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ACQUA E TERRITORIO NELLA PROVINCIA DI VENEZIA

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 66-72)

IDRAULICO. I PIANI COMUNALI DELLE ACQUE NELLA PROVINCIA DI VENEZIA

1. ACQUA E TERRITORIO NELLA PROVINCIA DI VENEZIA

La provincia di Venezia si estende per poco meno di 2.500 km2, di cui 600 sono costituiti da specchi lagunari. La popolazione residente è di circa 860.000 abitanti con una forte escursione stagionale legata alla presenza turistica per l’attrazione esercitata dalla città di Venezia e dal-le spiagge del litoradal-le veneto nord-orientadal-le. Tutto il territorio ricade all’interno di quella fascia costiera, compresa tra il Delta del Po e la foce dell’Isonzo, il cui entroterra è caratterizzato da giaciture posizionate a quote molto basse, in gran parte anche al di sotto del l.m.m. (fino a – 4 m) come nei comuni di Chioggia e di Cavarzere nell’area meridionale o in quelli di San Donà di Piave e di Portogruaro nella porzione nord orientale (fig. 1). Tutto ciò è il risultato di una imponente azione di bonifica idraulica, iniziatasi già alla fine del XIX secolo, che ha recuperato grandi spazi di territorio da paludi e lagune oggi destinati ad attività agricole, industriali, e ad insediamenti urbani (fig. 2).

Il territorio provinciale è inoltre attraversato o lambito dalle aste terminali dei grandi fiumi nord orientali (Adige, Brenta-Bacchiglione, Piave, Livenza, Tagliamento) che raccolgono le acque dai grandi bacini montani dell’area dolomitica e li convogliano nella parte settentrionale del Mare Adriatico. I tronchi fluiviali terminali sono quindi delimitati da poderose arginature, frutto della plurisecolare azione intrapresa dalla Serenissima per deviare i corsi naturali e scongiurare l’inter-rimento del bacino lagunare dovuto alle torbide trasportate durante le piene. Va tuttavia ricordato che il transito delle piene all’interno di questi corridoi fluviali, con fondo alveo pensile per lunghi

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tratti, avviene a quote idrometriche molto elevate rispetto al piano campagna che in qualche caso raggiungono i 7-8 metri.

Tra le aste terminali dei grandi fiumi scorrono anche importanti corsi d’acqua minori che si ori-ginano per risorgiva nell’alta pianura veneto-friulana, attraversano città importanti come il Sile a Treviso o il Lemene a Portogruaro, e recapitano, in tutto o in parte, le loro acque all’interno delle lagune o in mare. Le acque dei territori a quote più basse, che non possono raggiungere il mare per via naturale, vengono raccolte con una fitta rete di canali e quindi sollevate verso la rete dei corsi d’acqua principali o verso le lagune attraverso una miriade di impianti idrovori gestiti dai Consorzi di Bonifica.

La fragilità idraulica del territorio è anche connessa con il rischio delle inondazioni marine. Il ca-rattere impulsivo degli eventi meteorologici fa si che le cause che scatenano, a scale di bacino, le precipitazioni più gravose sono anche all’origine di rialzi del livello della marea ben oltre le normali oscillazioni astronomiche, localmente note con il termine di “acque alte”. In queste condizioni la persistenza di elevati livelli della marea può condizionare il regolare funzionamento degli impianti idrovori e quindi porre a rischio il sistema di smaltimento su cui è fondata la sicurezza idraulica dei territori altimetricamente più depressi. Inoltre le violente mareggiate associate alle acque alte rappresentano una costante e ricorrente minaccia per il litorale, per i residui tratti di cordone dunale e per i sistemi di difesa artificiali posti a presidio degli abitati costieri e dell’immediato entroterra (fig. 5).

Figura 1 - Microrilievo: fasce altimetriche con profili

Le opere di regimazione idraulica eseguite e gestite sin dal tempo della Serenissima, che a tal fine aveva istituito l’apposito Magistrato alle Acque, rappresentano un esteso e complesso sistema di governo delle acque ancora oggi riconoscibile nei tracciati dei canali ed in alcuni manufatti idraulici quali botti a sifone, sostegni, attraversamenti, conche di navigazione, ecc. L’opera di regolamentazione idraulica prosegui anche nell’Ottocento sia per la parte dei grandi fiumi (ad esempio con il Piano Fossombroni-Paleocapa relativo al sistema Brenta-Bacchiglione) sia con le opere di bonifica integrale dei territori paludosi orientate sia a migliorare le condizioni igieniche di ampie zone depresse flagellate dalla malaria, sia a rendere coltivabili spazi più ampi, assicurando al contempo una migliore viabilità. Tutto ciò diede vita ad un paesaggio dominato da ampie esten-sioni di terreni coltivati solcati da fossi e canali, i cui caratteri rimasero sostanzialmente immutati anche nel corso prima metà del ‘900. In questo stesso periodo gli adeguamenti del sistema di infrastrutture di governo idraulico si andavano ad integrare nel contesto ambientale divenendo quindi elementi caratterizzanti del paesaggio stesso della bonifica.

