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L’idea di un’apoteosi agostiniana controriformista

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 107-112)

2.2 Sul De Civitate Dei di Sant’Agostino

2.2.2 L’idea di un’apoteosi agostiniana controriformista

L’interpretazione di Panofsky costituirà la base delle principali letture successive, tra cui in particolare quella di Checa Cremades, che inizia a occuparsi dell’opera negli anni novanta, e che modifica leggermente negli anni le sue letture, fino all’ultima del 2015.

Lo studioso spagnolo conferma il debito della Trinità tizianesca con il

De Civitate Dei, ma di fatto allarga l’ambito dei possibili nessi anche

all’agostinismo dei testi in volgare quando s’ispira per la sua ricostruzione, che potremmo considerare una variante di quella panofskiana, alla Guía de Pecadores di fra’ Luís de Granada58. Si tratta di un’opera pubblicata nel 1556, dedicata a Caterina del Portogallo, altra sorella di Carlo V e che quindi non può essere il riferimento diretto di Tiziano, giacché la Trinità viene inviata nell’ottobre del 1554, come segnala lo stesso autore. Tuttavia, Checa vi riscontra molti elementi di connessione, in particolare nel capitolo IV «De la gloria de los Bienaventurados», in cui il frate recupera temi agostiniani del De

Civitate Dei, e che mostra diversi collegamenti con il dipinto, in

particolare per quanto riguarda l’uso «strutturale» della luce che Tiziano fa nella composizione della Trinità59. Suggerimento già presente nei suoi studi degli anni novanta e riproposto in quelli più recenti, questo resta un apporto importante dello studioso spagnolo: di fatto, pur non proponendo una fonte plausibile della Trinità, per ragioni meramente cronologiche, questo riferimento apre la strada dell’indagine ai volgarizzamenti coevi e suggerisce che il riferimento agostiniano riscontrato dagli studiosi tedeschi vada spostato entro le possibilità, ben più vaste e più coerenti al contesto, dell’agostinismo cinquecentesco nei testi religiosi coevi in volgare.

Il riferimento di Checa al De Civitate Dei di Sant’Agostino - un testo, scrive l’autore «en el que la Iglesia había fijado su imagen oficial de varias de las Postrimerías, concretamente el Infierno, el Juycio y la

58 Luís de Granada (1504-1588) fu frate domenicano, teologo, umanista. Nel 1582 ricevette la benedizione di papa Gregorio XIII, che legittimava la sua dottrina, dopo che il suo nome era fino tra quelli degli autori dei libros prohibidos messi all’indice nel 1559. Tra le sue opere ci sono la Guía de pecadores, un Libro de profesiones, un

Libro de oraciones, un Compendio de doctrina cristiana e una Introducción del símbolo de la fe in quattro volumi. Vedasi: BDE, 2009-2013, pp. 311-315.

59 Sulla questione della luce in questo contesto specifico: CHECA, 2007, p. 142. Su questo aspetto formale non mi soffermerò oltre in questo studio perché già affrontato, oltre che dallo stesso Checa, anche da BIERWIRTH, 2002, pp. 84-88.

Gloria»60 - intende tuttavia confermare l’idea secondo la quale il testo costituisca l’ispirazione essenziale della Trinità e, in questo recupero, Checa preferisce quindi avallare le ipotesi preesistenti.

Lo studioso spagnolo sposta allora l’attenzione che Panofsky aveva focalizzato sugli ultimi due libri (XXI e XXII) sul libro XX, dedicato al Giudizio61. Si tratta del capitolo in cui si parla della convergenza di Nuovo e Antico Testamento nel momento del Giudizio, di cui riconosciamo un possibile nesso in particolare al paragrafo 4, dove Agostino descrive il precetto della precedenza del Nuovo al Vecchio62. Si focalizza in particolar modo sul tema dominante della resurrezione del cristiano, che Sant’Agostino descrive come una doppia resurrezione: la prima avviene nel momento della morte e tocca solo a coloro che sono già destinati alla beatitudine; la seconda avviene invece alla fine dei tempi, attraverso, appunto, il Giudizio Universale. Se la prima è una resurrezione di misericordia delle anime, la seconda è invece una resurrezione di giudizio che agisce sui soli corpi. Per questo motivo la resurrezione più importante per il cristiano, secondo lo schema agostiniano, sarebbe la prima, quella che agisce nel momento della morte, non solo quindi perché più urgente e immediata, ma perché decide sulla definitiva salvezza dell’anima. Alla prima morte accedono solo i beati, alla seconda accedono tutti. Argomentata attraverso i Vangeli e il testo dell’Apocalisse di San Giovanni, ma scoperta nella rielaborazione cristiana di concezioni dominanti della cultura platonica, Sant’Agostino argomenta la dottrina della doppia resurrezione, nell’idealizzazione di un’escatologia per gradi, o stadi, verso la salvezza. L’ultimo stadio, che si concretizza nel Giudizio, è una condizione universale di pace, una vita altra nel tempo dei tempi in cui le anime

