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I REGOLAMENTI EDILIZI PER LA GESTIONE DELLE ACQUE IN CITTÀ In particolare sono 570 i Comuni che inseriscono il tema del risparmio idrico all’interno dei

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 90-94)

UN POSSIBILE APPROCCIO ALLA STIMA DEL DANNO E DEL RISCHIO DA ALLUVIONI IN AMBIENTE URBANO

2. I REGOLAMENTI EDILIZI PER LA GESTIONE DELLE ACQUE IN CITTÀ In particolare sono 570 i Comuni che inseriscono il tema del risparmio idrico all’interno dei

propri Regolamenti Edilizi, di cui 505 ne prevedono l’obbligo mentre altri 15 propongono incentivi. Molto frequentemente viene anche promosso l’uso di contatori per l’acqua potabile allo scopo di favorire una diminuzione dei consumi e dei costi per le famiglie, includendo quindi l’aspetto fondamentale dei comportamenti individuali.

A livello regionale troviamo in Lombardia ben 239 Comuni dei 570 segnalati, a cui seguono la Toscana con 89 e l’Emilia-Romagna con 82.In Piemonte risultano 40 Comuni, in Veneto e Lazio 25. In Puglia si situano 11 Comuni, in Friuli-Venezia Giulia 9, nelle Marche 8, in Campania e Li-guria 7, in Trentino Alto Adige e Umbria 6, in Abruzzo e Basilicata 5, in Sardegna 3. Con un solo Comune: Calabria, Molise e Sicilia.

Un esempio concreto di questo tipo di norme è quello della contabilizzazione obbligatoria dei con-sumi idrici attuata nel Regolamento Edilizio di Cividate al Piano (BG) del 10/2/2010. In questo Comune si chiede, al fine di ridurre il consumo di acqua potabile, di contabilizza-re l’utilizzo di acqua potabile così da garanticontabilizza-re che i costi per l’approvvigionamento sostenuti dall’immobile vengano ripartiti in base ai consumi reali effettuati da ogni singolo proprietario o locatario. Tale obbligo va applicato a tutti gli edifici di nuova costruzione, mentre per gli edifici esistenti il provvedimento si applica nel caso di rifacimento della rete di distribuzione dell’acqua potabile. Inoltre viene obbligata l’adozione di dispositivi per la regolazione del flusso di acqua dalle cassette di scarico dei gabinetti in base alle esigenze specifiche.Il provvedimento riguarda i servizi igienici negli appartamenti e in quelli riservati al personale di tutti gli edifici di nuova costruzione. Per gli edifici esistenti il provvedimento si applica sempre nel caso di rifacimento dei servizi igienici.

Il requisito si intende raggiunto quando siano installate cassette di scarico dotate di un dispo-sitivo comandabile manualmente che consenta in alternativa o di regolazione continua, in fase di scarico, del volume di acqua scaricata, oppure di regolazione, prima dello scarico, di almeno due diversi volumi di acqua: il primo compreso tra 7 e 12 litri e il secondo compreso tra 5 e 7 litri.

Al tempo stesso è inevitabile affiancare al tema del risparmio quello del recupero delle acque piovane, proprio perché l’attenzione alla risorsa idrica rappresenta un fattore chiave per la so-stenibilità in edilizia. Il parametro del recupero delle acque piovane è presente in 556 Comuni, di cui 449 lo rendono un requisito è obbligatorio. L’aspetto negativo è quello che vede

anco-ra ad oggi circa il 97% di que-sti Comuni virtuosi concentrati nelle Regioni del Centro-Nord. Inoltre molto spesso questo re-quisito vige solo se le superfici a verde sono di almeno 100 m2. E’ importante sottolineare come su questo tema ci siano anche Leggi Regionali che sono intervenute, come nel caso dell’ Umbria che impone il recupero delle acque piovane per la manutenzione del-le aree verdi (pubbliche e private), per l’alimentazione integrativa delle reti antincendio e per gli au-tolavaggi (intesi sia come attività economica che per l’uso privato) per tutti gli edifici di nuova costru-zione la cui copertura sia superio-re ai 100 metri quadrati. Figura 1 – Schema di funzionamento di un impianto di recupero

