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LE STRATEGIE PER ANDARE VERSO UNA GESTIONE SOSTENIBILE DELLE ACQUE URBANE4

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 176-180)

GESTIONE DELLE ACQUE E DEGLI SCARICHI URBANI: LA NECESSITÀ DI INNOVARE APPROCCI E TECNICHE

3. LE STRATEGIE PER ANDARE VERSO UNA GESTIONE SOSTENIBILE DELLE ACQUE URBANE4

Dal quadro presentato emerge chiaramente la necessità di ripensare le politiche idriche urbane, se vogliamo mantenere gli impegni previsti dalla Direttiva Quadro sulle acque e raggiungere gli obiettivi di “buono stato” dei corpi idrici. La riforma avviata nel 1994 con la legge “Galli” (L.36/94) ha certamente dato un importante contributo a migliorare il servizio idrico, in par-ticolare per ciò che riguarda la sicurezza e la qualità dell’approvvigionamento e la realizzazione dell’infrastruttura fognario/depurativa di base. Oggi però è necessario superare l’approccio delle “grey infrastructure”, figlio di quella legge, e pensare a nuove soluzioni, integrate con la nuova politica delle acque che discende dall’attuazione della Direttiva 2000/60. La necessità di nuovi interventi, ad oggi non previsti dai Piani d’Ambito, emergerà progressivamente, man mano che risulterà evidente l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi di qualità delle acque individuati dai nuovi strumenti di pianificazione Regionale e di distretto idrografico. Tali interventi riguarderanno certamente il servizio idrico integrato (riduzione delle perdite degli acquedotti, completamento delle reti depurative, miglioramento dell’efficienza dei depuratori, soluzioni per i carichi veicolati dagli sfioratori, riuso delle acque depurate) ma non solo esso. Sono infatti necessarie misure da applicare in tutti i contesti urbani che favoriscano da un lato una riduzione dei consumi idrici (risparmio, raccolta e uso dell’acqua di pioggia, separazione, trattamento e riuso delle acque grigie) dall’altro una riduzione dell’afflusso delle piogge in fogna (tetti verdi, pavimentazioni perme-abili, sistemi di accumulo delle acque di pioggia). Tali misure richiedono, per essere attuate, un profondo rinnovamento della struttura urbana, che coinvolge pubbliche amministrazioni, il mondo dell’urbanistica e delle costruzioni e, infine, i cittadini, che saranno chiamati ad una sempre mag-giore responsabilità verso la gestione dell’acqua.

Attualmente il dibattito sull’attuazione dell’esito referendario si concentra sugli aspetti economico finanziari: come restituire nelle mani pubbliche le proprietà delle aziende che, negli anni scorsi, sono state aperte ai capitali privati? Da dove prendere le risorse per gli ingenti investimenti ne-cessari per completare (e dovremmo aggiungere rinnovare!) le infrastrutture per il servizio idrico integrato? Su quest’ultima domanda, alcune interessanti proposte sono state formulate recente-mente da Antonio Massarutto5, uno dei maggiori esperti in politiche idriche, cui si rimanda per approfondimenti. Ma dal quadro presentato fin’ora appare evidente che non è solo un problema finanziario; che le cose da fare non si limitano affatto a ridefinire gli assetti proprietari degli enti di gestione o anche a riformare i meccanismi di finanziamento del Servizio Idrico Integrato, ma riguardano le modalità con sui si pianifica il settore idrico (i Piani d’Ambito, ma anche gli altri Piani ad esso connessi) e abbracciano anche le politiche territoriali in senso ampio e quelle urbanisti-che e di difesa del suolo in particolare. Si tratta di un cambiamento profondo urbanisti-che richiederà in qualche caso una revisione della normativa ed in altri il progressivo aggiornamento delle pratiche amministrative.