Le cose cambiarono radicalmente nel secondo dopoguerra a seguito di un massiccio processo di espansione urbanistica concentrato in particolare nella parte centrale dell’immediato entroterra veneziano con il moltiplicarsi di aree industriali ed insediamenti abitativi che oggi si estendono fino ai confini delle provincie limitrofe (fig. 3 e 4). Il paesaggio ha quindi subito mutamenti radicali

dan-Figura 2 - Idrografia e bonifica idraulica

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Figura 3 – Operazioni di bonifica nella terraferma veneziana alla fine degli anni ’20 del secolo scorso

Figura 5 – Carta del rischio idraulico e da mareggiate

Fonte: Atlante geologico della Provincia di Venezia - AA.VV. - Provincia di Venezia, 2011

do vita a quella che comunemente viene definita la “città diffusa”, indicando con questo termine un uso del territorio sempre più estensivo e diffuso, la perdita dei limiti della città, la progressiva formazione di aree agricole marginali, generando discontinuità delle reti ecologiche ed elevati impatti sulle risorse naturali, sul paesaggio e sulla qualità della vita. A tal riguardo è singolare il dato relativo alla stima di consumo di suolo agricolo nel comune di Venezia, valutata tra i 5.000 e gli 8.000 ettari nel periodo 2004-2011 (ISPRA, 2013).

Un altro indicatore utilizzato come strumento di valutazione della criticità idrologica di un ter-ritorio a scala comprensoriale è quello rappresentato dal rapporto tra la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) e la Superficie Totale Comunale (STU). Con buona approssimazione, il rapporto SAU/STU viene ritenuto in grado di segnalare l’evoluzione della incidenza del territorio agricolo effettivamente utilizzato rispetto alla estensione totale del territorio. Nel periodo 1970-2012 tale indicatore ha evidenziato un trend sempre negativo per la Regione Veneto, con una contrazione complessiva stimata intorno al valore di – 9,8%, con punte di -18,1% per la provincia di Vicenza, intorno a – 14,3% per quelle di Treviso e Rovigo ed un valore del -9,2% per quella di Venezia (Con-siglio Regionale del Veneto, 2012).Uno sconvolgimento ambientale che ha prodotto conseguenze assai negative soprattutto nei riguardi del sistema di governo delle acque. Il territorio su cui sono state insediate realtà urbane, industriali e infrastrutture viarie risulta oggi più fragile rispetto al rischio idraulico per la scomparsa di fossi, rogge, aree di espansione fluviale e in qualche caso anche di tombamento di tratti di corsi d’acqua, come il Marzenego, per fare spazio ad edifici e strade nella città di Mestre. E’ significativo il dato riportato relativo alla incidenza del 68% dell’ap-porto contributivo extra agricolo per l’area di competenza del Consorzio Dese-Sile, oggi Consorzio

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Acque Risorgive, che include gran parte delle realtà urbane delle province di Venezia, Treviso e Padova (Consiglio Regionale del Veneto, 2012).

La fragilità idraulica dell’entroterra veneziano emerge in tutta la sua evidenza e drammaticità in occasione di intensi eventi meteorici a scala locale, cioè da precipitazioni che si abbattono diret-tamente su questo territorio. I fattori che hanno contribuito ad esasperare questa condizione possono così riassumersi:

a) perdita di capacità di invaso del territorio dovuta alla cementificazione dei suoli e alla connessa scomparsa di quegli elementi che in un suolo agricolo contribuiscono alla ritenzione di volumi idrici (scoline, fossi e capifosso) limitando i volumi avviati verso la rete consortile;

b) incremento dei valori di punta delle portate di piena e riduzione dei tempi di con-centrazione; ciò significa che arrivano alle rete portate più alte in tempi più rapidi rendendo quindi necessaria la ricalibrazione dei canali di raccolta e il potenziamento degli impianti idrovori;

c) aumento del valore dei beni da difendere essendo maggiore il valore economico di aree urbanizzate rispetto a quello delle aree agricole.