delle acque meteoriche per usi domestici

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In Lombardia troviamo 223 dei 556 Comuni, seguono la Toscana con 93 e l’Emilia-Romagna con 81. In Piemonte risultano 36 Comuni, in Veneto 28 e nel Lazio 27. In Friuli Venezia-Giulia si situano 11 Comuni, in Liguria 9, nelle Marche e in Umbria 7, in Campania ed in Trentino Alto Adige 6, in Puglia e in Basilicata 5, in Abruzzo e Sardegna 4. Con un solo Comune: Calabria, Valle d’Aosta e Sicilia. Nonostante i dati poco incoraggianti anche al Sud iniziano ad essere pre-senti alcune buone pratiche importanti. E’ il caso di Contursi Terme (SA) dove è obbligatorio recuperare le acque piovane in proporzione alla superficie dell’edificio e per non meno di 50 litri/ m2 grazie al Regolamento Edilizio del Dicembre 2011. In questo Comune si devono osservare le seguenti prescrizioni per la raccolta delle acque meteoriche nei casi di nuova edificazione: si dovranno prevedere, quale opera di urbanizzazione primaria, la realizzazione di apposite cisterne di raccolta dell’acqua piovana, della relativa rete di distribuzione e dei conseguenti punti di presa per il successivo riutilizzo, da ubicarsi al di sotto della rete stradale, dei parcheggi pubblici o delle aree verdi e comunque in siti orograficamente idonei. La quantità di acqua che tali cisterne dovranno raccogliere dipenderà dalla massima superficie coperta dei fabbricati da realizzarsi nell’intero comparto e non dovrà essere inferiore a 50 l/mq. Mentre per gli edifici esistenti l’acqua proveniente dalle coperture dovrà essere convogliata in apposite condutture sottostanti la rete stradale, predisposte in occasione dei rifacimenti di pavimentazione o di infrastrutture a rete, comprensive delle relative reti di distribuzione e dei conseguenti punti di presa.

Un altro esempio importante viene dal Comune di Lomagna (LC). Qui l’Allegato Energetico-Am-bientale del 26/10/2007, redatto insieme ad altri 10 Comuni del territorio lecchese, prevede l’obbligo sia del risparmio idrico, per almeno il 30% rispetto al dato stimato di 250 litri al giorno per abitante, sia il recupero delle acque meteoriche.

Anche il recupero delle acque grigie (parte delle acque domestiche derivate dagli scarichi della cucina, della doccia, vasche da bagno e lavandini) è affrontato da molti Regolamenti Edilizi co-munali. Sono infatti 199 i Comuni che includono questo tema, di cui 39 ne fanno un requisito cogente sia nel caso di nuova costruzione sia in quello di ristrutturazioni importanti. In altri 25 casi sono previsti incentivi.

A livello regionale in Lombardia troviamo 66 Comuni, seguono l’Emi-lia-Romagna con 42 e la Toscana con 36. In Lazio risultano 15 Comuni, in Piemonte 9 e Veneto 7. In Puglia si situano 11 Comuni, in Basilicata, Liguria e Marche 4, in Campania e Liguria 7, in Sardegna 3, in Abruzzo e Puglia 2. Con un solo Comune: Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Umbria. Tra i migliori esempi da riportare c’è quello del Comune di Ravenna dove il 10 Marzo 2011 è stato approvato il nuovo Regolamento Urbanistico Edilizio. A Ravenna i sistemi di captazione e di accumulo delle acque grigie devono obbligatoriamente assicurare un recupero pari ad almeno al 70%, predisponendo filtri idonei che le rendano adatte agli usi compatibili all’interno dell’edificio o al suo esterno. Ma soprattutto per le nuove realizzazioni viene chiesta una modalità diversa di progettazione e di concezione degli edifici, in modo tale da favorire il recupero delle acque grigie provenienti dagli scarichi di lavabi, docce, vasche da bagno, lavatrici.

Figura 2 – Schema di recupero acque piovane

Altro esempio virtuoso è quello del già citato Comune di Cividate al Piano (BG) dove il riutilizzo delle acque grigie è obbligatorio per edifici di nuova costruzione. Anche in questo caso i sistemi di captazione e di accumulo delle acque grigie devono assicurare un recupero pari ad almeno al 70%, predisponendo filtri idonei che le rendano adatte agli usi successivi. Per quanto riguarda gli edifici esistenti l’obbligo viene attuato in caso di sostituzione dell’impianto idrico, e la richiesta è quella di assicurare un recupero pari ad almeno al 50%.