è necessario innanzitutto innovare la cultura tecnica del settore idrico, storicamente orientata a massimizzare la disponibilità di risorse per i diversi usi. Solo negli ultimi 50 anni abbiamo cominciato a studiare soluzioni che permettano l’uso delle acque senza alterare gli ecosistemi acquatici e i cicli biogeochimici globali. Oggi l’innovazione tecnica per la gestione sostenibile delle acque è ormai consolidata a livello scientifico (Conte, 2008): gestione delle reti di distribuzione a pressione variabile, telecontrollo, sistemi per il rilevamento perdite, raccolta e utilizzo delle acque di pioggia, separazione, trattamento e riuso delle acque grigie, tecniche depurative naturali per il trattamento decentrato e il riuso degli scarichi, sistemi di “sanitation” a secco e di raccolta separata delle urine, sistemi di drenaggio sostenibile (SUDS). è necessario che tutto ciò entri a

4 Alcune considerazioni riportate nel seguente paragrafo sono tratte dal “Documento di Proposte” elaborato nell’ambi-to del progetnell’ambi-to WATACLIC e presentate a Roma il 16 Otnell’ambi-tobre 2012, in occasione della conferenza WATer Against CLImate Change: Innovare la gestione dell’acqua in città, rispondere al cambiamento climatico.

5 Si veda ad esempio il suo volume Privati dell’acqua? Tra bene comune e mercato (Il Mulino 2011) o il suo articolo su lavoce.info del Febbraio 2012 http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002842.html.

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far parte dei programmi di istruzione superiore ed universitaria di settore (geometri, ingegneri, architetti) e sia oggetto della riqualificazione professionale degli addetti ai lavori (tecnici e funzio-nari degli enti gestori e degli enti pubblici, ma anche di progettisti e pianificatori urbani). Per favorire da parte dei gestori l’adozione di tecniche e approcci più sostenibili è necessario prevedere meccanismi di premi e penalizzazioni in ragione delle “prestazioni ambientali” di ciascun gestore. Oggi l’attività del gestore viene valutata (quando viene valutata) in ragione della qualità del servizio offerto ai cittadini (costanza del servizio, qualità dell’acqua recapitata, tempi di in-tervento in occasione di guasti, ecc.). è necessario prevedere meccanismi di valutazione delle prestazioni del servizio anche rispetto all’ambiente, imponendo che per ogni ambito territoriale vengano elaborati e periodicamente aggiornati e resi pubblici dati quali:

Perdite specifiche (per Km di rete) e ILI (Infrastructure Leakage Index): consentono, a

diffe-•

renza della perdita assoluta, di confrontare tra loro sistemi acquedottistici con caratteristi-che diverse;

Indicatori di efficienza energetica: rapportano l’energia consumata ad un valore minimo di

riferimento, come ad esempio il WSEE (Water Supply Energy Efficiency - Lenzi et al., In press), che, per le reti di approvvigionamento idrico, permette di valutare l’efficienza energe-tica globale del sistema, distinguendo anche il contributo delle principali componenti in gioco (impianti, infrastruttura e perdite idriche);

Carico inquinante non trattato (perché non allacciato, perché sfiorato in tempo di pioggia, per

eccessiva diluizione delle acque di scarico in ingresso ai depuratori);

Stato ambientale dei corpi idrici interessati dai prelievi e a monte e a valle degli scarichi dei

depuratori pubblici (anche quando tutto il carico viene trattato non è detto che basti per avere corpi idrici in “buono stato”).

Sulla base di tali parametri sarebbe possibile definire standard di “performance ambientale” del Servizio Idrico Integrato. Rendere pubblico il confronto di tali performance potrebbe, di per se, costituire uno stimolo al miglioramento da parte dei gestori (attraverso l’effetto “name, fame, shame”, utilizzato da tante “classifiche” in campo ambientale). Ancora più efficace potrebbe essere la messa a punto di un meccanismo amministrativo che permetta di premiare o punire i gestori (e il relativo management) in funzione della performance ambientale raggiunta (tenendo conto, però, delle specificità territoriali).

