la bibliografia essenziale sull’opera, pare possibile che tale convinzione sia stata dedotta (e poi consolidata) per la convergenza di alcuni fattori: 1. la collocazione della copia del dipinto fatta eseguire da Filippo II nell’altare della chiesa di Yuste (fig.22), che ha spinto a immaginare che anche il dipinto originale fosse collocato lì; 2. il carattere devozionale dell’opera che, unito alle sue grandi dimensioni e all’aspetto leggendario assunto poi dalla letteratura sulla morte di Carlo V a Yuste soprattutto a partire dal Sigüenza, ha indotto a dedurre che l’opera fosse stata concepita sin dall’inizio per l’altare maggiore; 3. un’interpretazione non letterale, ma evocativa e simbolica, di quanto Carlo V scrive nel Codicillo testamentario del 1558 (doc. 28). Effettivamente, mettendo insieme l’immagine e la collocazione della copia, l’esaltazione del Sigüenza di un Carlo V a Yuste come penitente devoto, in estasi di fronte alla Trinità, le dimensioni del dipinto e la menzione nel Codicillo del Juycio Final nell’ambito delle sue ultime volontà per la sepoltura, che l’opera fosse destinata a un luogo di tutto rispetto come l’altare maggiore parrebbe una deduzione logica. Da un’altra fonte importante, però, se ne può ricavare una lettura diversa. Carlo V arriva a Yuste il 3 febbraio 1557 e vi resterà fino alla sua morte, il 21 settembre 1558: si tratta quindi di un periodo non superiore a 18 mesi, ed è improbabile che la Trinità sia stata inviata molto prima del suo arrivo a Yuste, dato che ancora il 18 agosto 1556 si trova tra i beni dell’inventario di Bruxelles (doc. 27) e, anche in caso di un invio appena successivo, dovremmo ipotizzare, con i tempi di trasporto dell’epoca, che non possa arrivare a Yuste molto prima di fine anno. La fonte più importante e diretta di cui disponiamo per chiarire questo tema è stata del tutto sottovalutata anche negli studi più recenti ed esaustivi: si tratta dell'Inventario post-mortem di Carlo V (doc. 29) scritto a partire
del 28 settembre 1558, solo sette giorni dopo la morte dell'imperatore, che ci può dare quindi l’idea più precisa dello stato delle cose al momento della sua morte. Fray Juan de Regla, Luís Quijada e Martín de Gaztelu in presenza dello scrivano Juan Rodríguez iniziano quel giorno a inventariare tutto quanto sia di proprietà dell’imperatore a Yuste, dalle cose più preziose sino al vestiario intimo130. Si tratta di un lavoro scrupoloso, che lascia poco spazio all’immaginazione, e che vede il coinvolgimento di una vera e propria equipe composta da coloro che avevano la responsabilità degli oggetti e della cura personale dell’imperatore, dall’aiutante di camera fino al barbiere, all’antiquario o al guardajoyas, a cui era affidato il compito di custodire gli oggetti preziosi. L’operazione si conclude il primo novembre di quell’anno, dopodiché il guardajoyas Juan Estique inizia il trasferimento dei beni di Carlo V a Valladolid e già il 19 novembre il tutto viene messo al sicuro in una stanza del Collegio di San Paolo131. I servitori di Carlo V consegnano l’inventario a Filippo II solo dopo il suo rientro dai Paesi Bassi, e questi annota le cose che desidera tenere per sé in un altro documento, conservato nell’Archivio di Simancas, il Sumario de lo que
montan las cosas que su majestad señaló se le guardasen y no se vendiesen, de los bienes de Yuste132: tra queste vi è anche la Trinidad, valutata in 75.000 maravedì133. Filippo II chiese che tutti i beni che suo padre conservava a Yuste fossero portati a Simancas e da lì iniziò la suddivisione tra quelli che voleva tenere per sé e quelli che andavano
130 Una ricostruzione e la trascrizione con note si trova in SÁNCHEZ LORO, vol. 2, pp. 467-540: il riferimento alla Trinità è a p. 506; La trascrizione moderna degli inventari degli Asburgo si trova in INVENTARI (Checa), 2010 e il riferimento al dipinto qui si trova a p. 299.