Le norme comunale possono incen-tivare e stimolare anche altri tipi di applicazioni legate alla risorsa idrica. In particolare la fitodepurazione inizia ad essere una pratica diffusa proprio in quei Comuni più attenti alle temati-che citate in precedenza.

Un esempio è quello che viene dal fi-todepuratore di “Le Melenghine” un’ area nei pressi di Finale Emilia (MO). L’impianto è stato realizzato su una su-perficie complessiva di oltre 35 ettari, trasformando l’intera area in una vera e propria “zona umida” d’interesse na-turalistico.

Le acque trattate sono prelevate dal Cavo Canalazzo, che sottende ad un bacino imbrifero di oltre 3.500 ettari e riceve gli scarichi di numerose attività produttive di tipo agroalimentare e dei depuratori fognari dei Comuni di Medolla, S. Felice sul Panaro, Massa Finalese e Canaletto. L’area di fitodepurazione “Le Meleghine”, presentando caratteristiche e condizioni favorevoli al rifugio e allo sviluppo di specie vegetali ed animali, ha assunto anche una rilevante valenza naturalistica.

Tra gli impianti di fitodepurazione più noti, realizzato nel 2003, è da citare quello comunale di Dicomano (FI). Questo progetto nasce da uno Studio di Fattibilità effettuato nel 1997 dall’ARPAT su commissione della Comunità Montana del Mugello, Alto Mugello e Val di Sieve.

L’impianto tratta i reflui dell’abitato di Dicomano per un totale di 3.500 abitanti. Tale impianto, del tipo multistadio, è attualmente funzionante e rappresenta il più grande impianto italiano di

Figura 3 - Tetto Verde su copertura azienda Co.Pa.Ri. a Forlì (FC)

Fonte: Legambiente, Rapporto Onre

Figura 4 - Impianto di fitodepurazione di Melendugno (Le)

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fitodepurazione applicata come trattamento secondario. Le superfici utilizzate in totale risultano essere di oltre 6.000 metri quadrati.

Per rimanere sempre in Toscana un altro impianto di successo è quello sempre voluto dal Comune a Capannori (LU). Si tratta di un sistema di fitodepurazione di piccole dimensioni, ma di estrema importanza per il territorio che ha coinvolto. L’impianto infatti è situato nella parte bassa dell’abitato del paese ed è costituito da una sorta di bacino artificiale dell’ampiezza di circa 300 metri quadrati, in grado di servire circa 90 famiglie e di risolvere il problema dello scarico fognario. Prima del 2009 infatti le abitazioni della frazione S. Andrea in Caprile non erano servite da una rete di collettamento fognario e ciascuna famiglia provvedeva allo smaltimento dei propri reflui.

Buone pratiche di gestione dei reflui e di impianti di fitodepurazione arrivano anche dal sud Italia, come dimostra l’esperienza in Puglia di Melendugno (Le). L’impianto di fitodepurazione di Me-lendugno, con il suo attuale potenziale di 21.250 AE (abitante equivalente), è alimentato dalle acque provenienti dall’impianto di depurazione a servizio dei Comuni di Melendugno, Calimera e Martignano. La struttura si estende su di una superficie di 8,3 ha, di cui 5,1 ha occupati dai bacini ideati in modo tale da permettere lo scorrimento spontaneo delle acque attraverso una fitta vegetazione palustre; lungo il tragitto l’acqua viene depurata dai molti inquinanti organici. Inoltre l’impianto si colloca in una zona di particolare valenza ambientale, caratterizzata da aree naturali e da una posizione strategica nella dinamica dei flussi migratori dell’avifauna, dimostran-do bene come si può coniugare un’esigenza di servizio, quale la depurazione degli scarichi, con la valorizzazione e la tutela ambientale.

BIBLIOGRAFIA

Legambiente, Cresme, 2013. Rapporto ONRE 2013. Legambiente, 2012. I costi del rischio idrogeologico.

Istat, 2009. Sistema di indagine sulle acque (SIA) - Dati aggiornati a novembre 2009. Ispra, 2012. Annuario dei dati ambientali 2012.

Istat, 2011. Focus giornata mondiale dell’acqua, Le statistiche dell’Istat. Federutility, 2009. Blue Book, a cura di UTILITATIS ed ANEA.

CONSUMI IDRICI NEI SERVIZI TURISTICI CERTIFICATI

Nel documento Focus su AcQuE E AmbIEntE uRbAno (pagine 90-94)

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