E’ necessario poi innovare profondamente la progettazione urbanistica ed edilizia, per promuove-re tecniche e soluzioni che permettano una gestione idrica più sostenibile. Secondo i dati forniti dall’Osservatorio Nazionale sui Regolamenti Edilizi di CRESME e Legambiente, oggi solo 530 Comuni su 8.092, hanno nei propri regolamenti edilizi prescrizioni riguardanti la gestione delle acque. La gran parte dei regolamenti che si occupano del tema puntano – in modo più o meno corretto ed efficace – a favorire la pratica della raccolta della pioggia. Il concetto di separazione tra acque grigie e nere è ancora sostanzialmente sconosciuto in Italia a chi si occupa di urba-nistica ed edilizia, così come gran parte delle tecniche per la gestione sostenibile delle piogge (i cosiddetti SUDS). Alcune Regioni e Province si sono recentemente attivate in varie forme (attra-verso Norme Regionali, piani territoriali di coordinamento provinciali – PTCP, linee guida tecniche) per promuovere l’innovazione nel settore, ma con risultati ancora modesti. Certamente un ruolo centrale in questo campo lo hanno le Regioni: è la normativa urbanistica regionale lo strumento principe che potrebbe, a cascata, avere effetti sui PTCP e sui Piani di governo del territorio Comunali. Qualcosa però, potrebbe essere fattibile anche a livello centrale: guardiamo al caso della Germania, certamente il paese europeo dove l’innovazione in questo settore è più avanzata e diffusa. Se i casi di Potsdamer Platz a Berlino o del quartiere Kronsberg ad Hannover (tra gli esempi più citati al mondo di “best practice” di gestione idrica urbana) sono dovuti alla altissima professionalità in campo ambientale dei progettisti e delle loro controparti pubbliche, la grande diffusione di tetti verdi e di sistemi di raccolta della pioggia in Germania è legata ad un sistema di tassazione degli immobili che tiene conto degli effetti della impermeabilizzazione: più superficie impermeabilizzi, più paghi. Perché non fare qualcosa di simile anche in Italia?

scorag-gino consumi eccessivi e facilitino l’adozione da parte dei cittadini e delle imprese di pratiche e tecnologie che permettano un uso più razionale. è evidente che una strategia volta a razionalizza-re i consumi idrici ed a favorirazionalizza-re il ricorso all’innovazione tecnologica (raccolta della pioggia, tratta-mento e riuso delle acque grigie, tetti verdi e altre coperture permeabili), deve ricorrere, da un lato al segnale di prezzo, dall’altro all’incentivazione diretta delle tecniche eco-compatibili (come avviene, ad esempio, per il risparmio energetico attraverso gli sgravi fiscali nelle ristrutturazioni edilizie). Inoltre, adeguare le tariffe idriche a quelle dei paesi europei con condizioni economiche simili all’Italia, è necessario anche per sostenere gli ingenti investimenti necessari per migliorare distribuzione idrica e rete depurativa. è però necessario che tale adeguamento tenga conto della equità e “sostenibilità sociale” delle tariffe applicate, evitando – soprattutto in tempi di crisi – di gravare sulle fasce più povere di popolazione. Lo schema ideale per tenere insieme le diverse esigenze è quello di una tariffa binomia, costituita di una parte fissa, applicata all’utenza (even-tualmente differenziata sulla base di indicatori reddituali o patrimoniali, come il valore catastale), ed una parte volumetrica, applicata “pro capite” ai residenti dell’utenza (la tariffa “procapite” è applicata nell’ATO di Bologna dal 2009). La parte volumetrica, dovrebbe prevedere una tariffa agevolata su un primo scaglione6 ed un secondo scaglione ad un prezzo accessibile a tutti (ancorché mediamente superiore all’attuale), per consumi che rientrino nei “valori obiettivo” da fissare – ambito per ambito – tenendo conto delle specificità locali7. Consumi superiori al valore obiettivo dovrebbero essere fortemente penalizzati da un sensibile aumento di prezzo.

BIBLIOGRAFIA

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del-la sostenibilità delle principali città europee a confronto con le 12 grandi città italiane. Ambiente

Italia – DEXIA. www.ftsnet.it/documenti/183/ECOURB-UE07-FINALREPORT-IT6.pdf.

Conte G., 2008. Nuvole e sciacquoni: come usare meglio l’acqua, in casa e in città. Edizioni Ambiente Milano.

Conte, G.; Bolognesi, A.; Bragalli, C.; Branchini, S.; De Carli, A..; Lenzi, C.; Masi, F.; Massarutto, A.; Pollastri, M.; Principi I. 2012. “Innovative Urban Water Management as a Climate Change

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Lenzi C., C. Bragalli, A. Bolognesi, S. Artina (In press). “From energy balance to energy efficiency indicators including water losses”. Wat. Sci. & Tech. – Water Supply, IWA Publishing.

UTILITATIS 2010. Studio ed elaborazione di un quadro operativo per l’impianto gestionale dei

ser-vizi pubblici locali. Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento Affari Regionali. Organismo

Intermedio PON. “Governance e Azioni di Sistema 2007-2013”. Asse E Obiettivo Specifico 5.2.

6 Che potrebbe far riferimento ai primi 50 litri/giorno per abitante, considerati universalmente come la quantità minima per vivere dignitosamente.

NUOVE STRATEGIE PER L’USO EFFICIENTE

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 176-180)

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