Con questi presupposti le condizioni di criticità possono riguardare sia la rete principale gestita dai Consorzi di Bonifica, sia dalla rete secondaria (fossi di guardia stradali, scoli da terreni agri-coli, da piazzali, ecc.) gestita da Comuni, Province e privati cittadini, sia ancora la rete di fogna-tura urbana specialmente se di tipo misto. Va altresì ricordato che il rischio può essere indotto anche da una cattiva o inesistente manutenzione degli elementi che compongono la rete, spesso ostruiti dalla crescita incontrollata di vegetazione spontanea, da rifiuti abbandonati, da deposito di sedimento eroso da terreni agricoli.

Va tuttavia ricordato che negli ultimi anni il tema idraulico ha assunto sempre maggior peso nella pianificazione urbanistica della Regione del Veneto riconoscendo di fatto l’impatto che le trasformazioni previste inducono sul sistema acque. La L.R. 11/2004 “Norme per il governo del territorio” ha infatti introdotto, sia a livello provinciale che comunale, la tavola delle fragilità che, insieme alle porzioni di territorio esposte a rischio idraulico individuate dalle Autorità di Bacino Figura 6 – Elaborazioni delle massime precipitazioni giornaliere alla stazione di Mestre (1923-2001). Serie

stazionaria e seria non stazionaria

Fonte: Bixio, in “I piani comunali delle Acque” - Provincia di Venezia, 2011

con i Piani di Assetto Idrogeologico, definisce anche le porzioni di territorio soggette ad allaga-menti per insufficienza della rete minore.

Inoltre, già dal 2002, la stessa Regione del Veneto era intervenuta sulla questione con alcune delibere che imponevano lo studio di compatibilità idraulica collegato alle nuove lottizzazioni e suc-cessivamente introducendo il concetto fondamentale dell’invarianza idraulica anche in relazione agli effetti connessi al cambiamento climatico. Già con questi provvedimenti si rendeva necessa-ria, per le nuove lottizzazioni, la previsione di sistemi di trattenimento delle acque meteoriche in occasione di eventi particolari e successivo rilascio nella rete idraulica a evento terminato. L’evento del settembre 2007 causò una condizione di crisi generale del sistema idraulico concen-trata in particolare nella provincia di Venezia. Le conseguenze maggiormente negative si registra-rono nel circondario di Mestre ove le piogge assunsero carattere di vero e proprio nubifragio con punte di oltre 90 mm in mezz’ora, 120 mm in un’ora e 200 mm in 3 ore. La persistenza delle precipitazioni portò a saturare la rete di drenaggio principale ed in particolare quella afferente agli impianti idrovori la cui capacità di sollevamento si rivelò insufficiente a far fronte ai volumi in gioco (Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2009).

Ciò richiese la dichiarazione dello stato di emergenza esteso a ben 20 comuni del veneziano e la nomina di un Commissario Governativo per l’attuazione degli interventi connessi con il supera-mento dell’emergenza. L’azione Commissariale si sviluppò in linea con i principi già introdotti con leggi e provvedimenti regionali e portò in particolare all’emanazione di due ordinanze commis-sariali, la n. 2/2008 e la n. 3/2008, valide per i comuni dichiarati in emergenza, che davano disposizioni in ordine ai titoli abilitativi relativi ad interventi edilizi, vincolandone l’efficacia al rispetto della condizione di invarianza idraulica e dettando regole tecniche di grande dettaglio.

Tra i risultati dell’azione Commissariale merita rilevo citare l’emanazione di apposite linee guida per la valutazione di compatibilità idraulica che rappresentano, per l’area oggetto dell’ordinanza, un documento di riferimento per tutti gli operatori che intervengono nella redazione, esame ed approvazione di progetti di opere che modificano l’uso del suolo o che comportano comunque delle modificazioni dell’idraulica del territorio (Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2009 bis). Dal 1° gennaio 2013 è cessato il regime commissariale e la attività di completamento sono state trasferitealla Regione del Veneto.

Va infine ricordato che recenti studi basati sull’analisi delle serie storiche di precipitazioni regi-strate nella pianura veneta hanno consentito di evidenziare una qualche forma di tendenza per cui eventi significativamente intensi tendono a divenire sempre più frequenti chiamando quindi in causa gli effetti del cosiddetto cambiamento climatico. A titolo di esempio, nella città di Mestre, una precipitazione giornaliera di 120 mm viene accreditata con un tempo di ritorno di 100 anni se si considera l’intera serie storica a partire dal 1923. Tenendo conto invece della tendenza di incremento registrata negli ultimi decenni, lo stesso evento viene caratterizzato con tempo di ritorno di 50 anni che potrebbe ridursi a 35 anni nel giro di un ventennio (fig. 6)

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 66-72)

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