60 CHECA, 2007, p. 140.

61 Ibidem.

perdono ogni corporalità.

Nell’integrazione dello studioso spagnolo della lettura panofskiana, il quadro costituisce una rappresentazione ideale delle anime dei personaggi della famiglia reale nel momento immediatamente successivo alla loro morte. Si tratterebbe quindi della prima resurrezione, che garantisce la seconda ed ultima resurrezione nel giorno del Giudizio. Tale lettura viene argomentata dall’autore con l’osservazione del fatto che tutti i componenti della famiglia erano vivi al momento dell’esecuzione del dipinto (fatta eccezione solo per l’imperatrice Isabella, che era morta nel 1539). Nella logica di tale idealizzazione, questo dipinto costituirebbe quindi un’immagine agostiniana coerente di giudizio, dove l’assenza dei dannati, presenti nelle rappresentazioni canoniche, si spiegherebbe con una sorta di visione, in cui il committente compare, con la sua famiglia, nel paradiso della comunità dei beati. L’autore vede una conferma dell’ipotesi della rappresentazione dei membri della famiglia imperiale come almas de los bienaventurados, protagonisti della prima resurrezione agostiniana, nella scelta di rappresentare tutti i componenti del gruppo imperiale (o la maggior parte di essi) vestiti di bianco, che corrisponde a una modalità tradizionale di rappresentazione dell’anima cristiana 63 . Anche i gesti dei

bienaventurados parlano della devozione delle anime: Carlo V, Filippo

II, Maria d’Ungheria ed Eleonora del Portogallo sono tutti in preghiera con le mani giunte verso la Trinità64 e Isabella è l’unica nel gruppo che sembra stringerle al petto, forse in un mea culpa (fig. 23).

Nell’opera si ritrovano numerosi riferimenti alla Trinità, che Checa riconduce anche all’opera di Sant’Agostino più specificatamente dedicata al tema, il De Trinitate. Per quanto riguarda l’iconologia, pur

63 CHECA, 2007, p. 141.

nei distinguo descritti, arriva ad una conclusione simile a quella di Panofsky: Carlo V e i suoi teologi optarono per una rappresentazione del momento della fine ultima dell’uomo diversa da quella del giudizio finale “classico” della terribile opzione michelangiolesca, e racchiusa entro lo schema di un adattamento di tipo dinastico di temi agostiniani e in particolare del De Civitate Dei.

L’assenza nel dipinto di un ritratto di Ferdinando, il fratello di Carlo V, con cui c’era stata una disputa familiare relativa al passaggio dinastico, è stata letta come l’elemento rivelatore di una interpretazione che vuole la Trinità incorporare nell’immagine, e in questa assenza, la diatriba familiare65. Questa sembrerebbe però una tesi creata interamente a partire da un elemento che sembra marginale rispetto alla concezione complessiva dell’opera. Si finisce così col ribadire l’etichetta della

Trinità come immagine “dogmatica” della Controriforma, nonostante

anche lo stesso contributo originale di Checa Cremades riguardi un testo in volgare. Luís de Granada con l’Inquisizione spagnola ebbe qualche problema e i contenuti dei testi del domenicano sono profondamente intrisi di quel sentimento erasmista che spesso caratterizzava i volgarizzamenti dei predicatori spagnoli legati alla corte asburgica. Questi contrasti, come vedremo meglio, dipendono dal difficile superamento del precetto storiografico su un Carlo V controriformista e persecutore degli eretici, che si è iniziato a scardinare e decodificare in ambito storico solo in tempi relativamente recenti.

Nel documento La "Trinità" di Tiziano in contesto (pagine 107-112)

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