131 SÁNCHEZ LORO, vol. 2, pp. 470.
132 L’informazione in SÁNCHEZ LORO, vol. 2, p. 471 (nota 5).
lasciati ad altri, tra cui lo stesso Monastero134. Notiamo che è nella parte del guardajoyas che ritroviamo la Trinità, insieme ad altri dipinti di Tiziano, e non solo135 : è quindi possibile, data la carenza documentaria e informazioni diverse e visto il tempo limitato in cui l’opera si trova a Yuste, che essa non sia mai stata sull’altare maggiore, ma che fosse conservata tra i beni preziosi di Carlo V, probabilmente insieme a quelli che l’Imperatore si era fatto portare da Simancas. Questa lettura dei fatti è simile a quella descritta dalla litografia di José Vallejo y Galeazo, catalogata come Carlos V en Yuste contemplando el
cuadro del Juycio final pintado por el Ticiano136 (fig.30), che mostra
Carlo V in una stanza privata, seduto in contemplazione di un grande dipinto, che stando al titolo dovrebbe essere la Trinità (qui Juycio final) sorretto da due monaci girolamini, mentre altri sono intenti nel muovere e spostare altre tele, tra cui è riconoscibile una copia del ritratto di Isabella del Portogallo fatta da Tiziano (fig. 29). L’idea che Carlo V disponesse di una o più stanze private in cui conservava i propri dipinti, per lo più opere devozionali e ritratti, pare effettivamente più coerente a quanto indica l'Inventario post-mortem, in cui l'opera viene inventariata insieme ad altre di Tiziano, tra cui, come correttamente illustrato nella litografia, «Otra pintura entera de la enperatriz hecha de mano de Tiçiano». Se la Trinità si fosse trovata sin dal primo momento nella chiesa del Monastero di Yuste, certamente dovrebbe essere indicato nel dettagliatissimo Inventario, dove invece tale informazione non compare, confermando un dato assente anche nelle cronache superstiti sull’altare.
La deduzione, inoltre, oltre che dalla lettura dell'Inventario pare
134 SÁNCHEZ LORO, vol. 2, p. 471.
135 INVENTARI (Checa), 2010, p. 299.
136 BNE, invent/27189, disponibile anche in BDH
<http://bdh-rd.bne.es/viewer.vm?id=0000164641&page=1> (consultato il 23 dicembre 2016).
confermata anche dalla cronaca di fra’ Hernando del Corral citata
supra, poi recuperata dal Sigüenza, in cui si parla della richiesta di
Carlo V di farsi portare il Giudizio di Tiziano, specificando che il luogo deputato per questa contemplazione era l’alloggio verso occidente. Ci sono, pare, troppe ragioni per ignorare che l’ipotesi secondo la quale l’opera non sia mai stata posizionata nell’altare maggiore, o almeno non prima della sepoltura di Carlo V, sia la più probabile: 1. la carenza di fonti che indichino il contrario, nonostante l’abbondanza di cronache girolamine sulla vita dell’imperatore a Yuste e l’esistenza di carteggi relativi alle opere di adattamento del Monastero al trasferimento di Carlo V; 2. L’invio da Venezia e la permanenza dell’opera a Bruxelles, e non a Yuste, dal gennaio 1555 fino almeno all’agosto 1556, più probabilmente febbraio 1557 (se l’opera fosse stata concepita sin dall’inizio come pala d’altare per Yuste, per quale motivo inviarla a Bruxelles, peraltro dopo un’esecuzione tizianesca in ritardo di almeno un anno oltre il tempo massimo, alla fine del 1554, ovvero quando i lavori a Yuste erano già iniziati?); 3. il tempo limitato, di soli diciotto mesi, che l’imperatore trascorre a Yuste; 4. il fatto che il dipinto non fu mai concepito come un’opera da lasciare al Monastero, ma come un’opera privata, come conferma la possibilità per Filippo II di tenerla per sé e la scelta di Carlo V di non lasciarla ai girolamini; 5. ancora nel 1554 Carlo V pensa di essere sepolto a Granada con la consorte Isabella e non a Yuste; 6. se i resoconti dei girolamini Hernando del Corral, Martín de Angulo e Sigüenza sono attendibili, l’idea che l’altar maggiore fosse soggetto a montaggi e smontaggi pare improbabile, nonché poco rispettoso e poco adatto a quell’aura di misticismo che caratterizza la vita monacale dei girolamini; 7. L’Inventario post mortem conferma l’informazione riportata dai girolamini, indicando la Trinità vicino ad altre opere di proprietà di Carlo V, tra cui il Ritratto
dell’Imperatrice e l’Orazione nell’Orto citati da Corral e Angulo, fonti del
documenti citati, si può quindi sostenere, senza troppi dubbi, che la
Trinità non sia nata sin dal 1551 come pala d’altare per il Monastero
di Yuste, ma per la devozione privata dell’Imperatore, che all’epoca già prevedeva di ritirarsi alla vita monacale, ma che non aveva ancora fatto la sua scelta definitiva.
2.5.3 Yuste e le presenze converse e giudaizzanti nell’ordine di